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Autore: Sophie Ondine    16/04/2019    5 recensioni
Dal testo:
-Un giorno, non ti è dato sapere come, non ti è dato sapere quando, tu e il tuo amore vi incontrerete nuovamente. Non avrete ricordi della vostra vita precedente, ma verrete attratti l’una all’altro senza neanche accorgervene, non potrete fare niente per impedirlo. Quello che è accaduto in questa vita, si ripeterà nuovamente e ancora e ancora, fino a quando il vostro amore non troverà realizzazione. È questo il destino delle anime gemelle.-
***
Cosa succederebbe se due anime, separate nella vita precedente, si reincarnassero? Che cosa attira una semplice ragazzina con la passione per il teatro verso un gelido demone? Nonostante la Vita si diverta a metterli sempre l'uno contro l'altra, cosa farà il Destino?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7- Scrivere

 

Con il Natale era arrivato anche l’anno nuovo ed ancora una volta Rin aveva avuto modo di passarlo con Kagome. In quel periodo le due avevano trascorso parecchio tempo insieme: si incontravano di solito a casa di Midoriko e la maggior parte delle volte si scambiavano segreti, si conoscevano gradualmente e, non ultima per importanza, si aiutavano a vicenda con i compiti. Rin, soprattutto, approfittava del fatto che Kagome avesse parte del suo sangue inglese, e questo voleva dire un aiuto extra per i compiti delle vacanze.
Con la fine della pausa invernale, tutti i ragazzi della compagnia Sengoku erano tornati a Tokyo e ognuno aveva ripreso anche la propria routine, compresa la scuola.
Kagome quel giorno si svegliò con fatica: era abituata agli orari delle vacanze e ci sarebbe voluto un po’ prima di riprendere il ritmo giornaliero.
Dopo aver fatto colazione, salutò sua zia, afferrò il bento che Jinenji le stava porgendo e corse immediatamente verso scuola. Nonostante tutto, era ben felice di tornare, rivedere le sue amiche e passare la pausa pranzo con Sango, Miroku, Koga, Jakotsu, Bankotsu e Shippo. I loro teatrini erano divertenti, specialmente Jakotsu che molestava Koga, il quale rispondeva imbarazzato. Era contenta di rivedere anche Sango, in fondo le era mancata molto e non vedeva l’ora di sentirla parlare della sua famiglia in Hokkaido e dei cugini infernali che aveva. La sua faccia assumeva un’espressione arcigna e malefica, secondo Kagome assomigliava ad un kappa, tanto era il fastidio che quei bambini le davano.
La scuola non distava molto dalla casa di sua zia e lei era in perfetto orario, quindi non si diede pena nell’affrettare il passo. Mentre camminava passò davanti ad un minimarket e pensò che avrebbe potuto comprare qualcosa da mangiare durante il tragitto: in fondo a colazione aveva solo trangugiato in fretta e furia una semplice fetta di pane con della marmellata e buttato giù due sorsi di tè. Comprò un dorayaki, uno dei suoi dolci preferiti, e si rimise in marcia verso scuola.
Era quasi arrivata al cancello d’ingresso, quando notò una grande macchina nera ferma davanti l’edificio ed una moltitudine di studenti intorno. Con il dorayaki ancora in bocca, Kagome si fermò per un attimo ad osservare la scena.
