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Autore: Teo5Astor    20/03/2019    23 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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8 – Il mondo senza di te
 
 
 
«Fratellone! Fratellone, svegliati!»
La voce di Goku mi rimbomba nella testa. Me la sento esplodere, cazzo.
«Fratellone, non senti la sveglia?!» prosegue, scuotendomi per le spalle.
«Hai l’ultimo giorno di esami oggi, farai tardi!» grida, convincendomi finalmente ad aprire gli occhi.
Mi guardo intorno. Sono nel mio letto, ma mi sembra di aver dormito per un giorno intero. Mi sento intontito, confuso. «Mi hai salvato, Goku» farfuglio, mettendomi a sedere. Scendendo dal letto urto un sacchetto di carta bianco e ne rovescio inavvertitamente il contenuto sul pavimento.
«Urcaaa! E questo cosa sarebbe?!» esclama Goku, perplesso, tenendo tra le mani quello che ha tutta l’aria di essere un costume da coniglietta sexy.
Già, perché avevo quel costume accanto al letto? Cosa ho fatto ieri sera? La testa… una fitta alla testa, cazzo!
«Stai bene, fratellone? Goku era molto preoccupato per te ultimamente! Non dormivi da tre notti…».
«Sì, sì, sto bene, Goku. L’avrò comprato per te quel costume, almeno lo alterni alla tua felpa del tirannosauro, no?» rido, per prenderlo in giro.
«Goku non metterà mai un costume da ragazza!» ribatte, correndo via e lasciandomi solo nella mia stanza.
Stringo tra le mani quel costume, lo osservo. Mi attrae a sé, lo avvicino al volto. Subito un profumo fresco mi riempie le narici e mi scuote dall’interno, come uno shock. È un profumo che conosco, che mi sento addosso. Ma che non ricordo.
Un profumo che sa di noi, anche se non saprei attribuire quel “noi” a un’altra persona, oltre a me. È un profumo che mi ricorda una ragazza e un insieme di sensazioni. Mi ricorda qualcosa che non avrei mai potuto dimenticare, se fosse stato reale.
Devo essere diventato pazzo, è l’unica spiegazione. Appoggio il costume da coniglietta sul letto, mentre la testa sembra potermi scoppiare da un momento all’altro.
Mi guardo intorno, e noto subito il tavolino basso di legno del salotto con sopra un quaderno e una biro. Perché l’ho portato qui nella mia camera ieri sera?
Mi avvicino e sollevo il quaderno. Giapponese moderno, mi ricordo di averlo studiato ieri sera, in effetti.
Leggo le ultime frasi che ho scritto, l’esercizio chiedeva di usare la parola “garanzia” come verbo e come sostantivo: “Garantirò a […] un futuro felice” e “Io e […] abbiamo la garanzia che trascorreremo una magnifica vita coniugale”.
Perché non ho scritto il nome proprio della persona a cui erano riferite queste due frasi? Ero ubriaco ieri sera? Cosa significa quello spazio bianco al posto del nome?
Inoltre, la pagina del quaderno è piuttosto increspata, come se si fosse asciugata dopo essere stata bagnata. Ho bevuto davvero ieri sera mentre studiavo? La camera è in ordine, dopotutto. L’inchiostro è addirittura sbavato in certi punti, devo aver fatto un bel danno mentre studiavo! Mi sento un rincoglionito stamattina: prima il costume da coniglietta, ora questo quaderno. E poi, perché non ho studiato alla mia solita scrivania? Mi volto e noto la presenza di un altro quaderno aperto. Lo sollevo e comincio a leggere, sembra un diario scritto da me:
 
Quello che sto per scrivere potrà sembrarti assurdo, ma in realtà è tutto vero. Quindi vedi di leggere fino alla fine, stronzo. Senza se e senza ma.
 
6 maggio
Nella biblioteca di Fujisawa mi sono imbattuto in una coniglietta selvatica. Alla fine ho scoperto che era una mia senpai con indosso un costume, la famosa […]. Frequenta il terzo anno al Liceo Minegahara.
 
Ma che roba è?! Che cazzo sta succedendo oggi?! E perché anche qui ho lasciato uno spazio bianco al posto di scrivere un nome femminile?!
Perché parlo di un costume da coniglietta?! È quello sul mio letto?! Cosa ci faceva nella mia stanza stamattina?!
Continuo a leggere, e resto basito. C’è scritto che sono andato ad Ogaki con questa ragazza che non cito mai, sostituita dal solito spazio bianco lasciato sul foglio. Io ricordo benissimo di essere andato ad Ogaki, ma non c’ero andato da solo? Anche alla spiaggia di Shinigahara ricordo benissimo di esserci andato domenica, ma anche lì ero da solo. Devo per caso riempire gli spazi bianchi che ho lasciato con il nome della mia futura ragazza? O con quello di Videl Satan? No, non c’entra Videl… nelle ultime settimane non ho praticamente più pensato a lei, di questo sono assolutamente certo.
Perché ho scritto queste cose nella notte tra il 26 e il 27 maggio e le noto solo adesso, che è il 29 maggio?
«Deve essermi andato a puttane il cervello…» ridacchio, chiudendo il quaderno e lasciandolo cadere sulla scrivania.
«Ehi, Rad, ti va di baciarci?»
Mi volto di scatto. Ma sono solo, ovviamente. Di chi era la voce che ho sentito nella mia testa?! Era una voce femminile, una voce che non mi sembra di conoscere, ma che allo stesso tempo mi ricorda qualcosa… così dolce, così suadente. Così familiare, soprattutto. Mi torna alla mente la camera d’albergo in cui ho dormito a Ogaki, come in un flash, e non saprei dire per quale motivo.
Sto diventando davvero pazzo? Mi sento bene dopo aver sentito questa voce, eppure mi sento anche così triste… così vuoto… perché?! Mi sento solo, incompleto. Che cazzo mi succede stamattina?!
Mi sembra che manchi qualcosa al mio mondo, oggi.
Eppure non saprei dire cosa. Non saprei dire chi.
 
