CAPITOLO
7- Scrivere
Con
il Natale era arrivato anche l’anno nuovo ed
ancora una volta Rin aveva avuto modo di passarlo con Kagome. In quel
periodo
le due avevano trascorso parecchio tempo insieme: si incontravano di
solito a
casa di Midoriko e la maggior parte delle volte si scambiavano segreti,
si
conoscevano gradualmente e, non ultima per importanza, si aiutavano a
vicenda
con i compiti. Rin, soprattutto, approfittava del fatto che Kagome
avesse parte
del suo sangue inglese, e questo voleva dire un aiuto extra per i
compiti delle
vacanze.
Con la fine della pausa invernale, tutti i
ragazzi della compagnia Sengoku erano tornati a Tokyo e ognuno aveva
ripreso
anche la propria routine, compresa la scuola.
Kagome quel giorno si svegliò con fatica: era
abituata agli orari delle vacanze e ci sarebbe voluto un po’
prima di
riprendere il ritmo giornaliero.
Dopo aver fatto colazione, salutò sua zia,
afferrò il bento che Jinenji le stava porgendo e corse
immediatamente verso
scuola. Nonostante tutto, era ben felice di tornare, rivedere le sue
amiche e
passare la pausa pranzo con Sango, Miroku, Koga, Jakotsu, Bankotsu e
Shippo. I
loro teatrini erano divertenti, specialmente Jakotsu che molestava
Koga, il
quale rispondeva imbarazzato. Era contenta di rivedere anche Sango, in
fondo le
era mancata molto e non vedeva l’ora di sentirla parlare
della sua famiglia in
Hokkaido e dei cugini infernali che aveva. La sua faccia assumeva
un’espressione
arcigna e malefica, secondo Kagome assomigliava ad un kappa, tanto era
il
fastidio che quei bambini le davano.
La scuola non distava molto dalla casa di sua
zia e lei era in perfetto orario, quindi non si diede pena
nell’affrettare il
passo. Mentre camminava passò davanti ad un minimarket e
pensò che avrebbe
potuto comprare qualcosa da mangiare durante il tragitto: in fondo a
colazione
aveva solo trangugiato in fretta e furia una semplice fetta di pane con
della
marmellata e buttato giù due sorsi di tè.
Comprò un dorayaki, uno dei suoi
dolci preferiti, e si rimise in marcia verso scuola.
Era quasi arrivata al cancello d’ingresso,
quando notò una grande macchina nera ferma davanti
l’edificio ed una
moltitudine di studenti intorno. Con il dorayaki ancora in bocca,
Kagome si
fermò per un attimo ad osservare la scena.
Da lontano sembrava proprio una macchina di
lusso, di quelle che usano i ricconi, appena uscita
dall’autolavaggio tanto era
luccicante e pulita.
Che razza di borioso poteva mai presentarsi a
scuola in quel modo?
Sicuramente qualcuno che non voleva passare
inosservato. Molti studenti si erano radunati intorno alla vettura,
curiosi di
sapere chi potesse esserci a bordo. Tra quel gruppetto di persone,
Kagome
intravide anche Sango, Miroku, Koga e Shippo affiancati da Jakotsu e
Bankotsu.
Anche loro sembravano non poco increduli.
-Oh, buongiorno Kagome- le sorrise Sango.
- ‘Morning
guys!- rispose lei- Sapete chi è la
celebrità che si presenta a scuola su
una macchina del genere?-
-No, tesoro, ma spero vivamente che sia un bel
ragazzo… possibilmente più grande di me- disse
sognante Jakotsu con gli occhi a
cuoricino. Bankotsu e Koga risero.
-Io invece spero si tratti di una bella
fanciulla- continuò Miroku, sfregandosi le mani come se non
vedesse l’ora di
mettergliele addosso.
Sango divenne livida di rabbia, strinse
nervosamente la sua tracolla, poi ribattè dicendo:-Anche se
fosse una ragazza,
dubito che una così ricca possa interessarsi a te!-
Questa volta a ridere fu Kagome. Non capiva
perché Sango si ostinava a ripetere che Miroku non le
interessava minimamente:
era così palese che i due si piacessero, ma per qualche
assurdo motivo
continuavano a far finta che quei teatrini non nascondessero nulla di
più
profondo.