Da lontano sembrava proprio una macchina di lusso, di quelle che usano i ricconi, appena uscita dall’autolavaggio tanto era luccicante e pulita.
Che razza di borioso poteva mai presentarsi a scuola in quel modo?
Sicuramente qualcuno che non voleva passare inosservato. Molti studenti si erano radunati intorno alla vettura, curiosi di sapere chi potesse esserci a bordo. Tra quel gruppetto di persone, Kagome intravide anche Sango, Miroku, Koga e Shippo affiancati da Jakotsu e Bankotsu. Anche loro sembravano non poco increduli.
-Oh, buongiorno Kagome- le sorrise Sango.
- ‘Morning guys!- rispose lei- Sapete chi è la celebrità che si presenta a scuola su una macchina del genere?-
-No, tesoro, ma spero vivamente che sia un bel ragazzo… possibilmente più grande di me- disse sognante Jakotsu con gli occhi a cuoricino. Bankotsu e Koga risero.
-Io invece spero si tratti di una bella fanciulla- continuò Miroku, sfregandosi le mani come se non vedesse l’ora di mettergliele addosso.
Sango divenne livida di rabbia, strinse nervosamente la sua tracolla, poi ribattè dicendo:-Anche se fosse una ragazza, dubito che una così ricca possa interessarsi a te!-
Questa volta a ridere fu Kagome. Non capiva perché Sango si ostinava a ripetere che Miroku non le interessava minimamente: era così palese che i due si piacessero, ma per qualche assurdo motivo continuavano a far finta che quei teatrini non nascondessero nulla di più profondo.
Proprio mentre Kagome ingollò l’ultimo boccone di Dorayaki, il misterioso personaggio scese dall’auto nera. Le preghiere di Jakotsu furono esaudite: dalla macchina fece la sua apparizione un ragazzo, forse della loro stessa età, dai lunghi capelli argentati.
Kagome aguzzò la vista, specialmente sul paio di orecchie canine che troneggiavano sulla testa del ragazzo in questione. Lo osservò scendere lentamente, tutto per attirare volutamente l’attenzione su di sé, ma lo riconobbe subito: era il fratello minore di Sesshomaru No Taisho. Lo aveva incontrato con Rin il giorno di Natale, al parco.
-Non ha un’aria vagamente familiare?- domandò Shippo, portandosi una mano sotto al mento.
-In effetti Shippo ha ragione: somiglia molto a qualcuno- sostenne Miroku.
-È il fratello minore di Sesshomaru No Taisho- disse veloce Kagome, dissipando ogni dubbio.
Tutto il gruppetto si girò verso di lei.
-E tu come fai a saperlo?- intervenne Sango.
-L’ho incontrato il giorno di Natale con Rin, per puro caso. Cioè in realtà è stata Rin che ha incontrato Sesshomaru, poi io l’ho raggiunta e…-
-Poco importa… è uno schianto!!!- gracchiò Jakotsu- Soprattutto quelle adorabili orecchie!-
A quelle parole, suo cugino si portò una mano sul viso, ancora incredulo di certe esclamazioni di Jakotsu.
-Quindi quel botolo ringhioso sarà un bastardo proprio come suo fratello- questa volta fu Koga a prendere parola. Non sembrava aver avuto una buona impressione.
Miroku, che nonostante il suo vizietto con le donne era il pacificatore del gruppo, mise una mano sulla spalla del demone lupo e disse:- è ancora presto per dirlo, diamogli tempo!-
E poi si avviarono tutti verso le loro classi.
Nonostante quello che aveva detto Miroku, Kagome non poteva fare a meno di pensare a quanto potesse essere borioso quel ragazzo lì.

