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Autore: Lamy_    22/03/2019    0 recensioni
Ivar, oltre a possedere la fama di essere ‘’senza ossa’’, è anche noto per essere ‘’senza cuore’’. La sua condizione fisica gli ha procurato sin dalla nascita atroci sofferenze, emarginazione, e solitudine. L’unico barlume d’amore era sua madre Aslaug, che lo ha salvato da morte certa e lo ha sempre protetto, volendogli più bene degli altri figli. La vita di Ivar cambia quando arriva Hildr, la nipote orfana di Floki. Tra i due nasce una profonda amicizia che li lega in modo indissolubile e che li porterà a schierarsi sempre dalla stessa parte. A spezzare l’equilibrio, però, è la nomina del Senza Ossa a Re di Kattegat e il suo matrimonio con Freydis.
Ma quale sentimento si cela davvero dietro l’amicizia di Ivar e Hildr?
La sofferenza, il sangue e l’amore si scaglieranno su di loro come il fulmine di Thor sulla terra infrangendo promesse e spezzando cuori.
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7. HOLMGANGA

Hildr fu svegliata bruscamente da una secchiata di acqua fredda. Annaspò e sputò l’acqua che le era finita in bocca e nel naso. Fuori dalla cella Ivar sorrideva divertito.
“Il sole sorge, Hildr!”
“Che vuoi? Credevo che gli Hòlmganga si svolgessero domani.”
Era rinchiusa da due giorni, non mangiava, a stento beveva, e passava le notti insonni. Il vestito, lo stesso che indossava dal matrimonio del re, era sporco e stracciato, ed era ricoperta di polvere da capo a piedi.
“Sono qui per comunicarti una lieta notizia.” Disse il ragazzo, poggiando il peso sulla stampella. Hildr camminò sino alle sbarre e pose i gomiti tra gli spazi vuoti.
“Alfred è venuto a salvarmi in nome dell’amore? Mi auguro sia questa la lieta notizia.”
Ivar irrigidì la mascella a quella presa in giro, il temperamento della ragazza non era stato scalfito neanche dalla gattabuia.
“Spiacente, ma il tuo prode cavaliere si è dimenticato della tua esistenza.”
Hildr fece spallucce e assunse un’espressione menefreghista, alimentando la rabbia in lui.
“Poco importa, domani morirò.” 
“Non morirai. Andrai con Harald, o come regina o come schiava.”
“Io morirò domani, Ivar. Non andrò con Harald, non sarò né la sua regina né la sua schiava. Mi ucciderò prima di partire. Lo sai che non rinuncerei mai alla mia libertà.”
Il sorriso di Ivar si spense e i suoi occhi si adombrarono, le parole della ragazza erano farcite di coraggio.
“Non ti interessa diventare regina? Potresti unirti ai miei fratelli e dichiararmi guerra.”
“Non mi è mai interessato diventare regina. Io voglio solo dimostrare di essere una donna in grado di agire al pari di un uomo, anche meglio. Io non sono come te, Ivar. Io non mi vendicherei di te se decidessi di sposare Harald. Lo hai detto tu stesso che ora non ci lega niente più.”
“Tu sei innamorata di Alfred?” le domandò con tono risoluto, le dita intorno al coltello.
“Come posso essere innamorata di un tizio con cui ho parlato per un’ora? Sei ridicolo!”
La spavalderia di Hildr innescò la rabbia di Ivar. Di colpo aprì la cella, la sbatté contro il muro e le puntò il coltello allo stomaco.
“Rispondimi!”
“Uccidimi!” gridò Hildr sollevando le sopracciglia come a sfidarlo. Sussultò quando la punta del coltello le pungolò la pelle.
“Io non potrei mai ucciderti. Non ne ho la forza, nonostante tutto quello che hai fatto.”
“E che cosa ho fatto, eh? Volerti bene e proteggerti in tutti questi anni è il crimine di cui sono accusata? Beh, sono orgogliosa di essere colpevole!”
“Tu mi hai tradito, Hildr.”
Hildr lo spintonò tanto da farlo ruzzolare sul pavimento, gli tolse l’arma di mano e la gettò fuori dalla cella.
“Non sono io quella che ti ha tradito! Scommetto che sei venuto per dirmi che Freydis aspetta un figlio da te.”
Ivar spalancò la bocca per la sorpresa, non era così che si era immaginato quella conversazione.