Proprio mentre Kagome ingollò l’ultimo boccone
di Dorayaki, il misterioso personaggio scese dall’auto nera.
Le preghiere di
Jakotsu furono esaudite: dalla macchina fece la sua apparizione un
ragazzo,
forse della loro stessa età, dai lunghi capelli argentati.
Kagome aguzzò la vista, specialmente sul paio di
orecchie canine che troneggiavano sulla testa del ragazzo in questione.
Lo
osservò scendere lentamente, tutto per attirare volutamente
l’attenzione su di
sé, ma lo riconobbe subito: era il fratello minore di
Sesshomaru No Taisho. Lo
aveva incontrato con Rin il giorno di Natale, al parco.
-Non ha un’aria vagamente familiare?- domandò
Shippo, portandosi una mano sotto al mento.
-In effetti Shippo ha ragione: somiglia molto a
qualcuno- sostenne Miroku.
-È il fratello minore di Sesshomaru No Taisho-
disse veloce Kagome, dissipando ogni dubbio.
Tutto il gruppetto si girò verso di lei.
-E tu come fai a saperlo?- intervenne Sango.
-L’ho incontrato il giorno di Natale con Rin,
per puro caso. Cioè in realtà è stata
Rin che ha incontrato Sesshomaru, poi io
l’ho raggiunta e…-
-Poco importa… è uno schianto!!!-
gracchiò
Jakotsu- Soprattutto quelle adorabili orecchie!-
A quelle parole, suo cugino si portò una mano
sul viso, ancora incredulo di certe esclamazioni di Jakotsu.
-Quindi quel botolo ringhioso sarà un bastardo
proprio come suo fratello- questa volta fu Koga a prendere parola. Non
sembrava
aver avuto una buona impressione.
Miroku, che nonostante il suo vizietto con le
donne era il pacificatore del gruppo, mise una mano sulla spalla del
demone
lupo e disse:- è ancora presto per dirlo, diamogli tempo!-
E poi si avviarono tutti verso le loro classi.
Nonostante quello che aveva detto Miroku, Kagome
non poteva fare a meno di pensare a quanto potesse essere borioso quel
ragazzo
lì.
***
-Sei
pronta, Kagome? Gli altri ci stanno aspettando-
disse nervosamente Sango, che non voleva sprecare nemmeno un minuto
della
preziosa pausa pranzo.
-Eccomi, eccomi- la tranquillizzò l’amica,
mentre afferrava il bento dalla sua borsa.
Insieme corsero, letteralmente, le scale che
portavano al tetto. Schivavano tutti gli studenti che si trovavano
sulla loro
strada. Kagome ancora non capiva il motivo di tanta fretta, anche lei
era
impaziente di passare la pausa pranzo a rilassarsi con gli altri, ma
secondo
lei Sango era fin troppo esagerata. Si ricordò di una volta
in cui aveva
provato ad insinuare che la causa di tanta foga potesse essere Miroku e
lei
subito l’aveva minacciata di farle un occhio nero.
Arrivarono davanti alla porta rossa metallica
che immetteva sul tetto.
Kagome aveva il fiatone.
-Non capisco perché dobbiamo correre come se
dovessimo allenarci per la maratona…- sibilò la
ragazza tra un sospiro e
l’altro.
La bruna ignorò volontariamente la frase e aprì
la porta. La luce abbagliante di quel mattino invernale
colpì la faccia delle
ragazze.
-Vedi? Siamo anche le prime!-
Si sedettero sui primi gradini di una scaletta
esterna. Sango, ancora una volta in maniera del tutto volontaria, non
colse la
provocazione di Kagome e iniziò ad aprire i lembi del
fazzoletto in cui era
avvolto il bento. Fortunatamente passarono appena cinque minuti prima
dell’arrivo del resto del gruppo.
-Ciao fanciulle!- urlò Miroku, quasi
canticchiando.
Kagome rivolse uno sguardo di soppiatto alla sua
amica, cercando di cogliere un segnale di debolezza che potesse
confermare le
sue teorie e difatti, lo vide: una spruzzata di rossore sulle gote.
