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Autore: eliseCS    29/03/2019    1 recensioni
Cosa succede se Des si annoia, Amy e Una si impicciano un po’ troppo e Morty si fa prendere la mano?
Succede che un teatro prende fuoco, risponderebbe T. guardando tutti con disapprovazione.
Ma d’altronde, essendo il maggiore, scuotere la testa alle azioni dei suoi fratelli è quello che sa fare meglio.
È per questo che cerca di convincersi che se ancora sta aiutando Des è solo perché vuole evitare di far precipitare gli eventi un’altra volta – decisamente quel lampadario non avrebbe sopportato una seconda caduta.
E se stavolta Des sembra sicuro di quello che sta facendo, Amy è come sempre entusiasta e Morty sembra non interessato, dovrà ricordarsi che a Una non piace essere lasciata in disparte.
.
Perché forse la Musica della Notte non era ancora arrivata alle sue ultime battute e quella Christine era semplicemente quella sbagliata.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/The Phantom, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5
I remember
 
 
 
... tre...
 
All’ultimo, invece di ricadere sul posto come avrebbe previsto la sequenza – eseguita ovviamente presso poco che se l’avesse vista Madame si sarebbe presa un colpo – Christine si era spostata di lato.
Se non lo avesse fatto sarebbe atterrata nel vuoto là dove una botola abbastanza grande da far passare una persona adulta si era appena aperta.
Si coprì la bocca con una mano a voler bloccare il mezzo grido che non era riuscita a trattenere.
O stava – di nuovo – sognando o quello che le era successo anni prima era stato vero.
Cercò di riflettere razionalmente: se anche la caduta poteva non essere stata un sogno, poteva dire lo stesso dell’uomo che aveva incontrato alla fine del salto? Qualcuno l’aveva pur riportata indietro...
Uno scricchiolio seguito da un leggero tonfo la distrasse: la botola si era richiusa.
Ripetè la sequenza di salti spostandosi di nuovo in parte dopo la terza volta che i suoi piedi toccarono il pavimento e la botola si riaprì diligentemente.
Prima che si richiudesse sfilò il telefono dai pantaloni, accese la torcia e provò a illuminare il vuoto sottostante sporgendosi appena.
Più in basso poteva a mala pena vedere alcune corde dall’aspetto vecchio e consumato, la maggior parte spezzate come se qualcuno vi ci fosse caduto sopra... lei...
 
Poteva immaginare come quell’intrico di funi fosse sembrato una ragnatela prima che lei vi cadesse dentro rompendola.
Non riusciva a scorgere il fondo.
Il telefono squillò e per poco non perse la presa rischiando di farlo cadere di sotto, rispose tirandosi su mentre la botola si chiudeva di nuovo ai suoi piedi.
«Pronto?»
«Si può sapere dove sei? Ho chiamato Cèline e mi ha detto che avete finito più di mezz’ora fa... sei caduta dentro una delle botole del palco?» scherzò una voce maschile dall’altro capo della linea.
Christine pensò che non ci era andato poi così lontano.
«No, io... lascia perdere. Cosa vuol dire dove sono finita? Ti ricordo che mi hai chiamato tu dopo pranzo per dirmi che stasera avevi un altro impegno!»
«Perché volevo farti una sorpresa, non pensavo che il teatro ti avrebbe risucchiata di nuovo»
«Disse colui che a teatro praticamente ci abita...»
«Dai che ti sto aspettando fuori...» la esortò prima di riattaccare.
Christine ripose il telefono sospirando e uscì dal camerino quasi di corsa, lasciando il teatro con il sorriso sulle labbra mentre andava incontro al ragazzo che la stava aspettando giusto davanti all’ingresso tenendole cavallerescamente aperta la portiera dell’auto.
 
