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Autore: shilyss    14/04/2019    8 recensioni
Ecco a voi una raccolta di shot legate alla fanfiction "Tutte le tue bugie." Nonostante alcuni riferimenti alla long fic, potete leggere i vari capitoli anche considerandoli come testi scollegati rispetto alla storia madre.
Dal capitolo 1: Se Loki fosse stato meno sarcastico, se nei suoi occhi chiari Odino avesse visto l’ombra di un sincero pentimento, le cose sarebbero potute andare diversamente. Ma Lingua d’Argento era stato sprezzante e tronfio e si era presentato ammantato di tutta la sua feroce eleganza di fronte al padre adottivo che non lo aveva chiamato figlio, ma prigioniero. Un altro imperdonabile errore dovuto non alla mancanza di discernimento di Odino, ma all’amara constatazione di come Loki, il suo brillante figlio, non fosse poi così acuto come pensava e sembrava.
Dal cap. 4: Solo che Loki era un furfante travestito da principe, un cantastorie come nemmeno nelle piazze più oscure della città se ne trovava uno uguale.
Non tutto è come appare, quando di mezzo c'è il dio dell'inganno in persona.
Capitoli 3-9: Barbare usanze;
Cap. 10 - Forse era scritto nel destino.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La tela degli inganni'
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Ultimi sospiri

 

 

Il dio degli inganni sarebbe morto, sì. Annaspava senza riuscire a liberarsi nel lago sotterraneo tinto di rosso, imprigionato nell’acqua bassa, ma ugualmente letale. Il mostro gridava di soddisfazione e dolore. Il sangue nero colava dall’occhio ormai perso attraverso il muso, scivolava sul naso e sulle fauci spalancate, si raggrumava sul corpo troppo simile a quello di un insetto. Theoric era sul punto di rigettare tutto quello che aveva nello stomaco. I Nove Regni ospitavano un numero impressionante di creature mostruose, molte delle quali calpestavano da sempre il suolo fertile e verde di Vanheim, ma nella capitale tali bestie non si erano mai viste. In passato, era capitato che qualche eroe in cerca di gloria s’inerpicasse nelle zone più isolate del territorio nel tentativo di portare a Njord un trofeo, ma da quando Loki Odinson si era installato alla corte del vecchio re, questi omaggi erano apparsi ai più come il vano dono d’un bambino a un adulto. E come poteva essere altrimenti, del resto? Nelle sale di rappresentanza dei sovrani dei Vanir, spiccavano i resti imbalsamati di un drago marino dalle fattezze gigantesche. Loki lo aveva ucciso e offerto a Njord quando il tentativo di infiltrarsi nella sua famiglia era ben lungi dal realizzarsi – ancora non si sbatteva Sigyn – e lui non era che uno zelante rifugiato in cerca di un tetto.

Theoric se lo ricordava ancora, il ghigno soddisfatto e sornione che aveva attraversato il viso affilato di quell’Ase furbo e astuto che si comportava come un principe anche nella terra degli altri. Il re era rimasto incantato dall’eccezionale omaggio, e i pochi nobili che erano soliti andare a caccia di mostruosità per offrirgliele, incapaci di competere con Loki, da quel giorno avevano smesso di praticare ogni attività venatoria che avesse per oggetto una qualche creatura d’incubo. Nessuno, a Vanheim, aveva mai ucciso un drago marino. Sigyn era quasi svenuta di fronte all’immagine del cadavere della bestia, lo sapevano tutti. Portava ancora le trecce e non era che una ragazzina, certo, ma a nessuno era sfuggito lo sguardo spaventato che aveva rivolto al dio degli inganni. E invece, adesso, arrancava in direzione del mostro impazzito che lui non riusciva neanche a guardare. Le afferrò un lembo della gonna per impedirle di scappare anche se farlo avrebbe significato finire tra le fauci del mostro, non per salvarla, ma per lavare una volta per tutte l’onta di cui lo aveva fatto oggetto rifiutandolo due volte: la prima, quando l’aveva chiesta in moglie e lei aveva nettamente rifiutato, la seconda, quando si era fatta mettere incinta dal dio degli inganni. Doveva essere lui a farlo, lui. Estrasse dalla cintura la daga che gli aveva dato suo padre per l’occasione, ma lei, scalciando, riuscì a rimettersi in piedi e a correre verso il lago sotterraneo e insidioso.

