Capitolo
6- Natale
Subito
dopo lo spettacolo, erano arrivate anche le vacanza
natalizie. Ognuno dei membri della compagnia Sengoku avrebbe trascorso
il
Natale in famiglia, intenti a mangiare leccornie tipiche di quel
periodo magico
dell’anno e a scartare doni sotto l’albero. Alcuni
di loro avevano lasciato
Tokyo per poter andare a fare visita ai propri parenti: era il caso di
Sango e
Kohaku, ma anche di Kanna, Koga e Hakudoshi.
Poco
prima della fine della scuola Ayame era riuscita a
superare la sua timidezza ed aveva dato a Koga il suo regalo di Natale,
il
tutto condito dalle sue guance color porpora. Le ragazze si erano
complimentate
con lei, perché finalmente aveva messo da parte la timidezza
e tirato fuori la
grinta che la contraddistingueva nella maggior parte delle occasioni.
Rin e
Kagome erano quelle più entusiaste di tutte: finalmente ci
sarebbero stati meno
sfoghi da parte di Ayame sul fatto che Koga non la guardasse con
interesse. Il
ragazzo, dal canto suo, sembrava molto sorpreso per quel gesto ma anche
contento: forse anche lui era interessato ad Ayame?
In
ogni caso Rin non ci dette molto peso, sapeva che al
rientro dalle vacanze la sua amica le avrebbe fatto un resoconto
dettagliato.
Lei,
invece, al contrario dei suoi amici, sarebbe rimasta a
Tokyo con sua nonna, ormai erano anni che festeggiavano solo loro due
il
Natale. Nonostante fosse la sua festa preferita, Rin ogni volta sentiva
affacciarsi nel suo cuore un sentimento di tristezza e di
incompletezza: sapeva
che se avesse avuto una mamma ed un papà con cui celebrare
quella meravigliosa
ricorrenza, il Natale avrebbe avuto un altro sapore. Gli anni
passavano, ma non
i suoi pensieri: “chissà cosa avrebbe voluto
cucinare la mamma”; “se papà fosse
con noi, avrebbe indossato un cappello da Babbo Natale per farci ridere
tutti?”; “Mamma e papà mi avrebbero
guardato sorridenti mentre scartavo i loro
regali la mattina di Natale?”. Queste erano le domande
principali che la
ragazzina si chiedeva, senza riuscire a trovare mai una risposta.
Ma
quell’anno Rin aveva trovato un’altra persona
pronta a
condividere con lei il suo stesso dolore: Kagome.
Anche
lei non aveva dei genitori con cui condividere il
Natale, solo la sua amata zia. Certo, c’erano i nonni
paterni, i suoi zii e
cugini in Inghilterra, ma non era la stessa cosa. C’era anche
sua sorella, ma
Kagome preferì non pensarci.
Da
quando era arrivata in Giappone, Kagome aveva fatto dei
passi da gigante ed era riuscita ad adattarsi alla sua nuova vita, con
nuovi
orari, nuove abitudini ma, soprattutto, era riuscita a relazionarsi con
una
nuova cultura, che, benchè facesse parte del suo patrimonio
genetico,
rappresentava per lei qualcosa di distante, almeno negli anni in cui
era
vissuta in Inghilterra. Suo nonno, così come aveva fatto con
suo padre, cercava
di mantenere in vita il sangue giapponese della sua discendenza, ma
venire a
patti con l’aristocrazia inglese non era facile il
più delle volte. Il nonno
poteva averle parlato di molte ricorrenze, come Hanami e Tanabata, ma
non
conosceva affatto la cultura pop giapponese, quella delle strade, dei
giovani e
di chi viveva tutti i giorni la realtà di Tokyo.
Aveva
avuto non pochi problemi all’inizio
nell’ambientarsi,
alcune volte le veniva automatico parlare in inglese ed alcune parole
in
giapponese proprio non ne volevano sapere di venirle in mente al
momento
giusto, molti idol per cui le sue compagne di classe impazzivano erano
per lei
dei perfetti sconosciuti, così come si era ritrovata
spaesata di fronte alla
mastodontica varietà di snack, tutti dai colori e dai nomi
strani. Fortunatamente,
Sango era diventata per lei un’alleata straordinaria,
l’aveva istruita a dovere
ed ora era completamente rilassata.
Anche
stringere amicizia con i ragazzi della compagnia
diventava per lei ogni giorno più facile, sorprendendosi di
trovare in loro
compagni che non avevano la benchè minima intenzione di
giudicarla perché
alcune cose, per loro ovvie, per lei erano incomprensibili. Anzi,
alcuni le rivolgevano
molte domande riguardo l’Inghilterra, Rin in particolare si
dimostrava
estremamente curiosa e attenta.
