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Autore: Nao Yoshikawa    14/03/2019    6 recensioni
Nel villaggio di Sting, da anni si mormora e si racconta dei Darg Due, spiriti della notte, mostri succhia sangue.
Lui non ci ha mai creduto, ma la ricerca dell'ipomea alba, il fiore che sboccia al calar della notte, lo porterà ad un incontro ravvicinato con uno di loro.
Un viaggio senza ritorno.
DAL TESTO:
Quando il sole prese a tramontare, Sting iniziò a sentirsi meglio. Oramai non bruciava più nulla. Aveva provato ad addormentarsi, ma non ci era riuscito. E quindi se n’era rimasto ad osservare i fiori, ad attendere che si aprissero.
Si rese conto di quanto fosse un processo lento e non istantaneo come avesse pensato. Ci voleva pazienza. E lui avrebbe avuto pazienza.
L’ipomea alba vive la notte come i demoni. Ma è un fiore così bianco e puro che mi è difficile associarlo a dei mostri del genere.

Questa storia partecipa alla challenge “All monsters are human, all human are monsters” indetta dalla pagina facebook “Boys love – Fanfic & Fanart’s world”.
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rogue Cheney, Sting Eucliffe
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa alla challenge “All monsters are human, all human are monsters” indetta dalla pagina facebook “Boys love – Fanfic & Fanart’s world”.
 

 
 
