Film > The Phantom of the Opera
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Autore: eliseCS    09/03/2019    1 recensioni
Cosa succede se Des si annoia, Amy e Una si impicciano un po’ troppo e Morty si fa prendere la mano?
Succede che un teatro prende fuoco, risponderebbe T. guardando tutti con disapprovazione.
Ma d’altronde, essendo il maggiore, scuotere la testa alle azioni dei suoi fratelli è quello che sa fare meglio.
È per questo che cerca di convincersi che se ancora sta aiutando Des è solo perché vuole evitare di far precipitare gli eventi un’altra volta – decisamente quel lampadario non avrebbe sopportato una seconda caduta.
E se stavolta Des sembra sicuro di quello che sta facendo, Amy è come sempre entusiasta e Morty sembra non interessato, dovrà ricordarsi che a Una non piace essere lasciata in disparte.
.
Perché forse la Musica della Notte non era ancora arrivata alle sue ultime battute e quella Christine era semplicemente quella sbagliata.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/The Phantom, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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stranger than you dremt it
 
 
 
«Tu sei
assolutamente inutile!»
«Calmati Des, stai esagerando»
«Calmarmi? Calmarmi? Ma ti rendi conto di quello che hai fatto? Io posso compiere errori nel calcolare le tempistiche, ma tu...!»
«Ti ho detto che non avrei potuto continuare a forzare le cose più a lungo di così, sarebbe stato male...»
«Intanto però hai anticipato troppo i tempi! Non era previsto che succedesse prima di
anni... Ho dovuto trovare una soluzione all’ultimo minuto altrimenti sarebbe andato tutto all’aria, di nuovo!»
«Sono sicuro che questo inconveniente non avrà ripercussioni irrimediabili»
«Sarà meglio per te»

«Altrimenti cosa?»
«...»
«Come immaginavo»
«Quanto ti serve prima di poter rimettere in moto le cose?»
T. sospirò. I casini che Des originava quando era annoiato di solito si risolvevano in fretta, quest’ultimo però ci stava impiegando
secoli...
«Lasciami un paio di giorni e potrei essere in grado di fare qualcosa» rispose alla fine.
«Bene»
La porta sbattè e T. rimase solo a pensare se forse non avesse fatto male ad assecondare Des in questo ultimo suo capriccio invece di fermarlo sul nascere.
 

 
 
♫♪♫
 
 
 
