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Autore: eliseCS    23/03/2019    1 recensioni
Cosa succede se Des si annoia, Amy e Una si impicciano un po’ troppo e Morty si fa prendere la mano?
Succede che un teatro prende fuoco, risponderebbe T. guardando tutti con disapprovazione.
Ma d’altronde, essendo il maggiore, scuotere la testa alle azioni dei suoi fratelli è quello che sa fare meglio.
È per questo che cerca di convincersi che se ancora sta aiutando Des è solo perché vuole evitare di far precipitare gli eventi un’altra volta – decisamente quel lampadario non avrebbe sopportato una seconda caduta.
E se stavolta Des sembra sicuro di quello che sta facendo, Amy è come sempre entusiasta e Morty sembra non interessato, dovrà ricordarsi che a Una non piace essere lasciata in disparte.
.
Perché forse la Musica della Notte non era ancora arrivata alle sue ultime battute e quella Christine era semplicemente quella sbagliata.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/The Phantom, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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wandering child
 
 
 
Stridore di freni: la colonna sonora di quella brusca frenata.
Lo schianto: la nota finale del terribile concerto.
Le urla delle persone e le sirene di polizia e ambulanze al posto degli applausi del pubblico.
Trenta secondi: un lasso di tempo insignificante, ma erano stati sufficienti per stravolgere una vita, distruggere un sogno.
 
 
 
♫♪♫
 
 
 
Erik non riusciva a darsi pace.
Non riusciva a restare rinchiuso in quella galleria secondaria dove si era segregato ad aspettare la morte dopo l’abbandono di Christine.
Quella ragazzina, Rose, doveva avergli fatto qualcosa.
Da quando l’aveva incontrata si sentiva di nuovo ispirato, la Musica aveva ripreso a scorrere nelle sue vene.
Anche restare confinato nella grotta sotterranea, cercando di ricostruirla come poteva, cominciava ad andargli stretto.
Doveva uscire, doveva rivederla.
Non gli importava se non era una cantante, avrebbe composto musica su cui lei avrebbe potuto ballare.
E in ogni caso adesso che si sentiva di nuovo vivo non poteva lasciarsi morire di fame: dubitava che Madame Giry sarebbe stata disposta a ricominciare a portargli il cibo e le scorte erano ormai quasi finite.
Doveva anche pensare ad un modo per tornare ad avere un introito regolare e poi...
Si bloccò davanti al mezzobusto che indossava la maschera nera che aveva usato durante la messa in scena del Don Giovanni Trionfante: voleva davvero far tornare il Fantasma?
La paura, la caccia all’uomo... no. Seppur per poche ore aveva conosciuto cosa volesse dire essere accettato per quello che era veramente, e se c’era riuscita una tredicenne voleva credere con tutto se stesso che potesse esserci speranza anche per gli altri.
Sarebbe tornato al suo teatro sotto panni diversi: aveva comunque una piccola fortuna da parte, poteva permettersi di pagare chiunque per sostenere la storia che si sarebbe inventato.
Aveva la sensazione che se si fosse presentato come un ricco nobiluomo rimasto sfigurato al volto durante una delle ultime guerre nessuno avrebbe detto di no alle sue donazioni e poi, col tempo, ai suoi suggerimenti riguardo eventuali modifiche da apportare alla direzione, agli spettacoli...
Prese il borsello con le monete, il suo mantello e imboccò il tunnel sicuro che l’avrebbe condotto all’esterno del teatro.
Se anche fosse stato giorno non era un problema, riusciva a trovare le tenebre anche nella luce, lui.
 