Era
proprio con Rin che Kagome sentiva un’attrazione
particolare, come se ci fosse una forza misteriosa che le spingeva
l’una verso
l’altra. Rin la incuriosiva per il carattere, dolce ma allo
stesso tempo
combattivo, le piaceva molto vederla recitare, era assolutamente
convinta che
avesse un talento da vendere, che fosse la più brava della
compagnia, ma lei
non ne era minimamente consapevole, non ancora almeno. Inoltre, notare
la stima
che sua zia provava nei confronti della piccola Rin non aveva fatto
altro che alimentare
la sua curiosità. Anche Rin, fin dal primo giorno in cui
aveva visto Kagome, si
era sentita molto curiosa nei suoi confronti, era davvero intenzionata
a
diventare sua amica perché le ispirava una fiducia mai
provata prima. Scoprire
anche che condividevano lo stesso dolore causato dalla perdita dei
genitori,
non aveva fatto altro che accrescere quel senso di vicinanza che
provavano
l’una per l’altra.
Mancavano
pochi giorni alla vigilia di Natale e Rin e Kagome
erano in giro per le strade di Tokyo in cerca di un regalo per Kaede e
Midoriko.
-Kagome,
com’è il Natale a Londra? Me lo sono sempre
chiesta
come la gente nelle altre parti del mondo passasse le
festività natalizie. Ho
visto molte foto su internet di Londra addobbata ed i suoi mercatini,
ma vorrei
saperne di più da chi ci ha vissuto- disse Rin, mentre
cercava nello scaffale
del negozio un golfino della taglia di sua nonna.
Kagome,
di fianco a lei, non si sorprese minimamente di
quella domanda: anzi, era rimasta delusa che Rin non gliela avesse
fatta prima.
Nella
sua mente cercò di fare mente locale trai i mille
ricordi che aveva, poi disse:- Beh, come hai detto tu, la
città è illuminata da
luci dorate e argentate. Di solito andavo con alcune amiche di scuola
ai
mercatini di Greenwich, perché hanno tantissime
cianfrusaglie, tutte diverse e
particolari, come ad esempio cose artigianali o vintage. Ma la cosa che
mi
piace di più è andare con i miei cugini al Winter
Wonderland di Hyde Park a
pattinare: è divertente vedere come facciano fatica a stare
in piedi sui
pattini senza cadere almeno due volte.- rise lei portandosi una mano
alla
bocca.
Rin
la osservava incuriosita, affascinata da quanto le stava
dicendo. Nella sua mente immaginava benissimo la sua amica circondata
dalla sua
famiglia che rideva a crepapelle per le rovinose cadute sul ghiaccio.
Abbassò
la testa, pensando quanto sarebbe stato bello vedere una scena del
genere dal
vivo.
-Deve
essere bellissimo condividere questi momenti con le
persone a cui vuoi bene. Ti manca? la tua famiglia in Inghilterra,
intendo.-
-Sì-
rispose Kagome senza esitazione- mi manca molto-
-Penso
che proverei le tue stesse sensazioni, sai? Io però
non ho mai avuto una famiglia numerosa: mia mamma era figlia unica ed
è venuta
a mancare qualche anno fa, mentre il mio papà non
l’ho mai conosciuto. Spesso mi
sono chiesta cosa volesse dire passare il Natale in una famiglia
numerosa e
chiassosa-
Kagome
a quell’ultima frase rise di gusto.
-Oh
fidati, Rin, la mia famiglia inglese non è per niente
rumorosa: mia nonna tiene molto all’etichetta e dobbiamo
rispettare le rigide
regole del galateo-
-Beh,
in ogni caso siete in tanti- continuò.
A
quelle parole a Kagome venne in mente un’idea.
-Senti
Rin, perché questo Natale tu e tua nonna non venite
da me? Non sarà una famiglia grande e rumorosa come sogni
tu, ma saremmo sempre
più di due persone. Inoltre non saremo soli: la mamma del
maggiordomo di zia
Midoriko, Jinenji, si unirà a noi, una donna anziana molto
particolare, ma sarà
divertente- propose con entusiasmo Kagome.
Rin
la guardò sorpresa: non si aspettava una proposta del
genere. Era la prima volta che ne riceveva una del genere: nemmeno
Kanna
l’aveva mai invitata per un Natale da lei. Sentì
il cuore sciogliersi, invaso
da un calore fraterno che sentiva per la prima volta. Gli angoli della
bocca si
alzarono istintivamente e gli occhi le si illuminarono.
-Dici
sul serio? Ma pensi che alla sensei faccia piacere?-
chiese timorosa Rin, l’ultima cosa che voleva era infastidire
la sua preziosa
insegnante.
-Assolutamente-
disse Kagome poggiandole una mano sulla
spalla- Anzi, sarà contenta. Dopo quello che è
successo per via dello
spettacolo, credo che abbia proprio bisogno di circondarsi di
più persone
possibili-
Non
servirono minuti in più: Rin accettò con
entusiasmo
l’invito, eccitata per la prospettiva che le si poneva
davanti.
Anche
Kagome fu più che felice di quell’idea improvvisa:
sarebbe stato bello condividere con una persona amica la magia del
Natale, le
risate e i regali.
