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Autore: Sophie Ondine    20/03/2019    4 recensioni
Dal testo:
-Un giorno, non ti è dato sapere come, non ti è dato sapere quando, tu e il tuo amore vi incontrerete nuovamente. Non avrete ricordi della vostra vita precedente, ma verrete attratti l’una all’altro senza neanche accorgervene, non potrete fare niente per impedirlo. Quello che è accaduto in questa vita, si ripeterà nuovamente e ancora e ancora, fino a quando il vostro amore non troverà realizzazione. È questo il destino delle anime gemelle.-
***
Cosa succederebbe se due anime, separate nella vita precedente, si reincarnassero? Che cosa attira una semplice ragazzina con la passione per il teatro verso un gelido demone? Nonostante la Vita si diverta a metterli sempre l'uno contro l'altra, cosa farà il Destino?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6- Natale

 

Subito dopo lo spettacolo, erano arrivate anche le vacanza natalizie. Ognuno dei membri della compagnia Sengoku avrebbe trascorso il Natale in famiglia, intenti a mangiare leccornie tipiche di quel periodo magico dell’anno e a scartare doni sotto l’albero. Alcuni di loro avevano lasciato Tokyo per poter andare a fare visita ai propri parenti: era il caso di Sango e Kohaku, ma anche di Kanna, Koga e Hakudoshi.

Poco prima della fine della scuola Ayame era riuscita a superare la sua timidezza ed aveva dato a Koga il suo regalo di Natale, il tutto condito dalle sue guance color porpora. Le ragazze si erano complimentate con lei, perché finalmente aveva messo da parte la timidezza e tirato fuori la grinta che la contraddistingueva nella maggior parte delle occasioni. Rin e Kagome erano quelle più entusiaste di tutte: finalmente ci sarebbero stati meno sfoghi da parte di Ayame sul fatto che Koga non la guardasse con interesse. Il ragazzo, dal canto suo, sembrava molto sorpreso per quel gesto ma anche contento: forse anche lui era interessato ad Ayame?

In ogni caso Rin non ci dette molto peso, sapeva che al rientro dalle vacanze la sua amica le avrebbe fatto un resoconto dettagliato.

Lei, invece, al contrario dei suoi amici, sarebbe rimasta a Tokyo con sua nonna, ormai erano anni che festeggiavano solo loro due il Natale. Nonostante fosse la sua festa preferita, Rin ogni volta sentiva affacciarsi nel suo cuore un sentimento di tristezza e di incompletezza: sapeva che se avesse avuto una mamma ed un papà con cui celebrare quella meravigliosa ricorrenza, il Natale avrebbe avuto un altro sapore. Gli anni passavano, ma non i suoi pensieri: “chissà cosa avrebbe voluto cucinare la mamma”; “se papà fosse con noi, avrebbe indossato un cappello da Babbo Natale per farci ridere tutti?”; “Mamma e papà mi avrebbero guardato sorridenti mentre scartavo i loro regali la mattina di Natale?”. Queste erano le domande principali che la ragazzina si chiedeva, senza riuscire a trovare mai una risposta.

Ma quell’anno Rin aveva trovato un’altra persona pronta a condividere con lei il suo stesso dolore: Kagome.

Anche lei non aveva dei genitori con cui condividere il Natale, solo la sua amata zia. Certo, c’erano i nonni paterni, i suoi zii e cugini in Inghilterra, ma non era la stessa cosa. C’era anche sua sorella, ma Kagome preferì non pensarci.

Da quando era arrivata in Giappone, Kagome aveva fatto dei passi da gigante ed era riuscita ad adattarsi alla sua nuova vita, con nuovi orari, nuove abitudini ma, soprattutto, era riuscita a relazionarsi con una nuova cultura, che, benchè facesse parte del suo patrimonio genetico, rappresentava per lei qualcosa di distante, almeno negli anni in cui era vissuta in Inghilterra. Suo nonno, così come aveva fatto con suo padre, cercava di mantenere in vita il sangue giapponese della sua discendenza, ma venire a patti con l’aristocrazia inglese non era facile il più delle volte. Il nonno poteva averle parlato di molte ricorrenze, come Hanami e Tanabata, ma non conosceva affatto la cultura pop giapponese, quella delle strade, dei giovani e di chi viveva tutti i giorni la realtà di Tokyo.

Aveva avuto non pochi problemi all’inizio nell’ambientarsi, alcune volte le veniva automatico parlare in inglese ed alcune parole in giapponese proprio non ne volevano sapere di venirle in mente al momento giusto, molti idol per cui le sue compagne di classe impazzivano erano per lei dei perfetti sconosciuti, così come si era ritrovata spaesata di fronte alla mastodontica varietà di snack, tutti dai colori e dai nomi strani. Fortunatamente, Sango era diventata per lei un’alleata straordinaria, l’aveva istruita a dovere ed ora era completamente rilassata.