 
 
Se Cèline era un’amica d’infanzia con cui aveva condiviso praticamente tutto, Andrè l’aveva conosciuto alle lezioni di danza quando per la prima volta avevano iniziato ad unire la classe femminile e quella maschile.
Loro due erano stati messi in coppia insieme e nonostante l’iniziale e naturale imbarazzo alla fine si erano trovati bene.
Per la fine dell’anno erano diventati quasi inseparabili – Cèline li prendeva in giro dicendo che sembravano fidanzatini, beccandosi rispostacce ogni volta – e poi c’era stato l’incidente e le loro strade si erano divise.
Andrè, pur essendo stato a trovarla in ospedale, doveva continuare con la danza e Christine stessa sapeva bene quanto poco fosse il tempo libero per gli amici che erano al di fuori di quel mondo, ammesso di averne.
Lei dal canto suo doveva pensare al suo recupero: gli interventi alla gamba, il lungo ricovero, la riabilitazione... fortuna che sua madre era del mestiere.
Pur non volendo e certamente sentendo la mancanza l’uno dell’altra, si erano allontanati.
Si erano ritrovati quando un imbarazzatissimo Andrè si era presentato alla sua laurea: i capelli biondi e gli occhi azzurri nascosti dietro un mazzo di fiori quasi più grande di lui che l’aveva fatta arrossire non poco.
Nonostante gli anni di distacco la loro complicità non era andata persa, e negli ultimi anni Christine era stata grata di poter ritornare a contare su quello che era sempre stato il suo migliore amico.
 
 
 
♫♪♫
 
 
 
Si svegliò di soprassalto, il fiato che le mancava e una mano a tastarsi il collo là dove fino ad un attimo prima aveva chiaramente percepito il tocco di una corda.
Era da quando aveva riscoperto la botola nel camerino che quel sogno aveva cominciato a tormentarla.
E se da un lato la sua curiosità la spingeva a buttarsi – non letteralmente stavolta – per scoprire cosa ci fosse veramente in fondo a quell’intrico di cappi, dall’altro quell’incubo le faceva in qualche modo presagire tutto il pericolo a cui sarebbe potuta andare incontro.
Arrivata però al punto di non poter chiudere gli occhi senza avvertire quella spiacevole sensazione di soffocamento decise che non poteva restare senza fare nulla.
Nonostante fossero le tre di notte sbloccò il telefono mettendosi a cercare il negozio di articoli sportivi che vendeva equipaggiamento da arrampicata più vicino: sarebbe stato il suo primo appuntamento l’indomani mattina.
 
 
 
♫♪♫
 
 
 
Quella sera era la sua opportunità.
Se tutto fosse andato come previsto nessuno si sarebbe accorto di niente.
Il pomeriggio durante la sua ultima visita a Cèline, aveva lasciato di proposito il suo borsone nel famoso camerino: all’interno oltre alle solite cose erano stati aggiunti corda e moschettoni, una torcia e del gesso di quello che veniva usato per segnare i sentieri di montagna.
 
Quella sera l’Opèra presentava la sua versione in balletto di Romeo e Giulietta, in cui proprio Andrè e Cèline partecipavano in qualità di protagonisti.
Aveva visto alcuni spezzoni delle prove e doveva ammettere che il lavoro fatto era stato incredibile, ma nonostante tutto durante il primo atto la sua attenzione era stata più concentrata su quello che avrebbe fatto di lì a poco. Oltre al fatto di sentirsi stranamente osservata da occhiate invisibili provenienti dal palco numero cinque, che era esattamente di fronte a quello riservato alla famiglia De Chagny e rigorosamente vuoto.
Pochi minuti dopo l’inizio del secondo atto decise che era il momento di muoversi.
Si scusò sottovoce dicendo di non sentirsi tanto bene; sua madre la guardò preoccupata ma a gesti le fece capire di tornare a godersi lo spettacolo mentre lei lasciava il palco.
Invece di recarsi ai bagni di servizio andò dritta verso la vecchia sala dove faceva lezione quando ancora danzava, passò un paio di corridoi per fortuna deserti e arrivò a destinazione.
Così facendo era riuscita ad evitare tutta la parte dei camerini che in quel momento erano in uso a causa dello spettacolo in corso, arrivando dalla parte opposta.
Chiuse la porta nonostante non si aspettasse che qualcuno venisse a controllare quella zona a quell’ora e tirò fuori il borsone dall’armadio.
 