Christine riprese lentamente conoscenza.
Sentiva la testa pulsare e non solo, poteva avvertire diversi punti dolenti in tutto il corpo, primo tra tutti il collo.
Spalancò gli occhi trovandosi distesa in un letto a baldacchino dalle lenzuola nere, le tende ordinatamente legate alle colonne del letto.
La camicia da notte e la vestaglia che indossava le erano leggermente larghe ma di fattura eccezionale, e candide com’erano facevano un bel contrasto con le suppellettili del letto.
Realizzò un istante più tardi cosa quello significasse: qualcuno l’aveva cambiata!
Con sollievo constatò di avere ancora il top che ricordava di aver indossato prima di lasciare casa mentre i suoi leggins... erano stati tagliati fino a metà coscia.
Nello scoprirsi le gambe realizzò che le sorprese non erano finite. Adesso capiva perché le sentiva così doloranti: erano costellate di lividi violacei dalla forma allungata in parecchi punti, in quelli più dolorosi le sembrava addirittura di distinguere il segno della tramatura di... una corda?
Se le sue gambe erano ridotte così il resto del corpo non doveva essere messo tanto diversamente visto che sentiva la stessa sensazione su braccia, pancia, petto e...
Saltò sul letto non senza reprimere un gemito di dolore e con più cautela si alzò in piedi guardandosi intorno: non c’era un singolo specchio in quella stanza, non una sola superficie riflettente.
E adesso che guardava meglio, sembrava non esserci neanche una porta.
Cominciò ad esaminare le pareti: parevano essere di roccia ma erano per lo più ricoperte da drappi e arazzi. Scostandone uno trovò finalmente una porta in legno massiccio, pesante da aprire, ma almeno non era chiusa a chiave. Uscì percorrendo un breve corridoio che dopo pochi passi si affacciava su un’altra stanza attraverso un ingresso ad arco.
Al contrario di quella che aveva appena lasciato, di un ordine quasi maniacale, in quella regnava il caos più completo. Sul pavimento c’erano detriti e schegge dei materiali più disparati, i mobili accostati alle pareti sembravano essere stati sfondati da qualcuno dotato come minimo di una mazza da baseball, e l’imponente letto che doveva essere il protagonista della stanza era irriconoscibile.
Il materasso era stato fatto a brandelli, c’erano piume dappertutto, e le fiancate che parevano rappresentare delle ali erano tutte sfregiate. La testiera sembrava una conchiglia e in corrispondenza dei piedi si alzava quella che sembrava essere una colonna appena arcuata, che però era stata mozzata come vengono tagliate le teste.
Di sicuro non avrebbe voluto trovarsi in quella stanza con la persona che l’aveva ridotta a quel modo.
Scacciò in fretta i suoi timori quando però si accorse che sullo specchio a figura intera, accostato alla parete di fondo, era rimasto un frammento abbastanza grande da consentirle di specchiarsi.
Lo raggiunse camminando in punta di piedi e facendo attenzione a dove li metteva e restò a bocca aperta.
A parte il fatto che con i capelli sciolti e quell’abbigliamento sembrava quasi un’altra persona, quello ben visibile attorno al suo collo come se fosse un choker di pessimo gusto era senz’ombra di dubbio il segno lasciato da una corda.
Che qualcuno avesse provato a... improvvisamente ricordò.
 
Era arrivata all’Opéra ben in anticipo per la sua lezione, era con sua madre che l’aveva accompagnata visto che aveva un paio di visite quel pomeriggio.
Si erano salutate quando lei era andata agli spogliatoi per cambiarsi e magari cominciare a fare un po’ di riscaldamento, ed era giusto tornata dal bagno quando aveva trovato il biglietto appoggiato sulla sua borsa.
Non le era sembrato di sentire nessuno entrare, ma la calligrafia era indiscutibilmente quella della madre e non le dava fastidio farle quel favore: aveva ancora tempo e le piaceva un sacco giare per quella zona del teatro che normalmente le sarebbe stata interdetta.
Tutto era poi successo così in fretta: la ballerina del quadro, lei che provava la sequenza di salti, la caduta, le corde, la sensazione di soffocare...
E adesso... dove diavolo si trovava?
 
Tornò a rivolgersi allo specchio chiedendosi come avesse fatto ad arrivare in quel posto e soprattutto chi l’avesse portata quando una voce la fece sobbalzare.
«Vi siete svegliata. Cominciavo a preoccuparmi. Perché avete lasciato l’altra stanza, avreste potuto ferirvi ancora...»
Era abbastanza profonda e sottintendeva una melodiosità che non aveva mai sentito nella voce di un adulto, anche se allo stesso tempo sembrava leggermente rauca come se non fosse stata usata per diverso tempo.
Sentì il suo cuore aumentare i battiti mentre l’uomo le si avvicinava e lei si ritrovava incapace di muovere un muscolo.
Il suo abbigliamento era in linea con quello di lei: stivali in pelle che superavano la metà del polpaccio, pantaloni in tessuto nero tenuti su in vita da una fascia dello stesso colore in cui si inseriva la camicia, bianca con le maniche lunghe ed ampie, leggermente scollata sul davanti.
Non avrebbe saputo dire quanti anni avesse: già di suo era pessima ad attribuire l’età alle persone e la maschera che lo sconosciuto indossava su metà viso non aiutava di certo.
Forse poteva arrivare ai trenta...
Se non altro non sembrava avere cattive intenzioni da quello che esprimeva la parte di viso scoperta, e i suoi occhi nerissimi non sembravano cattivi, ma per lo più preoccupati.
Retrocedette ugualmente di un passo toccando il bordo frastagliato dello specchio con la schiena quando le fu davanti allungando una mano verso di lei.
Girò la testa chiudendo gli occhi, ma li riaprì sorpresa quando sentì un tocco gentile sfiorarle il collo.
L’uomo esaminò attentamente la parte lesa e Christine trattenne il fiato finchè non ebbe terminato.
«Mi dispiace»
La ragazzina lo guardò con tanto d’occhi: «Perché dovrebbe dispiacervi? Non è mica stata colpa vostra. In realtà credo di dovervi ringraziare per avermi salvata...» replicò ingenuamente.
«Quella trappola è opera mia: si chiama salto dell’impiccato» la sua voce non assunse nessuna particolare inflessione mentre confessava senza alcun pudore di aver installato una trappola mortale nel teatro più famoso di Francia.
Christine non sapeva cosa dire. Avrebbe potuto intimidirlo dicendo che lo avrebbe denunciato alle autorità... ma se lo avesse fatto sarebbe mai riuscita a tornare a casa? Non voleva pensare a cosa avrebbe potuto farle l’uomo se si fosse sentito minacciato.
Eppure non le era sembrato cattivo, si era persino scusato.
 