“E tu come lo sai? Hvitserk e Isobel hanno il divieto di farti visita.”
“Io so molte cose. Credo che una traditrice debba essere bene informata per mettere in atto il suo piano malvagio.” Ironizzò lei, sedendosi sul pavimento lercio di fronte a lui. Ivar si trascinò sino alla parete opposta e si massaggiò le gambe doloranti.
“Almeno il senso dell’umorismo non l’hai perso. Comunque sì, sono venuto per dirti che aspettiamo un figlio.”
“Tu non puoi avere figli, Ivar.”
“Io sono un dio, posso fare tutto! E come la spieghi la gravidanza di Freydis?”
Hildr proruppe in una risata fragorosa mentre lui la fulminava con lo sguardo. Uno di fronte all’altro, osservandosi, sembravano due leoni in procinto di farsi a pezzi.
“Tu non sei un dio e non puoi generare figli. Mi dispiace, ma è questa la realtà.”
“Io sto per diventare padre, sono il re di Kattegat, ho una splendida moglie, sono tutti segnali del mio essere divino!”
“Tu sei solo uno stupido!” lo rimbeccò Hildr con tono stizzito, era stanca di quel suo delirio. Adesso fu Ivar a ridere, le dita a disegnare figure nella polvere.
“Ti dà fastidio che io sia riuscito a soddisfare una donna mentre il tuo re sassone non lo ha fatto con te?”
“E chi ti dice che io non sia andata a letto con Alfred? Magari a York sono sgattaiolata via per incontrarmi con lui, chissà!”
“Dunque sei innamorata di lui?”
“Se tu fossi un vero dio, lo sapresti.”
Ivar non disse nulla, lei aveva ragione e la sua confusione stava solo aumentando. Vederla ridotta in quelle condizioni, sporca e malnutrita, gli faceva male.
“Non avrei mai voluto che le cose andassero in questo modo, Hildr.”
“Il Veggente me lo aveva predetto, sai. Mi aveva anticipato che non saremmo stati insieme per sempre, che una serpe dorata sarebbe sgusciata nel sangue e che avrebbe portato sventura.”
“La serpe saresti tu?”
Hildr lo guardò e scosse la testa, il pensiero di dirgli la verità la spaventava da morire.
“Ho impiegato molto tempo a capirlo, però alla fine ho dedotto la soluzione. La serpe dorata è Freydis, il colore fa riferimento ai suoi capelli. Da quando è entrata nella tua vita non siamo più stati insieme e ha portato solo sventura.”
“Non ti credo. Lo dici solo perché vuoi salvarti.”
“Freydis ti tradisce. Incontra ogni sera un servo nella foresta dietro la gattabuia e fanno sesso, probabilmente lo fa per restare incinta. Quello che ha in grembo non è tuo figlio, Ivar. Tu non puoi avere figli.”
Ivar sospirò, deluso e ferito dal comportamento meschino della ragazza. Si levò sulla stampella e faticosamente uscì dalla cella, dunque richiuse a chiave la porta.
“Sei crudele, Hildr.”
“Mai quanto te, Ivar.”
 
Il giorno della sfida era giunto. Poche ore separavano Hildr dagli Hòlmganga. Si sarebbero svolti di sera, avrebbero avuto inizio con il consueto sacrificio di una capra in onore di Odino, e poi il re avrebbe dato il via ai duelli. All’alba di quella giornata Hildr fu trasferita ad Anholt*, una delle isole dello stretto di Kattegat, dove ogni anno si celebravano gli Hòlmganga. Il viaggio in barca durò circa un’ora, durante la quale le fu concesso di mangiare e di bere per rimettersi in forma, e le fu anche consegnata la sua armatura. Non appena approdarono, fu scortata in un enorme capannone che ospitava i cinquanta sfidanti dell’annata. Erano tutti uomini, eccetto lei. Una serva anziana si avvicinò e le prese dolcemente il braccio, invitandola a seguirla.
“Vieni con me. Il re ti vuole pulita.”
“In che senso?”
La donna la condusse al piano superiore del capannone, aprì una porta e si fece di lato per farla entrare. Al centro della stanza c’era una vasca fumante di acqua calda.
“Il re ti ha concesso un bagno prima della sfida. Sbrigati, non hai molto tempo.”
“E’ un tranello, vero? Ivar ha intenzione di assassinarmi mentre faccio il bagno?”