 

***

-Sei pronta, Kagome? Gli altri ci stanno aspettando- disse nervosamente Sango, che non voleva sprecare nemmeno un minuto della preziosa pausa pranzo.
-Eccomi, eccomi- la tranquillizzò l’amica, mentre afferrava il bento dalla sua borsa.
Insieme corsero, letteralmente, le scale che portavano al tetto. Schivavano tutti gli studenti che si trovavano sulla loro strada. Kagome ancora non capiva il motivo di tanta fretta, anche lei era impaziente di passare la pausa pranzo a rilassarsi con gli altri, ma secondo lei Sango era fin troppo esagerata. Si ricordò di una volta in cui aveva provato ad insinuare che la causa di tanta foga potesse essere Miroku e lei subito l’aveva minacciata di farle un occhio nero.
Arrivarono davanti alla porta rossa metallica che immetteva sul tetto.
Kagome aveva il fiatone.
-Non capisco perché dobbiamo correre come se dovessimo allenarci per la maratona…- sibilò la ragazza tra un sospiro e l’altro.
La bruna ignorò volontariamente la frase e aprì la porta. La luce abbagliante di quel mattino invernale colpì la faccia delle ragazze.
-Vedi? Siamo anche le prime!-
Si sedettero sui primi gradini di una scaletta esterna. Sango, ancora una volta in maniera del tutto volontaria, non colse la provocazione di Kagome e iniziò ad aprire i lembi del fazzoletto in cui era avvolto il bento. Fortunatamente passarono appena cinque minuti prima dell’arrivo del resto del gruppo.
-Ciao fanciulle!- urlò Miroku, quasi canticchiando.
Kagome rivolse uno sguardo di soppiatto alla sua amica, cercando di cogliere un segnale di debolezza che potesse confermare le sue teorie e difatti, lo vide: una spruzzata di rossore sulle gote.
Fecero il loro ingresso trionfale anche Koga, Bankotsu, Koga e Shippo. L’ultimo ad entrare fu Jakotsu, ma Sango e Kagome notarono che, in realtà, non era per niente solo. Insieme a lui camminava anche il ragazzo di quella mattina, il mezzo demone dalle orecchie da cane.
Kagome rimase piuttosto sorpresa nel vederlo lì con loro. Mentre osservava i lineamenti del suo viso, notò come era stata disattenta quel giorno di Natale, il giorno in cui si erano incontrati per la prima volta. I suoi occhi percorsero ogni parte del suo viso: il colorito vivace, la bocca sottile e quegli occhi color ambra, più caldi di quelli di suo fratello. Se aveva sentito dire da alcune ragazze che Sesshomaru No Taisho era un bel ragazzo, pensò che suo fratello non era da meno.
-Ragazze, vi presento il nostro nuovo acquisto: Inu-Yasha!- pigolò trionfante Jakotsu, con le guance rosse per l’emozione.
Il mezzo demone non parve scomporsi minimamente, anzi riusciva a stare al gioco in maniera molto naturale.
-Come al solito sei un pervertito!- lo canzonò Shippo, mentre prendeva posto di fianco a Kagome.
Sango cercò di dissimulare l’imbarazzo sorridendo e presentandosi goffamente. Dopotutto nella sua testa lui era ancora il fratello dell’uomo che aveva provato a rovinare la sua compagnia teatrale e, per ora, i due  non erano tanto diversi.
-Abbiamo pensato che fosse nostro dovere dare il benvenuto nel nostro istituto al nuovo arrivato- esclamò Miroku, cercando di rendere l’atmosfera il più rilassata possibile.
-Loro sono le donzelle del gruppo. Hai già conosciuto la nostra Sango, mentre lei è la nostra Kagome- continuò Miroku, liberando Inu-Yasha dalle grinfie di Jakotsu.
La diretta interessata decise che sarebbe stata buona educazione alzarsi e così fece, ritrovandosi di fronte al ragazzo.
Gli occhi di lui e quelli di lei si incontrarono. Si strinsero la mano e a quel contatto entrambi assunsero un’espressione stupita, sentirono una strana sensazione pervadere tutto il loro corpo, dalla schiena fino alla testa. Era difficile da spiegare: un brivido, una scossa? Forse, fatto stava che entrambi si sentirono trascinati da questo turbinio improvviso, lo sentivano in tutto il corpo. Una nuova consapevolezza.
E delle immagini si susseguirono anche per loro, remote e confuse.
Kagome avvertì la strana sensazione di aver già conosciuto quella persona e che quel contatto avesse risvegliato una parte sopita di lei. Dentro al cuore sperava che per la persona che le stava di fronte fosse lo stesso.
-Piacere, Kagome-
-Inu-Yasha-

Sì, anche per lui valeva lo stesso.

 