Anche stringere amicizia con i ragazzi della compagnia diventava per lei ogni giorno più facile, sorprendendosi di trovare in loro compagni che non avevano la benchè minima intenzione di giudicarla perché alcune cose, per loro ovvie, per lei erano incomprensibili. Anzi, alcuni le rivolgevano molte domande riguardo l’Inghilterra, Rin in particolare si dimostrava estremamente curiosa e attenta.

Era proprio con Rin che Kagome sentiva un’attrazione particolare, come se ci fosse una forza misteriosa che le spingeva l’una verso l’altra. Rin la incuriosiva per il carattere, dolce ma allo stesso tempo combattivo, le piaceva molto vederla recitare, era assolutamente convinta che avesse un talento da vendere, che fosse la più brava della compagnia, ma lei non ne era minimamente consapevole, non ancora almeno. Inoltre, notare la stima che sua zia provava nei confronti della piccola Rin non aveva fatto altro che alimentare la sua curiosità. Anche Rin, fin dal primo giorno in cui aveva visto Kagome, si era sentita molto curiosa nei suoi confronti, era davvero intenzionata a diventare sua amica perché le ispirava una fiducia mai provata prima. Scoprire anche che condividevano lo stesso dolore causato dalla perdita dei genitori, non aveva fatto altro che accrescere quel senso di vicinanza che provavano l’una per l’altra.

Mancavano pochi giorni alla vigilia di Natale e Rin e Kagome erano in giro per le strade di Tokyo in cerca di un regalo per Kaede e Midoriko.

-Kagome, com’è il Natale a Londra? Me lo sono sempre chiesta come la gente nelle altre parti del mondo passasse le festività natalizie. Ho visto molte foto su internet di Londra addobbata ed i suoi mercatini, ma vorrei saperne di più da chi ci ha vissuto- disse Rin, mentre cercava nello scaffale del negozio un golfino della taglia di sua nonna.

Kagome, di fianco a lei, non si sorprese minimamente di quella domanda: anzi, era rimasta delusa che Rin non gliela avesse fatta prima.

Nella sua mente cercò di fare mente locale trai i mille ricordi che aveva, poi disse:- Beh, come hai detto tu, la città è illuminata da luci dorate e argentate. Di solito andavo con alcune amiche di scuola ai mercatini di Greenwich, perché hanno tantissime cianfrusaglie, tutte diverse e particolari, come ad esempio cose artigianali o vintage. Ma la cosa che mi piace di più è andare con i miei cugini al Winter Wonderland di Hyde Park a pattinare: è divertente vedere come facciano fatica a stare in piedi sui pattini senza cadere almeno due volte.- rise lei portandosi una mano alla bocca.

Rin la osservava incuriosita, affascinata da quanto le stava dicendo. Nella sua mente immaginava benissimo la sua amica circondata dalla sua famiglia che rideva a crepapelle per le rovinose cadute sul ghiaccio. Abbassò la testa, pensando quanto sarebbe stato bello vedere una scena del genere dal vivo.

-Deve essere bellissimo condividere questi momenti con le persone a cui vuoi bene. Ti manca? la tua famiglia in Inghilterra, intendo.-

-Sì- rispose Kagome senza esitazione- mi manca molto-

-Penso che proverei le tue stesse sensazioni, sai? Io però non ho mai avuto una famiglia numerosa: mia mamma era figlia unica ed è venuta a mancare qualche anno fa, mentre il mio papà non l’ho mai conosciuto. Spesso mi sono chiesta cosa volesse dire passare il Natale in una famiglia numerosa e chiassosa-

Kagome a quell’ultima frase rise di gusto.

-Oh fidati, Rin, la mia famiglia inglese non è per niente rumorosa: mia nonna tiene molto all’etichetta e dobbiamo rispettare le rigide regole del galateo-

-Beh, in ogni caso siete in tanti- continuò.

A quelle parole a Kagome venne in mente un’idea.

-Senti Rin, perché questo Natale tu e tua nonna non venite da me? Non sarà una famiglia grande e rumorosa come sogni tu, ma saremmo sempre più di due persone. Inoltre non saremo soli: la mamma del maggiordomo di zia Midoriko, Jinenji, si unirà a noi, una donna anziana molto particolare, ma sarà divertente- propose con entusiasmo Kagome.

Rin la guardò sorpresa: non si aspettava una proposta del genere. Era la prima volta che ne riceveva una del genere: nemmeno Kanna l’aveva mai invitata per un Natale da lei. Sentì il cuore sciogliersi, invaso da un calore fraterno che sentiva per la prima volta. Gli angoli della bocca si alzarono istintivamente e gli occhi le si illuminarono.

-Dici sul serio? Ma pensi che alla sensei faccia piacere?- chiese timorosa Rin, l’ultima cosa che voleva era infastidire la sua preziosa insegnante.