Esco dalla portineria del mio condominio e mi fermo un attimo a guardare il palazzo davanti, non so nemmeno perché.
«Rad».
Una voce. Di nuovo quella voce.
Mi giro di scatto. Ma sono solo. E mi sento solo.
Era ancora tutto frutto della mia immaginazione.
Cammino a testa bassa sotto un magnifico sole che rasserena il cielo, ma non certo i miei pensieri. Mi sento la testa scoppiare, continuo a pensare al significato di quello strano diario che a quanto pare ho scritto io e lasciato sulla scrivania. A quelle descrizioni così dettagliate di certi eventi che ho vissuto, con l’unico dettaglio che io ricordo di averli vissuti diversamente.
Mi volto di nuovo, alla mia destra. Non c’è nessuno.
Sospiro.
Eppure… eppure mi è sembrato di aver sentito un calore rassicurante avvolgermi la mano, come se qualcuno me la stesse stringendo. Un tocco morbido, delicato. Qualcosa di familiare. Mi sento il cuore pesante. E mi sembra di sentire una ragazza piangere sommessamente, come se la stessi sognando.
Un flash. Sgrano gli occhi.
Rivedo me stesso in lacrime col volto appoggiato sul quaderno di giapponese moderno, in camera mia. Ripenso a quelle due strane frasi. A quegli spazi bianchi anche al loro interno, come nel diario che, a quanto pare, ho scritto. E a quel costume da coniglietta.
Mi scoppia la testa. Mi stringo le tempie con le mani e mi inginocchio, sopraffatto dal dolore. Merda, ma che cazzo sta succedendo?
Respiro profondamente, cerco di calmarmi. Il battito del mio cuore aumenta. Sento un nodo stringermi la gola. Respiro di nuovo. Calma, Rad. Sei forte… sei sempre stato forte.
Una mano mi accarezza la testa.
Mi giro di scatto. Ma sono solo.
«Grazie, Rad».
Ancora quella voce. Mi asciugo le lacrime che hanno cominciato a uscire dai miei occhi senza che quasi me ne rendessi conto. Le asciugo con un gesto di stizza, mentre mi rialzo in piedi. Faccio una fatica terribile a rialzarmi, mi sento un peso enorme che grava sulla mia schiena e che sembra schiacciarmi. Mi sento il mondo sulle spalle, più del solito. Più di quanto mi sia abituato in questi ultimi due anni. Mi sento un altro mondo sulle spalle, ma non so di chi sia. Nemmeno so perché lo sento così distintamente. Ma il cuore… il cuore è schiacciato da un peso ancora più grande in questo momento. Fatico a respirare.
Guardo il cielo. È azzurro, ma lo vedo grigio.
Corro via, per arrivare il prima possibile in stazione e andare a scuola. Corro fino a farmi bruciare i polmoni. Corro perché non voglio pensare.
 
