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Autore: Ladyhawke83    17/03/2019    3 recensioni
Note: questa breve Mini long originale riprende l’altra mia “RED RAIN”, che ha gli stessi personaggi, Stephan e Isabel. Solo che qui sono passati parecchi anni, e parecchie cose, dal loro primo incontro, lei si è innamorata di lui, ma lui non ha ricambiato i sentimenti, almeno fino al giorno della laurea di Isabel…
Spero vi piaccia, ci tengo molto perché è in parte autobiografica…
Genere: Erotico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Red  Dress
 

 

Una volta giunta alla stazione Centrale, Isabel cominciò ad essere attanagliata dal dubbio, dal senso di colpa, condito con un certo nervosismo.

La donna se ne stava lì con il suo vestito rosso e la corona d’alloro in testa ad aspettare lui, Stephan, che forse non sarebbe mai arrivato.

E se avesse cambiato idea? 

Se ci avesse ripensato, nonostante quel bacio tra loro e quelle parole così vere, da sembrare sincere?

Scosse lievemente la testa, spostando il peso da un piede alla stampella e viceversa.

Lui le aveva detto che l’amava, si disse lei, non le avrebbe fatto prendere quel treno da sola.

La voce all’altro parlante annunciò che il treno al binario 15 era in partenza, l’orologio segnava le 16:35 ma di lui neanche l’ombra.

Isabel guardò velocemente lo schermo del cellulare e si diede della stupida per non aver chiesto il numero di telefono a Stephan quel giorno. Almeno avrebbe potuto chiamarlo o scrivergli, sentirlo insomma.

Sospirando la ragazza, fresca di laurea, salì sulla terza carrozza del regionale sistemandosi nello scompartimento di seconda classe in un posto accanto al finestrino.

Il treno stava per partire e del professore dai begli occhi scuri neanche l’ombra.

Isabel posò la propria corona d’alloro sul posto vuoto accanto a sé e ispirandone l’argomento di concesse qualche attimo per ripercorrere quella giornata così intensa.

Nelle orecchie le risuonò a basso volume la familiare voce di Peter Gabriel sulle note di Mercy Street, una passione la sua che aveva ereditato da Stephan e che aveva contribuito a far di Gabriel il suo cantante preferito, dopo Phil Collins si intende...

“Proclamiamo la dottoressa Isabel Castellano dottoressa in Scienze Filosofiche con la votazione di 110 su 110 con l’aggiunta della Lode all’unanimità “. 

Quella frase la riempiva di gioia e commozione. Finalmente ce l’aveva fatta, lei, quella su cui nessuno più scommetteva granché, aveva concluso il suo travagliato percorso universitario ottenendo il massimo dei voti con una tesi sul filosofo Nietzsche.

Ma la cosa che più la rendeva euforica era che lui, Stephan, aveva presenziato alla sua discussione di tesi, così senza avvertirla, facendole una graditissima sorpresa, resa ancor più dolce da quel suo bacio appassionato, e da quelle semplici parole “Ti amo” che dette da lui, avevano ottenuto, su di lei un effetto simile ad uno “Tsunami” emotivo.

Isabel sorrise toccandosi il labbro inferiore, là dove la sua bocca aveva incontrato quella di lui, un brivido di piacere la percorse ricordandole il lieve formicolio che le aveva lasciato la sua barba sfregata contro la pelle.

Persa nei pensieri, e nella musica, Isabel non si accorse che qualcuno aveva preso posto nella poltroncina rivestita di stoffa consunta, proprio di fronte a lei, dall’altro lato del finestrino.

“Che cosa ascolti straniera?”. Domandò la voce, calda e dolce, che lei riconobbe subito, anche grazie al profumo che lui emanava.

“Stephan… credevo non saresti più venuto”. Disse lei, con evidente sollievo nella voce.

“Scusami, sono stato trattenuto più del dovuto a quella conferenza…”. Disse lui, come se nulla fosse.

Lei lo guardò e si accorse che lui era distante, aveva lo sguardo perso, adombrato da chissà quali pensieri.

“Senti… se ci hai ripensato, puoi dirmelo tranquillamente. Il treno non è ancora partito e beh, io potrei scendere e potremmo anche salutarci qui”. Le parole di Isabel uscirono a fatica dalla sua bocca, le disse senza incrociare lo sguardo di lui, già aspettandosi che lui facesse marcia indietro, come aveva sempre fatto d’altronde negli ultimi dieci anni del loro rapporto, che non poteva definirsi solo amicizia, ma nemmeno completamente amore.