«Perché qualcuno dovrebbe costruire una cosa del genere all’interno del teatro?» decise di domandare alla fine.
L’altro alzò il sopracciglio non coperto dalla maschera scrutandola sospettoso: «Dovete essere nuova... da quanto siete all’Opéra?» domandò, salvo poi scuotere la testa e aggiungere subito dopo «Lasciate perdere, non ha importanza. Forse è anche meglio così»
Christine decise che non era opportuno fargli notare che non aveva risposto alla domanda.
«Posso almeno sapere il vostro nome visto che mi avete salvata?» provò ad azzardare.
Per qualche motivo l’uomo sembrò sorpreso. Aprì bocca ma si bloccò prima che potesse uscirne alcun suono come se ci avesse ripensato.
«Mi chiamo Erik, al vostro servizio» si presentò alla fine. «Posso chiedere anch’io il vostro nome, mademoiselle?»
Per l’ennesima volta la ragazzina si ritrovò a pensare che l’uomo, Erik, aveva maniere d’altri tempi.
Fu il suo turno ad essere titubante: Erik la guardava carico di un’aspettativa che non riusciva a spiegarsi.
«Rose. Mi chiamo Rose. Piacere di fare la vostra conoscenza monsieur» accennò una riverenza e il suo interlocutore sembrò apprezzare il gesto. «E potete darmi del tu... ho solo tredici anni dopotutto» concluse. Lei poteva anche continuare a dare del voi a lui, ma il contrario le sembrava ridicolo.
L’uomo sembrò un attimo confuso dalla concessione ma non commentò.
«Vieni Rose. Ti porto indietro. Si staranno chiedendo che fine hai fatto...»
«Per quanto ho dormito?»
«Non più di tre ore»
 
La risposta passò in secondo piano quando, dopo aver percorso un brevissimo corridoio, Christine si trovò davanti al resto.
Si trovava in un’ampia grotta sotterranea che accoglieva addirittura un lago. Quel posto sarebbe stato di una bellezza e ricchezza incredibile se solo non fosse stato nelle stesse condizioni della camera col letto decapitato.
Specchi e drappeggi una volta deputati a decorare le pareti di roccia nuda erano stati strappati o ridotti in frantumi, elaborati candelabri erano stati rovesciati a terra e solo su pochi erano rimaste superstiti alcune candele che erano state accese. Se non altro il pavimento non era così pieno di detriti come la camera da letto e lei poteva muoversi con maggiore sicurezza. Scavalcando quello che sembrava essere un blocco di marmo la ragazzina si rese conto che in realtà quello era un mezzobusto con ancora una benda a coprire la parte destra del viso... non fu l’unico in cui si imbattè. Un altro per esempio aveva una maschera del tutto simile a quella che l’uomo aveva indosso.
Si chiese come mai portasse metà del viso nascosto e troppo tardi si accorse di averlo pensato a voce alta, quando Erik la guardò a metà tra l’infastidito e l’essere stato colto alla sprovvista.
«Mi scuso per la curiosità, ma non credo di essere la prima a farvi questa domanda o sbaglio?»
«Di solito le persone sanno cosa c’è sotto la maschera e scappano. Vedere è l’ultima cosa che vogliono» rispose pungente. «E fidati che non lo vuoi sapere neanche tu»
«Questo dovrei essere io a dirlo» non ce l’aveva proprio fatta a trattenersi, le sembrava di stare discutendo con suo fratello.
 