***

Rin stava facendo i suoi esercizi di allungamento per prepararsi a quella nuova lezione con la compagnia. Aveva passato tutte le vacanze nell’attesa di ricominciare le prove e finalmente quel giorno era arrivato. Mentre allungava le braccia verso le gambe, pensò tra sé e sé che da qualche sera non riusciva a ricordare i suoi sogni. Precisamente dalla notte di Natale.
Ripensò a quel giorno meraviglioso passato con Kagome e la sua sensei, a quando nel pomeriggio era andata a pattinare e poi…
…e poi quando aveva incontrato lui.
In quell’occasione non era stato maleducato, fatta eccezione per quell’appellativo che lei odiava tanto, specialmente se detto da uno youkai come lui. Si domandò come una persona come lui potesse essere così spietata, quando invece aveva dimostrato di essere gentile e premuroso.
-Ehi Rin, direi che può bastare lo stretching- la richiamò Ayame, affiancandola.
La diretta interessata si girò senza capire.
-Sarà da due minuti che sei in quella posizione-
-Hai ragione, ero persa nei miei pensieri- disse Rin rialzandosi e arrossendo leggermente. Pensare a quell’uomo le aveva fatto perdere la nozione del tempo.
-Salve a tutti ragazzi- trillò poi una voce maschile alle loro spalle.
Le ragazze si voltarono.
-Ciao, Kohaku!- lo salutò entusiasta Rin. Vedere il volto allegro di Kohaku le faceva bene, la riscaldava. Il ragazzo, a quel sorriso entusiasta, arrossì leggermente e distolse lo sguardo, andando poi a posare le sue cose in fondo alla sala e preparandosi con gli esercizi vocali.
La rossa demone lupo si avvicinò a Rin con tono malizioso.
-Quando ti renderai conto che gli piaci?- il tutto accompagnato da una gomitata ben assestata tra le costole.
-Ma che dici? E poi stai un po’ attenta che mi fai male- si lamentò Rin.
-Dico quello che sanno anche i sassi ma che tu non vuoi notare-
-Non riesco proprio a seguirti- continuò ad affermare Rin massaggiandosi le costole.
-Pensi che me lo sia inventato? Rin, smettila di fare la finta tonta!-
-Il punto è che Rin non fa la finta tonta, lei non nota niente- si intromise una voce delicata tra di loro.
Entrambe si trovarono il volto pallido e calmo di Kanna. Era arrivata silenziosamente, come era suo solito, e si era intromessa nella discussione senza troppi fronzoli.
-Di cosa stavate parlando?-
-Oh Kanna, meno male che sei venuta in mio aiuto. Stavo dicendo a questa testona che è l’unica a non essersi accorta che Kohaku le sbava dietro- disse subito Ayame.
 A quelle parole la ragazza sentì come uno stiletto trafiggerle il cuore. Non era la prima volta che aveva sentito Ayame dire una cosa del genere, ma aveva sempre preferito far finta di niente. Questa volta di fronte ad una domanda così diretta non poteva sottrarsi. Un’ombra le attraversò gli occhi per un momento. In realtà era lei quella che aveva una cotta per Kohaku, ma aveva sempre cercato di nascondere la cosa, anche alla sua migliore amica. In fondo al cuore sapeva che Ayame aveva ragione: era chiaro come il sole che il ragazzo rivolgeva le attenzioni a Rin in maniera troppo entusiasta. Eppure aveva cercato di raccontarsi una bugia dietro l’altra per non provare un altro sentimento: l’invidia.
Sì, invidiava Rin.
Le invidiava il talento nella recitazione e le invidiava il fatto che fosse riuscita a catturare l’attenzione di Kohaku.
Fece un leggero sospiro, poi si stampò sul volto un sorriso e disse:- Te l’ho detto: Rin non nota queste cose-
Una non risposta, sempre meglio di altro, pensò tra sé e sé.
-Visto? Lo sanno tutti tranne te-
Rin divenne rossa come un peperone e iniziò a sparare una serie di scuse a raffica:-Voi scambiate la sua gentilezza per interessa, ma lui è solo un amico…-
No Rin, pensò Kanna, non è mera gentilezza la sua.
Poi anche lei andò a riscaldarsi.

 