Fecero il loro ingresso trionfale anche Koga,
Bankotsu, Koga e Shippo. L’ultimo ad entrare fu Jakotsu, ma
Sango e Kagome
notarono che, in realtà, non era per niente solo. Insieme a
lui camminava anche
il ragazzo di quella mattina, il mezzo demone dalle orecchie da cane.
Kagome rimase piuttosto sorpresa nel vederlo lì
con loro. Mentre osservava i lineamenti del suo viso, notò
come era stata
disattenta quel giorno di Natale, il giorno in cui si erano incontrati
per la
prima volta. I suoi occhi percorsero ogni parte del suo viso: il
colorito
vivace, la bocca sottile e quegli occhi color ambra, più
caldi di quelli di suo
fratello. Se aveva sentito dire da alcune ragazze che Sesshomaru No
Taisho era
un bel ragazzo, pensò che suo fratello non era da meno.
-Ragazze, vi presento il nostro nuovo acquisto:
Inu-Yasha!- pigolò trionfante Jakotsu, con le guance rosse
per l’emozione.
Il mezzo demone non parve scomporsi minimamente,
anzi riusciva a stare al gioco in maniera molto naturale.
-Come al solito sei un pervertito!- lo canzonò
Shippo, mentre prendeva posto di fianco a Kagome.
Sango cercò di dissimulare l’imbarazzo
sorridendo e presentandosi goffamente. Dopotutto nella sua testa lui
era ancora
il fratello dell’uomo che aveva provato a rovinare la sua
compagnia teatrale e,
per ora, i due non
erano tanto diversi.
-Abbiamo pensato che fosse nostro dovere dare il
benvenuto nel nostro istituto al nuovo arrivato- esclamò
Miroku, cercando di
rendere l’atmosfera il più rilassata possibile.
-Loro sono le donzelle del gruppo. Hai già
conosciuto la nostra Sango, mentre lei è la nostra Kagome-
continuò Miroku,
liberando Inu-Yasha dalle grinfie di Jakotsu.
La diretta interessata decise che sarebbe stata
buona educazione alzarsi e così fece, ritrovandosi di fronte
al ragazzo.
Gli occhi di lui e quelli di lei si
incontrarono. Si strinsero la mano e a quel contatto entrambi assunsero
un’espressione stupita, sentirono una strana sensazione
pervadere tutto il loro
corpo, dalla schiena fino alla testa. Era difficile da spiegare: un
brivido,
una scossa? Forse, fatto stava che entrambi si sentirono trascinati da
questo
turbinio improvviso, lo sentivano in tutto il corpo. Una nuova
consapevolezza.
E delle immagini si susseguirono anche per loro,
remote e confuse.
Kagome avvertì la strana sensazione di aver già
conosciuto quella persona e che quel contatto avesse risvegliato una
parte
sopita di lei. Dentro al cuore sperava che per la persona che le stava
di
fronte fosse lo stesso.
-Piacere, Kagome-
-Inu-Yasha-
Sì,
anche per lui valeva lo stesso.
***
Rin
stava facendo i suoi esercizi di
allungamento per prepararsi a quella nuova lezione con la compagnia.
Aveva
passato tutte le vacanze nell’attesa di ricominciare le prove
e finalmente quel
giorno era arrivato. Mentre allungava le braccia verso le gambe,
pensò tra sé e
sé che da qualche sera non riusciva a ricordare i suoi
sogni. Precisamente
dalla notte di Natale.
Ripensò a quel giorno meraviglioso passato con
Kagome e la sua sensei, a quando nel pomeriggio era andata a pattinare
e poi…
…e poi quando aveva incontrato lui.
In quell’occasione non era stato maleducato,
fatta eccezione per quell’appellativo che lei odiava tanto,
specialmente se
detto da uno youkai come lui. Si domandò come una persona
come lui potesse
essere così spietata, quando invece aveva dimostrato di
essere gentile e
premuroso.
-Ehi Rin, direi che può bastare lo stretching-
la richiamò Ayame, affiancandola.
La diretta interessata si girò senza capire.
-Sarà da due minuti che sei in quella posizione-
-Hai ragione, ero persa nei miei pensieri- disse
Rin rialzandosi e arrossendo leggermente. Pensare a
quell’uomo le aveva fatto
perdere la nozione del tempo.
-Salve a tutti ragazzi- trillò poi una voce maschile
alle loro spalle.