Le
ragazze si guardarono con gli occhi pieni di entusiasmo,
non avevano bisogno di scambiarsi troppe parole, sarebbero state
superflue.
Sentirono entrambe che per la prima volta, avevano trovato qualcuno con
cui
condividere qualcosa ed allievare quel senso di solitudine che gravava
sul cuore.
-Allora
è deciso. Che ne dici, ora andiamo a prenderci una
cioccolata calda?- propose Kagome.
Rin
annuì, non prima di essere andata a pagare il golfino
che aveva trovato per sua nonna. Insieme, poi, si diressero verso un
bar al
riparo dal gelo che aveva attaccato Tokyo negli ultimi giorni.
***
A
vederle da fuori, nessuno avrebbe potuto dire chi fosse
più agitata, se Rin o Kaede. L’idea di andare
ospite in una casa così grande ed
elegante, che a confronto il loro misero appartamento poteva essere
paragonato allo
stanzino delle scope, rendeva Kaede non molto tranquilla. Nonostante
l’ansia da
prestazione, aveva comunque accettato per rendere felice la nipote, la
quale
smaniava all’idea di trascorrere il Natale con altre persone.
Dopotutto aveva
trascorso quella festa con due persone al massimo ed era arrivato il
momento
che lei gustasse un po’ di felicità.
In
più Kaede voleva parlare un po’ con Midoriko,
sempre a
proposito di sua nipote. Sapeva che era una persona della quale potersi
fidare:
era forte, volitiva e risoluta, tutte caratteristiche che Kaede
apprezzava in
una persona. Fina dal loro primo incontro aveva avvertito una
reverenzialità
provata alla presenza di poche persone nella sua vita.
Per
non sembrare maleducate, Kaede aveva convinto Rin a
cucinare qualcosa da portare ai padroni di casa, in particolare un
dolce. Dopo
svariate discussioni, erano riuscite ad arrivare ad un accordo:
avrebbero
cucinato dei Chinsuko, perfetti per accompagnare una tazza di
tè verde. La
preparazione di quei biscotti aveva preso loro tutto il pomeriggio
precedente
al giorno di Natale, colpa di Rin che si era scordata di togliere dal
forno la
prima teglia di biscotti al suono del timer elettrico. Quello che ne
era uscito
era un mucchio di forme rettangolari di carbone e l’unica
soluzione era stata
spedirli direttamente nel secchio dell’immondizia.
La
sera della vigilia nonna e nipote si erano scambiate i
regali ed il golfino acquistato giorno prima con Kagome era stato molto
apprezzato da Kaede, la quale non aveva grandi pretese alla sua
età ed
apprezzava anche solo il fatto che la nipote continuasse ad avere dei
gesti di
affetto nei suoi confronti. Rin, invece, quell’anno aveva
ricevuto un vestito
confezionato dalla nonna stessa: stava ormai diventando una tradizione,
ogni anno
Rin riceveva qualcosa nato dalle mani abili di Kaede. Questa volta il
vestito
era di colore bianco, con le maniche a tre quarti di stoffa in pizzo,
lo scollo
che lasciava scoperte appena le spalle e la gonna che ricadeva morbida
lungo i
fianchi ancora acerbi della ragazza. Quando aveva scartato il dono Rin
era
saltata di gioia, perché erano mesi che smaniava dietro a
vestiti simili sulle
riviste e finalmente ne aveva uno anche lei, lo avrebbe indossato
sicuramente
il giorno dopo per trascorrere il Natale con Kagome e Midoriko.
La
mattina del 25 dicembre era arrivata puntuale e Rin non
stava più nella pelle: si era alzata velocemente ed
altrettanto velocemente si
era lavata e vestita. Non aveva toccato nulla a colazione
perché troppo
emozionata per la prospettiva della giornata. Aveva indossato il
vestito della
nonna, come deciso la sera prima. Mentre infilava un braccio nella
manica,
facendo attenzione a non fare movimenti bruschi per non rovinare il
pizzo,
pensò che quel vestito era dello stesso colore dei garofani
del misterioso
ammiratore che le erano stati recapitati nel camerino dopo lo
spettacolo.
Si
girò in direzione della finestra: purtroppo i fiori erano
appassiti e aveva dovuto rimuoverli dal vaso, che era solo,
lì sul davanzale
della finestra. Rin sospirò leggermente: le sarebbe piaciuto
poter appuntare un
garofano sullo scollo del vestito.
La
voce di sua nonna la richiamò alla realtà,
finì di
prepararsi e poi corse giù per le scale.
Casa
di Midoriko distava un po’ dalla loro via, quindi
presero un autobus, uno dei pochi che circolavano quella mattina.
Non
appena furono davanti al cancello della villa di
Midoriko, Rin rimase a bocca aperta per la magnificenza che trasudava
quell’edificio. Forse aveva visto qualcosa di simile su una
rivista o su un
cartellone pubblicitario. Kaede, dal canto suo, si passò una
mano sul golfino
anche se era perfettamente liscio ed in ordine, ma quel gesto le era
venuto
spontaneo. Suonarono al citofono e il grande cancello si
aprì.