***

-Da quando è uscito quell’articolo sul giornale, le prove sono diventate più dure del solito- si lamentò Shippo quando ebbero finito.
Tutti gli altri non poterono fare altro che annuire e trovarsi d’accordo. Quella critica aveva elettrizzato non solo la signora Midoriko ma tutti gli altri insegnanti, in particolari Saya, il loro diretto maestro. Due ore erano passate e le prove poteva definirsi concluse.
Durante lo svolgimento dei soliti esercizi, l’anziano maestro aveva detto loro di eseguire, aveva ricevuto la visita della signora Midoriko.
Senza troppi convenevoli aveva comunicato l’intenzione di mettere in scena uno spettacolo del tutto imprevisto, a marzo. Tutti gli allievi avevano accolto la notizia con grande stupore: non aveva mai provato a preparare una rappresentazione in soli tre mesi. Non avrebbero nemmeno studiato un testo facile: questa volta la sensei aveva optato per Molière, più nello specifico “Il malato immaginario”.
-Mi chiedo come faremo a preparare un testo in così poco tempo!- si lamentò Ayame, mentre si infilava il cappotto scuro.
-Ma tu non sai fare altro che lamentarti?- la rimbeccò Koga.
La ragazza divenne rossa per l’imbarazzo, poi fece un gestaccio accompagnato da un sonoro “cafone”. Tutti assistettero alla scena curiosi, Rin si domandava soprattutto cosa fosse successo tra quei due durante le vacanze di Natale. Di sicuro lo avrebbe scoperto di lì a poco.
-Non vorrei sembrare antipatico, ma credo che Ayame abbia ragione- seguì Shippo, riportando l’attenzione di tutti sullo spettacolo.
Non aveva tutti i torti, anzi erano più che onesti nel giudizio. Nessuno degli altri membri della compagnia lo avrebbe ammesso ma allestire uno spettacolo in poco più di tre mesi era un vero atto suicida. Anche Miroku, sempre così positivo e propositivo, non aveva accennato ad una parola di conforto.
Era come avere una spada di Damocle sulla testa: il tempo era poco e sapevano che la buona riuscita era l’unico esito a cui potevano aspirare.
-E tutto per quella critica sul giornale- sospirò Kanna, affranta.
Kohaku venne in suo aiuto, le poggiò una mano sulla spalla e le disse:-Dai su, proviamo a non farci prendere dallo scoramento, è solo tutto a nostro svantaggio-
-Kohaku ha ragione!- esclamò poi di punto in bianco Rin, gonfiando il petto per assumere una forma più imponente- Non è il caso di tirarci indietro proprio adesso. E poi, pensateci un po’, avremo modo di recitare una volta di più sul palcoscenico… io alla sola idea mi sento elettrizzata!-
Ci credeva a quelle parole. E poi che importava? Bastava impugnare il copione e recitare, questa era la cosa più importante per lei, il resto passava in secondo piano. Svegliarsi la mattina con il pensiero di studiare battute e pensare a costumi di scena, la faceva sentire più viva che mai e, in fondo, non c’era niente di diverso dai giochi che faceva lei da bambina.
Quella critica sul giornale, per quanto dura potesse essere, le aveva messo negli ultimi giorni una carica fuori dal comune. Se n’era resa conto durante le vacanze di Natale: più stava lontano dal palcoscenico, più prendeva consapevolezza che quella era la sua strada. E in barba a quel ghiacciolo di Sesshomaru No Taisho, glielo avrebbe fatto vedere lei chi era.
Ci fu un attimo di silenzio tra il gruppetto, poi Kohaku sorrise nuovamente, tolse la sua mano dalla spalla di Kanna per posarla su quella di Rin.
-Esatto, Rin. Sentito ragazzi? Cerchiamo tutti di fare del nostro meglio!- li incitò il ragazzo.
A poco a poco tutti distesero i lineamenti del viso in un sorriso, poi Jakotsu emise uno dei suoi gridolini femminili per scaricare la tensione ed una risata generale contagiò la piccola compagna Sengoku. Anche Kanna rideva, un po’ meno degli altri: non poteva fare a meno di notare che la mano di Kohaku era ancora sulla spalla di Rin e non accennava a togliersi.
-Gelosia?- domandò qualcuno al suo fianco.