-Assolutamente- disse Kagome poggiandole una mano sulla spalla- Anzi, sarà contenta. Dopo quello che è successo per via dello spettacolo, credo che abbia proprio bisogno di circondarsi di più persone possibili-

Non servirono minuti in più: Rin accettò con entusiasmo l’invito, eccitata per la prospettiva che le si poneva davanti.

Anche Kagome fu più che felice di quell’idea improvvisa: sarebbe stato bello condividere con una persona amica la magia del Natale, le risate e i regali.

Le ragazze si guardarono con gli occhi pieni di entusiasmo, non avevano bisogno di scambiarsi troppe parole, sarebbero state superflue. Sentirono entrambe che per la prima volta, avevano trovato qualcuno con cui condividere qualcosa ed allievare quel senso di solitudine che gravava sul cuore.

-Allora è deciso. Che ne dici, ora andiamo a prenderci una cioccolata calda?- propose Kagome.

Rin annuì, non prima di essere andata a pagare il golfino che aveva trovato per sua nonna. Insieme, poi, si diressero verso un bar al riparo dal gelo che aveva attaccato Tokyo negli ultimi giorni.

***

A vederle da fuori, nessuno avrebbe potuto dire chi fosse più agitata, se Rin o Kaede. L’idea di andare ospite in una casa così grande ed elegante, che a confronto il loro misero appartamento poteva essere paragonato allo stanzino delle scope, rendeva Kaede non molto tranquilla. Nonostante l’ansia da prestazione, aveva comunque accettato per rendere felice la nipote, la quale smaniava all’idea di trascorrere il Natale con altre persone. Dopotutto aveva trascorso quella festa con due persone al massimo ed era arrivato il momento che lei gustasse un po’ di felicità.

In più Kaede voleva parlare un po’ con Midoriko, sempre a proposito di sua nipote. Sapeva che era una persona della quale potersi fidare: era forte, volitiva e risoluta, tutte caratteristiche che Kaede apprezzava in una persona. Fina dal loro primo incontro aveva avvertito una reverenzialità provata alla presenza di poche persone nella sua vita.

Per non sembrare maleducate, Kaede aveva convinto Rin a cucinare qualcosa da portare ai padroni di casa, in particolare un dolce. Dopo svariate discussioni, erano riuscite ad arrivare ad un accordo: avrebbero cucinato dei Chinsuko, perfetti per accompagnare una tazza di tè verde. La preparazione di quei biscotti aveva preso loro tutto il pomeriggio precedente al giorno di Natale, colpa di Rin che si era scordata di togliere dal forno la prima teglia di biscotti al suono del timer elettrico. Quello che ne era uscito era un mucchio di forme rettangolari di carbone e l’unica soluzione era stata spedirli direttamente nel secchio dell’immondizia.

La sera della vigilia nonna e nipote si erano scambiate i regali ed il golfino acquistato giorno prima con Kagome era stato molto apprezzato da Kaede, la quale non aveva grandi pretese alla sua età ed apprezzava anche solo il fatto che la nipote continuasse ad avere dei gesti di affetto nei suoi confronti. Rin, invece, quell’anno aveva ricevuto un vestito confezionato dalla nonna stessa: stava ormai diventando una tradizione, ogni anno Rin riceveva qualcosa nato dalle mani abili di Kaede. Questa volta il vestito era di colore bianco, con le maniche a tre quarti di stoffa in pizzo, lo scollo che lasciava scoperte appena le spalle e la gonna che ricadeva morbida lungo i fianchi ancora acerbi della ragazza. Quando aveva scartato il dono Rin era saltata di gioia, perché erano mesi che smaniava dietro a vestiti simili sulle riviste e finalmente ne aveva uno anche lei, lo avrebbe indossato sicuramente il giorno dopo per trascorrere il Natale con Kagome e Midoriko.

La mattina del 25 dicembre era arrivata puntuale e Rin non stava più nella pelle: si era alzata velocemente ed altrettanto velocemente si era lavata e vestita. Non aveva toccato nulla a colazione perché troppo emozionata per la prospettiva della giornata. Aveva indossato il vestito della nonna, come deciso la sera prima. Mentre infilava un braccio nella manica, facendo attenzione a non fare movimenti bruschi per non rovinare il pizzo, pensò che quel vestito era dello stesso colore dei garofani del misterioso ammiratore che le erano stati recapitati nel camerino dopo lo spettacolo.

Si girò in direzione della finestra: purtroppo i fiori erano appassiti e aveva dovuto rimuoverli dal vaso, che era solo, lì sul davanzale della finestra. Rin sospirò leggermente: le sarebbe piaciuto poter appuntare un garofano sullo scollo del vestito.

