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Autore: Iaiasdream    30/03/2019    0 recensioni
Nel mistico Regno del Nord, la magia viene bandita così come chi la pratica.
I maghi, stremati dalla lotta per sopravvivere alle persecuzioni, si rifugiano nella Radura promettendosi di usare la loro abilità solo per il bene.
Col passare degli anni, i maghi cancellano l'arte oscura, correggendo la parola magia con Alchimia, continuano la loro vita nella tranquillità.
Una notte, però, il fantasma del passato ritorna per ottenere ciò che brama più al mondo.
Cinque guerriere, marchiate dal potere degli elementi primordiali, si ritroveranno a lottare per la libertà e per un mondo nuovo.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.
 
A un tratto il silenzio diede posto a un rumore terrificante che rimbombò nel firmamento nero come la pece.
Una linea di luce distorta si disegnò fra le nuvole scure e poi ancora quel rumore.
Kalisya aprì gli occhi, o almeno era convinta di averlo fatto, tutto intorno a sé era offuscato, allora concentrò i suoi sensi appena destati sull’udito, ma anche quello parve averla abbandonata. L’unica cosa che in quel momento le rimaneva era il ricordo di come fosse finita lì, indolenzita, incapace di muoversi e con qualcosa di viscido che continuava a scivolarle dalla bocca. Il sapore era ferroso proprio come il sangue.
Sì, sangue. Ricordò: le grida di suo padre che la implorava di nascondersi e mettersi in salvo, mentre una lama luccicante gli fuoriusciva brutalmente dal fianco e poi… poi cos’era accaduto?
La ragazza sospirò percependo finalmente qualcosa; oltre al dolore che le stava martoriando il corpo. Sentì il suo respiro, pesante e debole.
Tentò ancora una volta di alzare la testa e i suoi occhi vagarono persi per scorgere qualcosa, anche solo un barlume di luce in quell’oscurità. Poi finalmente una figura incomprensibile si delineò davanti alle sue iridi scure, prendendo forma, man mano che si avvicinava.
Una voce metallica inondò il suo udito seguita da un forte dolore alla tempia. Kalisya strinse gli occhi sentendo la fitta diramarsi nella testa e intensificare la sua presenza. Quando riaprì le palpebre, riuscì a notare qualcosa sul pavimento di pietra, anche se sfocate, vide due macchie rosse.
«Basta, così l’ammazzi!», udì quella voce come se quell’ombra le stesse parlando sott’acqua.
«Non parla!», ribatté un’altra più cavernosa.
«Come diavolo credi che possa parlare se è incosciente?»
Mentre le due voci continuavano a sovrapporsi fra loro, la ragazza sollevò il capo in direzione delle due ombre, malgrado la stanchezza intercettò l’uomo dalla voce cavernosa e, prima di essere presa alla sprovvista da un getto di acqua ghiacciata in pieno volto, riuscì a scorgere su quello del suo aguzzino, una cicatrice a forma di X che gli marchiava un occhio privo di iride.
«Vattene! Hai fatto abbastanza.» urlò l’altro avvicinandosi alla ragazza che boccheggiava per catturare quanta più aria possibile e salvarsi da quella specie di soffocamento.
La fissò dalla testa ai piedi. L’aveva trascinata lì con la forza. Sembrava esile di statura, ma possedeva una forza rara. Prima che il suo scagnozzo le avesse piantato un pugno in piena testa per farle perdere i sensi, quella ragazza aveva lottato per difendersi e si era ritrovata con l’abito rovinato. Della scollatura casta non esisteva neanche più un lembo: lo strappo lasciava intravedere la rotondità di un seno. L’uomo dagli occhi taglienti sorrise malizioso mentre continuava a scendere con lo sguardo sulle gambe scoperte da quello che, un tempo, era stato un gonnellone scampanato. Le guardò le caviglie nude e qualcosa dentro di sé iniziò a destarsi.
Le si avvicinò lentamente e in tal maniera le afferrò una ciocca di capelli biondi, stringendola in pugno per farle sollevare la testa.
Kalisya ingoiò a fatica un grumo di sangue, spalancò le palpebre appesantite dalla stanchezza e si ritrovò a guardare due occhi grigi, cattivi. Strinse le labbra trattenendo un mugugno di dolore che le invadeva la cervice.
«Allora, piccola sgualdrina, vuoi deciderti a parlare?» chiese l’uomo lasciandole i capelli e sollevandole il mento «Parla, maledizione! Cosa diavolo ti costa? Dimmi dov’è?»
Le labbra della ragazza si mossero facendo fuoriuscire un sibilo. Ignorò completamente le richieste del suo interlocutore, voleva sapere di suo padre, poiché l’unica cosa che le albergava nella mente era il ricordo sgomento di quella spada che l’aveva trafitto.
L’uomo dagli occhi grigi e taglienti, avendo compreso le sue parole, ghignò rimettendosi dritto, «Mi dispiace per te, ma ha avuto quello che si meritava.», si curvò ancora una volta su di lei e aggiunse «Adesso tocca a te parlare.»