Whispers in the dark
 
«La notte non si esce. La notte è fatta per rimanere dentro casa, al sicuro. Se mai vi ritroverete nel bosco, dopo il tramonto del sole, i Dearg Due* vi attrarranno a loro e poi vi uccideranno. Assicuratevi sempre che fuori ci sia la luce del sole, in questo modo sicuramente non vi attaccheranno. Escono allo scoperto solo dopo il tramonto.»
Sting Eucliffe non aveva mai creduto a certe dicerie. Non ci credeva da bambino e non ci credeva nemmeno adesso a vent’anni. Il luogo in cui viveva era un normalissimo villaggio dove non succedeva niente di speciale.
Molto spesso i più anziani, alla sera, intorno al fuoco, raccontavano di creature che si nascondevano nei boschi. Alcune erano creature benevoli, come le fate e gli gnomi, amici degli umani, altri invece erano demoni da cui stare alla larga. Ciò aveva un suo fascino, Sting doveva ammetterlo, ma era convinto si trattasse più che altro di storielle da raccontare ai bambini in modo che non si allontanassero da casa.
Funzionava di certo, perché dopo che il sole tramontava, nessuno osava varcare il confine del villaggio. Ma non lui. Si riteneva troppo intelligente e anche troppo curioso per permettere a qualcuno di dargli dei limiti.
E, cosa più importante, Sting aveva la necessità di stare a contatto con certi ambienti, ne studiava la fauna e la flora, voleva diventarne un esperto.
Quando non era impegnato ad esplorare, se ne stava a casa a leggere svariati libri che parlavano di piante e fiori rari. Fu una sera di primavera che Sting scoprì l’esistenza dell’ipomea alba. Trovò affascinante l’idea che esistessero fiori che sbocciavano solo la notte, c’era una certa poeticità in tutto ciò.
Per questo aveva deciso: doveva studiarli da vicino per capirne di più.
«Sting, caro, sei proprio certo che sia una buona idea?»
Sua madre gli porse quella domanda con tono preoccupato. Suo figlio era sempre stato curioso e coraggioso, ma non sapeva quanto saggio fosse spingersi nel bosco di notte solo per colmare la propria fame di sapere.
Il ragazzo, senza mostrare il minimo segno di preoccupazione o altro, infilò nel suo sacco di cuoio una mappa e il libro, sorridendole poi in modo affabile.
«Mamma, non è la prima volta che mi insinuo nel bosco da solo.»
«Lo so bene, ma il sole sta già calando.»
«Per l’appunto. Voglio scoprirne di più sui fiori notturni. Vedrai, un giorno diventerò un naturalista affermato, ma prima ci sono tante cose che devo imparare. Puoi stare tranquilla, tornerò prima di quanto immagini.»
Alla fine, la donna dai biondi capelli e l’espressione malinconica non aveva potuto che rassegnarsi. Ma dopotutto suo figlio manteneva sempre le promesse.
Dopo averla salutata, Sting uscì di casa. Essendo primavera, c’era un gran fermento, soprattutto di bambini che giocavano a nascondino e si rincorrevano.
«Ehi, guardate, c’è Sting! Dove stai andando?» esclamò un allegro bambino di dodici anni circa.
«Ciao, Romeo. La mia meta è il bosco, ci sono delle ricerche che devo fare.»
A quel punto, una ragazzina della stessa età di Romeo, di nome Wendy, spalancò gli occhi.
«Nel bosco? Ma è quasi buio e… e…»
«Se vai adesso i Dearg Due ti uccideranno!» concluse l’altro stringendo i pugni.
Sting alzò gli occhi al cielo. Dolce ingenuità, prima o poi quei bambini avrebbero capito che si trattava solo di storie e nulla più.
«Giuro solennemente che nessun Daerg Due mi farà del male. Dai, ragazzi. Siete un po’ cresciuti per credere a certe cose. Statemi bene, io tornerò a breve.»
Alle volte aveva l’impressione di ritrovarsi in una gabbia di matti. Credere a certe cose poteva anche essere affascinante e divertente, ma quando finiva per diventare un ossessione, allora era un problema.
Le favole e le leggende erano quel che erano. Finzione, da non confondere con la realtà. Per questo Sting era assolutamente tranquillo mentre si lasciava alle spalle il suo tranquillo villaggio per addentrarsi nel bosco.
Aveva oramai imparato a conoscere bene quel luogo, ogni albero, ogni arbusto, cespuglio, fiore o bacca, ma sorprendentemente c’era sempre qualcosa di nuovo da imparare. Non aveva dimenticato di portarsi dietro una piccola lanterna, preziosa poiché la sua luce gli indicava il cammino.
Ma con una mano intenta a tenere  quest’ultima e l’altra a reggere il libro, non aveva modo di prestare troppa attenzione a dove stesse andando.
Intanto la notte era calata velocemente, sopra la sua testa la volta era diventata scura e le stelle erano comparse. I gufi avevano iniziato a bubolare, uno dei tanti sinistri suoni che però a Sting non sembravano creare alcun fastidio.
«Ipomea alba, ipomea alba», sussurrò guardando l’immagine del fiore sulle pagine. «Chiamato anche fiore di luna, appartiene alla famiglia delle Convolvulacea. Quando arriva la notte sboccia, assume una forma rotonda come una luna piena. Affascinante, ma lo sarebbe ancor di più se riuscissi a vederli di presenza!»
Corrugò la fronte e alzò lo sguardo: la luna si rifletteva nelle acqua di un laghetto. Con la lanterna si fece più luce e sulla riva di quest’ultimo scorse qualcosa che somigliava vagamente a ciò che stava cercando. Dovette guardare ancora una volta l’immagine stampata sul libro prima di rendersi conto di aver finalmente trovato ciò che cercava.
«Sì! Ci siamo», esultò sottovoce.
Si inginocchiò ed osservò l’ipomea alba, elegante e delicato fiore della notte.
«Interessante. Da lontano sembrano delle rose, ma basta avvicinarsi per rendersi conto che non è così.»
Si era totalmente estraniato dal mondo intorno a sé. E senza saperlo c’era una presenza minacciosa che aleggiava lì vicino.