Mentre
avanzavano lungo il viale, Rin intravide la sagoma di
Kagome diventare sempre più vicina. La sua amica aveva
stampato sul viso un
sorriso enorme, che partiva da un orecchio ed arrivava
all’altro; le guance
erano leggermente arrossate, così come la punta del naso.
Così come Rin,
nemmeno Kagome stava più nella pelle all’idea di
trascorrere il Natale con una
sua amica.
-Ciao
Rin. Che bello vederti! Buon Natale- urlò poco prima
di interrompere la sua corsa ed abbracciare la sua ospite. Poi la
ragazza si
presentò a Kaede e condusse le due invitate lungo il
vialetto per poi farle
entrare in casa.
Rin,
non appena ebbe varcato la soglia, rimase, se possibile
ancora più meravigliata di prima: la casa sembrava uscita
davvero da qualche
rivista di arredamento per quanto era bella, curata ed ordinata.
Osservò i
soffitti alti, la carta da parati pregiata, i diversi soprammobili e
quadri,
che Rin poteva solo lontanamente immaginare quanto valessero. E quello
era solo
l’ingresso, chissà cosa riservavano le altre
stanze.
Subito,
non appena ebbero varcato la soglia, si materializzò
un uomo alto e grosso, che chiese loro i cappotti. Rin
scrutò per bene anche
lui, che fosse il famoso Jinenji di cui le aveva parlato Kagome?
Obbedirono
e poi vennero condotte nella grande sala da pranzo.
Come aveva sospettato, Rin si ritrovò in una stanza ancora
più sontuosa di
quella di prima: al centro della sala si trovava un tavolo in legno di
mogano,
lungo e accuratamente apparecchiato; la carta da parati
dell’ingresso questa
volta non c’era, al suo posto vi era una boiserie di un
colore leggermente più
chiaro del tavolo, ma che donava una sensazione di calore;
dall’altra parte
della stanza regnava una grande cassettiera sormontata da uno specchio
dai
bordi morbidi e vagamente barocchi; infine sulla parete destra era
stata
posizionata una credenza, la quale faceva bella mostra dei soprammobili
più
pregiati della famiglia, mentre su quella sinistra si apriva una grande
finestra, che permetteva un’illuminazione uniforme della
stanza.
Quando
Rin ebbe finito di osservare tutto il mobilio, pensò
tra sé e sé che, in fondo, non era
così sorprendente la cosa: la casa non
faceva niente altro che riflettere quello che era l’animo
della sua padrona di
casa: elegante e raffinato, proprio come Midoriko.
Fu
proprio dopo questa osservazione che la sua sensei fece
ingresso nella stanza: fasciata in un vestito rosso di velluto era
anche più
bella del solito. Come sempre i capelli erano stati lasciati e le
labbra
indossavano un leggero strato di rossetto della stessa
tonalità del vestito.
-Benvenute.
Vogliamo cominciare?-
***
Il
pranzo luculliano era stato più che soddisfacente, sia
Rin che Kaede avevano apprezzato la cucina di Jeninji.
Dopo
un primo momento di imbarazzo, il ghiaccio era stato
rotto e tutti avevano cominciato a godere della compagnia reciproca.
Rin e
Kaede avevano avuto modo di conoscere, come Kagome aveva detto qualche
giorno
prima, anche Jinenji e sua madre. Rin non appena aveva visto la donna
aveva
pensato che fosse simile in tutto e per tutto ad una strega: il viso
solcato
dalle rughe, i capelli bianchi legati in una treccia leggermente
disordinata e
l’espressione non proprio amichevole non avevano suscitato in
Rin un sentimento
di benevolenza. In effetti i suoi modi erano molto duri, ma in fondo si
era
dimostrata nel corso del pranzo una donna forte e molto pratica.
Jinenji, suo
figlio, invece era tutto il contrario della madre: dolce, gentile e
molto,
molto timido.
Durante
il pranzo, mentre Rin e Kagome continuavano a
conversare per fatti loro, Jinenji aveva esclamato a gran voce:- Dite,
non
pensate anche voi che Rin e Kagome si assomiglino parecchio?-
Tutti
a tavola fecero silenzio, le due amiche si guardarono
interrogative. Poi Midoriko prese parola:- In effetti è
vero, ora che me lo fai
notare-
Rin
e Kagome si sorrisero a vicenda.
-Non
intendo solo fisicamente, ma anche di animo: sia Kagome
che Rin sono due ragazze molto forti caratterialmente, capaci di
scaldare
l’animo di chi sta loro accanto- continuò Jinenji,
sempre più sorridente.
I
biscotti furono molto apprezzati da tutti e Rin fu più che
felice della cosa: aveva paura che fossero venuti male e non voleva
assolutamente fare una brutta figura davanti a tutte quelle persone.