Le ragazze si voltarono.
-Ciao, Kohaku!- lo salutò entusiasta Rin. Vedere
il volto allegro di Kohaku le faceva bene, la riscaldava. Il ragazzo, a
quel
sorriso entusiasta, arrossì leggermente e distolse lo
sguardo, andando poi a
posare le sue cose in fondo alla sala e preparandosi con gli esercizi
vocali.
La rossa demone lupo si avvicinò a Rin con tono
malizioso.
-Quando ti renderai conto che gli piaci?- il
tutto accompagnato da una gomitata ben assestata tra le costole.
-Ma che dici? E poi stai un po’ attenta che mi
fai male- si lamentò Rin.
-Dico quello che sanno anche i sassi ma che tu
non vuoi notare-
-Non riesco proprio a seguirti- continuò ad
affermare Rin massaggiandosi le costole.
-Pensi che me lo sia inventato? Rin, smettila di
fare la finta tonta!-
-Il punto è che Rin non fa la finta tonta, lei
non nota niente- si intromise una voce delicata tra di loro.
Entrambe si trovarono il volto pallido e calmo
di Kanna. Era arrivata silenziosamente, come era suo solito, e si era
intromessa
nella discussione senza troppi fronzoli.
-Di cosa stavate parlando?-
-Oh Kanna, meno male che sei venuta in mio
aiuto. Stavo dicendo a questa testona che è
l’unica a non essersi accorta che
Kohaku le sbava dietro- disse subito Ayame.
A quelle
parole la ragazza sentì come uno stiletto trafiggerle il
cuore. Non era la
prima volta che aveva sentito Ayame dire una cosa del genere, ma aveva
sempre
preferito far finta di niente. Questa volta di fronte ad una domanda
così
diretta non poteva sottrarsi. Un’ombra le
attraversò gli occhi per un momento.
In realtà era lei quella che aveva una cotta per Kohaku, ma
aveva sempre
cercato di nascondere la cosa, anche alla sua migliore amica. In fondo
al cuore
sapeva che Ayame aveva ragione: era chiaro come il sole che il ragazzo
rivolgeva le attenzioni a Rin in maniera troppo entusiasta. Eppure
aveva
cercato di raccontarsi una bugia dietro l’altra per non
provare un altro
sentimento: l’invidia.
Sì, invidiava Rin.
Le invidiava il talento nella recitazione e le
invidiava il fatto che fosse riuscita a catturare
l’attenzione di Kohaku.
Fece un leggero sospiro, poi si stampò sul volto
un sorriso e disse:- Te l’ho detto: Rin non nota queste cose-
Una non risposta, sempre meglio di altro, pensò
tra sé e sé.
-Visto? Lo sanno tutti tranne te-
Rin divenne rossa come un peperone e iniziò a
sparare una serie di scuse a raffica:-Voi scambiate la sua gentilezza
per
interessa, ma lui è solo un amico…-
No Rin, pensò Kanna, non è mera gentilezza la
sua.
Poi anche lei andò a riscaldarsi.
***
-Da
quando è uscito quell’articolo sul giornale,
le prove sono diventate più dure del solito- si
lamentò Shippo quando ebbero
finito.
Tutti gli altri non poterono fare altro che
annuire e trovarsi d’accordo. Quella critica aveva
elettrizzato non solo la
signora Midoriko ma tutti gli altri insegnanti, in particolari Saya, il
loro
diretto maestro. Due ore erano passate e le prove poteva definirsi
concluse.
Durante lo svolgimento dei soliti esercizi,
l’anziano maestro aveva detto loro di eseguire, aveva
ricevuto la visita della
signora Midoriko.
Senza troppi convenevoli aveva comunicato
l’intenzione di mettere in scena uno spettacolo del tutto
imprevisto, a marzo.
Tutti gli allievi avevano accolto la notizia con grande stupore: non
aveva mai
provato a preparare una rappresentazione in soli tre mesi. Non
avrebbero
nemmeno studiato un testo facile: questa volta la sensei aveva optato
per
Molière, più nello specifico “Il malato
immaginario”.
-Mi chiedo come faremo a preparare un testo in
così poco tempo!- si lamentò Ayame, mentre si
infilava il cappotto scuro.
