Capitolo quinto
Nonostante
tu sia
la mia rondine andata via
sei il mio volo a metà
sei il mio passo nel vuoto
Dove sei, dove sei
Dove sei, dove sei dove sei
Unico amore che, rivivrei
sai di vento del Nord
sai di buono ma non di noi
stessa luna a metà
sei nel cielo sbagliato…
(“La
rondine” – Mango)
Giuliano
prese in disparte Lorenzo subito dopo che Antonio ebbe lasciato Palazzo Medici.
“Rispondimi
sinceramente, tu credi davvero a quello che hai detto ad Antonio? Che Jacopo
non c’entri niente con questo complotto?”
“No,
non lo credo” replicò Lorenzo, senza pensarci due volte. “E’ solo che alle
cospirazioni e ai tentativi di attentato di Jacopo siamo ormai abituati.
Potremmo accusarlo, è vero, farlo arrestare e costringerlo a dire tutta la
verità, ma finiremmo per perdere di vista il pericolo maggiore: in questo
momento abbiamo un nemico molto più potente, papa Sisto. Dobbiamo concentrarci
su di lui, di Jacopo ci occuperemo in seguito.”
“Ma,
se la pensi così, tu mandi ugualmente Antonio in casa di quell’infido
manipolatore?” protestò Giuliano.
“Antonio
lo sorveglierà e ci farà sapere se tenterà una mossa sbagliata” ribatté
Lorenzo, con convinzione. “E Jacopo ha già dimostrato di tenere molto a lui,
nonostante il suo carattere scostante e diffidente. Pensaci: ha fatto di tutto
per riportarlo al suo palazzo, eppure proprio in questi giorni Salviati è a
Firenze e di sicuro si incontra con lui per parlare dei piani del Papa. Per
Pazzi sarebbe stato molto più prudente tenere lontano Antonio e invece è venuto
perfino qui da noi pur di riprenderselo.”
“Sfido
io, aveva bisogno di qualcuno che gli scaldasse il letto…” fece Giuliano, con
una smorfia.
“Giuliano,
lascia perdere questi particolari!” lo interruppe il fratello. “Io sono
convinto, piuttosto, che Jacopo non farebbe mai del male ad Antonio e che, in
qualche suo modo contorto, tenga veramente a lui.”
“Quindi
non faremo nulla per sapere se Pazzi è implicato?”
“Per
adesso no. Se anche è coinvolto, non ha altro ruolo che quello dell’esecutore,
i veri mandanti sono altrove. Metterlo fuori gioco non servirebbe a niente,
sicuramente il Papa ha molti altri uomini di cui potrebbe servirsi per i suoi
scopi e io preferisco che lui non sospetti che noi sappiamo della congiura”
disse il giovane Medici. “Proprio per questo Clarice deve andare a Roma, così
Papa Sisto crederà che ho fiducia in lui.”
Intanto
il povero Antonio, credendo ingenuamente di aver convinto i fratelli Medici
dell’innocenza di Jacopo, faceva ritorno a Palazzo Pazzi ripassando mentalmente
la storia che avrebbe raccontato all’uomo. In quei giorni si sentiva come un
attore che doveva recitare la sua parte… e non gli piaceva per niente.
Era
ormai sera e Jacopo appariva innervosito per il suo ritardo.
“Dove
sei stato finora, giovane Orsini?” gli domandò in tono brusco.
“Perdonatemi,
Messer Pazzi” rispose Antonio. “Ho ritardato perché mia sorella Clarice domani
partirà per Roma e io ho scritto delle lettere per nostra madre e gli altri
parenti che lei consegnerà loro personalmente. Sono anni che non li vedo e…”
“Clarice
andrà a Roma? E perché?” lo interruppe Pazzi, al quale non fregava un beneamato
della famiglia di Antonio, ma era oltremodo scocciato per quella novità che non
rientrava affatto nei piani prestabiliti!