La voce di sua nonna la richiamò alla realtà, finì di prepararsi e poi corse giù per le scale.

Casa di Midoriko distava un po’ dalla loro via, quindi presero un autobus, uno dei pochi che circolavano quella mattina.

Non appena furono davanti al cancello della villa di Midoriko, Rin rimase a bocca aperta per la magnificenza che trasudava quell’edificio. Forse aveva visto qualcosa di simile su una rivista o su un cartellone pubblicitario. Kaede, dal canto suo, si passò una mano sul golfino anche se era perfettamente liscio ed in ordine, ma quel gesto le era venuto spontaneo. Suonarono al citofono e il grande cancello si aprì.

Mentre avanzavano lungo il viale, Rin intravide la sagoma di Kagome diventare sempre più vicina. La sua amica aveva stampato sul viso un sorriso enorme, che partiva da un orecchio ed arrivava all’altro; le guance erano leggermente arrossate, così come la punta del naso. Così come Rin, nemmeno Kagome stava più nella pelle all’idea di trascorrere il Natale con una sua amica.

-Ciao Rin. Che bello vederti! Buon Natale- urlò poco prima di interrompere la sua corsa ed abbracciare la sua ospite. Poi la ragazza si presentò a Kaede e condusse le due invitate lungo il vialetto per poi farle entrare in casa.

Rin, non appena ebbe varcato la soglia, rimase, se possibile ancora più meravigliata di prima: la casa sembrava uscita davvero da qualche rivista di arredamento per quanto era bella, curata ed ordinata. Osservò i soffitti alti, la carta da parati pregiata, i diversi soprammobili e quadri, che Rin poteva solo lontanamente immaginare quanto valessero. E quello era solo l’ingresso, chissà cosa riservavano le altre stanze.

Subito, non appena ebbero varcato la soglia, si materializzò un uomo alto e grosso, che chiese loro i cappotti. Rin scrutò per bene anche lui, che fosse il famoso Jinenji di cui le aveva parlato Kagome?

Obbedirono e poi vennero condotte nella grande sala da pranzo. Come aveva sospettato, Rin si ritrovò in una stanza ancora più sontuosa di quella di prima: al centro della sala si trovava un tavolo in legno di mogano, lungo e accuratamente apparecchiato; la carta da parati dell’ingresso questa volta non c’era, al suo posto vi era una boiserie di un colore leggermente più chiaro del tavolo, ma che donava una sensazione di calore; dall’altra parte della stanza regnava una grande cassettiera sormontata da uno specchio dai bordi morbidi e vagamente barocchi; infine sulla parete destra era stata posizionata una credenza, la quale faceva bella mostra dei soprammobili più pregiati della famiglia, mentre su quella sinistra si apriva una grande finestra, che permetteva un’illuminazione uniforme della stanza.

Quando Rin ebbe finito di osservare tutto il mobilio, pensò tra sé e sé che, in fondo, non era così sorprendente la cosa: la casa non faceva niente altro che riflettere quello che era l’animo della sua padrona di casa: elegante e raffinato, proprio come Midoriko.

Fu proprio dopo questa osservazione che la sua sensei fece ingresso nella stanza: fasciata in un vestito rosso di velluto era anche più bella del solito. Come sempre i capelli erano stati lasciati e le labbra indossavano un leggero strato di rossetto della stessa tonalità del vestito.

-Benvenute. Vogliamo cominciare?-

***

Il pranzo luculliano era stato più che soddisfacente, sia Rin che Kaede avevano apprezzato la cucina di Jeninji.

Dopo un primo momento di imbarazzo, il ghiaccio era stato rotto e tutti avevano cominciato a godere della compagnia reciproca. Rin e Kaede avevano avuto modo di conoscere, come Kagome aveva detto qualche giorno prima, anche Jinenji e sua madre. Rin non appena aveva visto la donna aveva pensato che fosse simile in tutto e per tutto ad una strega: il viso solcato dalle rughe, i capelli bianchi legati in una treccia leggermente disordinata e l’espressione non proprio amichevole non avevano suscitato in Rin un sentimento di benevolenza. In effetti i suoi modi erano molto duri, ma in fondo si era dimostrata nel corso del pranzo una donna forte e molto pratica. Jinenji, suo figlio, invece era tutto il contrario della madre: dolce, gentile e molto, molto timido.

Durante il pranzo, mentre Rin e Kagome continuavano a conversare per fatti loro, Jinenji aveva esclamato a gran voce:- Dite, non pensate anche voi che Rin e Kagome si assomiglino parecchio?-

Tutti a tavola fecero silenzio, le due amiche si guardarono interrogative. Poi Midoriko prese parola:- In effetti è vero, ora che me lo fai notare-

Rin e Kagome si sorrisero a vicenda.