Ci erano state fra loro molte parole, molti sottintesi, ma il bacio era arrivato solo quella mattina, ed Isabel, pensò che fosse possibile che Stephan si fosse pentito, che quel suo gesto, non era stato altro che un impulso dettato dal momento, e non dalla convinzione di amarla davvero.

“Non se ne parla neanche. Io voglio che tu venga”. Disse lui, serissimo, tradendo però un certo nervosismo facendo dondolare ritmicamente il piede sinistro.

“Vuoi ascoltare?” Chiese lei, porgendogli uno dei suoi auricolari.

Lui lo prese titubante, poi sentendo le note di Peter Gabriel, sorrise e si rilassò.

Durante tutto il tragitto in treno nessuno dei due parlò, e nemmeno dopo, mentre entrambi percorrevano la distanza che li separava dalla stazione alla casa di Stephan.

“Sei sicuro di volerlo?” Chiese lei, una volta che si trovarono di fronte all’ingresso del palazzo anni ‘60 dove abitava Stephan.

“Perché non dovrei, sto solo invitando un’amica in casa mia”. Disse Stephan, mentre girava la chiave sull’uscio del proprio appartamento.

“Un’amica già…” lo parafrasò lei.

“Oh…” sbuffò lui. “Sai quello che intendo dire no?”. Aggiunse Cercando di parare il tiro, ma ormai il danno era fatto.

“Senti, non credo che dovrei essere qui. Me ne torno in stazione, ok?”. Alla fine sbottò Isabel girandosi verso il corridoio che portava alle scale.

“Aspetta…” Stephan preso alla sprovvista dalla sua reazione cercò di fermarla, ma lei era decisa come non mai ad andarsene.

Lui sentì che la stava perdendo di nuovo, per una sciocchezza, una parola detta senza pensare, ma che come una lama sottile aveva spezzato il dolce incanto di quel caldo pomeriggio di fine maggio.

“Ti prego Isabel…” la sua voce fu talmente diversa dal suo tono abituale, che lei si fermò in cima alla rampa di scale, in attesa.

Stephan la raggiunse con pochi passi e le prese delicatamente una spalla per spingerla a voltarsi verso di lui.

Gli occhi nocciola di lei si scontrarono con quelli di lui, comprensivi e magnetici.

“Non piangere, ti prego. Non volevo ferirti. Tu sei importante per me, lo sei sempre stata, ma tutto questo è nuovo per me e non so come comportarmi…” Ammise lui, mentre le reggeva una delle due stampelle, che lei usava per muoversi.

“Credi che in amore ci sia un codice di comportamento? Questo non è come i tuoi corsi, i tuoi esami… non è scritto nei libri, è la vita e non si può fare una scaletta di un prima e un poi…”.

Stephan dovette ammettere con se stesso che, per quanto male fece sentire quelle parole, Isabel aveva ragione.

“Le questioni qui sono due: la prima è se mi ami o no, e la seconda riguarda il perché tu mi hai chiesto di venire da te. Sta a te darti, e darmi, delle risposte”. Disse lei brusca, mettendolo metaforicamente con le spalle al muro, ma non era la prima volta che ciò accadeva. Negli anni almeno un paio di volte Isabel aveva tentato di dichiararsi sperando in una reazione da parte di Stephan, che invece era sempre stato evasivo, senza mai prendere posizione in merito.

Se fosse per me, probabilmente non ti porterei da nessuna parte, eppure non ti lascerei mai andare”. Così le aveva detto una volta,  e quella frase l’aveva accompagnata per anni, insieme al dubbio se lui provasse, o no, dei sentimenti per lei, fin quando Isabel non aveva deciso di sposarsi con un altro e dimenticare tutto.

Questo era successo più di tre anni prima e, nel frattempo da quel suo matrimonio frettoloso era nata anche una bambina, ma Isabel non aveva mai dimenticato Stephan, mentre lui sembrava essere sparito. Almeno fino a quella mattina di maggio, dove era comparso, come se nulla fosse, portandole un dono per la tanto Agognata sessione di tesi.

“Io non so quale risposta vuoi sentire ora, ma so che non voglio che tu te ne vada…” Disse lui, impacciato.