«Oggi finalmente non hai una faccia da cazzo, Rad» esclama Vegeta, guardandomi con quel suo tipico sorriso sghembo stampato in faccia mentre il treno che ci porta a scuola continua a riempirsi di studenti. «Non più del solito, almeno».
«Eh?» gli rispondo distrattamente, perso tra i miei pensieri, mentre riprendo a guardare fuori dal finestrino.
«Erano tre giorni di fila che sembravi uno zombie. Ieri, poi, facevi schifo a vedersi con quelle occhiaie così nere e gonfie!»
«Davvero?» sbiascico.
«Ma che cazzo hai, Rad?!» prova a scuotermi Vegeta, imponendomi di guardarlo in faccia. «Non hai più le occhiaie, ma hai gli occhi rossi e gonfi: hai pianto come una femminuccia o ti sei fatto una canna mentre venivi in stazione?!»
«Vaffanculo, Prince» ribatto, accennando un sorriso.
«Non dirmi che stai facendo davvero tutte queste notti in bianco per gli esami?!» mi incalza.
«No, mi fa abbastanza cagare studiare. Preferisco dormire» gli rispondo, provando a ghignare. Anche se non ho molta voglia di scherzare.
«Cosa c’è che non va?» mi chiede Vegeta, improvvisamente serio.
«Non lo so nemmeno io, in realtà…» sorrido amaramente. «Credo c’entri una ragazza, ma ho la testa che scoppia stamattina…».
«Ancora Videl Satan?! È acqua passata, Rad. Che vada a cagare quella lì, tsk!»
«No, no… non lei… non ti ho parlato di nessun’altra in queste ultime tre settimane?»
«Se non sono diventato rincoglionito, no. Però ti ho visto spesso insieme a Bulma negli ultimi tempi, ti piace lei per caso?!»
«Bulma è la mia unica amica oltre a te, Prince. E voi mi dovete durare per tutta la vita come amici, no? Quindi non potrei mai provarci con lei» gli spiego. «E poi, sinceramente, forse un po’ rincoglionito lo sei tu, se non hai ancora capito chi piace a Bulma».
«Ah, sì?! E chi le piace?! Tsk!»
Mi volto di scatto. Sgrano gli occhi. Ancora quella sensazione. Ma non c’è nessuno, solo sguardi carichi d’odio che mi osservano sprezzanti.
«Cosa c’è, Rad?» si volta anche Vegeta.
«Mi sembrava che qualcuno mi stesse osservando» farfuglio, confuso. «Mi sembrava ci fosse qualcuno accanto a me…».
«Forse lavori troppo, Rad… stai attento a non esagerare, mi sembri stanco ultimamente…» sbuffa Vegeta, mentre il treno giunge alla nostra fermata. «Vado a cercare Marion, ci vediamo dopo in classe. Vedi di stare tranquillo e di non fare cazzate, ok?!» aggiunge, allungando il suo pugno chiuso verso di me.
«Ok» sospiro, battendo il mio pugno contro il suo e dirigendomi verso la scuola.
Solo, come al solito. Il problema è che oggi mi sento per la prima volta davvero “solo”. E non capisco perché.
 
Salgo le scale fino al secondo piano per dirigermi in classe, e mi sembra di scalare una montagna.
«Son-kun».
Guardo alla mia destra e vedo Bulma, sola, come spesso accade, dato che preferisce passare il suo tempo libero a studiare o a fare esperimenti in laboratorio e per questo non è propriamente ben vista dal resto della classe. Ha la schiena appoggiata al muro e le braccia incrociate al petto.
«Ciao Bulma, cosa fai già col camice?» le chiedo, notando il suo solito camice bianco aperto che usa nel laboratorio del club di scienze nella pausa pranzo e dopo le lezioni.
«Oggi sono venuta qui un’ora prima, avevo un esperimento da portare a termine» mi spiega. «Comunque, tieni» aggiunge, porgendomi una busta bianca.
«Hai deciso di scrivermi una lettera d’amore?» le chiedo, mentre apro la busta.
«Anche no» sbuffa lei.
«Peccato, sei sempre stata la mia turchina preferita» provo a scherzare.
«L’ho scritta io nella notte tra il 26 e il 27 maggio questa lettera , a quanto pare, solo che non ricordo di averlo fatto e non so perché l’ho fatto» continua, senza dar peso alle mie parole.
«Eh?! Tra il 26 e il 27 maggio?!» esclamo, ripensando a quella specie di diario che ho trovato sulla mia scrivania stamattina.
«Ho trovato quella busta nel mio libro di scienze stamattina, c’era attaccato sopra un post-it sempre scritto da me che diceva che dovevo consegnartela» riprende, perplessa e allo stesso tempo tranquilla, come suo solito.
«Consideriamo l’ipotesi secondo la quale tutto ciò che esiste in questo mondo è determinato solo nel momento in cui viene effettivamente osservato» comincio a leggere ad alta voce il contenuto della lettera. «Perché hai scritto queste cose, Bulma?»
«Non ne ho idea, non ricordo nulla. Non so perché ho scritto a proposito della Teoria dell’Osservazione» risponde, sfilandosi il camice e restando con la divisa del liceo. «Ne parliamo dopo, al massimo. Ora vado in classe a ripassare» aggiunge, prima di incamminarsi nel corridoio.
«Se la scomparsa di […] è causata dall’inconscio disinteresse degli altri studenti nei suoi confronti, allora Son-kun non deve fare altro che crearle un motivo per esistere. Ad esempio, l’amore che prova per lei deve imporsi sull’inconsapevolezza dell’intero corpo studentesco e sull’atmosfera che si è generata in questa scuola» continuo a leggere.
Cosa significa tutto questo?! Amore?! E perché ancora quel maledetto spazio bianco al posto del nome di questa fantomatica ragazza?! Il mio quaderno di giapponese moderno, il mio racconto sotto forma di diario sulla mia scrivania, la lettera di Bulma… sono confuso, mi sento a pezzi. E poi c’è quel costume da coniglietta, come se non bastasse.
Ancora quella sensazione di presenza. Mi volto di scatto a destra e poi a sinistra. Ma non c’è nessuno in corridoio, nessuno per cui valga la pena vivere, almeno. Per cui valga la pena combattere. Per cui valga la pena amare.
 