La serva le accarezzò la fronte spostandole una ciocca di capelli, la trattava con la stessa gentilezza che si riservava ad una persona sul letto di morte.
“Non ti ucciderà. Vuole solo che tu faccia un bagno per rilassarti. Mi ha detto di restituirti questa.”
Hildr trattenne le lacrime quando l’anziana le mise in mano la collana di sua madre. Gliel’avevano strappata dal collo quando l’avevano imprigionata nella gattabuia e credeva che non l’avrebbe più rivista, ma Ivar l’aveva recuperata e gliel’aveva resa. Non tutto era perduto.
“Ho bisogno di parlare con il re. E’ urgente.”
“Ma certo, lo mando subito a chiamare.”
 
Ivar osservava i cittadini correre di qua e di là per i preparativi. Gli Hòlmganga erano da sempre una delle celebrazioni più attese dell’anno, era il momento del sangue e della resa dei conti. Da lontano scorse la nave, che conduceva i duellanti presso il luogo della sfida, salpare mentre i raggi del sole timidamente bucavano il cielo. Hildr si trovava sull’imbarcazione, in procinto di battersi e di soffrire. Si passò le mani fra i capelli sciolti, non si era premurato ancora di intrecciarli, e mandò giù un sorso di birra. Gettò uno sguardo all’interno e vide Freydis dormire, era bella con le mani depositate sul ventre come a voler coccolare già il loro bambino. Hildr aveva instillato in lui il dubbio che la moglie lo tradisse per davvero, perciò l’aveva fatta seguire e aveva scoperto che effettivamente faceva visita ad un servo. Non li aveva colti in flagrante e non aveva potuto fare nulla, ma ormai non si fidava più di Freydis come prima. Ripensò a sua madre Aslaug, a quanto desiderava che fosse lì per consigliarlo, e invece si ritrovava solo e avvilito. Strinse fra le mani un anello che un tempo era appartenuto a sua madre e si perse in un remoto ricordo.
# Era la solita giornata fredda e piovosa a Kattegat. Hvitserk, Ubbe e Sigurd si erano rintanati in una baracca sulla spiaggia con gli amici per divertirsi, mentre Ivar era stato lasciato in disparte. Hildr aveva la febbre e, nonostante si fosse opposta a Floki, alla fine era stata costretta a restare a casa sotto le cure di Helga.
“Sei pensieroso.” Esordì Aslaug entrando nella sua camera senza bussare. Ivar si spostò per farle posto sul letto, gli piaceva chiacchierare con sua madre come se fossero amici.
“Stavo pensando a Hildr. Lei odia avere la febbre perché non può essere iperattiva come suo solito, perciò immagino che stia imprecando a tutte le ore del giorno.”
“Hildr ti piace molto.”
“Sì, è la mia migliore amica. Lei non è come gli altri. Mi accetta per quello che sono e non mi fa sentire mai uno storpio, con lei mi sento un ragazzo normale.”
Aslaug si accorse del rossore che ricopriva le gote del figlio e sorrise.
“Figlio mio, tu sei innamorato di lei.”
“Che?! Non è vero!” obiettò Ivar, e le sue guance diventano sempre più rosse. Aslaug gli cinse le spalle con un braccio e gli baciò la fronte con la sua solita dolcezza.
“Sono tua madre e conosco il tuo cuore. Non c’è nulla di male nell’amare qualcuno.”
“Nessuno può amarmi. Insomma, sono solo uno storpio sempre arrabbiato! Hildr è vitale, coraggiosa, forte, buona, e potrei elencare per ore le sue innumerevoli doti. Una ragazza così non potrebbe mai amare uno come me.”
“Lo hai detto anche tu che Hildr non è come gli altri, perciò c’è la possibilità che lei ricambi i tuoi sentimenti. Dovresti dirglielo.”
Ivar guardò le proprie gambe e fece una smorfia disgustata, erano la sua maledizione.
“Credo che Hildr abbia una cotta per Hvitserk, sai. Lui è normale, cammina e non si trascina per terra come me, può renderla davvero felice. Hildr sarebbe infelice con me, io rovino tutto quello che tocco e lei non se lo merita.”
“Hai intenzione di passare tutta la vita a nascondere quello che provi per lei?”
“Sì, per la sua incolumità. Hildr merita qualcosa di reale, qualcosa di possibile, e non mezze speranze con me.”