 

 

Il dio degli inganni stava annegando. Theoric la tirava per la gonna, la terra tremava, l’acqua era rossa. Sigyn iniziò a correre verso lo stagno sotterraneo, torbido e mortifero. Gridò il nome di suo marito attirando su di sé l’attenzione della creatura, che la guardò col suo unico occhio furente.

Dalle fauci uscì una voce metallica, aliena. “La principessa incinta di un re straniero,” cantilenò la bestia. “Ti aspettavo da tanto, tanto tempo.”

La donna scosse i capelli biondi, ora corti. Il terrore le ghiacciava le vene, le paralizzava i muscoli. Loki era sottacqua e si dibatteva senza riuscire a emergere, Theoric era alle sue spalle e, non fosse stato per il ribrezzo e l’orrore causato dall’immonda creatura con le sue forme imprecise e sconclusionate, l’avrebbe afferrata per ucciderla, ma intanto gridava all’essere di prendersi ciò che gli spettava, lei.

Quanti pensieri possono affastellarsi nella mente in pochi, tragici, istanti?

 

Il tempo si dilatò, per Sigyn. Assistette alla scena della sconfitta dell’Ase senza guardarla davvero. Loki sarebbe morto. Una delle zampe del mostro l’aveva infilzato e bloccato sott’acqua. Lui, il principe di Asgard dal sorriso furbo e affascinante che raccontava le sue imprese come fossero fiabe, tessendosi addosso l’immagine del condottiero invincibile, del mago sagace, del guerriero letale. Perché Loki era inafferrabile, sfuggente, imprevedibile. Lo specchio d’acqua divenne improvvisamente placido e calmo, segno che la lotta furiosa di Lingua d’Argento si era tragicamente compiuta. Sigyn cadde in ginocchio, gridò ancora. Pensò che voleva gettarsi in acqua, che Sonje non avrebbe visto più suo padre e doveva avere al suo fianco almeno lei. Col fiato corto, si premette la pancia, conscia della vita che le cresceva dentro.

Doveva proteggere la piccola cosa inconsapevole di tutto insediatasi in lei una notte in cui Loki, rientrato stanco e ammaccato da una spedizione assieme all’immancabile fratello, l’aveva cercata con più urgenza del solito e Sigyn, accarezzandogli i capelli umidi, cingendogli con le cosce i fianchi asciutti, gli aveva fatto una domanda terribile cui l’Ase non aveva risposto. Che hai fatto, Loki? Cosa stai cercando di dimenticare?

 

Ghignante, la creatura sollevò l’arto col chiaro intento di mostrare il cadavere dell’arrogante mago che l’aveva sfidata, ma qualcosa non andò esattamente come aveva previsto. Il corpo del dio degli inganni, che fino a poco prima aveva sentito dibattersi sotto il peso della sua zampa, non era infilzato: c’era solo lo spallaccio scheggiato e fracassato dal colpo. L’essere roteò su stesso, cercando la preda che credeva sconfitta, ma si paralizzò, perché l’arto che aveva immobilizzato l’Ase si era gonfiato e pulsava. Di più, la struttura ossea che lo ricopriva si sfaldava e così avvenne pure a un'altra estremità, come se le zampe ossee fossero venute a contatto con qualche terribile veleno.

“Non è così facile uccidermi, temo.” La voce ironica di Lingua d’Argento risuonò per la grotta carica di una sottile nota di divertimento, ma l’eco presente nella caverna rendeva difficile individuare il punto esatto da dove era giunta la frase, o forse anche quello era un incanto del mago. Sigyn si coprì la bocca con le mani e si voltò di scatto, credendo che le parole del marito provenissero da dietro le sue spalle. Così, in effetti, era. Loki era fradicio e ferito, ma vivo. Accanto a lei.

Le rivolse uno sguardo breve e attento e poi puntò lo sguardo oltre la sua testa, su Theoric, che si era faticosamente tirato su. Socchiuse le palpebre, come se volesse metterlo meglio a fuoco e quello, istintivamente, indietreggiò, mentre la giovane donna si alzava per assicurarsi che fosse vivo e accertarsi che la ferita alla spalla non fosse troppo grave.