Prima degli scricchiolii, probabilmente vento tra i rami, Sting non ci badò molto.
Poi avvertì qualcosa che nell’immediato gli provocò i brividi. Ebbe l’impressione di udire dei sussurri. Si disse poi che doveva trattarsi di qualche animale, la suggestione poteva giocare brutti scherzi.
Se non stai attento i Dearg Due ti uccideranno!
«Eh?! Ah, per favore! Proprio adesso devono venirmi in mente cose del genere?» borbottò fra a sé e sé.
Sarebbe stato molto più facile se solo non avesse avuto la spiacevole sensazione di essere osservato.
A quel punto si tirò lentamente su.
«D’accordo! Chi va là? Non voglio scherzi, capito?!»
Una piccola vocina nella sue testa – una vocina che non voleva ascoltare – gli riportò alla mente tutte quelle leggende e favole che aveva sentito sin da bambino.
La fantasia è fantasia. La realtà è la realtà.
Indietreggiò e senza volerlo calpestò i fiori. La lanterna non illuminava abbastanza e stava iniziando ad avvertire un sincero sgomento.
«Voi umani siete davvero delle creature interessanti!»
Udì una voce e per questo si sentì un po’ tranquillo. Almeno sapeva di non essere solo.
«Amh… chi ha parlato? Mostrati, non mi va di giocare!»
Dei passi. Quel qualcuno si stava avvicinando. Chi era l’altra persona abbastanza folle da andare nel bosco in piena notte?
«Non davanti. Sono dietro di te.»
Un sussurro, un respiro sulla pelle che lo fece tremare. Sting si voltò di scatto e la luce illuminò due occhi di un innaturale rosso sangue. Bastò quella semplice visione a fargli balzare il cuore nel petto.
Fece un salto all’indietro, lasciando cadere la lanterna e cacciando fuori un urlo.
Questo deve essere tutto nella mia testa. Devo averla battuta da qualche parte e adesso vedo e sento cose che non esistono. Perché non esistono.
Anche se la paura che provo è… reale.
Cercò la sua fonte di luce, non riuscendo però a trovarla. Come uno stupido si stava dimenando senza concludere nulla.
Colui che si era poco prima annunciato, afferrò la lanterna tranquillamente.
«Cerchi questa?»
Per un primo istante Sting rimase immobile, spiazzato. Sarebbe stato logico scappare ma… cosa c’era di logico in quella situazione?
D’altro canto, oltre a sentirsi spaventato, si sentiva anche stranamente affascinato.
Tremando in maniera convulsiva si tirò su sulle gambe, cercando di rimettere a posto i pensieri.
«Chi… cosa sei tu?»
«Oh? Tu cosa credi che io sia?»
Ad un primo sguardo, quella creatura poteva sembrare un ragazzo tale e quale a lui. Ma non era così. Gli occhi come il sangue, uno dei due ora coperto da un lungo ciuffo color ebano. Una cicatrice sul viso. Due minuscole corna che sbucavano dalla cute, ali di piume nere. Una pelle nivea, i canini.
Deglutì a vuoto, trattenendo il fiato. Somigliava tanto a…
«Tu sembri… un Dearg Due!»
La creatura si spostò. La luce ne illuminò il torso nudo, ma dalla vita in giù sembrava ricoperto da altre piume nere.
«Sembro? È più corretto dire che lo sono.»
Doveva star sognando. Non poteva essere reale. Non era una dannata favola quella!
Non doveva perdere la testa.
«Ma… questo non può essere. Voi siete solo creature leggendarie.»
Voleva scappare, fuggire a gambe levate, ma era come se una forza sconosciuta lo stesse trattenendo lì con la forza. Doveva essere a causa di quell’essere, che ora gli girava attorno, ora si allontanava, senza mai distogliere lo sguardo.
«Eppure sono qui davanti a te, mi pare. Raramente gli umani vengono qui la notte. Loro ci temono. Sei stupido o coraggioso?»
Sting convenne che il suo modo di parlare fosse languido, quasi sensuale, tanto da fargli mancare l’aria.
«Io ero venuto qui solo per studiare quei fiori che sbocciano la notte. Sei… sicuro di essere davvero un Dearg Due? Sei anche un maschio e…»
«Ebbene? Sono una rarità, ma esisto comunque.»
Il biondo si ricordò dei racconti che ascoltava da bambino. Da essi aveva appreso che la maggior parte dei Dearg Due erano donne, bellissime e affascinanti, ma mortali. Esistevano anche i maschi, ma erano molto più difficili da incontrare. E lui… lui aveva avuto la fortuna – o la sfortuna – di incontrarne uno.
Indietreggiò lentamente.
«Non mi ucciderai, demone…» sussurrò lentamente.
«Ho un nome, sai? È Rogue» rispose lui serio. Sting indietreggiò ancora e il tempo sembrò rallentare. Sarebbe stato facile voltarsi, scappare via da quella follia. Ma era bloccato, completamente inebriato dagli occhi rosso sangue del demone… di Rogue.
Quest’ultimo parve intuire le sue intenzioni. Si fece più vicino, con fare languido.
«Hai l’espressione di uno che fino  a stamattina non credeva potessi esistere, umano.»
«Il mio nome è Sting, non umano! E tu devi starmi lontano. È il mio sangue che vuoi? Vuoi uccidermi?»
Rogue alzò gli occhi al cielo e sbuffò, visibilmente seccato.
«Voi umani sapete essere così noiosi, alle volte. Ma anche estremamente affascinanti, è per questo che mi piacete tanto. Tu, per esempio, sembri uno splendido esemplare. L’ultimo umano che ho ucciso non era così piacevole a vedersi.»
Sting rabbrividì. Il suo respiro era gelido come la morte, la sua voce lo inebriava. Avvertì un certo torpore e la cosa lo spaventò.
Doveva essere colpa di quell’essere. Vide le ali di Rogue spiegarsi. Le trovò stranamente belle, così nere e all’apparenza così morbide.
Un brivido gli percorse la schiena quando il Dearg Due allungò una mano, sfiorando il suo collo.
Gelido. Attraente. Mortale.
Smise di respirare.
«Non ho paura di te. No, non voglio avere paura di te. Non esisti, non esisti»
Chiuse gli occhi e ripeté fra sé e sé quelle parole, come per convincersi. Non poté accorgersi del sorriso appena accennato sulle labbra di Rogue.
E poi un sussurro nel buio.
 