Mi siedo al mio posto e guardo il mare. Osservo anche il cielo, quel cielo in cui vorrei tanto volare, se solo non mi sentissi un uccello con una sola ala, oggi più del solito. Una creatura incompleta, di cui avevo letto in un libro da bambino e in cui mi ero subito immedesimato.
Penso. Penso, ma mi sembra di non arrivare mai al punto.
Due gabbiani giocano nel cielo e spariscono dalla mia vista. Il cielo è sempre azzurro, ma io lo vedo ancora più grigio. Una fitta alla testa, le tempie che sembrano esplodermi. Merda.
Entra il professore di giapponese moderno e comincia a distribuire i fogli per l’esame della sua materia. Cerco di concentrarmi, ma fatico a farlo. Il mio cuore sembra un macigno quest’oggi. Un senso di angoscia mi attanaglia lo stomaco e risale fino alla gola.
Leggo un quesito: “Indicare se la parola garanzia è usata come sostantivo o come verbo”.
Sgrano gli occhi. “Garanzia”. Il mio cuore batte improvvisamente più forte. Batte di nuovo. Ripenso alle due frasi che ho scritto sul quaderno lasciato sul tavolino di legno in camera mia con la parola “garanzia”. Su quelle pagine increspate, perché qualcosa ieri sera le aveva bagnate. Rivedo me stesso in lacrime, con la testa appoggiata su quel quaderno. Ma non sono solo, no! Vedo… vedo una figura al mio fianco! Una ragazza, sì è una ragazza! Ma perché piange anche lei?! Non riesco a definire la sua immagine, la testa sembra scoppiarmi mentre la biro mi sfugge dalla mano e rotola sul banco.
«Scrivi una frase che usi il significato della parola “garanzia” intesa come verbo e un’altra in cui è intesa come sostantivo».
Sì, è la stessa voce che sento da stamattina! La sento nitidamente, anche se è solo nella mia testa. Vedo dei capelli biondi farsi strada nei meandri della mia coscienza. Una molletta nera glitterata a forma di coniglio.
«Almeno hai avuto il buon gusto di usare il “-san” dopo il mio nome».
Ancora quella voce. Mi sembra di conoscerla. Di conoscerla da sempre.
Vedo degli occhi di ghiaccio, e il mio cuore perde un battito. Sono gli occhi che stavano piangendo insieme a me su quel dannato quaderno! Ma ora li vedo fieri, freddi… li vedo dolcissimi, bisognosi d’affetto come non ne ho mai visti in vita mia.
«Non farci l’abitudine».
Ancora la sua voce. Rivedo me e lei insieme, sul treno diretto ad Ogaki. Mano nella mano.
«Grazie per non avermi abbandonata. Grazie per esserci».
Sì, sì è la sua voce! E qui eravamo nella nostra stanza nell’albergo di Ogaki, quando abbiamo passato la notte insieme!
La mia mente viene bombardata di immagini e sensazioni, di profumi ed emozioni. Il mio cuore batte come non aveva mai battuto prima.
Sì, quel profumo fresco rimasto addosso al costume da coniglietta che lasciato sul mio letto lo conosco benissimo. Quel profumo, stamattina, sapeva di te. E sapeva di noi.
Mi sfioro le labbra con le dita. Le stesse labbra su cui si sono posate delicatamente le sue, ieri sera.
Vedo lei, nella mia testa. La vedo benissimo, adesso. Sta camminando vestita da coniglietta nella biblioteca di Fujisawa, quel giorno in cui solo io ero in grado di vederla. Quel giorno fottutamente bello che mi ha cambiato la vita. Che gli ha dato un senso.
Fisso il foglio dell’esame che ho davanti. È bagnato di lacrime, delle mie lacrime. Sto piangendo, piango davanti a tutti e non me ne frega un cazzo.
Perché sono felice, perché la vedo. Perché mi ricordo tutto. E perché non volevo viverci in un mondo senza di lei.
Mi asciugo le lacrime con un gesto rabbioso, impaziente. Mi alzo di scatto, facendo cadere la sedia. Tutti mi guardano, bisbigliano tra loro. Mi deridono. Che vadano a farsi fottere.
Rivedo me stesso abbracciato a lei in spiaggia. Lei mi stringeva forte quel giorno. E ripenso a noi al supermercato, insieme. E poi in camera mia, mentre le mostro le mie cicatrici. Il cuore batte all’impazzata, mentre corro verso l’uscita della classe.
«Torna a sederti, Son!» ordina a muso duro il professore.
«Devo andare in bagno!» grido, spalancando la porta della mia classe e correndo nel corridoio vuoto, diretto verso le scale.
Sì, sì! Mi sto ricordando tutto! Stanno riaffiorando tutti i miei ricordi legati a quella ragazza così importante per me! Ora so cosa devo fare, so come salvarla! La soluzione era qui a scuola, è sempre stata qui! Come ho fatto a non pensarci prima?!
 