Aslaug si dispiacque nel costatare le profonde ferite emotive che segnavano il figlio.
“Tu sei Ivar Senz’Ossa, non puoi e non devi avere paura.”#
“Ivar?”
Il ragazzo si ridestò quando mise a fuoco la figura di una serva anziana. Inclinò la testa per guardarla meglio.
“Mi hai chiamato per nome? Io sono il tuo re.”
“Mi dispiace, perdonatemi. Sono qui per conto di Hildr, desidera vedervi al più presto.”
Ivar si insospettì dalla presenza della donna, uno strano formicolio gli vibrava nel sangue.
“Tu sei la serva che ho mandato a Anholt. Se la barca è salpata dieci minuti, come fai ad essere qui?”
La donna sorrise e nei suoi occhi brillò uno strano luccichio.
“Posso essere lì e qui al tempo stesso.”
“Che sta succedendo? Hildr sta bene?” domandò Ivar alzandosi con l’ausilio della stampella.
“Dovresti chiederglielo tu. Sei tu che la stai uccidendo. Tu sei Ivar Senz’Ossa, non devi e non puoi avere paura.”
“Ivar?” lo richiamò Freydis mentre si svegliava. Ivar si voltò per comandarle di stare in casa e, rivolgendosi di nuovo alla serva, non la vide più. Era svanita nel nulla.
 
Il sole era da poco tramontato, il cielo si tingeva di blu e le stelle iniziavano ad emergere dal buio. Hildr dal capannone vedeva numerose imbarcazioni approdare sulla spiaggia, erano tutti lì per presenziare alle sfide. Con l’armatura addosso, affilava la punta delle sue frecce e le impilava dentro la faretra. Stava per morire e voleva farsi valere almeno per l’ultima volta. La serva non era più tornata, pertanto immaginava che Ivar avesse declinato il suo invito e che avesse impedito alla donna di ritornare ad Anholt. La porta del capannone si spalancò con un tremendo cigolio e tutti gli sfidanti sobbalzarono, terrorizzati che fosse giunta l’ora. Un uomo robusto andò da Hildr e la prese per il braccio rimettendola in piedi come fosse una piuma.
“Dove mi state portando? Gli Hòlmganga non iniziano prima delle nove.”
“Sta zitta e cammina.”
Fu strattonata fino all’altra sponda dell’isola, laddove c’era solo sabbia e acqua. L’uomo la scaricò a riva e si allontanò senza dire una parola. Hildr temeva che volessero ucciderla prima della sfida. Forse Freydis aveva deciso di eliminarla per liberarsi di lei, oppure Harald voleva rapirla, oppure Ivar voleva torturarla per farsi confessare altre informazioni su Alfred. Udì un rumore tra gli alberi e tese l’arco in quella direzione, nel caso fosse sbucato qualche nemico. Rimase sbalordita quando Ivar si fece avanti zoppicando sulla stampella.
“Abbassa l’arco, Hildr. Non sono qui per farti del male.”
“E perché mi hai isolata dagli altri?”
“Voglio solo parlare con te. Fidati.”
Hildr abbassò lentamente l’arco senza staccare gli occhi da lui, non poteva fidarsi appieno.
“Hai ucciso la serva? Quella che avevo mandato a chiamarti.”
Ivar si andò a sedere su un vecchio tronco riverso sulla sabbia, indossava le sue vesti da re, ma la sua espressione era quella di un qualunque uomo stanco.
“Non era una serva. Quando mio padre morì da solo, Thor si manifestò a me e ai miei fratelli per avvisarci della sua dipartita.”
“E questo cosa c’entra con quella donna?” domandò lei, restando a debita distanza.
“Credo che fosse Freyja, la dea dell’amore.”
“E’ anche la dea della morte, quindi direi che la sua apparizione sia connessa alla mia fine.” replicò la ragazza con scetticismo palese nella voce. Ivar era più devoto di lei agli dèi, Floki in lui aveva trovato un ottimo seguace, mentre Hildr poco ci credeva.
“Smettila di ripetere che morirai oggi!” sbraitò Ivar in preda alla rabbia.
“Cosa dovrei fare? Fantasticare sul mio futuro da regina o da schiava di Harald? No! Meglio morire!”
“Hildr …”
“No, taci! Io una vita incatenata non posso viverla! Io una vita senza di te non posso viverla!”
“E allora perché mi hai tradito?”