-Ma tu non sai fare altro che lamentarti?- la
rimbeccò Koga.
La ragazza divenne rossa per l’imbarazzo, poi
fece un gestaccio accompagnato da un sonoro
“cafone”. Tutti assistettero alla
scena curiosi, Rin si domandava soprattutto cosa fosse successo tra
quei due
durante le vacanze di Natale. Di sicuro lo avrebbe scoperto di
lì a poco.
-Non vorrei sembrare antipatico, ma credo che
Ayame abbia ragione- seguì Shippo, riportando
l’attenzione di tutti sullo
spettacolo.
Non aveva tutti i torti, anzi erano più che
onesti nel giudizio. Nessuno degli altri membri della compagnia lo
avrebbe
ammesso ma allestire uno spettacolo in poco più di tre mesi
era un vero atto
suicida. Anche Miroku, sempre così positivo e propositivo,
non aveva accennato
ad una parola di conforto.
Era come avere una spada di Damocle sulla testa:
il tempo era poco e sapevano che la buona riuscita era
l’unico esito a cui potevano
aspirare.
-E tutto per quella critica sul giornale-
sospirò Kanna, affranta.
Kohaku venne in suo aiuto, le poggiò una mano
sulla spalla e le disse:-Dai su, proviamo a non farci prendere dallo
scoramento, è solo tutto a nostro svantaggio-
-Kohaku ha ragione!- esclamò poi di punto in
bianco Rin, gonfiando il petto per assumere una forma più
imponente- Non è il
caso di tirarci indietro proprio adesso. E poi, pensateci un
po’, avremo modo
di recitare una volta di più sul palcoscenico… io
alla sola idea mi sento
elettrizzata!-
Ci credeva a quelle parole. E poi che importava?
Bastava impugnare il copione e recitare, questa era la cosa
più importante per
lei, il resto passava in secondo piano. Svegliarsi la mattina con il
pensiero
di studiare battute e pensare a costumi di scena, la faceva sentire
più viva
che mai e, in fondo, non c’era niente di diverso dai giochi
che faceva lei da
bambina.
Quella critica sul giornale, per quanto dura
potesse essere, le aveva messo negli ultimi giorni una carica fuori dal
comune.
Se n’era resa conto durante le vacanze di Natale:
più stava lontano dal
palcoscenico, più prendeva consapevolezza che quella era la
sua strada. E in
barba a quel ghiacciolo di Sesshomaru No Taisho, glielo avrebbe fatto
vedere
lei chi era.
Ci fu un attimo di silenzio tra il gruppetto,
poi Kohaku sorrise nuovamente, tolse la sua mano dalla spalla di Kanna
per
posarla su quella di Rin.
-Esatto, Rin. Sentito ragazzi? Cerchiamo tutti
di fare del nostro meglio!- li incitò il ragazzo.
A poco a poco tutti distesero i lineamenti del
viso in un sorriso, poi Jakotsu emise uno dei suoi gridolini femminili
per
scaricare la tensione ed una risata generale contagiò la
piccola compagna Sengoku.
Anche Kanna rideva, un po’ meno degli altri: non poteva fare
a meno di notare
che la mano di Kohaku era ancora sulla spalla di Rin e non accennava a
togliersi.
-Gelosia?- domandò qualcuno al suo fianco.
Kanna si voltò di colpo, presa alla sprovvista.
Hakudoshi le si era materializzato all’improvviso, senza che
lei se ne
accorgesse. La guardava con un’ espressione divertita: le
labbra sottili
distese in un sorriso enigmatico e gli occhi ridotti a due fessure,
quasi
volessero scrutare dentro l’anima della ragazza, la quale si
sentì indifesa.
Deglutì e poi disse:-Non ho idea di cosa tu stia
parlando-
-Io credo proprio di sì. Pensi che Kohaku sia
l’unico
che mostra i suoi sentimenti? Non siete poi tanto diversi, voi due-
insinuò
Hakudoshi, punzecchiandola.
Kanna si sentiva sempre più messa alle stretta,
non voleva rivelare a nessuno la sua cotta per Kohaku.
-Davvero, Hakudoshi, credo che tu veda cose che
non esistono- e girò subito i tacchi per andarsene, senza
salutare nessuno.