Erik doveva ammetterlo, quella risposta non se l’era aspettata, e Rose lo stava ancora guardando apertamente come se sperasse che la maschera sarebbe venuta via da sola se avesse continuato a fissarla.
La prima reazione delle persone quando lo vedevano davvero in faccia era quella di scappare a gambe levate urlando dal disgusto e dalla repulsione. I più coraggiosi erano riusciti a volte ad urlargli un «Mostro!» prima di girare i tacchi il più in fretta possibile. In realtà a pensarci bene qualcuno era addirittura svenuto.
Madame Giry era stata l’unica a non fare mai nessun commento e poi era arrivata Christine. Colei a cui aveva donato tutto se stesso, il suo cuore, la sua musica, e che per un istante gli aveva dato la speranza che, nonostante tutto, in quel mondo crudele ci potesse essere qualcuno in grado di amare un abominio come lui.
Quell’illusione era quasi diventata realtà prima che il vero stato delle cose gli venisse sbattuto in faccia ricordandogli il suo posto.
Lui non aveva diritto a quella felicità, a vivere una vita alla luce del sole. Lui apparteneva all’ombra e alle tenebre, all’oscurità che aveva irrimediabilmente contaminato la sua anima macchiandola con le terribili azioni che aveva commesso durante la sua vita.
E adesso era arrivata quella ragazzina, che aveva scambiato per la sua Christine per il tempo che gli era servito per arrivare alla sua camera da letto e accendere le lampade a petrolio e scoprire che i suoi capelli erano biondi, troppo chiari per essere quelli della sua vecchia protetta. Doveva rassegnarsi al fatto che non avrebbe più rivisto quella Christine e la somiglianza altro non era stata che una fortuna per la giovane visto che se non fosse stato per quella probabilmente non si sarebbe disturbato a farla scendere.
E lei lo aveva pure ringraziato per averla salvata dalla sua stessa trappola con una sincerità disarmante.
Certo, aveva individuato la menzogna quando le aveva chiesto il nome, ma non poteva biasimarla: a parti invertite probabilmente neanche lui avrebbe detto la verità.
 
Intanto Rose lo stava ancora fissando, aspettando una risposta alla sua ultima provocazione.
Decise di giocare un po’ con lei.
Non le avrebbe fatto del male, alla fine l’avrebbe comunque restituita, ma quello lei non l’avrebbe saputo.
 
«Visto che sembri così sicura di voler vedere il mio volto ti propongo... una sfida» cominciò.
Lo sguardo della ragazzina si fece attento.
«Vi do il permesso di togliermi la maschera ma ci sono delle regole. Se riuscirete a sopportare la vista del mio viso avete la mia parola che vi scorterò personalmente indietro al teatro senza che vi accada nulla. In caso contrario potrete scegliere se provare a tornare indietro da sola e finire in un’altra delle mie trappole dalla quale non vi salverò stavolta, o rimanere qui con me...» concluse sedendosi sullo sgabello del suo organo – le uniche cose rimaste integre, come se la folla che aveva distrutto il resto avesse avuto paura a toccare lo strumento - dandogli le spalle per continuare a tenere d’occhio Rose.
Christine era confusa: perché imporre condizioni del genere? Restare con lui o morire nel tentativo di tornare indietro da sola nel caso in cui fosse stata troppo spaventata doveva essere una punizione per aver osato troppo?
«Cosa succederebbe quindi se rinunciassi a vedere sotto la maschera?» domandò dopo aver ponderato le sue scelte.
Erik sorrise, lo sapeva che alla fine non avrebbe corso il rischio, seppur inesistente: «Vi porterei indietro come nel primo caso» rispose tranquillamente.
Stava per alzarsi annunciandole che era proprio quello il momento di andare ma lei lo precedette.
«Voglio vedere»
 