-Non intendo solo fisicamente, ma anche di animo: sia Kagome che Rin sono due ragazze molto forti caratterialmente, capaci di scaldare l’animo di chi sta loro accanto- continuò Jinenji, sempre più sorridente.

I biscotti furono molto apprezzati da tutti e Rin fu più che felice della cosa: aveva paura che fossero venuti male e non voleva assolutamente fare una brutta figura davanti a tutte quelle persone. Aveva notato che sua nonna, durante tutta la durata del pranzo, aveva conversato con Midoriko, ma anche con Jinenji e sua madre. Erano stati molti i consigli che si erano scambiati riguardo alle erbe mediche, una delle passioni di Kaede, la quale cercava di trasmetterla a Rin. Era felice di vedere che sua nonna si sentiva a proprio agio con una delle persone che lei stimava più di chiunque altro. E ancora più felice era del fatto di trovarsi lì a trascorrere il Natale, finalmente per la prima volta stava passando del tempo con persone affabili e allegre. Era fin troppo abituata alle feste da sola con sua nonna, solo loro due. Non che la cosa le dispiacesse, ma desiderava da sempre sentirsi parte di un gruppo più nutrito.

Quando ebbero finito di gustare i biscotti, Kagome propose a Rin di lasciare i grandi da soli e di spostarsi nel salotto.

Non appena furono entrate, Rin si fiondò subito sul grande divano di pelle rossa, troppo stanca e affaticata dalle mille pietanze che aveva gustato poco prima. Kagome la seguì, soddisfatta.

Era al settimo cielo per quella giornata: trascorrere una festività così bella in compagnia di una sua amica, era quasi un sogno. Per la prima volta si sentiva rilassata. Di solito in Inghilterra non aveva modo di potersi sentire così: tutta l’attenzione era rivolta verso Kikyo ed i suoi innumerevoli talenti, lei si limitava a trangugiare quello che le passavano i camerieri e a starsene in silenzio. Non ricordava un Natale dove lei e sua sorella avessero mai giocato insieme, condiviso segreti o riso sulla prozia Eveline.

Forse quando erano bambine, con mamma e papà. Ma erano ricordi talmente lontani che Kagome si chiedeva se quei contorni, ormai sfocati, non si fossero mischiati con la fantasia.

Mentre era ancora immersa nei propri pensieri, Rin disse:- Kagome, tu hai mai letto il “Sengoku Monogatari”?-

La diretta interpellata si girò verso di lei, sorpresa per quella domanda improvvisa. Ed infatti, come se Rin le avesse letto nella mente, si affrettò a precisare:- Ho notato ora una copia sul tavolino- ed indicò il libricino rosso che faceva mostra di sé.

Era dal giorno dello scontro contro Sesshomaru che Rin si domandava di cosa mai potesse parlare il “Sengoku Monogatari”. Sapeva per certo che era un’opera letteraria di rilievo, in Giappone tutti quelli che l’avevano letto ne erano rimasti affascinati, ma non le era mai capitato tra le mani.

-Beh, ero molto piccola quando venne pubblicato per la prima volta. La mamma qualche volta mi raccontava la storia come una favola per farmi addormentare. Gli zii sono stati sempre tipi abbastanza riservati: non si sono mai vantati di quel successo- rispose Kagome, portandosi l’indice della mano sinistra sotto il mento.

-E non hai mai letto il libro?- continuò l’altra.

-No…- ammise Kagome, imbarazzata.

Senza aggiungere una parola, Rin si drizzò sullo schienale del divano e si allungò per prendere tra le mani quell’oggettino dalla copertina rossa così tanto desiderato e protetto.

Lo sfogliò delicatamente, facendo attenzione a non rovinare le pagine. Il libro emanava il tipico odore di carta antica, che a Rin piaceva tanto.

Aprì il libro alla prima pagina e cominciò a leggere:- “La storia che il lettore si affretta a leggere si perde nella leggenda, in un passato in cui gli uomini ed i demoni vivevano separati. Rigide erano le leggi che reggevano in piedi una pace precaria, a lungo agognata. Agli uomini non era permesso mischiarsi con essere tanto pericolosi come gli youkai, così come per loro era un’onta esecrabile avere contatti con dei miseri umani, le cui vite camminavano sul filo del rasoio.

In una terra remota esisteva un confine, ben definito e protetto da un’aura purificatrice creata da potenti sacerdotesse, che serviva a distinguere il regno umano da quello demoniaco. Nonostante le leggi fossero rigide e severe, non era raro vedere un mezzo demone aggirarsi per i boschi. Loro erano gli esseri più sfortunati di quell’epoca: né completamenti umani, ma nemmeno del tutto demoni, vivevano la maggior parte di loro in una condizione di clandestinità.