“Non è abbastanza, Stephan, non più. Ho una famiglia adesso, credi che butterei tutto all’aria solo perché tu oggi, magari per capriccio, vuoi stare con me, ma non vuoi stare con me?”. La ragazza sapeva bene che era sleale tirare in ballo la sua nuova vita, ma quello che aveva sprona detto era solamente la verità. Se doveva restare quel giorno con Stephan, lo avrebbe fatto solo se lui le avesse fatto capire i suoi reali sentimenti. Era stufa dei giochetti, dei tentennamenti e dei giri di parole, in fondo non aveva più ventun anni.

“Ho bisogno di te”. Riuscì solo a dire lui.

Non era quello che lei voleva sentirsi dire, ma qualcosa in quel suo sguardo perso ed implorante la fece cedere, e capì che dietro quelle poche parole si celava molto di più. Forse proprio quell’amore che lei voleva disperatamente che lui provasse.

“D’accordo, resto. Ma se in qualsiasi momento io sentissi l’esigenza di andarmene, lo farò, che tu lo voglia o no”. Aggiunse lei, dura.

“Ovviamente… ora entriamo ti va’? Non vorrei dar spettacolo coi vicini su pianerottolo. Sai, sono dei tali impiccioni…”. Queste ultime parole Stephan le disse sottovoce, per non far sentire da orecchi indiscreti, ma la cosa la fece ridere tanto, talmente tanto che Isabel si tenne la pancia dal male.

La casa di lui era come lei se l’era sempre immaginata. Ordinata, pulita, con questo misto di moderno e vintage che tanto andava di moda in quel periodo.

Il salotto era luminoso ma arredato con colori tenui e po’ retrò. Addossato ad una parete stava un vecchio divano celeste, coi braccioli di legno scuro. Appesa al muro c’era una tela fotografica ritraente un paesaggio di città e due donne di spalle al fotografo, intente a fissare l’orizzonte.

Stephan vedendo che Isabel si era incantata davanti alla foto, le disse quello che diceva sempre alle poche persone che visitavano casa sua e alle quali quella foto faceva sempre effetto.

“Quella l’ha scattata mio padre. Sono mia madre e mia sorella a Lodi. Quello è il Duomo preso da una particolare angolazione, mio padre era particolarmente fissato con la luce in quel periodo…”.

La voce di lui aveva una nota stanca e malinconica e Isabel si pentì subito di aver indugiato così tanto su quella foto. Aveva intuito chi fossero le due donne, ma la curiosità aveva vinto sul pudore.

“Scusami. So che non ti piace parlare di loro. Comunque è uno scatto bellissimo, sembra un quadro”. Disse lei, cercando di scacciare via la tristezza che vedeva riflessa negli occhi di lui.

“Un quadro che mi ricorda ogni giorno che cosa non ho più, comunque non preoccuparti. Va bene così…”. Stephan scacciò un pensiero doloroso con la mano e si concentrò sulla sua ospite.

“Vuoi fare un Domus-Tour di casa Valenti? So che muori dalla voglia di sapere dove tengo nascosta la spada laser di Darth Vader…” La punzecchiò lui ridendo.

“Non ci credo! Alla fine l’hai presa davvero?” Chiese lei sbalordita.

“Certo, come ogni Star Wars fan che si rispetti, non potevo non avere la mia personale riproduzione dell’arma Sith”. Annunciò lui tutto orgoglioso, e per attimo, ad entrambi, parve di tornare indietro di quasi quindici anni, ai tempi dell’università, al giorno in cui Stephan, per far ridere Isabel le aveva detto che l’avrebbe comprata, la spada laser, per usarla di notte, girando per casa senza accendere la luce.

“Da lei professore, questa frivolezza non me l’aspettavo!” Disse Isabel scimmiottando la sua voce e dandogli un leggero colpetto sulla spalla.

“Ahi, mi fai male!” Rispose lui, poi però la prese per il fianco e l’attirò a sé.

“Se rimandassimo il giro della casa e ci concentrassimo su ciò che è rimasto in sospeso da questa mattina?” Chiese lui, con uno sguardo inequivocabilmente famelico e malizioso.

“Vergognati! Mi hai appena invitato ad entrare e già vuoi baciarmi?”. Lo sgridò lei, fingendosi offesa.

“Perdonami, credevo lo volessi anche tu…” balbettò lui, lievemente rosso in viso, agitando la mano in segno di scuse.

“Quanto mi piace prenderti in giro… vieni qui e baciami sciocco di un Valente!” Isabel sorrise ed attirandolo a sé, lo baciò con trasporto.