Maledetto Hakudoshi, aveva capito il suo
interesse nei confronti di Kohaku. Ora non avrebbe smesso di
punzecchiarla. Faceva
già molta fatica a reprimere i suoi sentimenti, senza
contare l’odio che l’assaliva
ogni volta che Rin confermava la sua natura ingenua, sempre con la
testa fra le
nuvole e troppo impegnata a pensare a recitare per notare anche la cosa
più
ovvia.
Nel frattempo, una volta che tutti si furono tranquillizzati,
i ragazzi si affrettarono a lasciare la scuola per tornare a casa.
-Ehi, ma dov’è Kanna?- domandò Rin,
cercando con
lo sguardo la sua migliore amica.
-Doveva tornare a casa presto- rispose per lei
Hakudoshi.
-Oh… capisco…- disse Rin, leggermente
sconsolata. Era dalle vacanze di Natale che non aveva trovato un
momento di
tranquillità con Kanna, le mancavano le loro chiacchiere
durante la pausa
pranzo, sedute sugli spalti del campo di calcio della scuola. Quella
mattina
non era andata a scuola a causa di una visita medica alla quale sua
nonna
doveva presentarsi, quindi non aveva ancora avuto modo di salutarla
come si
deve.
Sentiva, da un po’ di tempo, che qualcosa si
stava insinuando tra di loro, ma non riusciva a capire cosa di preciso.
La cosa
non poteva che farla intristire: anche se aveva nuove amiche questo non
voleva
dire dimenticarsi della sua migliore amica.
I ragazzi stavano camminando verso l’uscita e
Rin era ancora persa nei suoi pensieri, quando Bankotsu
richiamò l’attenzione
di tutti.
-Ma quello non è Naraku Onigumo?- sussurrò al
gruppo, guardando la figura alta e snella del mezzo demone.
A quel nome Rin si svegliò come di soprassalto.
Cercò
con lo sguardo il soggetto che stava catalizzando
l’attenzione di tutti.
Ed eccolo lì, che stava uscendo dall’ufficio della
sensei. Ogni volta che Rin lo guardava non poteva fare a meno di
sentirsi inquieta,
provare quella brutta sensazione di precarietà.
Naraku camminava sicuro lungo il corridoio, il
solito ghigno dipinto sulla faccia. Da come avanzava, ricordava un
ragno pronto
a mangiare la povera preda finita nella sua ragnatela, che
più si agita, più si
intrappola da sola, senza che il predatore faccia nulla.
I ragazzi si fermarono, intimoriti da quella
figura scura. Naraku, che sentiva perfettamente gli sguardi su di
sé, si voltò
verso gli attori.
-Buonasera, ragazzi- li salutò, totalmente
sicuro di sé. Nessuno ebbe il coraggio e la prontezza di
rispondergli.
Una volta che fu scomparso alla vista, Ayame
disse:- Quell’uomo mette più paura di Sesshomaru
No Taisho-
-A proposito Sesshomaru No Taisho, sapete che ha
un fratello minore?- domandò retoricamente Shippo agli unici
del gruppo all’oscuro
della cosa.
Rin si fece avanti.
-Io lo sapevo, lo abbiamo incontrato con Kagome
il giorno di Natale. Ma perché lo state chiedendo?-
-A quanto pare è nella nostra stessa scuola-
intervenne Koga, sprezzante- E Miroku ha pensato bene di farlo entrare
nel
nostro gruppo-
Dal tono di voce si capiva benissimo che il
demone lupo non era per niente contento di quella scelta.
-Perché tanto astio, Koga? Io lo trovo
adorabile- disse Jakotsu, sovraeccitato.
-Lo so io perché lo dici, dannato pervertito!-
Sango, che fino a quel momento era stata zitta,
prese parola:- Per una volta mi trovo d’accordo con Koga: non
so quanto fidarmi
del fratello dell’uomo che ha sabotato il nostro spettacolo-
Il ragionamento era più che condivisibile. Poi Miroku
si decise a dire la sua:-Io credo che bisogna dargli una
possibilità. Non è
detto che sia uguale a suo fratello…-
-Fratellastro- lo interruppe Rin, ripetendo ad
alta voce le parole di Sesshomaru quel giorno.