Comincio a scendere le scale, più veloce che posso. Dovrò scontrarmi con quell’atmosfera del cazzo che ha generato tutto questo, ma ce la farò, posso sconfiggerla! Devo sconfiggerla! L’ho accettata per tutto questo tempo per quanto riguarda me stesso perché sono stato un codardo, non solo perché non me ne fregava un cazzo! Ma non posso accettare che l’atmosfera intorno a lei continui ad esistere! Riuscirò a salvarla, batterò l’atmosfera!
È facile vivere assecondando il flusso degli eventi, lasciarsi guidare dalla massa, cercare di non distinguersi. Cercare di non correre il rischio di attirare critiche. È facile vivere lasciandosi guidare da pregiudizi e stereotipi, dai pettegolezzi e dal sentito dire. È comodo vivere seguendo l’atmosfera, l’atmosfera che non si fa scalfire apparentemente da nulla. Come l’atmosfera che permea questa scuola.
Stabilire in autonomia cosa è giusto e cosa no richiede tempo ed energie, saper giudicare con la propria testa è considerato uno sforzo troppo grande da alcuni. C’è sempre il rischio di farsi male quando si prova ad andare controcorrente. Ad uscire dalla mischia, a distinguersi dalla massa. Ti additano, ti danno del diverso. Ma non si rendono conto di essere copie l’uno dell’altro, non si rendono nemmeno conto di non essere felici sul serio. E allora se la prendono con gli altri, con chi giudicano più debole solo per il fatto che è in minoranza.
Ma io mi sono rotto il cazzo, oggi. Ho un motivo per cui vivere, una ragione per combattere. È lei, semplicemente. Lei è diventata il mio mondo in sole tre settimane, o, forse, lo è sempre stato. So per certo che un mondo senza di lei non lo voglio. Non lo accetto.
Continuo a correre. I polmoni bruciano. Il cuore scoppia.
Seguire il branco dà sicurezza a tutti, non si è costretti a vedere ciò che non si vuole vedere, non si è costretti a pensare ciò che non si vuole pensare, si può lasciare che siano gli altri a decidere tutto. Ma la logica del “lo fanno tutti” non legittima qualcuno a ferire un’altra persona. Solo perché “lo dicono tutti” o “lo pensano tutti” non significa che sia necessariamente la cosa giusta da fare. Che poi, chi sono questi “tutti”? Dei luridi pezzi di merda, il più delle volte, ecco cosa sono!
 