Stephan sulle prime si irrigidì. Non era abituato a quel tipo di contatto con lei, tanto meno nel proprio salotto, però dovette ammettere con se stesso che baciare Isabel era dannatamente piacevole, e più prendeva confidenza con le sensazioni ed il corpo minuto di lei, meno voleva smettere.

“Possiamo mangiare qualcosa?” Esordì lei ad un certo punto, spiazzandolo.

“Sai sto morendo di fame…” aggiunse Isabel, staccandosi da Stephan, mentre con assoluta naturalezza si adagiava su quel divano sconosciuto, eppure così comodo.

Lui ci mise qualche secondo a ricomporsi, e lei sorrise lievemente.

“Ti va’ una pizza? Quest’oggi saremo soli, mio padre rincaserà probabilmente domani nel pomeriggio… e io sono una frana in cucina”. Ammise Stephan, un po' confuso per la verità, e dannatamente eccitato come non lo era da tempo.

“Vada per la pizza, però offro io, che sono la festeggiata oggi!”. 

“Chiamo subito” disse Stephan andando in un’altra stanza, lasciando Isabel sola a guardarsi intorno.

Il cellulare di lui vibrava insistentemente sul tavolo del soggiorno, tanto che Isabel pensò che sarebbe caduto dal bordo del piano, ma resistette all’impulso di sbirciare il display, mentre Stephan stava chiamando la pizzeria per la consegna a domicilio.

“Arriverà per le 20:00, ora sono le 19… cosa ti va di fare?” Chiese lui, come se fosse la cosa più naturale da dire.

“Non lo so, sei tu che mi hai invitato qui, pensavo avessi dei programmi per me” Disse lei un po' distratta nuovamente dal cellulare che non la smetteva di suonare.

“Forse è meglio che rispondi…” Isabel stava perdendo la pazienza, ad un certo punto si chiese cosa ci faceva ancora lì. Si sentì una stupida.

“Ti ho detto che stasera non posso. Sono impegnato… Allora non mi ascolti? … non mi va di uscire stasera… oh e va bene come vuoi!”. Stephan sbuffò e chiuse la chiamata.

Dai brandelli di conversazione appena udita, lei intuì che non doveva essere molto entusiasta di quella telefonata.

“Era Miriam, una mia vecchia amica. Insiste che stasera esca con loro, lo avevamo programmato da tempo, solo che non avevo idea che oggi le cose sarebbero andate come sono andate…” gesticolò lui, cercando di scusarsi per quella situazione.

“Insomma, non vuoi presentarmi ai tuoi amici, ma nello stesso tempo non vuoi mancarecalla serata, dico bene?”.

Isabel aveva centrato il punto, tanto che si tirò su a fatica dal divano, prese le sue cose e si avviò alla porta.

“Mi accompagni in stazione, per favore?”. Chiese lei, emotivamente sfinita.

“Sì, cioè no… ma perché?” Stephan non sapeva più nemmeno cosa voleva dirle e alla fine scelse l’univa via possibile per salvare quella serata.

“Perché non vieni con me al locale?” Chiese diretto, sperando che lei accettasse.

“Anche perché se non accetti. Miriam verrà a prendermi comunque sotto casa, e con lei non c'è da scherzare…” aggiunse lui, cercando di stemperare la tensione.

Isabel che aveva già la mano sulla maniglia della porta, si voltò e gli sorrise.

“Davvero mi porteresti con te?” Chiese sorpresa e stranamente commossa. Si sentì di nuovo importante.

“Certamente, non ho intenzione di lasciarti andare via da me stanotte…” Disse lui, non senza una certa dose di malizia e provocazione.

Isabel a sentir quelle parole provò un brivido caldo e le si rimescolò lo stomaco al pensiero di ciò che avrebbe significato passare la notte con Stephan.

Da quanto tempo lo aspettava? Da troppo. 

Ora era giunto il momento di tirar fuori il coraggio insieme al desiderio, entrambi troppo a lungo rimasti Chiusi nei cassetti del “chissà se”, e del “mai”.

“Che ne dici se diamo l’inizio alle danze, e vediamo come va?” Chiese Isabel, ma lui non colse il luccichio sensuale ed erotico nello sguardo di lei.

La donna lo attirò a sé appoggiando la schiena semi scoperta alla porta chiusa, lui si dovette chinare leggermente bere baciarla, visto la loro differenza di altezza. Isabel mentre stuzzicava lui con la lingua, faceva scorrere le mani sul suo torace, infilandone cautamente una delle due sotto la stoffa della felpa scura.