E
qui Antonio dovette tirare fuori la risposta che si era preparato per strada,
cercando di essere il più convincente possibile…
“Sua
Santità il Papa ha invitato Lorenzo a Roma per le festività pasquali” spiegò,
“ma lui non potrà andarci perché dovrà accogliere i signori di Milano e di
Venezia che saranno ospiti a Firenze proprio tra pochi giorni. Per questo
Clarice ha deciso di partire al posto di Lorenzo, per non offendere il Papa con
un rifiuto al suo invito.”
Jacopo
lo fissò, spiazzato. Le cose non si erano messe affatto bene e il complotto per
uccidere Lorenzo a Roma e Giuliano a Firenze era appena andato in fumo. Chissà
se Lorenzo aveva sospettato qualcosa e aveva deciso di non partire? O magari Antonio
si era messo in allarme dopo aver visto Salviati e Riario a palazzo? Era
possibile?
L’espressione
truce e poco rassicurante dell’uomo fece capire al giovane Orsini che Pazzi
stava iniziando ad avere qualche sospetto… e così lasciò perdere le risposte
preparate e decise di improvvisare!
“Mi
chiedevo, Messer Pazzi, se non dovrei accompagnare io stesso mia sorella a
Roma” disse, come se fosse stato colto da un’illuminazione improvvisa. “Sarebbe
l’occasione per salutare la mia famiglia e così Clarice non dovrebbe viaggiare
da sola.”
La
frase giunse talmente inaspettata da destabilizzare Jacopo ancora di più, il
che era esattamente quello che Antonio aveva sperato (ormai cominciava ad avere
una certa familiarità con i dialoghi tesi a manipolare il prossimo… ci si
abitua a tutto, prima o poi, no?).
“Assolutamente
no, non ti lascerò andare a Roma, non se ne parla neanche!” esclamò Pazzi, come
se non riuscisse a credere a ciò che aveva udito. “Adesso, all’improvviso, ti è
venuta nostalgia di casa tua? Hai già dimenticato che ora sei un Pazzi, che hai
promesso di restarmi sempre vicino e che casa tua è questo palazzo? Forse ho
sopravvalutato il tuo affetto nei miei confronti, giovane Orsini, forse non
avrei dovuto darti un anello appartenuto alla mia famiglia…”
L’accusa
colpì nel segno, ma Antonio non si lasciò abbattere. Poteva usare quella sorta
di gelosia di Jacopo per indurlo a
lasciar perdere la congiura, il Papa, Salviati e tutta quella roba là… o almeno
lo sperava!
“Messer
Pazzi, io non voglio separarmi da voi nemmeno per un giorno!” esclamò.
“Speravo… ecco… non osavo chiedervelo, ma quello che vorrei davvero sarebbe che
voi accompagnaste me e Clarice a
Roma. Io sarei felice di potervi presentare la mia famiglia e tutti vedrebbero
con i loro occhi che i rapporti tra Pazzi e Medici sono finalmente improntati
alla pace e alla collaborazione. Scortare la moglie di Lorenzo in questo
viaggio sarebbe un gesto molto cortese da parte vostra e dimostrerebbe che
Lorenzo vi stima tanto da affidarvi la protezione della sua sposa.”
Antonio
stava diventando sempre più bravo nei giochetti dialettici… e beh, del resto
aveva imparato dal migliore! Jacopo fu preso totalmente alla sprovvista da
questo suggerimento del ragazzo e per un istante rimase indeciso su come
rispondere. A quel punto non aveva più alcun sospetto su di lui, figuriamoci,
il giovane Orsini era tanto candido e innocente da pensare a come farlo passare
bene agli occhi di tutti, a mostrare al mondo l’armonia tra le loro famiglie, credeva ancora a quelle favolette?
Ci sarebbe stato quasi da ridere, visto che lui pensava a come eliminarli, i
Medici! Altro che pace e armonia! Ma no, come aveva potuto pensare che il
ragazzo avesse subodorato qualcosa della congiura?
Tuttavia
Jacopo si era reso conto anche di un altro dettaglio che lo turbava: non voleva
che Antonio andasse a Roma non tanto perché temeva che venisse a sapere della
cospirazione, quanto piuttosto perché intendeva tenerlo il più lontano
possibile da quelle persone, voleva che mantenesse la sua dolce innocenza e che
rimanesse per lui quell’oasi di candore di cui aveva tanto bisogno.