Esco dall’ingresso principale e comincio a scendere l’ampia e alta scalinata dell’ingresso. Corro con tutte le mie forze verso il campo da calcio della scuola, la mia meta finale.
Corro e penso a lei. Corro e sorrido.
Mi ricordo i suoi sguardi, i suoi occhi. Le sue battute, la sua timidezza travestita da freddezza. I suoi capelli biondi. La prima volta in cui mi ha parlato, con addosso quel costume da coniglietta, meraviglioso e devastante per i miei sensi.
Lei mi ha sempre trattato come se fossi molto più piccolo solo per potermi prendere in giro, per poter ridere insieme a me. A volte provava a fare battute più spinte, come faccio sempre io, ma era tenerissima perché alla fine arrossiva. E poi era adorabile quando cercava di nascondere il suo imbarazzo dietro a uno sguardo truce. Non sapeva che quei suoi maledetti occhi di ghiaccio parlavano al posto suo, non sapeva che quando brillavano mi facevano battere il cuore più forte!
Lei era bellissima, e lo sarà ancora. Tutti sapranno quanto cazzo è bella! Quanto merita di essere guardata! E quanto merita di esistere ai loro occhi per la persona che è!
Corro verso il centro del campo, corro più forte che posso.
Lei ha sempre amato giocare a fare la reginetta capricciosa, l’egoista, l’altezzosa. Ma lei è anche così pura, così dolce. Nemmeno lei sa quanto, non se ne rende nemmeno conto. Lei mi fa sentire bene.
Non vi permetterò più di ignorarla, bastardi! Non vi permetterò più di far finta di niente! Non la tratterete più come se fosse invisibile! Farò in modo che vi resti così impressa nella mente da non poterla più ignorare! Da non poterla più dimenticare!
Mi fermo, e osservo l’imponente edificio scolastico che mi si para davanti. Dal campo di calcio si domina il lato lungo dell’edificio, quindi da qui potranno vedermi più persone possibili. Tre piani di classi, oltre al piano terra dedicato ai laboratori e alla palestra. Una fila lunghissima di finestre, centinaia di persone dietro di esse.
Riprendo fiato, mi concentro. Mi sono rotto i coglioni di assecondare questa atmosfera di merda! Sono solo un mucchio di cazzate!
Respiro a pieni polmoni.
«Ascoltatemi tuttiii! E sturatevi bene le orecchieee!» grido, con tutta la voce che ho. «Io, Radish Son, secondo anno, prima sezione, vi comunico che Lazuli Eighteen, terzo anno, prima sezione, è la ragazza di cui sono innamoratooo!» aggiungo, sbraitando con tutte le mie forze.
Osservo le finestre, ma nessuno si fa vedere. Eppure devono avermi sentito! Forza, stronzi, ho bisogno di voi per una volta! Per una fottuta volta!
Che sia stato tutto inutile?!
Appoggio le mani sulle ginocchia, mentre cerco di riprendere fiato.
Mi sono davvero messo in ridicolo per nulla?! È per questo che non volevo scontrarmi con l’atmosfera! Stringo i pugni così forte da farmi male. No, non posso mollare! Non adesso!
«Lazuliii! Mi piaciii!» sbraito, fino a che sento la gola raschiare per lo sforzo. «Mi piaci, mi piaci, mi piaci, mi piaci, mi piaciii!» urlo, dimenandomi come un ossesso. «Là! Voglio tenerti per mano, voglio andare ancora con te alla spiaggia Shinigahara! Voglio vederti ancora con quel completino da coniglietta!»
Vedo le finestre riempirsi improvvisamente di studenti e professori. Staranno pensando che sono un pazzo, ma non mi interessa. Ho bisogno di loro per salvare Lazuli, non me ne frega un cazzo di quello che penseranno di me.
«Lazuli! Voglio abbracciarti forte! E voglio anche baciarti, hai capito!?» grido, mentre la mia voce diventa sempre più roca.
Guardo ancora la gente che osserva il mio spettacolo personale. Alcuni ridacchiano, altri sono a bocca aperta, altri ancora sono sconvolti.
«Lazuli! In poche parole, ti amo! Ti amo con tutto me stessooo!» sbraito, prima di chinarmi di nuovo sulle ginocchia, ansimando. Chiudo gli occhi.
«Non c’è bisogno di urlare così tanto. Ti sento».
Una voce che conosco mi fa voltare di scatto alla mia destra. Una voce che mi fa stare bene. Quel tono apparentemente freddo lo riconoscerei ovunque. Sorrido. Sì, anche quegli occhi di ghiaccio che mi osservano con aria truce li riconoscerei tra milioni. Quei capelli biondi mossi dalla leggera e calda brezza che arriva dal mare.
Alle sue spalle il cielo è azzurro, ma io lo vedo color ghiaccio.
«Stai dando fastidio a tutti!» mi sgrida. Ha le braccia conserte ed è ferma a una decina di metri da me. Sta facendo la sostenuta. È adorabile, proprio come la ricordavo.
«Già che c’ero, ho pensato di far sapere al mondo intero quello che provo per te» le sorrido sghembo.
«Sei uno stupido».
«Sempre meglio di quelli che fanno finta di essere intelligenti, no?»
«Sei un vero stupido, invece!» ribatte, alzando il tono della voce e lasciando cadere lungo i fianchi le braccia. Stringe i pugni. «Non capisci che inizieranno a girare altre strane voci sul tuo conto perché hai fatto tutto questo?!»
«Se queste voci riguarderanno me e te, insieme, le accoglierò a braccia aperte. Anzi, non vedo l’ora!»
«Non è questo il punto…» sospira Lazuli. I suoi occhi si riempiono improvvisamente di lacrime. «Stupido!» singhiozza, cercando di trattenersi. «Sei uno stupido, Rad!» grida, cominciando poi a correre verso di me.
Apro le braccia, certo che voglia abbracciarmi. E, invece, mi ritrovo a ricevere un poderoso schiaffo sulla guancia. Anche la sua forza me la ricordo bene, in effetti.
«Ahia! Ma perché?!» protesto, massaggiandomi la guancia.
«Questo era per avermi dimenticata!» sibila, gelida, mentre afferra la cravatta della mia divisa scolastica e la stringe in una mano. «Questo è per esserti ricordato di me. Per avermi salvata» aggiunge, tirandomi verso di sé e baciandomi.
Il contatto con le sue labbra morbide e con la sua lingua mi lascia di sasso per un istante, mentre sento le ginocchia cedermi. Le metto le mani sui fianchi e la stringo a me, ricambiando questo bacio che sa di amore e di disperazione. Di speranza e di paura di non farcela. Sa di vita, soprattutto, quella vita a cui non voglio più rinunciare. Quella vita in cui c’è lei nel mio mondo.
Il suo sapore dolce mi riempie l’anima e mi annulla in lei allo stesso tempo, mentre sento il cuore battere così forte che potrebbe farmi esplodere il petto.
Non riesco a staccarmi, non ne sono capace. Non voglio allontanarmi da questo bacio che sa di lei. Il suo primo bacio, ma è come se fosse la stessa cosa per me. Perché lei è diversa, lo so. Perché lei… beh, lei è lei. Punto.
 