Stephan trasalì, e per un attimo parve rifiutarla, poi la osservò con uno sguardo da predatore negli occhi, era combattuto tra il mantenersi cauto e distaccato, e il possederla lì, in piedi, contro la porta d’ingresso.

Le abbassò una spallina del vestito, mettendo in mostra parte del seno, ancora fasciato dal reggiseno rosso, in tinta con l’abito.

Posò la bocca alla base del collo, scendendo con le labbra a percorrere l’intera lunghezza della clavicola, poi arrivò al seno, e si fermò proprio sopra al bordo di pizzo del reggiseno, soffiando il respiro caldo con le labbra, lei, involontariamente ansimò.

I capezzoli di lei ancora intrappolati dalla stoffa, svettavano turgidi e tesi, come una muta richiesta di essere liberati e baciati.

“Non ti facevo così, Stephan…” disse lei, un po' per prenderlo in giro, un po' per provocarlo.

“Credevi che la mia unica abilità fosse quella di studiare in biblioteca? Io so fare anche altro..” Così facendo lui le sgancio abilmente il reggiseno con una mano e glielo sfilò rapido senza levarle il vestito. Lei sussultò e si portò istintivamente le mani a coprirsi, nonostante fosse tutto abbastanza celato dal taglio dell’abito di lino.

“Mi vergogno… non sono più quella che hai conosciuto anni fa, il mio corpo è cambiato…” Disse lei, con gli occhi bassi.

“Ehi, anche io sono più vecchio di quando mi hai conosciuto”. Disse Stephan, mentre ke sollevava  delicatamente il viso.

“Quello che sei per me non lo definisce certo qualche ruga qua e là, o qualche segno di maturità. Per me eri e sei rimasta bellissima”.

Isabel si sciolse a quelle parole. Possibile che Stephan fosse davvero innamorato di lei? Stentava ancora a crederci…

“Ho aspettato così tanto… non voglio forzarti proprio ora” Disse Stephan staccandosi da lei quel tanto che bastava da rimettersi dritto. 

Isabel gli arrivava si e no alla spalla, ma questo non lo aveva mai disturbato tanto, anzi alcune volte, negli anni, la sua altezza, gli aveva concesso una rara, quanto inaspettata, visuale sul suo décolleté, ma lei questo non lo aveva mai saputo.

La donna ancora con la schiena alla porta, lascio scivolare giù la spallina stavolta esponendo le proprie forme in tutta la loro splendida imperfezione.

Un invito provocante e silenzioso a continuare, e Stephan non si lasciò sfuggire l’occasione di assaggiare la pelle di lei.

Le prese il capezzolo fra le labbra dopo averlo stuzzicato con la lingua, lo succhiò e lo morse lievemente, finché non sentì un verso strozzato provenire da lei.

“Isabel… tutto bene?” La guardò un po' allarmato.

“Si, sì, è solo che se continui così, potrei venire anche solo il con tocco della tua bocca”. Ammise la donna eccitata e accaldata.

“Ed è un male?” Domandò lui, pieno di orgoglio maschile.

“No, solo me lo ero immaginato diverso…” aggiunse mentre faceva passare le sua dita sottili tra i capelli scuri di lui.

La risposta di Stephan fu smorzata sul nascere dal suono freddo e cacofonico del citofono, che fece sobbalzare entrambi per lo spavento.

“Chi è?” Domandò lui brusco, nell’interfono.

“Flypizza, consegna a domicilio” disse l’ignaro fattorino.

“Tempismo perfetto…” si lasciò sfuggire lui con un sospiro, scostandosi da Isabel, mentre lei in fretta si risistemava la spallina incriminata.

“Abbiamo tutto il tempo…” Disse poi lei, slegandosi i lunghi capelli biondo cenere.

“Il tempo di questa notte non basterà a recuperare questi ultimi quindici anni sprecati ad ignorarci”. Decretò lui un po' amareggiato.

“Beh è un inizio, giusto? Ogni cosa ha il suo inizio, il suo principio…”.

Stephan colse il riferimento implicito di Isabel ai “presocratici” e le sorrise.

“Dimenticavo che sto parlando con una dottoressa in scienze filosofiche…”. Disse Stephan ancora con lo sguardo divertito.

“Oh dai, per una volta che faccio io la seria! Sei tu il professore qui…”. Lo rimbeccò lei, sfiorandogli la mano.

“Stasera vorrei che fossimo solo Isabel e Stephan…”. Disse e la baciò fugacemente sulla fronte, prima di aprire la porta al ragazzo delle pizze.

   
 
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