“Io non ti ho tradito! Ho solo salvato la vita di un ragazzo che non meritava di essere brutalmente ammazzato per il solo fatto di essere un sassone! Se dovessi scegliere fra te e Alfred, io scegliere sempre te. Ivar, io …”
Ivar serrò le dita intorno al tronco tanto da far sbiancare le nocche, era furioso e smarrito, mentre la ragazza apriva e chiudeva la bocca senza aggiungere altro.
“Tu cosa? Continua, dai. Insultami quanto ti pare!”
“Io ti amo! – gridò Hildr – Sono innamorata di te da sempre!”
Non appena pronunciò quelle parole, il suo cuore si alleggerì dal peso dei segreti. Stava per morire e fingere non serviva più a niente. Gli occhi di Ivar si inumidirono, era come se gli mancasse l’ossigeno.
“Non è vero. Non è possibile. Tu lo dici solo perché speri che io ti risparmi la vita! E davvero stupido da parte tua pensare che io possa cred …”
“Sta zitto, dannazione!”
Hildr lo afferrò per il colletto con forza e premette le labbra sulle sue. Ivar, dapprima immobilizzato e spaventato, si abbandonò al bacio e le strinse le mani intorno ai fianchi per attirarla a sé. La ragazza approfondì il contatto sempre di più, forse era l’unica occasione disponibile per dirsi addio ed era meglio non sprecarla. In un attimo il bacio si infiammò, uno ansimava sulla bocca dell’altra, le mani scorrevano veloci, l’abbraccio si faceva sempre più stretto. Ivar aveva sempre immaginato come potesse essere baciare Hildr, ma la realtà stava decisamente superando la fantasia. Quando si staccarono, Hildr indietreggiò il giusto per guardarlo in faccia.
“Scusami.”
Cercò di prendere le distanze ma Ivar non mollava la presa sui suoi fianchi, trattenendola vicino a sé.
“Davvero mi ami?”
“Purtroppo sì. Ho sempre saputo di provare dei sentimenti per te, però pensavo che fossero dovuti alla nostra amicizia e non ci ho mai dato peso. Tutto è cambiato quando ti ho visto a York insieme a Freydis, in quel momento ho capito che io sono innamorata di te. Persino Heahmund se ne era accorto! Volevo dirtelo quando mi sono risvegliata dopo essere stata ferita in battaglia, ma tu eri così contento che Freydis fosse interessata a te che non ho avuto il coraggio. Poi l’hai portata a Kattegat e l’hai sposata, perciò ho preferito restare in silenzio affinché tu fossi felice.”
“Oh, Hildr.” Mormorò Ivar, gli occhi lucidi, le sopracciglia corrugate. Hildr abbozzò un sorriso triste, era esausta di lottare contro i propri sentimenti.
“Mi dispiace per stamattina, sono stava davvero meschina. Freydis aspetta tuo figlio e io sono contenta per te, sarai un buon padre.”
Ivar scosse la testa e portò le mani sulle guance di Hildr, accarezzandole gli zigomi.
“Hildr, ascoltami. Non ti devi scusare perché avevi ragione. Ho fatto seguire Freydis e, sebbene manchino le prove concrete del tradimento, questo basta a farmi capire che andava a letto con un servo per rimanere incinta. Inoltre, io non posso avere figli perché ho una malformazione e non sono un dio.”
Hildr ricoprì le mani del ragazzo con le proprie, godendosi il calore che emanavano, poggiò la fronte contro la sua.
“Non importa. E’ troppo tardi.”
“Hildr.” Sussurrò Ivar, poi si protese per baciarla. Questa volta fu un bacio amaro, intriso di rimpianti e di sofferenza.
“Devo andare, Ivar.”
Hildr si liberò dall’abbraccio e corse via per evitare che lui la inseguisse. Ivar, dal canto suo, non aveva avuto l’audacia per interrompere la sfida. Non si reputava un re, era solo un ragazzo col cuore infranto e un buco nel petto. Le parole di sua madre gli rimbombarono in testa: Tu sei Ivar Senz’Ossa, non devi e non puoi avere paura.
 
Hildr prese uno scudo e andò a mettersi in fila con gli altri. Il centro dell’isola, costituito da un fitto bosco, brulicava di spettatori. Erano state disposte svariate panche di legno in modo che tutti si accomodassero e alcuni servi strisciavano tra le postazioni per offrire da bere. Un trio di sciamani aveva compiuto il sacrificio e si accingeva versare il sangue sul terreno dove si sarebbero tenuti i duelli.