Aveva
notato che sua nonna, durante tutta la durata del pranzo, aveva
conversato con
Midoriko, ma anche con Jinenji e sua madre. Erano stati molti i
consigli che si
erano scambiati riguardo alle erbe mediche, una delle passioni di
Kaede, la
quale cercava di trasmetterla a Rin. Era felice di vedere che sua nonna
si sentiva
a proprio agio con una delle persone che lei stimava più di
chiunque altro. E
ancora più felice era del fatto di trovarsi lì a
trascorrere il Natale,
finalmente per la prima volta stava passando del tempo con persone
affabili e
allegre. Era fin troppo abituata alle feste da sola con sua nonna, solo
loro
due. Non che la cosa le dispiacesse, ma desiderava da sempre sentirsi
parte di
un gruppo più nutrito.
Quando
ebbero finito di gustare i biscotti, Kagome propose a
Rin di lasciare i grandi da soli e di spostarsi nel salotto.
Non
appena furono entrate, Rin si fiondò subito sul grande
divano di pelle rossa, troppo stanca e affaticata dalle mille pietanze
che
aveva gustato poco prima. Kagome la seguì, soddisfatta.
Era
al settimo cielo per quella giornata: trascorrere una
festività così bella in compagnia di una sua
amica, era quasi un sogno. Per la
prima volta si sentiva rilassata. Di solito in Inghilterra non aveva
modo di
potersi sentire così: tutta l’attenzione era
rivolta verso Kikyo ed i suoi
innumerevoli talenti, lei si limitava a trangugiare quello che le
passavano i
camerieri e a starsene in silenzio. Non ricordava un Natale dove lei e
sua
sorella avessero mai giocato insieme, condiviso segreti o riso sulla
prozia
Eveline.
Forse
quando erano bambine, con mamma e papà. Ma erano
ricordi talmente lontani che Kagome si chiedeva se quei contorni, ormai
sfocati, non si fossero mischiati con la fantasia.
Mentre
era ancora immersa nei propri pensieri, Rin disse:-
Kagome, tu hai mai letto il “Sengoku Monogatari”?-
La
diretta interpellata si girò verso di lei, sorpresa per
quella domanda improvvisa. Ed infatti, come se Rin le avesse letto
nella mente,
si affrettò a precisare:- Ho notato ora una copia sul
tavolino- ed indicò il
libricino rosso che faceva mostra di sé.
Era
dal giorno dello scontro contro Sesshomaru che Rin si
domandava di cosa mai potesse parlare il “Sengoku
Monogatari”. Sapeva per certo
che era un’opera letteraria di rilievo, in Giappone tutti
quelli che l’avevano
letto ne erano rimasti affascinati, ma non le era mai capitato tra le
mani.
-Beh,
ero molto piccola quando venne pubblicato per la prima
volta. La mamma qualche volta mi raccontava la storia come una favola
per farmi
addormentare. Gli zii sono stati sempre tipi abbastanza riservati: non
si sono
mai vantati di quel successo- rispose Kagome, portandosi
l’indice della mano
sinistra sotto il mento.
-E
non hai mai letto il libro?- continuò l’altra.
-No…-
ammise Kagome, imbarazzata.
Senza
aggiungere una parola, Rin si drizzò sullo schienale
del divano e si allungò per prendere tra le mani
quell’oggettino dalla
copertina rossa così tanto desiderato e protetto.
Lo
sfogliò delicatamente, facendo attenzione a non rovinare
le pagine. Il libro emanava il tipico odore di carta antica, che a Rin
piaceva
tanto.
Aprì
il libro alla prima pagina e cominciò a leggere:- “La storia che il lettore si affretta a
leggere si perde nella leggenda, in un passato in cui gli uomini ed i
demoni
vivevano separati. Rigide erano le leggi che reggevano in piedi una
pace
precaria, a lungo agognata. Agli uomini non era permesso mischiarsi con
essere
tanto pericolosi come gli youkai, così come per loro era
un’onta esecrabile avere
contatti con dei miseri umani, le cui vite camminavano sul filo del
rasoio.
In
una
terra remota esisteva un confine, ben definito e protetto da
un’aura
purificatrice creata da potenti sacerdotesse, che serviva a distinguere
il
regno umano da quello demoniaco. Nonostante le leggi fossero rigide e
severe,
non era raro vedere un mezzo demone aggirarsi per i boschi. Loro erano
gli
esseri più sfortunati di quell’epoca:
né completamenti umani, ma nemmeno del
tutto demoni, vivevano la maggior parte di loro in una condizione di
clandestinità.
Eppure,
dopo molti secoli di pace, qualcosa iniziò a cambiare:
demoni minori facevano
sempre più incursioni nella terra degli umani. I guardiani
del confine si
trovarono a poco a poco ogni volta più impegnati in lotte di
difesa, fino a
quando la situazione divenne così pressante che si rese
necessario un nuovo
incontro tra uomini e demoni. Qualcosa stava cambiando e le alleanze ed
i patti
necessitavano di essere rivisti.