Kanna si voltò di colpo, presa alla sprovvista. Hakudoshi le si era materializzato all’improvviso, senza che lei se ne accorgesse. La guardava con un’ espressione divertita: le labbra sottili distese in un sorriso enigmatico e gli occhi ridotti a due fessure, quasi volessero scrutare dentro l’anima della ragazza, la quale si sentì indifesa.
Deglutì e poi disse:-Non ho idea di cosa tu stia parlando-
-Io credo proprio di sì. Pensi che Kohaku sia l’unico che mostra i suoi sentimenti? Non siete poi tanto diversi, voi due- insinuò Hakudoshi, punzecchiandola.
Kanna si sentiva sempre più messa alle stretta, non voleva rivelare a nessuno la sua cotta per Kohaku.
-Davvero, Hakudoshi, credo che tu veda cose che non esistono- e girò subito i tacchi per andarsene, senza salutare nessuno.
Maledetto Hakudoshi, aveva capito il suo interesse nei confronti di Kohaku. Ora non avrebbe smesso di punzecchiarla. Faceva già molta fatica a reprimere i suoi sentimenti, senza contare l’odio che l’assaliva ogni volta che Rin confermava la sua natura ingenua, sempre con la testa fra le nuvole e troppo impegnata a pensare a recitare per notare anche la cosa più ovvia.
Nel frattempo, una volta che tutti si furono tranquillizzati, i ragazzi si affrettarono a lasciare la scuola per tornare a casa.
-Ehi, ma dov’è Kanna?- domandò Rin, cercando con lo sguardo la sua migliore amica.
-Doveva tornare a casa presto- rispose per lei Hakudoshi.
-Oh… capisco…- disse Rin, leggermente sconsolata. Era dalle vacanze di Natale che non aveva trovato un momento di tranquillità con Kanna, le mancavano le loro chiacchiere durante la pausa pranzo, sedute sugli spalti del campo di calcio della scuola. Quella mattina non era andata a scuola a causa di una visita medica alla quale sua nonna doveva presentarsi, quindi non aveva ancora avuto modo di salutarla come si deve.
Sentiva, da un po’ di tempo, che qualcosa si stava insinuando tra di loro, ma non riusciva a capire cosa di preciso. La cosa non poteva che farla intristire: anche se aveva nuove amiche questo non voleva dire dimenticarsi della sua migliore amica.
I ragazzi stavano camminando verso l’uscita e Rin era ancora persa nei suoi pensieri, quando Bankotsu richiamò l’attenzione di tutti.
-Ma quello non è Naraku Onigumo?- sussurrò al gruppo, guardando la figura alta e snella del mezzo demone.
A quel nome Rin si svegliò come di soprassalto. Cercò con lo sguardo il soggetto che stava catalizzando l’attenzione di tutti.
Ed eccolo lì, che stava uscendo dall’ufficio della sensei. Ogni volta che Rin lo guardava non poteva fare a meno di sentirsi inquieta, provare quella brutta sensazione di precarietà.
Naraku camminava sicuro lungo il corridoio, il solito ghigno dipinto sulla faccia. Da come avanzava, ricordava un ragno pronto a mangiare la povera preda finita nella sua ragnatela, che più si agita, più si intrappola da sola, senza che il predatore faccia nulla.
I ragazzi si fermarono, intimoriti da quella figura scura. Naraku, che sentiva perfettamente gli sguardi su di sé, si voltò verso gli attori.
-Buonasera, ragazzi- li salutò, totalmente sicuro di sé. Nessuno ebbe il coraggio e la prontezza di rispondergli.
Una volta che fu scomparso alla vista, Ayame disse:- Quell’uomo mette più paura di Sesshomaru No Taisho-
-A proposito Sesshomaru No Taisho, sapete che ha un fratello minore?- domandò retoricamente Shippo agli unici del gruppo all’oscuro della cosa.
Rin si fece avanti.
-Io lo sapevo, lo abbiamo incontrato con Kagome il giorno di Natale. Ma perché lo state chiedendo?-
-A quanto pare è nella nostra stessa scuola- intervenne Koga, sprezzante- E Miroku ha pensato bene di farlo entrare nel nostro gruppo-
Dal tono di voce si capiva benissimo che il demone lupo non era per niente contento di quella scelta.
-Perché tanto astio, Koga? Io lo trovo adorabile- disse Jakotsu, sovraeccitato.
-Lo so io perché lo dici, dannato pervertito!-
Sango, che fino a quel momento era stata zitta, prese parola:- Per una volta mi trovo d’accordo con Koga: non so quanto fidarmi del fratello dell’uomo che ha sabotato il nostro spettacolo-