Lazuli si stacca lentamente dalla mia bocca e appoggia la fronte contro la mia. Restiamo in silenzio, un silenzio interrotto solo dal brusio della gente che si sta godendo lo spettacolo dalle finestre della scuola.
«Ehi, ma cosa ci trova Lazuli Eighteen in uno come quello?!» sento dire in lontananza da una voce maschile.
«Perché Eighteen-senpai era già nel campo da calcio?» mi sembra di sentire chiedere ad una ragazza.
Sì, la vedono tutti. C’è l’ho fatta, non sono più l’unico a riuscire a vedere Lazuli! Tutto il mondo è tornato a vederla, a ricordarsi di lei! Ho sconfitto l’atmosfera!
«Comunque ieri sera mi hai detto che non importava se mi fossi dimenticato di te. Me lo ricordo bene» sussurro dolcemente, sorridendo.
«Ah sì? Io non ricordo di averlo detto, invece» ribatte freddamente Lazuli, accennando un lieve sorriso. «Quindi, cos’hai da dire in tua discolpa?».
«Volevo solo avere una seconda possibilità di incontrarti per la prima volta» le rispondo, soffiando leggermente sulle sue labbra.
«Possibile che hai sempre la frase giusta da dire al momento giusto? Ti odio, stupido» sussurra, apparentemente stizzita, prima di baciarmi di nuovo. Prima di permettermi di godere di nuovo della dolcezza del suo sapore, mentre il suo profumo fresco sembra accarezzarmi. «Però non ti perdono lo stesso, quindi non abituarti ai miei baci» mi dice, staccandosi da me per guardarmi in faccia. Sorride, ma i suoi occhi di ghiaccio sono lucidi. Mi abbraccia all’improvviso, mi stringe forte. Appoggia la testa contro il mio petto, mentre io le accarezzo la testa delicatamente.
«Ho avuto paura oggi, Rad» sussurra.
«Anch’io ho avuto paura, Là. Perché ho visto com’è il mondo senza di te. E io, in un mondo simile, non voglio viverci» le dico dolcemente, mentre lei si stacca da me e mi guarda di nuovo negli occhi, con un’espressione di una purezza disarmante. «Non potrò mai perdonarmi per averti fatta soffrire, non dovevo dimenticarmi di te» sospiro, abbassando la testa.
«E invece dovrai farti perdonare» ribatte Lazuli, facendo un passo indietro e guardandomi con aria truce, prima di gettare un’occhiata alle finestre pieni di studenti alle mie spalle e poi tornare a fissarmi negli occhi, gelandomi come solo lei sa fare quando vuole. «Anche se non so se potrò mai perdonarti, sia per esserti dimenticato di me, sia per tutto questo, dato che non mi sono mai vergognata così tanto in vita mia come in questo momento».
Avanzo di un passo verso di lei e le appoggio le mani sulle spalle, stringendogliele leggermente. «Vorrà dire che non ti lascerò finché non mi avrai perdonato» ribatto, serio, guardandola dritta nei suoi occhi di ghiaccio.
«Allora dovrà passare una vita intera» mi risponde quasi sottovoce, arrossendo lievemente e distogliendo lo sguardo dal mio.
«Davvero?!» le chiedo, sorridendo come non mai.
«Beh, non ti sta bene, forse?!» ribatte freddamente, tornando a guardarmi negli occhi. «Dopo tutto il coraggio che c’è voluto per dirtelo, non ti sta bene?!» aggiunge, irritata, alzando il tono della voce e avvicinando il suo volto al mio, minacciosa e tenera al tempo stesso.
«Certo che mi sta bene!» le sorrido.
«Tutto qui?! Non è esattamente quello che vorrei sentirmi dire in questo momento!» esclama, calpestandomi un piede con forza.
«Ahia! E va bene… sono innamorato di te!» le dico, mentre lei continua a scrutarmi impassibile. I suoi occhi sembra stiano cercando di scavarmi dentro.
«Davvero?» mi chiede, sospettosa, socchiudendo leggermente gli occhi.
«No, scherzo» rispondo. «In realtà ti amo follemente».
«Facciamo così, Rad…» sospira Lazuli, addolcendo il suo sguardo. «Ridimmi la stessa cosa tra un mese».
«Perché?»
«Perché passerei per una di quelle che si lasciano trasportare dall’impeto del momento se ti dessi una risposta adesso» spiega, incrociando le braccia al petto e facendo la sostenuta.
«Se fosse per me ti bacerei ancora subito, invece… per non dire altro…» le sorrido.
«Forse il mio cuore sta battendo all’impazzata proprio per colpa tua e per tutta questa situazione» sbuffa Lazuli, sforzandosi di continuare a mostrarsi distaccata.
«Beh, tanto passeremo lo stesso il tempo insieme in questo mese, no? Quindi, dato che so già che non potrò resistere per un mese intero, posso dirti tutti i giorni che ti amo?» le propongo.
Gli occhi di Lazuli brillano, mentre lascia ricadere le braccia lungo i fianchi e mi guarda dolcemente. «Certo, basta che lo farai tutti i giorni per un mese intero» acconsente, prima di allungare il suo dito indice e premerlo contro il mio naso, facendo forza. «Se salterai anche solo un giorno, allora vorrà dire che i tuoi sentimenti sono cambiati».
«Non cambieranno mai i miei sentimenti» ribatto, serio. Afferro la sua mano con cui mi stava schiacciando il naso e stringo il suo dito mignolo con il mio. «È una promessa questa, ok?» le dico.
«Ok!» mi risponde, sorridendo felice. È bello vederla così serena.
Si stacca dalla mia mano e, sempre sorridendo, si gira verso la scuola. Verso tutta la gente che ci sta guardando dall’alto. «Certo che alla gente piace proprio assecondare l’atmosfera» esclama, facendo qualche passo in avanti. «Tu non hai avuto paura di affrontare l’atmosfera e tutta questa gente pur di salvarmi, ma non hai mai mosso un dito per proteggere te stesso» aggiunge, senza guardarmi. Osserva gli studenti e i professori che assistono attoniti alla scena. Cerco di guardarla in faccia, e noto che ha un lieve ghigno dipinto sul volto. Che li guarda con aria di sfida. I suoi occhi di ghiaccio brillano.
«Le voci secondo cui Radish Son avrebbe mandato all’ospedale dei suoi ex compagni di classe sono solo un mucchio di sciocchezze!» sbraita all’improvviso, cogliendomi del tutto alla sprovvista. «Era giusto che lo sapessero tutti, non credi?» mi domanda freddamente, ricomponendosi come suo solito.
«Io… io non so cosa dire…» farfuglio, mentre sento il cuore battere ancora più forte, se possibile. Lei si è esposta per me, ha voluto lottare per me.
Il vice preside fa capolino proprio in quel momento all’interno del campo di calcio, camminando verso di noi a passo di carica.
«Chissà che strigliata mi daranno i professori…» sospiro, accennando un sorriso.
«Che male c’è? Ci divideremo la ramanzina, no?» mi rassicura Lazuli, sorridendomi come raramente le ho visto fare.
«Beh, mi piace questa cosa!» le sorrido a mia volta.
«Ehi, voi due! Venite subito qui!» grida il vice preside, mentre io e Lazuli ci scambiamo uno sguardo d’intesa.
«Sai una cosa, Rad?» mi dice Lazuli, mentre intreccia le sue dita intorno a quelle della mia mano e iniziamo a camminare verso il vice preside. «È vero che non mi sono mai vergognata così tanto fino ad oggi, ma è anche vero che non sono mai stata così felice in vita mia!» aggiunge, regalandomi un sorriso meraviglioso. Un sorriso che non dimenticherò mai.
«Sai una cosa, Là?» ribatto, guardandola dritta negl’occhi. «Quando sorridi, il mondo è più bello».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: ero stato crudele a chiudere in quel modo il capitolo di settimana scorsa, spero di essermi fatto perdonare con questo! E spero anche che vi sia piaciuto quello che è successo, io onestamente è dall’inizio di questa storia che non vedevo l’ora di pubblicare i capitoli 7 e 8 perché penso che i nostri protagonisti abbiamo sublimato sé stessi.
Rad è tenace e l’amore che prova per Là è talmente forte da sconfiggere sia la Sindrome della Pubertà che l’atmosfera che si era generata a scuola intorno a Lazuli. Lei si era ormai assuefatta a tal punto ad essere considerata invisibile da tutti gli studenti che non le rivolgevano la parola da aver portato anche al di fuori dell’edificio scolastico questa “aura” che la avvolgeva. Per questo motivo, quando si è scatenata in lei la Sindrome, ha avuto questo effetto di renderla davvero invisibile e anche inesistente a livello di ricordi per tutti.
Rad ha saputo tenere duro come un pugile che continua a rialzarsi o come una squadra di calcio che non molla neanche quando è sotto di due gol, e, così facendo, riesce a salvarla.
Mi sembrava questo il momento migliore per il loro vero primo bacio, perché penso che ci voleva qualcosa di spettacolare per questi due!
 