Tutti si voltarono a guardare la ragazza
stupiti.
Rin arrossì:-Scusate, è quello che hanno detto
quel giorno. Sembravano molto ansiosi di specificarlo-
-Visto?- disse Miroku rivolto verso Koga.
-E poi lo abbiamo conosciuto solo oggi. Se
addirittura Kagome, che avrebbe molti più motivi di te per
odiare la famiglia
No Taisho, non ha mostrato un atteggiamento ostile nei suoi confronti,
non vedo
perché preoccuparti inutilmente-
Koga sbuffò:- E va bene, mi arrendo- disse
alzando le mani al cielo.
Poi, lentamente, uscirono tutti, si salutarono e
tornarono a casa. Ayame e Rin condividevano la strada verso la stazione
della
metropolitana e fu quello il momento che Rin colse per farsi dire dalla
yasha
cosa fosse successo tra lei e Koga durante le vacanze estive. La
risposta non
tardò ad arrivare: assolutamente niente di rilevante. Una
volta che gli aveva
dato il suo regalo di Natale, anche Koga aveva fatto altrettanto, ma
non era
scattato nessun bacio. L’unica cosa diversa era che ora i due
intrattenevano
una corrispondenza epistolare tramite cellulare giornaliera.
-Ma come è possibile?- domandò delusa Rin. Eppure
era sicura che al rientro dalle vacanze Ayame l’avrebbe
travolta con un oceano
di parole su lei e Koga.
La rossa, sebbene delusa, cercava di dissimulare
quel sentimento.
-Beh guardiamo il lato positivo- disse
lei-almeno ora parliamo e non scappo più-
Una volta detto questo, Ayame si scusò con Rin,
ma doveva correre a prendere il treno che l’avrebbe portata a
casa. Si salutarono,
poi Rin guardò il suo orologio e vide che per il suo di
treno ci sarebbe voluto
un bel po’, magari avrebbe camminato per passare il tempo.
Mentre vagava per le
strade di Tokyo, pensò a quanto fossero complicate le storie
d’amore: bastava
prendere ad esempio Koga ed Ayame. Entrambi si erano scambiati dei
regali di
Natale eppure non si erano decisi a dichiararsi. Era quasi del tutto
sicura che
anche Koga provasse qualcosa per Ayame… ma allora
perché aspettare così tanto?
Koga solitamente mostrava un carattere sicuro di
sé, a tratti un po’ sbruffone. Che fosse, sotto
sotto, un insicuro cronico? Poteva
essere, ma nonostante tutto Rin non riusciva ancora a capacitarsi di
quanto
stupidi fossero i suoi amici in quel momento.
Sperava che per lei non toccasse la stessa
sorte: aspettare tanto per poter unirsi con la persona amata, quella
che era
legata a lei dal sottile filo rosso del destino. Dentro di
sé sentiva che non
appena avrebbe incontrato la sua anima gemella, l’avrebbe
riconosciuta subito,
senza esitazione alcuna.
Sì, non si sarebbe fatta distrarre da cose
futili.
Mentre era persa in questi pensieri, non si
accorse che si era fermata di fronte alla vetrina di una libreria,
allestita
ancora con le luci di Natale all’entrata. Sorrise
leggermente, non l’aveva mai
notata quando tornava a casa dalle prove. Si concesse qualche minuto
per
osservare la vetrina ed una cosa catturò subito la sua
attenzione: un libricino
rosso.
Lo aveva già visto a casa di Kagome… era il
“Sengoku
Monogatari”. Campeggiava in quella vetrina, sovrastando con
la sua presenza
tutti gli altri libri, che davanti a lui assumevano solo la forma di
meri
involucri di cellulosa e cartone.
Rin studiò con attenzione quasi chirurgica ogni
singolo angolo di quella copertina. Era tutto a causa di quel piccolo
oggetto
se la sua sensei si trovava costretta a combattere una battaglia contro
Sesshomaru e Naraku.
Non seppe spiegarlo nemmeno lei, ma qualcosa la spinse
ad entrare dentro, afferrare la prima copia disponibile e acquistare
quel
tesoro. Ancora prima di realizzare cosa fosse successo, si trovava
già fuori
dalla libreria, il sacchetto di carta tenuto stretto tra le mani.