Kalisya lo guardò stanca, ma mostrò un’aria fiera, inespugnabile e, con ancora qualche goccia di coraggio nelle vene, rispose: «Puoi anche scordartelo, maledetto bastardo!», spuntandogli sangue in un occhio.
L’aguzzino indietreggiò di scatto imprecando e, irritato da quel gesto, estrasse una basilarda dal cinturino di cuoio e gliela puntò dritta alla carotide premendo sulla carne. «Maledetta. Farai la stessa fine di tuo padre»
La ragazza non reagì, forse per la stanchezza, o perché il pensiero di aver perso suo padre le aveva annullato le ultime forze. Era pronta al peggio, sapeva ciò che quell’uomo voleva da lei, lo rimembrava, e se quei villani stavano cercando di carpire la verità da lei, questo significava che suo padre era morto portandosi con sé quel segreto, e lei non avrebbe fatto la differenza, quindi, chiuse gli occhi e aspettò la fine.
Qualcosa però fermò le gesta del bandito. Fu un rumore proveniente dall’esterno di quella che pareva una cella.
L’uomo allontanò l’arma dalla ragazza e si avvicinò alla porta di legno, l’aprì e si vide cadere ai piedi il corpo inerme del suo scagnozzo con la cicatrice sull’occhio. Lo squadrò incapace di comprendere che cosa gli fosse accaduto, quando notò sulla schiena una macchia nera fumante a forma di cerchio con una stella al centro.
Poi trasalì vedendosi comparire davanti una figura snella dalle curve femminee, perfette. Rimase frastornato, e solo quando la donna nascosta nell’ombra parlò chiedendogli se si chiamasse Kemar, ritornò alla realtà. «Chi diavolo sei?» chiese indietreggiando.
«Rispondete alla mia domanda.» replicò la donna con voce ferma.
«Sì, sono io.»
«Vi conviene lasciare andare la ragazza.» continuò allora l’intrusa. «Ciò che cercate non lo possiede lei.»
«Mostrati, maledetta!» esclamò a quel punto Kemar impugnando l’arma con la quale pochi istanti prima aveva minacciato la prigioniera. «Di cosa stai parlando?»
«Volete l’Oro Alchemico, no?» chiese la sconosciuta ferma nella sua posizione, accennando un lieve sorriso.
«Come fai a saperlo?» sbraitò l’uomo «È stato suo padre a scrivere quel libro, lei sa dov’è!»
Una sensuale risata lo interruppe e, preso dall’ira, strinse l’impugnatura della basilarda, urlando: «Che cos’hai da ridere? Ti avverto, se mi stai prendendo in giro ammazzo questa sgualdrina!»
Dopo quella minaccia, ci fu silenzio. Kemar, preda del panico, si avvicinò alla prigioniera, ma quando si volse verso la porta, della donna non c’era più traccia. Rimase basito, provò a chiamarla a gran voce, ad offenderla, ma nessuno gli diede risposta. Poi udì: «Che stupido. L’Oro Alchemico non è un libro…» la voce era udibile nella stanza, ma nonostante l’uomo si guardasse intorno per scoprire da dove proveniva, non trovò nessuno.
Kalisya, intanto assisteva a tutto quello in silenzio. Aveva percepito la voce di quella sconosciuta ed era fiduciosa che l’avrebbe salvata. Sbuffò un sorriso prima di chiudere gli occhi e perdere i sensi.
Kemar, invece, aveva perso tutta la sua spavalderia, ancora incredulo che una sola donna potesse disarmarlo. «Che cosa stai dicendo? Se non è un libro, allora cos’è?» chiese continuando a cercare la donna.
«Semplice.» rispose quest’ultima placando le sue risa «Sono io!»
Kemar strabuzzò gli occhi impietrito, il suo sguardo venne attratto da un fascio di luce che si estendeva sul pavimento in forma circolare. Non riuscì a muoversi, «U-un cerchio del demonio?» balbettò ancora incredulo. Sentì la suola degli stivali surriscaldarsi, il calore salì su per le gambe e solo quando l’odore di bruciato invase le sue narici si accorse di andare a fuoco.
Cercò si saltare fuori da quell’inferno, ma non ci riuscì, alzò la testa al cielo, spalancò la bocca gettando all’aria un grido che gli squarciò le corde vocali e, quando le fiamme lo coprirono tutto, cadde a terra torcendosi su se stesso fino a quando il fuoco non lo consumò.



NDA: Salve a tutte/i. Per chi ha già letto le mie storie e per chi aspetta che continui le altre, premetto che ho pubblicato questa nuova storia perché sentivo il bisogno di farlo. In questo periodo sto conoscendo il "Blocco dello scrittore" e posso assicurarvi che non è una cosa bella, alemeno per me che vivo di libri, sogni, scrittura e fantasia.
Con questa nuova storia, voglio convincere me stessa che ce la posso fare, ma non sono qui per annoiarvi. spero che questo capitolo vi abbia un minimo interessato.
So che è alquanto piccolo, e vi annuncio che lo saranno anche i capitoli a venire.
Vi lascio, e vi ringrazio fin da ora.

Iaiasdream.

 
   
 
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