 
 
 
Si risvegliò nel suo letto, nel calore, nella sicurezza della sua casa. Sting si sollevò annaspando, la mente annebbiata.
Cosa?
Un sogno?
Anzi, un incubo, un dannato incubo?
Si portò le mani sul viso e iniziò pian piano a rimettere a posto i pensieri.
Certo che è stato un incubo, è logico che sia così.
Era a casa e stava bene. Stava molto bene, si sentiva pieno di forze.
Lentamente si rimise in piedi.
Sto bene.
Non poté ignorare una sensazione. Qualcosa non andava. Qualcosa era attaccato alla sua schiena, due ali di piume nere.
«Eh?!» dalle sue labbra uscì un sussurro.
Probabilmente stava sognando, doveva star sognando ancora. Oppure era sveglio ed era impazzito così, dal nulla?
Tremante, allungò una mano e sfiorò le nere piume, reali.
Cacciò fuori un urlo.
«No! Che succede?! Che succede?!»
Si trascinò lentamente fino al piccolo specchio appeso alla parete della sua camera. Gli occhi non erano più blu, sembravano esserci colorati di sangue. Tra i capelli due piccole protuberanze simili a corna. Ma ciò che più lo sorprese furano i canini, affilati, luccicanti.
E piume nere a coprirlo, ovunque, un manto soffocante.
«No, no. Svegliati, Sting! Svegliati, svegliati! Non è reale. No, non è reale!»
Si afferrò le piume nel tentativo di strapparle, ma riuscì a provare solo dolore.
Questo è un incubo. Voglio svegliarmi, voglio svegliarmi.
Perché è successo a me? Perché sono diventato un mostro?
«Sting?»
Sollevò gli occhi ricolmi di lacrime nel riconoscere la dolce voce di sua madre.
Sua madre, che ora lo guardava con shock, sua madre che era impallidita e adesso cacciava fuori un urlo disperato.
«No! Sono io, sono io, Sting!»
Altre grida di terrore.
«Sta lontano, demone! Che ne hai fatto di mio figlio?»
«Sono io! Sono sempre io, mamma. Te lo giuro!»
È ovvio che non può riconoscermi. Non è suo figlio quello che vede, ma un mostro dagli occhi rossi e le ali nere, che uccide gli umani.
Io non sono questo.
Allungò una mano verso la sua direzione, ma la donna indietreggiò, prendendo a correre, in lacrime, spaventata.
Crede che un demone abbia ucciso suo figlio, ma non è così.
Le andò dietro, dimenticando che c’era un motivo se un Dearg Due aspettavano il tramonto per uscire allo scoperto.
Perché il sole li bruciava, dava loro una morte atroce.
Inizialmente fu felice di sentire il calore sulla sua pelle. Ma fu solo un attimo, perché immediatamente avvertì un bruciore atroce, come se lo avessero gettato nel fuoco.
Fa male, fa male dannazione. Io che ho sempre amato il sole, la luce e il calore… adesso soffro nell’avvertirlo su di me.
Perché mai io sono stato maledetto?
Ma non fu un dolore tanto atroce come quello che avvertì in seguito: le grida della gente che conosceva, gli occhi pieni di terrore, sorpresa e sgomento.
E le voci.
«È un Daerg Due! Ha gli occhi rossi come il sangue e ali nere come la morte! State lontani o vi ucciderà!»
«Il Daerg Due è venuto a prenderci! Vuole ucciderci!»
«Vai via, mostro, non ti avvicinare! Torna nell’ombra, brucia!»
Brucia, brucia, brucia da morire. Non guardatemi così. Romeo, Wendy, voialtri bambini che mi conoscete, non guardatemi così. Sono sempre io, sono sempre Sting. Sono sempre un umano.
«V-vi prego… aiutatemi…! Non so cosa mi succede!» annaspò
 
Vai via!
 