Ed
è da
questo punto in poi che inizia la nostra storia…”-
Rin
alzò lo sguardo, sentendo quello di Kagome su di
sé.
Doveva ammettere che già dalle prime pagine si sentiva
incuriosita.
-Ricordo
vagamente che parla di un’avventura di umani e
demoni, alleati contro un nemico comune. In particolare di una
sacerdotessa e
di una principessa guerriera- la informò Kagome.
Rin
rigirò il libricino tra le mani.
Forse
ne valeva la pena di leggerlo.
***
Rin
si malediceva ogni singolo minuto per l’idea che le era
venuta in mente. Andare a pattinare sul ghiaccio nel pomeriggio non era
stato
un colpo di genio, specialmente per lei, non proprio disinvolta su un
paio di
pattini. Aveva proposto alla sua amica di replicare i suoi pomeriggi
londinesi
e lei aveva accettato.
Non
appena aveva messo piede sulla pista di ghiaccio, Rin si
rese conto di quanto fosse goffa: perdeva subito l’equilibrio
ed agitava le
braccia come un’ossessa, il tutto accompagnato da
un’espressione di terrore.
Aveva
perso il conto di quante volte era caduta, anche se a
giudicare dal dolore che provava al sedere il numero non era di certo
piccolo.
Kagome,
invece, si trovava perfettamente a suo agio: andava
avanti come se fosse la cosa più naturale del mondo. Aveva
tentato in tutti i
modi di aiutare Rin, ma non c’era stato verso di smuoverla
dalla ringhiera che
delimitava la pista.
Dopo
più di un’ora Kagome si sentiva più che
soddisfatta e,
per la gioia di Rin, decisero di tornare a casa, per potersi godere
ancora un
po’ quella giornata. Una volta tolti i pattini, si
incamminarono insieme lungo
il sentiero del parco vicino casa di Midoriko che ospitava la pista di
pattinaggio.
-Non
proporrò mai più una cosa del genere-
affermò Rin,
massaggiandosi il fondoschiena dolorante. Sicuramente il mattino
seguente si
sarebbe svegliata con un bel livido.
Le
foglie secche, ormai rigide per colpa del freddo,
scricchiolavano rumorosamente sotto i passi veloci delle due amiche.
Rin, che
quel giorno si era dimenticata di prendere i guanti, infilò
le mani nelle
tasche del suo cappotto, per scaldarle appena per quanto possibile.
Kagome se
ne accorse, si guardò intorno e notò in
lontananza un chiosco eccezionalmente
aperto anche il pomeriggio del 25 dicembre. Subito le venne
un’idea.
-Che
ne pensi di una cioccolata calda prima di tornare a
casa? Ci scalderà un po’- propose Kagome
sorridente.
Rin
acconsentì senza alcuna esitazione, agognava qualcosa di
caldo da quando aveva messo piede fuori casa e sentiva dentro di
sé il freddo
congelarle le ossa. All’idea di qualcosa di caldo che le
attraversava il petto,
si sciolse in un sorriso.
-Bene,
allora aspettami pure vicino a quella panchina. Io
arrivo subito- disse Kagome, correndo verso il chiosco illuminato da
calde luci
gialle.
Rin
fece quanto le era stato detto e si sedette in attesa.
Si concesse alcuni minuti per osservare il parco e gli alberi che la
circondavano
in un abbraccio. Vedere gli alberi completamente spogli, con i rami
secchi che
si stagliavano contro il cielo scuro, le stuzzicava la fantasia:
sembravano
mani rugose quelle, come se appartenessero ad una strega.
Pensò
poi a quanto si sentiva felice ad essere lì in quel
momento, a quanto era grata agli dei per quel dono inaspettato ma
altrettanto
desiderato. Anche se stava gelando, non le importava, non si sarebbe
fatta
influenzare dal tempo. Al contrario, voleva imprimere nella sua mente
ogni
minimo movimento, parola ed emozione. Li avrebbe custoditi per sempre
nel suo
cuore.
Mentre
pensava questo, una folata di vento gelido la colpì
in pieno viso. Rin chiuse gli occhi presa alla sprovvista, ma il vento
la privò
anche della sciarpa, che in quel momento vagava senza meta dietro di
lei.
-Oh,
accidenti!- urlò lei, alzandosi di fretta e correndo
dietro a quel lembo di stoffa.
Non
poteva perdere la sciarpa, sarebbe davvero morta di
freddo se ne fosse rimasta sprovvista. Come se il vento potesse
leggerle nel
pensiero, divenne ancora più forte, portando la sciarpa
ancora più lontano da
lei. Rin continuò a correre, ansimante.
Finalmente,
dopo qualche metro, il vento cessò di soffiare e
Rin potè vedere la sua sciarpa. Ma fu quello che
notò subito dopo a lasciarla
di stucco.
Una
persona osservava la sciarpa, che aveva deciso di
posarsi esattamente sui suoi piedi. Alto, slanciato, dai lunghi capelli
argentati e i segni demoniaci sul volto. Rin si fermò di
scatto, non poteva
credere di incontrare proprio Sesshomaru No Taisho lì, quel
giorno.