Eppure, dopo molti secoli di pace, qualcosa iniziò a cambiare: demoni minori facevano sempre più incursioni nella terra degli umani. I guardiani del confine si trovarono a poco a poco ogni volta più impegnati in lotte di difesa, fino a quando la situazione divenne così pressante che si rese necessario un nuovo incontro tra uomini e demoni. Qualcosa stava cambiando e le alleanze ed i patti necessitavano di essere rivisti.

Ed è da questo punto in poi che inizia la nostra storia…”-

Rin alzò lo sguardo, sentendo quello di Kagome su di sé. Doveva ammettere che già dalle prime pagine si sentiva incuriosita.

-Ricordo vagamente che parla di un’avventura di umani e demoni, alleati contro un nemico comune. In particolare di una sacerdotessa e di una principessa guerriera- la informò Kagome.

Rin rigirò il libricino tra le mani.

Forse ne valeva la pena di leggerlo.

***

Rin si malediceva ogni singolo minuto per l’idea che le era venuta in mente. Andare a pattinare sul ghiaccio nel pomeriggio non era stato un colpo di genio, specialmente per lei, non proprio disinvolta su un paio di pattini. Aveva proposto alla sua amica di replicare i suoi pomeriggi londinesi e lei aveva accettato.

Non appena aveva messo piede sulla pista di ghiaccio, Rin si rese conto di quanto fosse goffa: perdeva subito l’equilibrio ed agitava le braccia come un’ossessa, il tutto accompagnato da un’espressione di terrore.

Aveva perso il conto di quante volte era caduta, anche se a giudicare dal dolore che provava al sedere il numero non era di certo piccolo.

Kagome, invece, si trovava perfettamente a suo agio: andava avanti come se fosse la cosa più naturale del mondo. Aveva tentato in tutti i modi di aiutare Rin, ma non c’era stato verso di smuoverla dalla ringhiera che delimitava la pista.

Dopo più di un’ora Kagome si sentiva più che soddisfatta e, per la gioia di Rin, decisero di tornare a casa, per potersi godere ancora un po’ quella giornata. Una volta tolti i pattini, si incamminarono insieme lungo il sentiero del parco vicino casa di Midoriko che ospitava la pista di pattinaggio.

-Non proporrò mai più una cosa del genere- affermò Rin, massaggiandosi il fondoschiena dolorante. Sicuramente il mattino seguente si sarebbe svegliata con un bel livido.

Le foglie secche, ormai rigide per colpa del freddo, scricchiolavano rumorosamente sotto i passi veloci delle due amiche. Rin, che quel giorno si era dimenticata di prendere i guanti, infilò le mani nelle tasche del suo cappotto, per scaldarle appena per quanto possibile. Kagome se ne accorse, si guardò intorno e notò in lontananza un chiosco eccezionalmente aperto anche il pomeriggio del 25 dicembre. Subito le venne un’idea.

-Che ne pensi di una cioccolata calda prima di tornare a casa? Ci scalderà un po’- propose Kagome sorridente.

Rin acconsentì senza alcuna esitazione, agognava qualcosa di caldo da quando aveva messo piede fuori casa e sentiva dentro di sé il freddo congelarle le ossa. All’idea di qualcosa di caldo che le attraversava il petto, si sciolse in un sorriso.

-Bene, allora aspettami pure vicino a quella panchina. Io arrivo subito- disse Kagome, correndo verso il chiosco illuminato da calde luci gialle.

Rin fece quanto le era stato detto e si sedette in attesa. Si concesse alcuni minuti per osservare il parco e gli alberi che la circondavano in un abbraccio. Vedere gli alberi completamente spogli, con i rami secchi che si stagliavano contro il cielo scuro, le stuzzicava la fantasia: sembravano mani rugose quelle, come se appartenessero ad una strega.

Pensò poi a quanto si sentiva felice ad essere lì in quel momento, a quanto era grata agli dei per quel dono inaspettato ma altrettanto desiderato. Anche se stava gelando, non le importava, non si sarebbe fatta influenzare dal tempo. Al contrario, voleva imprimere nella sua mente ogni minimo movimento, parola ed emozione. Li avrebbe custoditi per sempre nel suo cuore.

Mentre pensava questo, una folata di vento gelido la colpì in pieno viso. Rin chiuse gli occhi presa alla sprovvista, ma il vento la privò anche della sciarpa, che in quel momento vagava senza meta dietro di lei.

-Oh, accidenti!- urlò lei, alzandosi di fretta e correndo dietro a quel lembo di stoffa.

Non poteva perdere la sciarpa, sarebbe davvero morta di freddo se ne fosse rimasta sprovvista. Come se il vento potesse leggerle nel pensiero, divenne ancora più forte, portando la sciarpa ancora più lontano da lei. Rin continuò a correre, ansimante.

Finalmente, dopo qualche metro, il vento cessò di soffiare e Rin potè vedere la sua sciarpa. Ma fu quello che notò subito dopo a lasciarla di stucco.