Uccidiamolo!
 
No, il sole lo brucerà, guardate! Sta già cambiando!
 
Nell’udire quelle parole, Sting si portò una mano sul viso. La parte sinistra stava assumendo una consistenza strana, era bollente.
Nessuno mi riconosce. Nessuno mi ascolta. Ma se rimango qui finirò con il morire, o per la luce del sole o a causa loro. E mia madre, e la mia gente?
Loro hanno… paura di me, ormai?
Poggiò il palmo della mano sulla parte del viso dolorante e con la morte nel cuore e le lacrime in bilico sulle ciglia, decise, almeno per il momento, di allontanarsi, di cercare l’ombra, lontano dalla gente.
Allora vuol dire che non è stato un maledetto incubo?
 
Tornò nel bosco dov’era stato la sera prima. L’ipomea alba aveva i petali chiusi. Riuscì a trovare un po’ di ombra sotto gli alberi, e allora vi si accovacciò, tentando di regolarizzare il respiro.
Ciò che era successo, l’incontro con quel demone, era stato tutto reale. Ma perché era mutato in quella forma? Non riusciva a ricordare, non riusciva a capire, né a spiegarselo.
Doveva essere colpa sua.
Rogue, il nome era ben impresso nella mente. Cosa gli aveva fatto?
La sera sarebbe giunta e si sarebbero rincontrati.
A meno che non si fosse svegliato.
Perché in fondo ci sperava, che quello fosse solo un incubo.
 
Quando il sole prese a tramontare, Sting iniziò a sentirsi meglio. Oramai non bruciava più nulla. Aveva provato ad addormentarsi, ma non ci era riuscito. E quindi se n’era rimasto ad osservare i fiori, ad attendere che si aprissero.
Si rese conto di quanto fosse un processo lento e non istantaneo come avesse pensato. Ci voleva pazienza. E lui avrebbe avuto pazienza.
L’ipomea alba vive la notte come i demoni. Ma è un fiore così bianco e puro che mi è difficile associarlo a dei mostri del genere.
«Sting.»
Lo stesso sussurro suadente che non aveva dimenticato, lo stesso sussurro che lo aveva attratto, immobilizzato, spaventato.
Si voltò di scatto, gli occhi scarlatti spalancati nel buio.
«T-tu! Che cosa mi ha fatto? Pensavo fosse stato tutto un sogno, ma quando mi sono svegliato… mi sono reso conto che ero come te! Parla, bastardo. Che hai fatto?!»
Rogue pareva molto tranquillo. Si avvicinò a lui e delicatamente posò una mano sulla sua guancia.
«Avresti dovuto sapere che il sole fa male a noi Daerg Due. Metà del tuo viso è bruciata.»
«Non toccarmi! Daerg Due? Io non sono come te. Non posso esserlo! Tutto questo non ha senso!»
«Davvero non ricordi? Guarda la tua immagine riflessa sull’acqua e sforzati un po’» rispose Rogue con fare annoiato.
Sting gli lanciò un’occhiata carica di rancore. Si avvicinò alle sponde del lago, e chinandosi poté vedere metà del suo viso che era stata bruciata dal sole. La pelle in quel punto era diventata nera. Ma non fu tanto questo a sorprenderlo, quanto più il segno che aveva sul collo. Due piccoli fori, ancora arrossati.
Sfiorò quest’ultimi con i polpastrelli ed allora ricordò.
 