“Tu! Tu sei qui!” boccheggiò, sollevata e sconvolta assieme.

 

Loki non rispose, limitandosi a frapporsi tra lei e tutto il resto, proteggendola, allo stesso tempo, da Theoric e dal mostro.

“Ne dubitavi, mia signora?”

I suoi piani variavano di minuto in minuto. Doveva mettere di nuovo e in via definitiva Sigyn al sicuro, spaccare la faccia a quel gran figlio d’un cane di Theoric – non gli era affatto sfuggito il disordine dell’abito di sua moglie e il corsetto slabbrato – porre fine alla miserabile esistenza del disgustoso mostro, persino.

“Cosa dice la tua bella profezia, mostro? Raccontacela, sono proprio curioso,” domandò a voce alta.

La bestia, furibonda e sofferente, gridò e si diresse verso l’Ase nel tentativo d’ucciderlo, spingendosi con tutto il suo peso verso l’angolo dove si stagliava la figura pallida e furente del suo avversario, esasperata dal continuo sparire e riapparire di quel mago beffardo e arrogante dalla lingua decisamente troppo lunga. Il dio degli inganni sorrise soddisfatto di fronte a quella scena spaventosa; debilitare il suo nemico deconcentrandolo, esasperandolo e facendogli smarrire la ragione faceva parte del suo astuto progetto.

“Scappa, Sigyn!” ordinò, lo sguardo fisso sull’ammasso di carne e sangue e artigli della creatura. “Tu no, fottuto bastardo: se ti muovi di un altro passo, ti aprirò dalla gola alle palle,” esordì, riferendosi a Theoric e puntandogli addosso, per un solo momento, i suoi occhi acuti e verdissimi.

 

“Che mi hai fatto? Che mi hai fatto?”

Il mostro si trascinò urlando verso la riva, sollevando acqua e sangue, assecondando inconsapevolmente la volontà del dio degli inganni, ma gli altri due presenti parevano non aver capito una parola di quanto il principe di Asgard aveva detto loro. Theoric si era avvicinato all’apertura della grotta, Sigyn non si era mossa di un passo ed era palese che non avrebbe lasciato il suo fianco.

Il dio degli inganni era furibondo. Doveva agire in fretta e il dolore alla spalla trafitta gli toglieva lucidità e forza, minando la sua fibra robusta. Non era certo la prima volta che veniva ferito in battaglia, tutt’altro, ma gli era capitato di rado che i suoi ordini non venissero prontamente eseguiti. Con un movimento rapido della mano, si preoccupò di creare uno scudo che bloccasse per qualche istante gli artigli ancora efficaci del mostro, quindi si rivolse al Vanir in fuga.

“Ma come, già ci lasci?”

Fece cadere a terra Theoric e lo bloccò, congelandogli le estremità per impedirgli di muoversi.

“Tu creperai qui,” gli spiegò crudele, ferendolo sulla guancia con l’ennesima delle sue lame nascoste, sottile e affilatissima. “Verrai sbranato da quell’essere.”

 L’uomo gridò d’orrore e di dolore e lo maledisse con sommo disinteresse del mago, che già aveva preso a concentrarsi sull’unica creatura che considerasse sua avversaria.

 

La bestia immonda distava solo pochi passi, ma non era ancora abbastanza vicina – Sigyn, invece, lo era troppo.

“Tu! Maledetto Jotunn travestito da Ase! Che mi hai fatto, che?”

“Esistono rune oscure che disfano il corpo: le ho usate su di te,” spiegò Loki serafico, sorridente, mentre nel palmo della sua bella mano di mago si andava formando qualcosa di tremendo, oscuro. L’acqua ormai rosata del lago iniziò a bollire, la terra sotto gli stivali del dio degli inganni vibrava sollevando polvere e piccoli detriti.

“Qual è la profezia, mostro? Cosa ti hanno promesso le Norne, dimmi. Perché ci aspettavi?”

Pallida in volto, Sigyn si accorse di quanto stava accadendo. Avrebbe dovuto – voluto – fuggire, ma l’idea di allontanarsi nuovamente da Loki la paralizzava. Stava cedendo a un panico irrazionale, che sopraggiungeva dopo giorni di tensione, un inseguimento, Theoric intrappolato che gridava insulti.