Una persona osservava la sciarpa, che aveva deciso di posarsi esattamente sui suoi piedi. Alto, slanciato, dai lunghi capelli argentati e i segni demoniaci sul volto. Rin si fermò di scatto, non poteva credere di incontrare proprio Sesshomaru No Taisho lì, quel giorno.

Non si mosse, non sapeva esattamente cosa fare. Il demone invece alzò subito lo sguardo, non si dimostrò per nulla sorpreso di vederla: il vento aveva portato il suo profumo, sapeva che lei era lì. La vide fermarsi davanti a lui, immobile.

Per qualche secondo la guardò fissa negli occhi. Aveva i capelli leggermente scompigliati e le guance rosse. Intravide sotto il cappotto l’orlo del vestito bianco che indossava quel giorno e subito il suo cervello collegò quel colore a quello dei garofani che le aveva spedito qualche tempo prima. Chissà come le sarebbe stato bene uno di quei fiori con quel vestito.

Rin invece continuava a non muoversi, cercava di sostenere il suo sguardo ma quelle pozze dorate sembravano la costringessero a rimanere con i piedi piantati nel suolo. Non sapeva che sentimenti provare nei suoi confronti, se rabbia, disgusto oppure odio. Pensò con rammarico a quella volta in cui lui le aveva fatto recapitare una divisa scolastica nuova, era stato un gesto così premuroso che stentava a credere che fosse stato lui a compierlo.

Sesshomaru lentamente si piegò per prendere la sciarpa che ancora giaceva ai suoi piedi, poi si avvicinò lentamente verso la ragazzina, la quale continuava a fissarlo confusa.

Le porse l’indumento.

-Stai più attenta la prossima volta-

Rin lo guardò per qualche secondo. Come stava iniziando a capire, lui aveva un modo del tutto particolare per rivolgersi alle persone.

-Grazie…- disse lei in un soffio mentre allungava il braccio per riprendersi ciò che le apparteneva.

Ma il demone fu più veloce di lei e fu proprio lui a legarle intorno al collo la sciarpa in modo tale che non la perdesse ancora una volta. Il contatto della sua mano con le guance di Rin scatenò in entrambi una reazione inaspettata: si sentirono come attraversati da una scossa elettrica, nella loro mente si accavallavano immagini apparentemente senza senso come un kimono a scacchi arancione a giallo, una katana dalla lama lunga e sottile, un drago a due teste, delle risate cristalline e delle parole che si perdevano nel vento.

Rin si trovò inoltre sorpresa nel sentire il calore provenire dalle mani di Sesshomaru: per qualche motivo pensava che la freddezza del suo carattere si estendesse anche a livello fisico.

Si guardarono per qualche secondo, poi Rin, in preda all’imbarazzo disse qualcosa per spezzare quel silenzio.

-Non credevo di vederla in un posto del genere…- farfugliò guardando in basso e arrossendo leggermente. Dentro di lei si sentiva irrequieta e non capiva perché stesse arrossendo, in fondo lui era una persona spregevole e lei doveva odiarlo.

-Potrei dire la stessa cosa- ribattè lui asciutto.

-Oh… ecco io… sono venuta qui con una mia amica…- si affrettò a spiegare lei.

Sesshomaru, in una parte remota della sua mente, si divertiva a vederla in preda all’agitazione e all’imbarazzo.

-Immagino che sia la nipote della tua sensei l’amica che è venuta qui con te-

Rin lo guardò sorpresa. Come aveva fatto a capirlo?

-Il suo odore è mischiato con il tuo-

Già, dopotutto era un demone ed i demoni potevano sentire distintamente gli odori.

-Lei però non ha ancora risposto alla mia domanda- sottolineò poi Rin.

Sesshomaru rimase sorpreso di quella frase: nessuno prima d’ora aveva mai osato fargli notare qualcosa che aveva volutamente ignorato. Era leggermente snervante, soprattutto se fatto da una ragazzina di più di dieci anni più piccola di lui.

Emise un leggere sospiro, poi disse:-Casa mia è qui vicino. Stavo camminando per conto mio-

-Capisco…- disse Rin, per non sembrare completamente stupida.

-Quanti anni hai, ningen?-

Rin strabuzzò gli occhi: come l’aveva chiamata?

-Ehm… tredici, ne compirò quattordici in primavera- rispose lei con una nota di fastidio nel tono di voce. Non riusciva a credere al fatto che l’avesse chiamata ningen. Quella parola, in bocca ad un demone, non era di certo un complimento.

-E da quanto studi recitazione con la signora Midoriko?-

Ma cos’era? Un interrogatorio? Rin sentiva sempre più spaesata.

-Sono nella compagnia della signora Midoriko da quattro anni, ormai. Ma studio recitazione dalle elementari. Mi scusi, ma perché le interessa?-

Eccola, ancora una volta quell’impertinenza che nessuno aveva mai mostrato con lui, solo lei.