 
Rogue si era fatto vicino, così vicino che i loro respiri ora si mescolavano. Era quello che facevano i Daerg Due. Ti ipnotizzavano, ti ammaliavano e poi ti uccidevano. Voleva reagire, Sting. Ma ogni suo tentativo era vano.
Il tocco di Rogue era gentile, affatto frettoloso. E nonostante il suo aspetto, Sting lo trovò in un certo modo bello.
Il demone si avvicinò al suo orecchio e le labbra si mossero piano.
«Più neghi la tua paura, più non riesco a resisterti.»
Il respiro gli si mozzò in gola. Era buio, una nuvola copriva ora la luna.
Rogue lo strinse a sé con gentilezza, avvicinò le labbra al suo collo.
Prima un semplice sfiorare. Delicato.
Gelido.
«N-no. Non finirà così.»
«Sssh.»
Non riesco a muovermi.
I denti appuntiti, avvertì i canini e cercò di spingerlo, ma ogni forza parve venire meno.
«N-no… no… no…!»
La delicatezza scomparve e il demone affondò i denti nella carne. Il sangue zampillò immediatamente fuori, sporcando di rosso le labbra del Daerg Due, il quale era divenuto ad un tratto famelico, ingordo, inebriato dal sapore del sangue umano.
Sting gemette. Dal dolore. Bruciava, sentiva il sangue gocciolare giù dal collo, la carne lacerarsi.
Rabbrividì dal freddo e dall’eccitazione. Eccitazione profonda, vera.
Sono completamente in balia del demone. Mi sento mancare eppure… eppure com’è che tutto ciò è così piacevole?
Perché non riesco ad allontanarmi?
È il buio… l’oscurità in cui annego… non è mai stato così piacevole.
 
Gli mancò il respiro non appena i ricordi furono tornati alla mente. Davvero era stato così debole da farsi sottomettere?
Con una mano poggiata al cuore, guardò nuovamente Rogue.
«Tu mi hai morso… maledetto bastardo. Perché non mi hai  ucciso? Perché mi hai fatto questo?!»
Rogue era completamente calmo, tanto da apparire irritante.
«Ucciderti mi sarebbe dispiaciuto. Tu sei.. un essere umano interessante. Testardo, perché neghi la realtà anche quando questa è proprio davanti a te. Avventato di certo. È per questo che ti ho lasciato andare. È raro che un Daerg Due morda un umano senza ucciderlo, in genere nessuno resiste alla tentazione di succhiare via tutto il sangue. E in effetti… per me è stato difficile.» si leccò le labbra al pensiero di quel dolce sapore.
Sting prese a tremare di rabbia.
«Cioè… tu mi hai reso un mostro per tuo divertimento?»
«Ancora con questi termini offensivi. Non ho scelto io di nascere così. Comunque posso assicurarti che non è poi così male.»
«Vai al diavolo! Riportami alla normalità!» esclamò.
Rogue accennò un sorriso.
«Non si può. Perdonami, Sting. Sostanzialmente ciò è successo perché mi piaci.»
«Tutto ciò è assurdo. Io… mia madre, i miei amici, tutti al villaggio…» sussurrò portandosi le mani sulla testa.
«Ah, dimenticateli. Per loro ormai sei… com’è che dite voi? Ah, sì. Un mostro.»
Guardò Rogue. Avrebbe dovuto odiarlo, disprezzarlo. Effettivamente si sentiva rancoroso nei suoi confronti, ma anche irrimediabilmente attratto, come se fossero legati da un filo invisibile.
Si portò le mani sul viso. Non era un incubo, era la realtà, e le favole a cui non aveva mai creduto si erano rivelate essere vere.
«Io… che ne è di me, ora?»
Rogue assottigliò lo sguardo e gli tese una mano.
«Non preoccuparti, Sting. Non sei solo e mi ringrazierai. Vieni con me. Vieni con me nel buio, crogiolati nell’oscurità della notte.»
Addio alla mia umanità, addio alla luce. Addio a tutti, i miei cari, ciò che ho conosciuto, le mie ambizioni.
Tu, demone dalle ali neri e gli occhi di sangue, mi hai reso come te.
Ti odio, ma adesso… sto allungando una mano e le mie dita…
Si intrecciano alle tue.
 
Come quei fiori, sbocciamo la notte.
E ci dissolviamo la mattina, con un ultimo, effimero sussurro.


NDA
Whispers in the dark* titolo di una canzone degli skillet.
I Daerg Due sono i vampiri irlandesi, di sesso femminile. Io mi sono presa la libertà di riadattare questa figura mitologico ai fini della storia.
Finalmente ho scritto qualcosa sulla mia unica coppia yaoi di Fairy Tail. Spero vi sia piaciuta questa versione di Sting naturalista finito male, e Rogue demone che lo porta con  sé perché "prova interesse".
Anche il finale è molto aperto, in futuro questa OS potrebbe diventare una long. Vedremo!
A presto :)

 
   
 
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