E,
cosa più importante di tutte, voleva impedire che quel ragazzino corresse il
seppur minimo pericolo. Non si sa mai cosa può succedere durante un attentato,
anche gli innocenti possono rimanere colpiti e feriti… e lui non voleva
assolutamente che qualcosa di male potesse accadere ad Antonio.
Questa
nuova consapevolezza gli suggerì la risposta giusta. L’espressione severa si
ammorbidì in un sorriso e Jacopo si avvicinò al ragazzo.
“Potrebbe
anche essere una buona idea, ma sai bene quanto me che al momento non posso
lasciare Firenze” disse. “Le festività pasquali sono giorni molto importanti
per la famiglia Pazzi e io devo occuparmi personalmente dell’organizzazione
delle cerimonie, dell’allestimento del carro e del corteo. Non ci rinuncerei
per niente al mondo e mi sembra che anche a te questa tradizione piacesse
particolarmente.”
Antonio
annuì con decisione, affascinato. Ovviamente Jacopo si era guardato bene dal
sottolineare che le festività pasquali sarebbero state importanti per lui
soprattutto in quell’anno lì e aveva
preferito restare sul vago… e il ragazzo non aveva sospettato niente!
“Bene,
comunque la tua idea mi è piaciuta. Magari non adesso, ma quando tutto sarà più
tranquillo sarò felice di accompagnarti a Roma, di conoscere la tua famiglia e
di visitare la tua città” concluse l’uomo, stringendo Antonio tra le braccia.
Il
ragazzo si aggrappò a lui quasi con disperazione: il suo era stato un tentativo
di allontanare Jacopo dalla congiura e dai piani omicidi del Papa. Era vero
che, in quel momento, il complotto era fallito, ma Antonio era sicuro che Sisto
IV non si sarebbe arreso tanto facilmente e che avrebbe cercato un altro modo
per uccidere Lorenzo e Giuliano… con l’appoggio di Pazzi. Il giovane si era
illuso che avrebbe convinto Jacopo a lasciar perdere tutto, ma non c’era riuscito
e ora poteva solo stringersi a lui e sperare che le cose andassero bene, che l’uomo
decidesse autonomamente di non nuocere ai Medici e che, anzi, svelasse loro i
piani del Papa.
Si
dice che la speranza è l’ultima a morire, no?
Jacopo
sollevò Antonio da terra e, baciandolo, lo portò nella sua camera. I baci si
fecero sempre più lunghi, più profondi e più accesi. Nonostante le speranze
ingenue di Antonio, l’uomo non aveva nessuna intenzione di rinunciare all’opportunità
di far fuori Lorenzo e Giuliano una volta per tutte, però in quel momento non
voleva pensarci, voleva solo perdersi in quel dolce ragazzino che rappresentava
la sua parte migliore, che era la luce sfavillante della sua anima oscura. Ogni
volta che il suo corpo si fondeva con quello di Antonio, anche Jacopo iniziava
a creder di poter diventare una persona diversa, di abbandonare la strada delle
cospirazioni e degli intrighi per godere solo della tenerezza di una vita
accanto a quel ragazzo…
Purtroppo
questi suoi momenti di lucidità e buoni
propositi duravano solo il tempo delle notti trascorse a baciare, possedere
e stringere a sé Antonio, poi tornava lo Jacopo Pazzi di sempre!
Antonio,
dal canto suo, si affidava e si apriva morbidamente e docilmente a Jacopo, continuando
contro ogni ragionevole dubbio a sperare che qualcosa lo illuminasse, che lui
comprendesse che, proseguendo sul cammino che il Papa aveva tracciato, avrebbe
potuto perdere tutto, tutto, compresa la serenità e la passione di quei
momenti. Sognava che Jacopo potesse scegliere lui e rinunciare alle ambizioni.
L’intreccio
si infittiva e solo il tempo avrebbe detto chi aveva ragione…
Fine capitolo
quinto