-Curiosità-disse lui, semplicemente.

Rin stava per ribattere: voleva chiedergli come mai fosse incuriosito da una come lei. Ma la voce di un’altra persona la costrinse a fermarsi.

-Eccoti! Papà vuole tutti e due in casa!- tuonò un ragazzo alle spalle di Sesshomaru, il quale non si degnò nemmeno di girarsi. Sentiva solo i nervi a fior di pelle al suono della voce di Inu-Yasha. Aveva dimenticato quanto fosse odiosa ed irritante.

Rin si sporse leggermente di lato, per poter dare un volto a quella voce maschile. Vide avvicinarsi verso di loro un ragazzo molto simile a Sesshomaru: alto, dai capelli argentati e gli occhi dorati. Un paio di buffe orecchie canine sormontavano però la testa del ragazzo, inoltre i tratti del suo viso erano meno affilati e freddi rispetto a quelli di Sesshomaru. Notò che il ragazzo però non aveva segni demoniaci sul volto… che fosse un mezzo demone?

Non fece in tempo a darsi una risposta che sentì un’altra voce, questa volta alle sue di spalle e familiare.

-Rin, ecco dove eri finita!- trillò Kagome, correndo verso di lei.

E fu così che nel giro di pochi secondi le persone da due divennero quattro.

-Non ti ho vista mentre tornavo, ma dove eri finita?- chiese Kagome senza degnare i due ragazzi di uno sguardo.

Dall’altra parte Inu-Yasha diceva:- Avanti, il vecchio ha un momento di genitorialità improvvisa-

Poi quando i nuovi arrivati si accorsero di non essere da soli, si scambiarono un’occhiata interrogativa.

Rin pensò che una situazione più strana di quella non potesse esistere.

-Come sta sua zia?- chiese poi Sesshomaru. Rin si domandò se lo avesse fatto per sbloccare la situazione o perché semplicemente gli premeva conoscere una risposta. Forse, conoscendolo, era per entrambi i motivi.

Kagome, dopo aver osservato Inu-Yasha per qualche secondo, volse la testa in direzione di Sesshomaru.

-Molto meglio, grazie- rispose lei, cercando di avere un tono il più pacato possibile.

-Scusa, Kagome. La mia sciarpa era volata via e Sesshomaru-sama me l’ha ridata- si affrettò a dire Rin per mettere fine a quella situazione bizzarra.

-E da quando aiuti le ragazzine in difficoltà, fratellone?- rise Inu-Yasha all’improvviso.

Il diretto interessato fece finta di non sentirlo, altrimenti avrebbe potuto fargli molto male. Kagome e Rin si girarono verso di lui, osservandolo ridere di gusto.

-Scusate, non credo Sesshomaru vi abbia informato, ma io sono Inu-Yasha No Taisho, suo fratello-

-Fratellastro- lo corresse subito il demone.

Una volta fatte le dovute presentazioni sia Rin che Kagome non videro un valido motivo per rimanere ancora lì, quindi si congedarono salutandoli educatamente.

Mentre stavano allontanandosi, Rin si voltò in direzione di Sesshomaru e urlò a gran voce:- E non mi chiami “ningen” ! è una parola che non sopporto!-

E detto ciò, sparirono alla vista.

Se Sesshomaru non mostrava alcun cenno di meraviglia, al contrario Inu-Yasha non faceva nulla per nasconderlo. Girò la testa in direzione del fratello.

-Che caratterino. Ma dimmi, da quando salvi le donzelle in difficoltà?- lo canzonò.

Lo youkai lo guardò di traverso. Sembrava che i mezzi demoni avessero tutti lo stesso repertorio di battute. Che esseri inutili.

-Non dire sciocchezze- sentenziò voltandogli le spalle e sparendo anche lui nel buio di un giorno che stava ormai volgendo al termine.

 

Salve a tutti voi, lettori. Come promesso ecco il nuovo capitolo. Allora, abbiamo iniziato a sapere di più sul “Sengoku Monogatari” anche se ci sto ancora pensando bene alla trama, quindi abbiate pazienza; nel capitolo precedente avevo parlato dell’incontro tra Kagome ed Inu-Yasha, che effettivamente c’è stato, ma in maniera meno incisiva: prometto che nel prossimo capitolo mi dedicherò anche a loro, me ho preferito approfondire un po’ di più l’amicizia tra Kagome e Rin (sarà importante nel corso della storia). E poi ecco anche i nostri piccioncini che vanno molto a rilento, ma credo sia più che in linea con quello che sono loro nel manga originale e, soprattutto, nel carattere di Sesshomaru.

Ringrazio le persone che hanno commentato il capitolo precedente.

Fatemi sapere che ne pensate.

Alla prossima,

Sophie Ondine

  
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