 

Avvenne tutto troppo velocemente perché la principessa dei Vanir potesse capire. Sentì pronunciare le rune, le ascoltò e pensò che fossero terribili, ma la loro memoria svanì dalla sua testa nel giro di un battito di ciglia. Il dio degli inganni era un mago potentissimo: lei lo aveva saputo da sempre, da quando, ancora bambina, lui aveva mutato il suo aspetto solo per il gusto di terrorizzarla[1]. Così era iniziata la loro conoscenza. Anche adesso la stava spaventando. Il sollievo si unì al terrore che le ispirava una simile propagazione d’energia che traeva le sue origini da qualcosa di antico come il mondo intero, se non di più.

Loki aprì il palmo della mano e, al suo centro, iniziò a formarsi qualcosa di così luminoso che Sigyn dovette chiudere gli occhi per non rimanerne abbagliata[2]. Quello che avvenne dopo, non lo seppe mai descrivere né comprendere a fondo. Sentì freddo: un gelo glaciale l’avvolse strettamente, quasi mozzandole il respiro.

Dopo, ci fu il terremoto. Loki la strinse a sé cingendole con un braccio la vita sottile: così facendo, la sostenne – di nuovo, la protesse alla sua maniera silenziosa e fiera, ma efficace, senza concederle null’altro se non quella stretta virile e decisa, eppure, allo stesso tempo, concedendole tutto. Seguirono una serie di sussulti che parevano provenire dal centro della terra stessa e anticiparono di pochi istanti un boato tremendo. Allora vennero le urla disarticolate e sentì la presa di Loki farsi più forte, le sembrò di udire la sua voce che cercava di tranquillizzarla. Batté le palpebre e i suoi occhi si abituarono con difficoltà alla luce, ma l’immagine che le si parò davanti, sconvolgente, per poco non la fece rimettere lì, nei sotterranei del Tempio.

La forza scaturita dalle belle dita di Loki non traeva la sua origine dalle viscere del sottosuolo, né dal cielo. Nasceva dal cuore impetuoso di quell’Ase bugiardo dal cuore fatto di ghiaccio, il cui battito, lento e regolare, Sigyn aveva imparato a riconoscere e ad amare. E quello che il dio degli inganni era capace di fare grazie alle sue oscure conoscenze era spaventoso. La bestia immonda gridava in preda a un dolore infinito, perché la sua carne era stata tagliata in più punti dall’affilato incantesimo del mago. Il corpo, ferito e martoriato, si corrodeva, si squagliava per effetto del primo attacco di Loki e del secondo.

 

 Solo che la maledizione lanciata era costata molto anche all’astuto e infuriato principe di Asgard, costretto a pagare un prezzo che  avrebbe tenuto nascosto fin quando le forze glielo avessero concesso.

“Morirai così, dissanguata, soffrendo,” annunciò tra i denti rivolgendosi alla creatura, mentre la testa gli girava e un preoccupante ronzio alle orecchie gli succhiava via la lucidità. “Tuttavia, visto che sono un dio misericordioso,” ironizzò, “posso rendere la tua morte più rapida e veloce,” promise – mentì. “Dimmi della profezia. Dimmi che ti aspettavi succedesse.”

La bestia si avvicinò ancora, trascinandosi nell’acqua sempre più bassa. Se non fosse stata ferita da Loki, da quella distanza con una delle sue zampe adunche avrebbe potuto ghermire lui o Sigyn o persino Theoric.

Il dio degli inganni era un guerriero spietato e fissava senza battere ciglio la scena orrifica, nonostante la bestia incespicasse rabbiosa nel tentativo di ucciderlo e vendicarsi di lui.

“Dimmelo,” l’incalzò e mosse le belle mani eleganti, ancora, per rendere ancora più atroce il tormento del suo incantesimo.

“Se usi tutto questo seiðr adesso,” boccheggiò la creatura, “come farai a salvare tua moglie e tuo figlio dopo?”

Raccogliendo improvvisamente le ultime forze, l’essere alzò la coda nel tentativo di abbatterla sul mago e su Sigyn.

“Se uso tutto questo seiðr è perché posso permettermelo!”

Loki sollevò il braccio e l’acqua del lago si piegò al suo comando creando uno scudo scintillante, magnifico, ricoperto di punte aguzze, che parò il colpo infliggendo nuove ferite al mostro e rompendone in alcuni punti il carapace. Migliaia di schegge di ghiaccio volarono nella sala.