Poi una macchina sfrecciò di fianco al
marciapiede.
E Rin li vide.
Dei capelli argentati.
***
-Cos’hai
da guardare?- chiese il demone con tono sprezzante. Lei non riusciva a
proferire
parola, tanto era stupita di trovarsi al cospetto di un essere come
quello. Dentro
al cuore non sapeva cosa fare: scappare, urlare?
Nessuna delle
due era adatta all’occasione. La giovane sacerdotessa
scavò nel suo cuore e
trovò da sola il coraggio di alzarsi da terra e avvicinarsi
verso l’albero in
cui era imprigionato quel demone dalle sembianza umane.
Lui la
guardava, incatenandola con quegli occhi color ambra.
-Mi sembri
sorpresa, miko. Non hai mai sentito parlare del figlio del generale dei
demoni
cane?- chiese lui, guardandola con disprezzo.
La ragazza
non rispose.
-Ma certo
che devi aver sentito parlare di me-
-Non sarai
per caso il figlio mezzo demone? Colui che è stato
imprigionato secoli fa?-
chiese lei, esitante.
-Esatto,
miko. Io sono…-
Kagome
si trovò con la penna sospesa a mezz’aria,
fissava la pagina alla ricerca di un’ispirazione.
Si girò a guardare l’orologio sulla scrivania. Le
undici di sera. Era chiaro che poi a scuola fosse stanca, ma non poteva
farci
nulla: così come Rin doveva recitare, lei doveva scrivere.
Ma la sua era un’attività solitaria, a riparo da
sguardi indiscreti. In cuor suo sperava che un giorno potesse
eguagliare il suo
defunto zio nella creazione di una storia indimenticabile.
Conosceva molto bene la trama del Sengoku
Monogatari, lo sapeva a memoria, tante erano state le volte in cui lo
aveva
sfogliato a letto fino a notte fonda.
Dopo l’incontro con quel ragazzo, Kagome si era
sentita invasa da un’energia mai provata prima, talmente
forte che doveva
imprimerla su carta il prima possibile. E così aveva fatto:
a lezione non aveva
ascoltato la professoressa bensì aveva dedicato tutta la sua
attenzione a quel
pezzo di carta che stava riempiendo di parole una dietro
l’altra; a cena la
stessa cosa, si era limitata a trangugiare tutto quello che le passava
Jinenji
e poi era corsa in camera a continuare a scrivere.
Sapeva che stava semplicemente riscrivendo un
passo della storia che suo zio aveva creato, ma voleva dare la sua
versione, il
suo punto di vista.
Che strana sensazione stava provando.
Abbassò di nuovo lo sguardo sulla pagina,
impugnò la penna e scrisse infine quel nome.
Inu-Yasha.
Ed
eccomi qui, lettori. Chiedo scusa se questo
capitolo è uscito un po’ in ritardo ma ci sono
stati una serie di fattori che
mi hanno tenuta lontana dalla storia: prima di tutto, la mia voglia di
dargli
uno spessore, di creare un qualcosa di originale, quindi sto cercando
di capire
ancora come incastrare molte cose, senza dimenticarmi di nessuno; come
seconda
cosa, metto davanti un periodo un po’ incasinato nella mia
vita, pieno di
studio ed altre preoccupazioni.
Ma tranquilli, ho assolutamente intenzione di
continuare ad aggiornare, anche perché non posso che essere
felice delle
persone che commentano e leggono questa mia piccola creazione.
Al momento sono ancora un po’ indecisa su alcuni
punti, come ad esempio, quando arriverà il momento di
parlare della trama del
Sengoku Monogatari (perché ci sarà anche quella),
se mantenere i nomi originali
o metterne di fittizi. Ditemi voi cosa preferite.
Alcune scene, che arriveranno molto, ma moolto
più in là, le ho già impresse su
carta, come la nostra Kagome, mentre per altre
brancolo ancora nel buio. Sarei curiosa di sapere cosa ne pensate voi,
cosa vi
aspettate che succeda? Mi piacerebbe sapere il vostro punto di vista.
Detto questo, ringrazio tutte le persone che
leggono e commentano la mia storia. Fatemi sapere se anche questo
capitolo vi è
piaciuto.
Al
prossimo capitolo!