“Hildr!” esultò una voce alle sue spalle, e l’attimo dopo Isobel la stava stritolando in un abbraccio. Hvitserk si limitò a salutarla con un buffetto sulla testa, come faceva quando erano bambini.
“Isobel, così mi soffochi.”
“Perdonami, è che sono felice di rivederti. Sono stata in pensiero per te!” replicò la ragazza allentando la stretta.
“Beh, benvenuti al mio funerale!” esclamò Hildr con un sorriso, benché le tremasse la voce.
“Non morirai oggi.” le disse Hvitserk, convinto come poche volte. Hildr ripensò al bacio con Ivar e avvertì un’ondata di dolore che ingoiò per restare lucida.
“Sappiate che, in caso di vittoria o di sconfitta, mi toglierò la vita. Non posso stare con Harald.”
Isobel scoppiò a piangere di colpo, riversando la testa sulla spalla dell’amica, e Hildr le accarezzò i capelli biondi per calmarla. Hvitserk, invece, sembrava stranamente tranquillo.
“Andrà tutto bene, Hildr.”
Quando il corno risuonò, Hildr trasalì e si separò da Isobel. La ragazza fu trascinata via da Hvitserk e andarono a sedersi in prima fila, accanto al re e alla regina. Gli sfidanti furono radunati al centro e uno sciamano tracciò sulle loro mani due linee con il sangue del sacrifico, perché fossero riconoscibili a tutti. Ivar stava seduto sul trono con aria superba, quella che adottava durante le riunioni, e al suo fianco Freydis sorrideva compiaciuta. Alla sinistra de re sedeva Harald insieme al generale del suo esercito, beveva e studiava la scena con cura. Il vocio confuso si placò quando Ivar si mise in piedi e sollevò la mano.
“Popolo di Kattegat, oggi ricorre una delle più importanti celebrazioni della nostra tradizione: gli Hòlmganga. Di fronte a voi ci sono gli sfidanti che si batteranno per vincere e per farci anche divertire, ma qualcuno tra di loro di sicuro morirà, pertanto auguriamo a tutti che gli dèi li accompagnino. Premesso ciò, che gli Hòlmganga abbiano inizio!”
La folla esultò tra fischi e applausi, il sangue e la morte attiravano l’attenzione come il miele per le api.
Ivar, anziché sedersi di nuovo, sollevò ancora la mano per zittire i presenti.
“Ah, dimenticavo, popolo di Kattegat, che è stato apportato un cambiamento alle sfide. Hildr è esonerata dagli Hòlmganga, sarà la regina a prendere il suo posto.”
Freydis ghiacciò sul posto, allibita dalla piega che stava prendendo la situazione.
“Che stai facendo, Ivar? Io sono la regina!” protestò, puntando il dito contro il marito. Hvitserk sorrise a Hildr, la quale tremava per l’agitazione.
“Non sei più la regina a partire da … ora!”
Ivar schioccò le dita e due guardie presero Freydis per spingerla insieme agli altri sfidanti.
“Questa me la pagherai cara!” sbraitò la ragazza, senza corona e senza regno ormai. Ivar rise, quella sua tipica risata perfida, e fece spallucce.
“Sei tu che stai per pagare, mia cara. Mi hai riempito la testa di menzogne, mi hai convinto a condannare la mia migliore amica, e aspetti un figlio non mio. Dimmi, Freydis, non meriti la morte per le tue colpe?”
Una delle guardie estrasse l’ascia e avanzò verso Freydis, ma Hildr incoccò una freccia e mirò alla faccia dell’uomo.
“Non fare un altro passo. Nessuno ucciderà questa donna!”
Hvitserk e Isobel si scambiarono un’occhiata perplessa, non aveva senso il comportamento dell’amica.
“Hildr, non è il momento di fare la buona samaritana.” Le disse Ivar in tono perentorio.
“Freydis ha sbagliato ma aspetta un bambino, non puoi ucciderla.”
“E cosa proponi?” chiese uno degli sciamani, quello che l’aveva segnata col sangue.
“Che Freydis venga imprigionata in gattabuia!” ordinò Ivar.
Hildr si spostò per permettere alle guardie di accompagnare Freydis in prigione, ripose l’arco e fissò gli occhi sul Ivar. Il ragazzo le sorrise, poi scese dalla sua postazione e zoppicò fino a lei per prenderle la mano.