Aprì la porta alla fine del passaggio con più fatica rispetto al solito, come se il passaggio fosse rimasto sigillato per più tempo di quanto era effettivamente passato dall’ultima volta che l’aveva utilizzato. Aperto il primo spiraglio appurò che fosse effettivamente notte, fuori sembrava abbastanza silenzioso.
Uscì completamente all’esterno muovendo qualche passo in avanti scendendo dal marciapiede spaesato e subito fu costretto a saltare indietro per evitare di essere investito da uno strano carro di metallo che sparì svelto alla sua vista emettendo un suono che non aveva mai sentito.
Si guardò attorno aggrottando la fronte: la città era diversa.
La strada era cambiata, c’erano nuovi suoni, gli edifici lì attorno... non li riconosceva più. Per non parlare di quelle cose, simili a quella che l’aveva quasi investito, lungo il marciapiede.
Boccheggiò mentre faceva un ulteriore passo indietro, quasi a volersi ritirare nuovamente verso la sicurezza dei sotterranei del teatro.
Che fosse veramente morto alla fine? E Rose era stato un assaggio di come dovevano essere gli angeli del paradiso prima di precipitare nell’inferno al quale apparteneva?
 
«No, non siete morto se è quello che vi state chiedendo»
Un uomo era sbucato praticamente dal nulla cogliendolo suo malgrado di sorpresa: non l’aveva neanche sentito arrivare, che stesse iniziando a perdere colpi?
Stava per rispondere alla provocazione quando lo sconosciuto entrò nel cono di luce del lampione più vicino e le parole gli morirono sulle labbra.
Non aveva mai visto nessuno vestito così, neanche considerando i costumi per gli spettacoli più stravaganti.
Non aveva i termini per descrivere quell’abbigliamento, ma se li avesse avuti avrebbe detto che l’uomo indossava un paio di jeans neri con una camicia bianca e una giacca di pelle che gli fasciava le spalle in modo impeccabile.
«Immagino siate confuso Erik, è normale. Permettetevi di accompagnarvi in un luogo consono per aggiornarvi sugli ultimi avvenimenti...»
«Sono mancato a mala pena due settimane: su cosa mai dovrei essere aggiornato? E come conoscete il mio nome?»
L’uomo ghignò divertito: «Davvero un acuto osservatore come voi non ha notato niente di strano o di diverso?» fece un ampio cenno con la mano per invitarlo ad osservarsi di nuovo attorno. «Gli abiti che indosso non sono forse poco familiari... come quelli che indossava la giovane Rose quando vi ha onorato della sua visita?»
Al nome della ragazzina Erik sussultò e il sorriso dell’altro si allargò.
«Quanto al vostro secondo interrogativo...» proseguì «Vi conosco perché è da diverso tempo che seguo voi e le vostre vicende. Ho conosciuto vostra madre... una bella donna, non c’è che dire. Lei e Francois Destler facevano una bella coppia in tutti i sensi. Si sarebbe aspettato che da due persone come loro nascesse un figlio quantomeno stupendo, e invece...»
«Non c’è bisogno che mi ricordiate la mia condizione, monsieur. Ne sono stato ben consapevole appena sono stato abbastanza grande per capire come mai mia madre voleva che tenessi il viso coperto anche dentro casa, quando c’era il rischio di capitarle sotto gli occhi. E se anche avessi frainteso, direi che quando mi ha venduto a quegli zingari i suoi sentimenti nei miei riguardi erano più che chiari»
«Sì, era una persona ambiziosa ma ahimè superficiale...»
«Superficiale? Mi prendete in giro...?»
«Non oserei mai, monsieur le Phantome. Ma ora basta parlare del passato, torniamo al presente, avremo altre occasioni se proprio vorrà finire quel discorso. Verrà con me quindi?»
«Non finchè non mi direte cosa volete veramente»
«Mio caro Erik, io voglio solo aiutarvi! E fidatevi, se volete davvero provare a ricominciare, a tornare a far parte del teatro non più come fantasma ma come persona in carne ed ossa, avrete bisogno di tutto l’aiuto che io posso darvi»
«Non so come facciate a sapere queste cose, e non capisco come mai siete così sicuro di essermi indispensabile. Avrò passato la maggior parte della mia vita nel teatro, ma ho comunque alcune conoscenze all’esterno che mi permetterebbero di raggiungere ugualmente il mio obiettivo. Voi cosa avete di diverso?»
«Ve l’ho detto: avete bisogno di essere aggiornato, di tornare al passo con i tempi. Venite con me, concedetemi un’ora del vostro tempo. Se entro quei sessanta minuti riterrete ancora di non necessitare della mia assistenza sarete libero di andarvene, non vi tratterrò»
«Se invece dovessi veramente avere bisogno di voi... cosa volete in cambio?»
Lo sconosciuto sembrò bloccarsi un attimo a quelle ultime quattro parole, ma si riprese quasi subito nonostante il suo sguardo fosse rimasto adombrato.
«Non chiedetemi per quale motivo – non vi risponderei, qualsiasi minaccia potreste pensare di usarmi – ma ho un debito da pagare nei vostri confronti. Per questo la risposta alla vostra domanda è nulla»
I due uomini si guardarono per qualche istante senza parlare, il primo ad interrompere lo scambio di sguardi fu lo sconosciuto che gli diede le spalle incamminandosi presumibilmente da dove era venuto.
«Potete venire con me o continuare per la vostra strada, io vi ho fatto la mia offerta e non è mia intenzione cercare di forzarvi in alcun modo»
Erik si permise di rifletterci per un’altra manciata di secondi prima di andargli dietro allungando il passo in modo da camminargli accanto.
«Oltre ad avere strani vestiti e informazioni che a quanto pare ignoro avete anche un nome, monsieur?» domandò.
L’uomo sorrise, gli occhi color miele brillarono nella notte: «Potete chiamarmi Des...»
 