Non
si mosse, non sapeva esattamente cosa fare. Il demone
invece alzò subito lo sguardo, non si dimostrò
per nulla sorpreso di vederla:
il vento aveva portato il suo profumo, sapeva che lei era
lì. La vide fermarsi
davanti a lui, immobile.
Per
qualche secondo la guardò fissa negli occhi. Aveva i
capelli leggermente scompigliati e le guance rosse. Intravide sotto il
cappotto
l’orlo del vestito bianco che indossava quel giorno e subito
il suo cervello
collegò quel colore a quello dei garofani che le aveva
spedito qualche tempo
prima. Chissà come le sarebbe stato bene uno di quei fiori
con quel vestito.
Rin
invece continuava a non muoversi, cercava di sostenere
il suo sguardo ma quelle pozze dorate sembravano la costringessero a
rimanere
con i piedi piantati nel suolo. Non sapeva che sentimenti provare nei
suoi
confronti, se rabbia, disgusto oppure odio. Pensò con
rammarico a quella volta
in cui lui le aveva fatto recapitare una divisa scolastica nuova, era
stato un
gesto così premuroso che stentava a credere che fosse stato
lui a compierlo.
Sesshomaru
lentamente si piegò per prendere la sciarpa che
ancora giaceva ai suoi piedi, poi si avvicinò lentamente
verso la ragazzina, la
quale continuava a fissarlo confusa.
Le
porse l’indumento.
-Stai
più attenta la prossima volta-
Rin
lo guardò per qualche secondo. Come stava iniziando a
capire, lui aveva un modo del tutto particolare per rivolgersi alle
persone.
-Grazie…-
disse lei in un soffio mentre allungava il braccio
per riprendersi ciò che le apparteneva.
Ma
il demone fu più veloce di lei e fu proprio lui a legarle
intorno al collo la sciarpa in modo tale che non la perdesse ancora una
volta. Il
contatto della sua mano con le guance di Rin scatenò in
entrambi una reazione
inaspettata: si sentirono come attraversati da una scossa elettrica,
nella loro
mente si accavallavano immagini apparentemente senza senso come un
kimono a
scacchi arancione a giallo, una katana dalla lama lunga e sottile, un
drago a
due teste, delle risate cristalline e delle parole che si perdevano nel
vento.
Rin
si trovò inoltre sorpresa nel sentire il calore provenire
dalle mani di Sesshomaru: per qualche motivo pensava che la freddezza
del suo
carattere si estendesse anche a livello fisico.
Si
guardarono per qualche secondo, poi Rin, in preda
all’imbarazzo
disse qualcosa per spezzare quel silenzio.
-Non
credevo di vederla in un posto del genere…-
farfugliò
guardando in basso e arrossendo leggermente. Dentro di lei si sentiva
irrequieta e non capiva perché stesse arrossendo, in fondo
lui era una persona
spregevole e lei doveva odiarlo.
-Potrei
dire la stessa cosa- ribattè lui asciutto.
-Oh…
ecco io… sono venuta qui con una mia amica…- si
affrettò a spiegare lei.
Sesshomaru,
in una parte remota della sua mente, si
divertiva a vederla in preda all’agitazione e
all’imbarazzo.
-Immagino
che sia la nipote della tua sensei l’amica che è
venuta qui con te-
Rin
lo guardò sorpresa. Come aveva fatto a capirlo?
-Il
suo odore è mischiato con il tuo-
Già,
dopotutto era un demone ed i demoni potevano sentire
distintamente gli odori.
-Lei
però non ha ancora risposto alla mia domanda-
sottolineò poi Rin.
Sesshomaru
rimase sorpreso di quella frase: nessuno prima d’ora
aveva mai osato fargli notare qualcosa che aveva volutamente ignorato.
Era leggermente
snervante, soprattutto se fatto da una ragazzina di più di
dieci anni più
piccola di lui.
Emise
un leggere sospiro, poi disse:-Casa mia è qui vicino. Stavo
camminando per conto mio-
-Capisco…-
disse Rin, per non sembrare completamente
stupida.
-Quanti
anni hai, ningen?-
Rin
strabuzzò gli occhi: come l’aveva chiamata?
-Ehm…
tredici, ne compirò quattordici in primavera- rispose
lei con una nota di fastidio nel tono di voce. Non riusciva a credere
al fatto
che l’avesse chiamata ningen. Quella parola, in bocca ad un
demone, non era di
certo un complimento.
-E
da quanto studi recitazione con la signora Midoriko?-
Ma
cos’era? Un interrogatorio? Rin sentiva sempre più
spaesata.
-Sono
nella compagnia della signora Midoriko da quattro
anni, ormai. Ma studio recitazione dalle elementari. Mi scusi, ma
perché le
interessa?-
Eccola,
ancora una volta quell’impertinenza che nessuno
aveva mai mostrato con lui, solo lei.