Preparando l’imbragatura si rese conto di non aver minimamente pensato al vestito. Blu notte in satin con un generoso scollo a V sia davanti che dietro, lungo fino ai piedi e con un ampio spacco a sinistra: non proprio l’ideale per quello che stava per fare.
Sospirò. Se non altro sotto indossava un paio di pantaloncini neri: ringraziò se stessa che da quando era piccola si rifiutava di indossare gonne se sotto non aveva anche quelli.
Assicurò la corda sperando che l’armadio, essendo di legno massiccio, riuscisse a reggere; infilò l’imbragatura mettendo i gessi in uno dei taschini della cintura e la torcia nell’apposito supporto. La pochette abbinata al vestito fu infilata dentro un’altra borsa decisamente più capiente che aveva preventivamente lasciato e che accolse anche i suoi tacchi rapidamente sostituiti con un paio di ballerine. Collegò il moschettone che le avrebbe dovuto assicurare una discesa tranquilla e graduale e reggendo il resto del rotolo di corda in mano fronteggiò la ballerina del quadro.
Prima che potesse ripetersi ancora una volta quanto quel piano facesse pena eseguì la sequenza per aprire la botola.
Si sedette sul bordo accendendo la torcia che faceva decisamente più luce di quella del telefono. Tirò un’ultima volta la corda per saggiarne la resistenza gettando poi tutta la parte in eccesso di sotto.
Controllò che il moschettone fosse messo correttamente e trattenendo il respiro si fece scivolare oltre.
Ricominciò a respirare quando appurò che non stava precipitando: l’armadio reggeva e l’attrezzatura da arrampicata stava facendo il suo dovere.
Usando l’apposita leva cominciò a calarsi cercando di tenere a bada il battito del suo cuore.
Le scappò un urlo quando la botola si richiuse con il suo solito tonfo facendo diminuire la luce.
Continuò la sua discesa. La corda finì prima di toccare il suolo, ma per fortuna non così tanto da non poter risolvere il problema con un salto.
Si tolse l’imbragatura rimettendola in borsa tenendo con sé torcia e gessi trovandosi subito di fronte ad un bivio: come aveva fatto a pensare che avrebbe fatto presto se non sapeva neanche dove andare?
Scelse il corridoio che ad occhio le sembrava più pulito e meno polveroso: che fosse quello più usato e quindi quello giusto?
Dopo interi minuti in cui continuò a scegliere le biforcazioni secondo quel criterio continuando a tracciare col gesso una linea sul muro per sapere da dov’era venuta qualcosa cambiò.
Le ci volle un momento per realizzare che si era accesa la luce.
Spense la torcia non smettendo comunque di avanzare con cautela.
Osservò il soffitto notando che quelli che si erano accessi sembravano essere faretti led: possibile che le ristrutturazioni fossero arrivate fino a lì sotto? E come mai nessuno ne aveva mai fatto parola? Suo padre era il maggior donatore di fondi per i rinnovamenti ed era sempre al corrente dei lavori che venivano fatti: lei però era più che sicura di non avergli mai sentito nominare lavori fatti sotto al teatro.
Ma allora chi mai avrebbe voluto e potuto mettere mano in quei sotterranei?
 