 
 
♫♪♫
 
 
 
«...ah! Christine, mi hai fatto prendere un colpo! Cosa ci fai già qui?»
«Sai che mi piace venire in anticipo per vedere la fine delle prove»
«Sì, certo... vado a cambiarmi e poi sono tutta tua»
«Cèline...»
«Cosa?»
«L’hai fatto di nuovo, pensi che non ti abbia visto?»
La ragazza chiamata in questione si fermò girandosi a guardarla con aria colpevole.
«Ma...»
«Niente ma, vuoi arrivare alla prima sì o no?»
«Certo che voglio!»
«E allora abbiamo detto niente punte per due settimane»
«Ma Madame...»
«Madame lo sa, gliene ho parlato io stessa e le ho assicurato che al termine di queste due settimane sarai tornata come nuova. Non ti sostituirà, a meno che la tua situazione non peggiori... cosa che potrebbe succedere se non la smetti di fare di testa tua e non ascolti quello che ti dico...»
«Quasi quasi preferivo quando era tua madre a seguirmi...» borbottò la ballerina.
«Davvero? Perché stavo discutendo il tuo caso con lei l’altra sera, e lei suggeriva addirittura un’ intera settimana di riposo assoluto...»
Cèline esibì un’espressione inorridita scuotendo la testa: «No, no, no, no... mi rimangio quello che ho detto Christine: sei tua la mia fisioterapista preferita, e ti prometto che seguirò tutto quello che mi dirai»
Christine rise: «Ok, ok, adesso però muoviti...»
 
Completò la seduta con calma. Salutò Cèline con un sorriso che però scomparve non appena l’amica lasciò lo spogliatoio. Erano passati anni ma la nostalgia e la tristezza si facevano ancora sentire. Scegliere di seguire la stessa strada della madre le era sembrato l’unico modo per continuare a restare in contatto con il mondo che quell’incidente d’auto le aveva precluso.
Si stavano recando ad un gala, era in macchina proprio con Cèline e i suoi genitori, e poi c’era stato lo schianto.
Le macchine che si erano scontrate prima di loro erano esattamente dopo una curva, sarebbe stato impossibile vederle abbastanza in anticipo per poterle evitare. Il tamponamento che ne era seguito aveva coinvolto un considerevole numero di vetture, e proprio una di quelle, cercando di sorpassare ed evitare quella dietro di loro, aveva perso il controllo terminando la sua corsa sulla fiancata sinistra dell’auto in corrispondenza del sedile del passeggero. Proprio dove Christine era seduta.
La sua gamba sinistra era rimasta incastrata tra le lamiere della portiera: si era fratturata il femore e la sua caviglia era stata quasi sbriciolata.
 