“Che combini?”
“Gli Hòlmganga andranno avanti senza di noi. Tu vieni con me.”
 
Hildr non ci stava capendo più niente. Ivar l’aveva caricata sulla barca e l’aveva riportata a Kattegat ma, invece di fermasi nella dimora reale, si erano diretti verso la casa che i figli di Ragnar usavano quando andavano a caccia.
“Ivar, mi spieghi che stiamo facendo? Non ne posso più di camminare!” si lamentò Hildr, però non sortì alcun effetto perché Ivar continuò a tirarla per la mano. Il ragazzo si era chiuso in un silenzio terribile, non rispondeva né alle domande né agli insulti, al massimo ghignava o inarcava il sopracciglio. Quando raggiunsero la destinazione, Hildr poté riprendere fiato mentre lui manometteva la maniglia per aprire la porta.
“Sei inquietante. Mi hai portata qui per torturarmi in tutta tranquillità? Beh, potevi lasciarmi crepare agli Hòlmganga!”
Ivar col mento le fece segno di entrare e Hildr, sebbene riluttante, eseguì. Prima ancora che potesse parlare, Ivar la schiacciò contro la parete col proprio corpo.
“Parli troppo, Hildr. Dovresti usare quella bocca in un modo decisamente più interessante.” Le sussurrò con un sorriso malizioso. La ragazza deglutì e strabuzzò gli occhi.
“Come, scusa?”
“Appunto, parli troppo.”
Hildr sussultò quando fu Ivar a baciarla, premendosi contro di lei per sentire ogni curva del suo corpo.
“A-aspetta … Ivar … aspetta!” biascicò tra un bacio e un altro, e il ragazzo si distaccò con un certo disappunto.
“Qualcosa non va?”
“Me sei serio?! Hai appena imprigionato tua moglie, mi hai trascinata qui e mi stai baciando! Tu hai qualcosa che non va?”
“Hai ragione. Scusami. Sediamoci e parliamone con calma.”
Hildr si sedette a gambe incrociate sul letto e Ivar appoggiò la schiena alla testata, erano uno di fronte all’altra come sulla spiaggia.
“Spiegami che succede, Ivar.”
“La verità è che io sono innamorato di te dall’età di quindici anni. Non te l’ho mai confessato per timore di essere rifiutato. Tu eri già mia amica e aspettarsi che tu diventassi qualcosa di più era surreale. Credevo che tu fossi innamorata di Hvitserk, soprattutto perchè vi allenavate insieme e trascorrevate l’intera giornata da soli nel bosco. Sono un miserabile storpio, Hildr, e pensavo che una come te potesse non amarmi. Per tutti gli dèi! Tu sei eccezionale! Io non mi sentivo alla tua altezza, perciò ho tenuto tutto nascosto. Ad essere sincero questa è la prima volta che ammetto anche a me stesso di amarti.”
“Perché hai sposato Freydis se mi ami?”
“L’ho sposata perché non potevo avere te. Avevo paura di perderti, così ho scelto di stare con una donna che, almeno in apparenza, tenesse a me.”
“Ivar …” disse dolcemente Hildr, dopodiché strisciò fino a lui per abbracciarlo.
“Quella donna era davvero Freyja. Mi ha ripetuto le stesse parole che Aslaug mi disse un tempo: Tu sei Ivar Senz’Ossa, non devi e non puoi avere paura. Freyja ci voleva insieme, ecco perché si è mostrata a noi.”
“Meno male che Freyja c’è!” scherzò Hildr, ed entrambi scoppiarono a ridere. Ivar le scostò una ciocca corvina dal viso e lasciò scorrere il pollice sulle sue labbra carnose.
“Io ti amo, Hildr.”
Hildr sorrise raggiante, aveva atteso a lungo per sentire quelle parole da lui.
“E io amo te, Ivar.”
Ivar si chinò a baciarla. Sorrisero nel bacio mentre il contatto si intensificava sempre di più, finalmente liberi di dare sfogo ai loro sentimenti. Tutto era tornato al posto giusto.
 
 
 
Salve a tutti!
Alla fine anche Ivar ha ceduto all’amore. Questi due si sono amati per anni senza dirsi nulla, che follia!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.

*Anholt è realmente un'isola che fa parte dello stretto di Kattegat.

 
  
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