-Curiosità-disse
lui, semplicemente.
Rin
stava per ribattere: voleva chiedergli come mai fosse
incuriosito da una come lei. Ma la voce di un’altra persona
la costrinse a fermarsi.
-Eccoti!
Papà vuole tutti e due in casa!- tuonò un ragazzo
alle spalle di Sesshomaru, il quale non si degnò nemmeno di
girarsi. Sentiva solo
i nervi a fior di pelle al suono della voce di Inu-Yasha. Aveva
dimenticato
quanto fosse odiosa ed irritante.
Rin
si sporse leggermente di lato, per poter dare un volto a
quella voce maschile. Vide avvicinarsi verso di loro un ragazzo molto
simile a
Sesshomaru: alto, dai capelli argentati e gli occhi dorati. Un paio di
buffe
orecchie canine sormontavano però la testa del ragazzo,
inoltre i tratti del
suo viso erano meno affilati e freddi rispetto a quelli di Sesshomaru.
Notò che
il ragazzo però non aveva segni demoniaci sul
volto… che fosse un mezzo demone?
Non
fece in tempo a darsi una risposta che sentì
un’altra
voce, questa volta alle sue di spalle e familiare.
-Rin,
ecco dove eri finita!- trillò Kagome, correndo verso di
lei.
E
fu così che nel giro di pochi secondi le persone da due
divennero quattro.
-Non
ti ho vista mentre tornavo, ma dove eri finita?- chiese
Kagome senza degnare i due ragazzi di uno sguardo.
Dall’altra
parte Inu-Yasha diceva:- Avanti, il vecchio ha un
momento di genitorialità improvvisa-
Poi
quando i nuovi arrivati si accorsero di non essere da
soli, si scambiarono un’occhiata interrogativa.
Rin
pensò che una situazione più strana di quella non
potesse esistere.
-Come
sta sua zia?- chiese poi Sesshomaru. Rin si domandò se
lo avesse fatto per sbloccare la situazione o perché
semplicemente gli premeva
conoscere una risposta. Forse, conoscendolo, era per entrambi i motivi.
Kagome,
dopo aver osservato Inu-Yasha per qualche secondo,
volse la testa in direzione di Sesshomaru.
-Molto
meglio, grazie- rispose lei, cercando di avere un
tono il più pacato possibile.
-Scusa,
Kagome. La mia sciarpa era volata via e
Sesshomaru-sama me l’ha ridata- si affrettò a dire
Rin per mettere fine a
quella situazione bizzarra.
-E
da quando aiuti le ragazzine in difficoltà, fratellone?-
rise Inu-Yasha all’improvviso.
Il
diretto interessato fece finta di non sentirlo,
altrimenti avrebbe potuto fargli molto male. Kagome e Rin si girarono
verso di
lui, osservandolo ridere di gusto.
-Scusate,
non credo Sesshomaru vi abbia informato, ma io
sono Inu-Yasha No Taisho, suo fratello-
-Fratellastro-
lo corresse subito il demone.
Una
volta fatte le dovute presentazioni sia Rin che Kagome
non videro un valido motivo per rimanere ancora lì, quindi
si congedarono
salutandoli educatamente.
Mentre
stavano allontanandosi, Rin si voltò in
direzione di Sesshomaru e urlò a gran voce:- E non mi chiami
“ningen” ! è una
parola che non sopporto!-
E
detto ciò, sparirono alla vista.
Se
Sesshomaru non mostrava alcun cenno di
meraviglia, al contrario Inu-Yasha non faceva nulla per nasconderlo.
Girò la
testa in direzione del fratello.
-Che
caratterino. Ma dimmi, da quando salvi le
donzelle in difficoltà?- lo canzonò.
Lo
youkai lo guardò di traverso. Sembrava che i
mezzi demoni avessero tutti lo stesso repertorio di battute. Che esseri
inutili.
-Non
dire sciocchezze- sentenziò voltandogli le
spalle e sparendo anche lui nel buio di un giorno che stava ormai
volgendo al
termine.
Salve
a tutti voi, lettori. Come promesso ecco
il nuovo capitolo. Allora, abbiamo iniziato a sapere di più
sul “Sengoku
Monogatari” anche se ci sto ancora pensando bene alla trama,
quindi abbiate
pazienza; nel capitolo precedente avevo parlato dell’incontro
tra Kagome ed
Inu-Yasha, che effettivamente c’è stato, ma in
maniera meno incisiva: prometto
che nel prossimo capitolo mi dedicherò anche a loro, me ho
preferito
approfondire un po’ di più l’amicizia
tra Kagome e Rin (sarà importante nel
corso della storia). E poi ecco anche i nostri piccioncini che vanno
molto a
rilento, ma credo sia più che in linea con quello che sono
loro nel manga
originale e, soprattutto, nel carattere di Sesshomaru.
Ringrazio
le persone che hanno commentato il
capitolo precedente.
Fatemi
sapere che ne pensate.
Alla
prossima,
Sophie
Ondine