Il ragionamento era più che condivisibile. Poi Miroku si decise a dire la sua:-Io credo che bisogna dargli una possibilità. Non è detto che sia uguale a suo fratello…-
-Fratellastro- lo interruppe Rin, ripetendo ad alta voce le parole di Sesshomaru quel giorno.
Tutti si voltarono a guardare la ragazza stupiti.
Rin arrossì:-Scusate, è quello che hanno detto quel giorno. Sembravano molto ansiosi di specificarlo-
-Visto?- disse Miroku rivolto verso Koga.
-E poi lo abbiamo conosciuto solo oggi. Se addirittura Kagome, che avrebbe molti più motivi di te per odiare la famiglia No Taisho, non ha mostrato un atteggiamento ostile nei suoi confronti, non vedo perché preoccuparti inutilmente-
Koga sbuffò:- E va bene, mi arrendo- disse alzando le mani al cielo.
Poi, lentamente, uscirono tutti, si salutarono e tornarono a casa. Ayame e Rin condividevano la strada verso la stazione della metropolitana e fu quello il momento che Rin colse per farsi dire dalla yasha cosa fosse successo tra lei e Koga durante le vacanze estive. La risposta non tardò ad arrivare: assolutamente niente di rilevante. Una volta che gli aveva dato il suo regalo di Natale, anche Koga aveva fatto altrettanto, ma non era scattato nessun bacio. L’unica cosa diversa era che ora i due intrattenevano una corrispondenza epistolare tramite cellulare giornaliera.
-Ma come è possibile?- domandò delusa Rin. Eppure era sicura che al rientro dalle vacanze Ayame l’avrebbe travolta con un oceano di parole su lei e Koga.
La rossa, sebbene delusa, cercava di dissimulare quel sentimento.
-Beh guardiamo il lato positivo- disse lei-almeno ora parliamo e non scappo più-
Una volta detto questo, Ayame si scusò con Rin, ma doveva correre a prendere il treno che l’avrebbe portata a casa. Si salutarono, poi Rin guardò il suo orologio e vide che per il suo di treno ci sarebbe voluto un bel po’, magari avrebbe camminato per passare il tempo. Mentre vagava per le strade di Tokyo, pensò a quanto fossero complicate le storie d’amore: bastava prendere ad esempio Koga ed Ayame. Entrambi si erano scambiati dei regali di Natale eppure non si erano decisi a dichiararsi. Era quasi del tutto sicura che anche Koga provasse qualcosa per Ayame… ma allora perché aspettare così tanto?
Koga solitamente mostrava un carattere sicuro di sé, a tratti un po’ sbruffone. Che fosse, sotto sotto, un insicuro cronico? Poteva essere, ma nonostante tutto Rin non riusciva ancora a capacitarsi di quanto stupidi fossero i suoi amici in quel momento.
Sperava che per lei non toccasse la stessa sorte: aspettare tanto per poter unirsi con la persona amata, quella che era legata a lei dal sottile filo rosso del destino. Dentro di sé sentiva che non appena avrebbe incontrato la sua anima gemella, l’avrebbe riconosciuta subito, senza esitazione alcuna.
Sì, non si sarebbe fatta distrarre da cose futili.
Mentre era persa in questi pensieri, non si accorse che si era fermata di fronte alla vetrina di una libreria, allestita ancora con le luci di Natale all’entrata. Sorrise leggermente, non l’aveva mai notata quando tornava a casa dalle prove. Si concesse qualche minuto per osservare la vetrina ed una cosa catturò subito la sua attenzione: un libricino rosso.
Lo aveva già visto a casa di Kagome… era il “Sengoku Monogatari”. Campeggiava in quella vetrina, sovrastando con la sua presenza tutti gli altri libri, che davanti a lui assumevano solo la forma di meri involucri di cellulosa e cartone.
Rin studiò con attenzione quasi chirurgica ogni singolo angolo di quella copertina. Era tutto a causa di quel piccolo oggetto se la sua sensei si trovava costretta a combattere una battaglia contro Sesshomaru e Naraku.
Non seppe spiegarlo nemmeno lei, ma qualcosa la spinse ad entrare dentro, afferrare la prima copia disponibile e acquistare quel tesoro. Ancora prima di realizzare cosa fosse successo, si trovava già fuori dalla libreria, il sacchetto di carta tenuto stretto tra le mani.
Poi una macchina sfrecciò di fianco al marciapiede.
E Rin li vide.
Dei capelli argentati.