Scosse la testa: non voleva ripensare a quello, le veniva ancora la nausea.
Si riprese scoprendo di essersi bloccata in mezzo al corridoio e stava giusto per avviarsi all’uscita quando sentì qualcuno avvicinarsi. Una delle donne delle pulizie più anziane, se la ricordava da quando ancora seguiva le lezioni, stava risalendo nella sua direzione trascinando a fatica un divanetto imbottito in velluto borgogna dall’aria antica, borbottando su quanto fosse scarso il servizio di trasporto e consegna.
Non ci pensò un attimo prima di andare a darle una mano.
«Posso aiutarla?»
La donna si fermò un istante raddrizzando la schiena: «Un diavolo delle elementari in visita l’altro giorno ha avuto la bella idea di rovesciare la sua coca-cola... oh, mademoiselle De Chagny, siete voi!»
«Ehm, sì, ma vi prego, Christine è più che sufficiente... Monique» replicò la ragazza sbirciando il nome che la signora portava esposto su un badge appuntato al grembiule.
Presero ognuna un’estremità del divano e ripresero a muoversi, Monique che faceva strada.
«Mi ricordo di te, sai?» commentò dopo un po’ cogliendo Christine di sorpresa. «Ti ho trovata distesa proprio su questo divano... mi hai fatto prendere un colpo! Se non fosse stato per tutti quei lividi che avevi sareste sembrata proprio un angelo sceso dal cielo...»
Per poco la giovane non mollò la presa: «Come dite?»
«Ma sì, quei quattro giorni in cui siete sparita nel nulla per poi ricomparire vestita come una dama dell’800, quando avevate tredici anni...»
«Ah, sì... ma sa che non sono mai riuscita a ricordare...» balbettò impacciata arrossendo appena.
Era una verità solo parziale: dopo il suo ritrovamento il camerino era stato setacciato da cima a fondo ma non era stato trovato nulla di strano e lei non era davvero sicura di sapere dove fosse effettivamente stata in quei giorni. Ricordava solo un uomo dalla voce d’angelo e le mani capaci di comporre una magnifica ninna-nanna, un uomo con una maschera...
Già all’epoca la leggenda del Fantasma dell’Opera le era ben nota – dopotutto era stata strettamente collegata alla sua famiglia un centinaio di anni prima – ma viste le circostanze lei stessa si era alla fine convinta che fosse stato solo un sogno, e agli adulti aveva detto di non ricordare proprio nulla.
D’altronde quello strano incontro poteva semplicemente essere uno scenario che la sua mente aveva elaborato per proteggerla dalla situazione probabilmente peggiore in cui si era trovata.
 
«Eccoci, siamo arrivate»
Riposizionarono il divano al suo posto, Monique fece per andarsene ma Christine rimase indietro. C’era qualcosa in quella stanza... qualcosa che non riusciva bene ad afferrare.
La donna delle pulizie sembrò capire perché si limitò a riferirle che lei doveva proseguire con il suo giro ma che era sicura che Christine avrebbe saputo ritrovare la strada per tornare indietro.
In tutto quello gli occhi della giovane non si erano mai staccati da un dipinto raffigurante una ballerina in costume di scena.
Una volta rimasta sola, come in trance, si posizionò davanti al ritratto imitandone la posizione.
 
E poi cominciò a saltare.
 
E uno... e due... e...













Mi rendo conto possa essere un po' presto per il buongiorno, ma ho tre turni di notte di fronte a me e come sempre quando devo iniziarli cerco di stare alzata fino a più tardi possibile...
Questo vuol dire che ormai è già sabato (sono le 00:38 per me, ma per voi sono già quasi le due) e il nuovo capitolo è tutto vostro.
Un po' di passaggio, lo ammetto, ma dopotutto è necessario. Erik stesso ha un buco di giusto un
paio d'anni da riempire...
Ringrazio sentitamente 
ondallegra per aver recensito il capitolo precedente (potrei iniziare a lasciarti rose rosse infiocchettate con nastri neri...) e tutte le altre persone che stanno leggendo la storia in silenzio.
Ormai sapete come funziona per gli aggiornamenti, al prossimo sabato!

I remain, gentlemen, your obedient servant

E.

 
   
 
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