Il dio degli inganni piegò le labbra in una smorfia di dispetto: avrebbe potuto uccidere l’orrendo essere: ne aveva ancora l’occasione e la forza, ma, se l’avesse fatto in quel preciso istante, non avrebbe mai saputo nulla dello strano presagio. La conoscenza in cambio di una salvezza certa. Se non ci fosse stata Sigyn, lì con lui, forse il dio degli inganni avrebbe tergiversato ancora, stuzzicando l’essere, spingendolo a confessarsi.

 

 

“Thor, dove sono Loki e Sigyn?”

Il re degli Aesir si guardò attorno, cercando di individuare la corta chioma bionda della cognata nella confusione causata dalle guardie Vanir e dalle povere donne finalmente liberate. Da qualche minuto la terra aveva preso a vibrare persino lì, nello spiazzo erboso che circondava la struttura ormai violata del Tempio.

“Lei non c’è,” insistette Freya, “non la vedo da nessuna parte.” Per mano teneva Sonje, incuriosita e, allo stesso tempo, impaziente di rivedere i genitori. Si era aspettata di vederli uscire trionfanti dal portone del tetro palazzo e invece, con sua somma delusione, non era ancora accaduto nulla di tutto ciò.

“Mio fratello sta usando il seiðr,” riconobbe il dio del tuono individuando l’origine delle scosse telluriche, ma evitò di dire alla donna che Sigyn avrebbe dovuto essere lì, con loro, finalmente libera. “Tua nipote sta bene. È con Loki,” la rassicurò. Il crollo improvviso di una buona parte dell’arco d’ingresso fece impallidire Freya e preoccupò il tonante.

“Zio Thor,” domandò la bambina tirando il guerriero per il mantello, “dove sono mamma e papà?”

Sono a uccidere chissà che mostro e ci stanno mettendo troppo tempo, pensò il giovane re.

“Si stanno divertendo senza di me,” sospirò. Diede una carezza leggera ai ricci neri della nipote e alla testa del gatto di pezza che la piccola portava sempre con sé e si diresse a passo svelto verso la tetra porta del Tempio. Vedendolo, quell’idiota di Loki si sarebbe senz’altro infuriato, ne era certo.

 

 

“Consegnami la principessa. Questo vostro figlio sarà la tua condanna, dio degli inganni.”

La conoscenza aveva un prezzo, sempre. Così si era pronunciato una volta Odino, quando lui e Thor non erano bambini. Forse, qualcosa di simile il vecchio sovrano l’aveva detto anche nelle giornate lugubri in cui la malattia gli corrodeva la ragione, ma a questo Loki non riuscì a pensare. Nei suoi ricordi, la voce di Padre Tutto era carica di una amarezza che sapeva di fiele e l’Ase si accorse di avere improvvisamente la gola e la bocca secche.

“Se nascerà, una catena indistruttibile ti condannerà a un supplizio eterno,” insistette il mostro.

Dopo che la protezione fatta di ghiaccio si era infranta sotto le zampate della creatura, il dio degli inganni aveva deciso che la profezia non gli interessava – non gli doveva interessare – e, così, aveva inflitto all’abominio il colpo letale, quello che avrebbe posto fine alla sua orrenda esistenza e sfiancato lui: un compromesso che gli era parso decisamente adeguato. Il seiðr si era liberato fluendo via dal suo sangue, dalla sua carne, dalla sua anima, persino, scatenando un terremoto che, nel giro di pochi minuti, avrebbe fatto crollare l’intera volta della grotta sotterranea e inghiottito per sempre il Tempio.

Grazie al sortilegio invocato dall’Ase, le ferite già inferte all’essere immondo avevano iniziato a peggiorare, la carne attorno a marcire sempre più rapidamente; il mostro, furibondo, era impazzito dal dolore e aveva tentato di avventarsi ancora una volta su di loro. Loki era riuscito a proteggere Sigyn e se stesso, a guadagnare l’imbocco del tunnel che conduceva verso l’uscita, persino. Qui, Theoric, ancora bloccato nel ghiaccio, lo aveva afferrato per una manica.

“Non puoi lasciarmi qui!”