Succederanno ancora un sacco di cose in questa storia, siamo ancora nelle fasi iniziali e spero ne sarete felici. Nel prossimo capitolo andremo direttamente a vedere cosa succede a un mese di distanza da questo bacio, visto che Rad ha deciso che si dichiarerà ogni giorno e lei ha acconsentito, prima di dare la sua risposta definitiva a freddo.
Cosa dite, accetterà Lazuli? O succederà qualche nuovo problema ai nostri eroi?
Non so voi, ma io ho trovato Là dolcissima col suo modo di fare un po’ così. ;-)
 
Un grazie gigantesco va a chi mi lascia sempre il suo parere e a chi fa teorie su questa storia, perché ci sono ancora diversi misteri da svelare e altri ne arriveranno già dal prossimo capitolo. Il vostro entusiasmo e le vostre parole sono la cosa più bella che mi lasciate grazie a questa long, anche perché non avrei mai detto che sarebbe potuta crescere fino a questo punto a livello di seguito quando ho iniziato a buttarla giù. Quindi grazie davvero, vedere che il seguito di questa long sta crescendo col passare delle settimane è una soddisfazione che fatico a descrivere perché adoro questa storia e questa coppia. Quindi grazie ancora, anche a chi ha appena iniziato la storia e a chi si è messo in pari in un giorno per seguirla in diretta. Mi avete emozionato, davvero.
Ringrazio poi chi sta leggendo in silenzio e chi inserisce nelle liste: siete sempre anche voi la mia forza, non dimenticatevelo!
Poi, un grazie speciale va a Sapphir Dream, che giovedì mattina scorso mi ha inviato a sorpresa un disegno meraviglioso che mi ha abbastanza commosso relativo alla scena finale del cap. 7 che aveva letto mercoledì sera, quando Rad crolla sotto l’effetto dei sonniferi e piange con Là. Ve lo allego con questo capitolo, e, ogni volta che lo guardo, resto senza parole!
Ringrazio tantissimo anche la Misatona che, in attesa di nuovi disegni per questa long, mi ha creato il mio nuovo avatar assemblando due dei suoi splendidi disegni di Rad e Là che già avevo postato nello scorse settimane!
 
Niente, non mi resta che darvi appuntamento a settimana prossima per scoprire cosa risponderà Lazuli alla proposta di Radish, per vedere se ci saranno nuovi misteri da svelare e se qualcuno proverà a scompigliare le carte sul tavolo.
Volete il titolo? “Loop temporali e quadrifogli” ;-)
Dice poco, in effetti, anche se immagino che di fronte al titolo del capitolo di oggi non vi sareste immaginati che ci sarebbe stato un finale così bello! Quindi, occhi aperti e a settimana prossima!
 
Teo
 
 
 
 

RadLa
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