 

***

-Cos’hai da guardare?- chiese il demone con tono sprezzante. Lei non riusciva a proferire parola, tanto era stupita di trovarsi al cospetto di un essere come quello. Dentro al cuore non sapeva cosa fare: scappare, urlare?
Nessuna delle due era adatta all’occasione. La giovane sacerdotessa scavò nel suo cuore e trovò da sola il coraggio di alzarsi da terra e avvicinarsi verso l’albero in cui era imprigionato quel demone dalle sembianza umane.
Lui la guardava, incatenandola con quegli occhi color ambra.
-Mi sembri sorpresa, miko. Non hai mai sentito parlare del figlio del generale dei demoni cane?- chiese lui, guardandola con disprezzo.
La ragazza non rispose.
-Ma certo che devi aver sentito parlare di me-
-Non sarai per caso il figlio mezzo demone? Colui che è stato imprigionato secoli fa?- chiese lei, esitante.
-Esatto, miko. Io sono…-

 

Kagome si trovò con la penna sospesa a mezz’aria, fissava la pagina alla ricerca di un’ispirazione.
Si girò a guardare l’orologio sulla scrivania. Le undici di sera. Era chiaro che poi a scuola fosse stanca, ma non poteva farci nulla: così come Rin doveva recitare, lei doveva scrivere.
Ma la sua era un’attività solitaria, a riparo da sguardi indiscreti. In cuor suo sperava che un giorno potesse eguagliare il suo defunto zio nella creazione di una storia indimenticabile.
Conosceva molto bene la trama del Sengoku Monogatari, lo sapeva a memoria, tante erano state le volte in cui lo aveva sfogliato a letto fino a notte fonda.
Dopo l’incontro con quel ragazzo, Kagome si era sentita invasa da un’energia mai provata prima, talmente forte che doveva imprimerla su carta il prima possibile. E così aveva fatto: a lezione non aveva ascoltato la professoressa bensì aveva dedicato tutta la sua attenzione a quel pezzo di carta che stava riempiendo di parole una dietro l’altra; a cena la stessa cosa, si era limitata a trangugiare tutto quello che le passava Jinenji e poi era corsa in camera a continuare a scrivere.
Sapeva che stava semplicemente riscrivendo un passo della storia che suo zio aveva creato, ma voleva dare la sua versione, il suo punto di vista.
Che strana sensazione stava provando.
Abbassò di nuovo lo sguardo sulla pagina, impugnò la penna e scrisse infine quel nome.

Inu-Yasha.

 

 

Ed eccomi qui, lettori. Chiedo scusa se questo capitolo è uscito un po’ in ritardo ma ci sono stati una serie di fattori che mi hanno tenuta lontana dalla storia: prima di tutto, la mia voglia di dargli uno spessore, di creare un qualcosa di originale, quindi sto cercando di capire ancora come incastrare molte cose, senza dimenticarmi di nessuno; come seconda cosa, metto davanti un periodo un po’ incasinato nella mia vita, pieno di studio ed altre preoccupazioni.
Ma tranquilli, ho assolutamente intenzione di continuare ad aggiornare, anche perché non posso che essere felice delle persone che commentano e leggono questa mia piccola creazione.
Al momento sono ancora un po’ indecisa su alcuni punti, come ad esempio, quando arriverà il momento di parlare della trama del Sengoku Monogatari (perché ci sarà anche quella), se mantenere i nomi originali o metterne di fittizi. Ditemi voi cosa preferite.
Alcune scene, che arriveranno molto, ma moolto più in là, le ho già impresse su carta, come la nostra Kagome, mentre per altre brancolo ancora nel buio. Sarei curiosa di sapere cosa ne pensate voi, cosa vi aspettate che succeda? Mi piacerebbe sapere il vostro punto di vista.
Detto questo, ringrazio tutte le persone che leggono e commentano la mia storia. Fatemi sapere se anche questo capitolo vi è piaciuto.

Al prossimo capitolo!

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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