“Non posso?” Loki si era voltato e aveva sorriso, furibondo. Approfittando del momento, il mostro morente aveva tirato fuori la sua ultima possibilità di vincere svelando il segreto che custodiva da millenni. Ma la sua voce, spaventosa e melliflua insieme, aveva tolto colore al viso di Sigyn e impietrito lui, Lingua d’Argento.

“Consegnami la principessa. Questo vostro figlio sarà la tua condanna, dio degli inganni. Ecco quello che volevi. Nel suo grembo c’è il lupo che divorerà tutti voi.”

 

La conoscenza ha un prezzo, sempre.

Sigyn si volse verso l’unico occhio del mostro, per poi spostare lentamente lo sguardo sul marito e osservarlo. Tremando, scrutò il suo profilo affilato e si accorse che l’ingannatore giudicava vera la frase del mostro agonizzante, per via di quel suo potere in grado di separare la realtà dalla menzogna. Lo vide serrare la mascella, battere le palpebre e, infine, scuotere appena la testa, per poi riprendersi e rispondere immediatamente a tono.

“E io scatenerò il Ragnarok: così dice la Voluspa.” La voce di Lingua d’Argento era asciutta, incolore. “È solo una profezia,” decise noncurante, ricordando Frigga che vedeva il futuro e, quand’era bambino, la sera gli carezzava i capelli scuri spiegandogli che le predizioni spesso erano ambigue e nascondevano nelle loro frasi oscure più sensi, infiniti significati[3].

 

 

Continua…

 

 

L’angolo di Shilyss

Cari Lettori che siete arrivati fin qua,

Quando ho iniziato a scrivere “Oltre l’inganno” desideravo che fosse una raccolta di shot che coprissero i missing moments esistenti tra Tutte le tue bugie e Giochi Pericolosi, nonché la comica Altro che il Ragnarok. Il risultato è stato questa storia ibrida che, tuttavia, ha una sua coerenza interna. Il prossimo capitolo sarà l’ultimo della vicenda del Tempio e, credo, della raccolta. Piccole precisazioni: non sono una fan sfegatata del fantasy, quindi il mio modo di intendere la magia potrebbe farvi storcere il naso, ma a me fanno storcere il naso gli incantesimi in generale, quindi… boh XD.

Theoric, è un personaggio negativo (voi direte: c’è bisogno della specifica? Purtroppo, non sapete quanto). Rappresenta la banalità del male, l’uomo della porta accanto che di fronte ai nostri “no” cerca vendette, che attribuisce l’infelicità del suo destino al fatto che Sigyn ha scelto Loki. Sigyn fu, in Tutte le tue bugie, sempre estremamente chiara nei confronti di Theoric, confessandogli immediatamente di amare un’altra persona. Più chiara di così.

Voglio ringraziare tutti coloro che hanno recensito, preferito, ricordato e seguito questa storia dal primo capitolo a… ora. Grazie davvero, ogni riga è per voi. Mi commuovo ♥. Parafrasando l’infinita Melania G. Mazzucco, posso dire che “solo chi crea conosce la gioia di sapere che la freccia scoccata verso il cielo non è caduta ai nostri piedi, ma ha colpito il cuore di qualcuno.”

Se la storia vi ha colpito, utilizzate le liste: farete felice un’Autrice ♥ (Fa anche rima). La Fatina dell’Ispirazione necessita sempre delle vostre cure per poter spandere i suoi glitter! Per ulteriori info e un po’ di divertimento… c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/

Ricordo che Vanheim, con questo ordinamento sociale, politico e culturale è una mia idea e il Tempio eccetera è una mia idea: vi pregherei di non utilizzarla o, se proprio vi sentite ispirati, di inserire un disclaimer apposito in cui dichiarate i credits . Anche il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.

A prestissimo,

Shilyss



[1] Come raccontato nel capitolo 2 di “Giochi Pericolosi.”

[2] Cari Lettori, io ve lo dico: non amo particolarmente le saghe fantasy e non le leggo abitualmente, quindi non conosco le “regole” della stregoneria in tal senso e ho proposto una mia visione della magia, che ha un costo in termini di utilizzo e che appare… così. Non ho idea se la cosa vi stonerà o meno, ma spero di non avervi delusi!

[3] Come raccontato nel capitolo 2 di questa minilong.

   
 
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