Tirò fuori il cellulare: erano passati venti minuti abbondanti da quando aveva lasciato lo spettacolo e non poteva sapere se qualcuno avesse provato a contattarla perché lì dove si trovava non c’era campo. Sperò che per il momento quei venti minuti non fossero abbastanza per mettere in allarme nessuno.
Vi prego continuate a godervi lo spettacolo e supponete che io sia semplicemente tornata a casa, si augurò col pensiero mentre allungava appena il passo. Non poteva prendersela troppo comoda visto che poi avrebbe dovuto cercare anche l’uscita.
Superò una pesante porta in metallo, sembrava una di quelle tagliafuoco, un drappo di pesante tessuto nero e il suo cuore saltò un battito: era arrivata.
La grotta sul lago sotterraneo si aprì davanti al suo sguardo facendola pervadere da una sensazione di sollievo: esisteva veramente, non si era sognata tutto.
Quello che la fece rimanere senza fiato fu lo stato del posto. Lei se lo ricordava pressochè distrutto, mentre adesso ogni cosa sembrava posizionata con precisione e cura. Girando per l’ambiente si rese conto che però non era solo quello: certo, i drappi che ricoprivano le pareti di pietra potevano sembrare gli stessi, e le candele sui candelabri antichi erano sempre di cera, ma ad un’occhiata più attenta notò che quelle che una volta erano sulla scrivania e intorno alla tastiera dell’organo erano state sostituite da lampadine alimentate da elettricità. Anche il mobilio, per quanto ancora dall’aspetto antico, sembrava fosse stato rimesso completamente a nuovo.
Continuò a curiosare in giro finchè non trovò le due camere che aveva visto quei quindici anni prima: quella in cui si era svegliata non era cambiata affatto, ma l’altra la lasciò a bocca aperta.
Tutto era in perfetto ordine, e il maestoso letto a forma di corvo – adesso poteva finalmente riconoscere la sagoma dell’animale – era semplicemente incredibile.
Un’altra cosa che potè appurare nella sua breve perlustrazione – aveva trovato altre porte che però non si permise di aprire – fu che il posto era deserto.
Al tempo stesso però era tutto fin troppo pulito per essere stato abbandonato. No, di sicuro qualcuno frequentava ancora quel posto.
Che fosse la stessa persona che l’aveva salvata dal salto dell’impiccato?
Che Erik fosse ancora lì...?
 
Riguardò il display del telefono per controllare l’ora e per poco non scoppiò a ridere: quel posto... aveva il wi-fi?
Aprì whatsapp mandando rapidamente un messaggio nel gruppo famiglia e uno ad Andrè e Cèline dicendo che il pesce che aveva mangiato a cena doveva averle fatto qualcosa e che con suo gran dispiacere era dovuta tornare a casa prima della fine dell’opera. Avrebbe richiamato tutti la mattina dopo, e adesso era già a letto: voleva solo stare un po’ tranquilla.
Rimettendo il cellulare nella borsa si rese conto che non si sentiva neanche in colpa per quella bugia. Era comunque meglio non tirare troppo la corda sfidando la fortuna: sapeva la strada, sarebbe potuta tornare quando voleva, adesso doveva trovare una via d’uscita e per quella non sapeva neanche da dove cominciare.
Decise di provare le porte più massicce che si aprivano sulla grotta principale.
Per raggiungere la prima che aveva addocchiato passò di nuovo vicino alla scrivania. Se la prima volta la sua attenzione si era soffermata solo sulla novità della luce elettrica applicata alle lampade questa volta registrò qualcosa di decisamente più degno di nota e che per un attimo le fece dimenticare la sua fretta di lasciare il posto.













Buon pomeriggio a tutti!
Vi ricordate quando all'inizio della storia avevo detto, e quoto, "
questa storia potrebbe rivelarsi un fantasy più di quanto pensassi, e la presenza di Erik sarebbe la cosa meno inverosimile...", ecco, direi che dopo questo capitolo il concetto è stato afferrato.
Insomma, chi mai proverebbe a scendere nelle viscere di un teatro servendosi di attrezzatura da arrampicata non sapendo neanche quello a cui sta andando incontro? (*l'autrice fischietta e distoglie lo sguardo facendo finta di niente*).
Direi che la cosa più verosimile di questo capitolo è Christine che mette i pantaloncini sotto il vestito - la sottoscritta ancora adesso non esce di casa con una gonna se non ha dei pantaloncini sotto...
Comunque... Christine è finalmente riuscita ad arrivare al Lago, ma di Erik ancora nessuna traccia. Si accettano scommesse su quello che ha attirato l'attenzione di Christine sulla scrivania del nostro Fantasma...
I miei più sentiti ringraziamenti a ondallegra che mi sta lasciando un commento ad ogni capitolo (per la fine della storia ti farò una statua, sappilo) e ovviamente grazie anche a chi continua a leggere la storia in silenzio.
Vi siete beccati l'aggiornamento anticipato di un giorno perchè i turni di notte non fanno bene al mio senso di puntualità, quindi meglio un giorno in anticipo che spaventosamente in ritardo. In ognic caso per sabato prossimo non dovrebbero esserci problemi
Intanto

I remain, gentlemen, your obedient servant

E.

 
   
 
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