Era la seconda volta che riusciva a sorprenderlo con le sue risposte. Poteva quasi dire che alla fine se lo fosse guadagnato il diritto di vederlo davvero.
«Sei sicura?» domandò un’ultima volta a Rose che ormai era davanti a lui. Lei annuì.
«Vai avanti allora» le diede il permesso con tono quasi rassegnato. Poteva essere che lui non volesse che Rose fosse spaventata da lui? Quella ragazzina era sveglia da cinque minuti e già era riuscita a influenzarlo fino a quel punto?
 
La sua mano minuta si avvicinò timida al suo volto per poi ritirarsi di scatto.
«Erik?» lo richiamò costringendolo ad alzare lo sguardo su di lei. Sentire quella voce così pura pronunciare il suo nome gli diede una strana sensazione. Christine non l’aveva mai chiamato per nome. «Tu... tu sei sicuro?»
A quella domanda sentì una fitta al petto e qualcosa in lui si ruppe. Nessuno gli aveva mai chiesto una cosa del genere: persino Christine le due volte in cui gli aveva tolto la maschera lo aveva fatto a tradimento facendo male ad entrambi.
Sentì qualcosa di umido scivolargli lungo le guance. Era possibile? Lui, il Fantasma dell’Opera, la Morte Rossa, stava piangendo?
«Certo Rose» replicò cercando di tenere un certo contegno. Non doveva darsi false speranze.
Questa volta Christine allungò entrambe le mani, fermandosi un istante ad appoggiarne i palmi sulle guance dell’uomo: una liscia e fredda, l’atra più ruvida e appena tiepida, leggermente umida per la traccia di acqua salata versata poco prima e che lei cancellò strofinando leggermente con il pollice.
 
La maschera doveva essere stata fatta perfettamente su misura perché aderiva al viso senza bisogno di nulla a tenerla in posizione.
Quando infilò la punta delle dita appena sotto il bordo la maschera oppose un minimo di resistenza prima di venire via, quasi fosse riluttante ad abbandonare la sua posizione.
Il silenzio era assoluto quando si ritrovò quel pezzo di viso tra le mani.
L’aveva fatto sul serio, adesso doveva affrontarne le conseguenze: ne sarebbe stata in grado?
«Rose?» la voce di Erik la richiamò dolcemente e la paura la invase.
Non avrebbe dovuto farlo.
Il Fantasma guardava preoccupato la ragazzina che si era improvvisamente bloccata e sembrava sul punto di mettersi a piangere.
«Rose» la chiamò di nuovo appoggiandole una mano sulla spalla. Lei sussultò. «Dimentica quello che ho detto. Ti porterò indietro in ogni caso, hai la mia parola» cercò di tranquillizzarla.
Spostò la mano dalla sua spalla al suo mento accennando il gesto di farle alzare la testa ancora chinata verso i suoi piedi.
«Adesso puoi guardarmi»
 
Forse sarebbe stata l’ennesima persona traumatizzata alla sua vista ma, non se lo sapeva spiegare neanche lui, adesso voleva che lei lo vedesse.
E dopo essersi lasciata andare ad un profondo sospiro Christine alzò finalmente gli occhi puntandoli decisi sul volto dell’uomo davanti a lei.













Beh, che dire... secondo capitolo e già comincio ad accumulare ritardi. Bene ma non benissimo.
Su questo capitolo non ho molto da dire (probabilmente solo perchè sono di fretta e le cose mi verranno in mente dopo), quindi vi lascio con la promessa che il prossimo aggiornamento sarà puntuale sbato prossimo (o quello dopo, ormai sapete come funziona).



I remain, gentlemen, your obedient servant

E.

 
   
 
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