Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: MmeBovary    22/07/2009    22 recensioni
“Sei ingiusta Mezzosangue. Io ero qui per proporti uno scambio.”
“Scambio di cosa?”
Il Serpeverde espirò una lunga boccata di fumo.
“Di favori. Io ti faccio prendere il massimo in pozioni e tu in cambio mi dai qualcosa che voglio.”
Hermione rimase un attimo in silenzio, pensierosa.
"Cosa vuoi in cambio?”
“Prima di saperlo devi accettare…”
C’era una nota di sfida nella sua voce. ...

E se Hermione si lasciasse tentare dalla sfida di una Serpe... In che trame potrebbe trovarsi coinvolta?
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Ginny Weasley, Harry Potter, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da V libro alternativo, Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Piccolo avviso
: i personaggi di questa fanfic non sono miei, appartengono tutti a J.K. Rowling ed io li uso momentaneamente senza fini di lucro o simili. Eventuali citazioni da altri autori sono poste tra virgolette o segnalate come tali.
Ora godetevi la storia!




CAP. 13
IL PIACERE


Una bottiglia di whisky incendiario quasi vuota, un bicchiere in frantumi sul pavimento, una pergamena accartocciata tra le schegge sottili e Draco sprofondato nel suo letto con il braccio ancora alzato verso il muro, dove, da una grossa macchia ambrata, una sottile ragnatela di gocce alcoliche scivolava a terra.
Questo fu il quadro desolante che si presentò agli occhi di Blaise quando, ingenuamente armato di sorriso ed ottimismo, entrò in camera di Draco.
Il suo poco appropriato entusiasmo si spense in una smorfia preoccupata.
“Draco?”
“No.”
Incoraggiante…
“Strano, eppure gli somigli…”
“Cazzo vuoi Blaise?” soffiò il giovane senza preoccuparsi di nascondere l’evidente frustrazione che poco prima era esplosa nel gesto di scaraventare contro la parete tutto ciò che gli capitava a portata di mano.
“Credevo volessi parlare di quello che è successo poco fa là fuori nei sotterranei…”
Zabini si portò di fronte al compagno. Le schegge di cristallo scricchiolarono sotto i suoi piedi sbriciolandosi in frammenti sempre più piccoli.
Draco gettò un’occhiata distratta nella loro direzione. Probabilmente in quel momento in una parte non meglio identificata del suo petto stava succedendo qualcosa di simile. Il suo cuore, se ne aveva ancora uno, non era più che un mucchietto di cocci polverizzati dal peso insostenibile di aspettative secolari, obblighi familiari, Case e casati, bugie e sotterfugi.
“Allora Draco… Con Hermione non è andata come speravi?”
“Vuoi sapere com’è andata?!” sbottò il ragazzo, irato “Stavo per baciarla dannazione, ecco com’è andata! E togliti di quell’aria da ‘io-la-sapevo-lunga’ dalla faccia perché non ti si addice proprio… Comunque stava andando a meraviglia… peccato però…”
Distolse gli occhi dal pavimento e parve riflettere un attimo prima di continuare. Valeva la pena di dire a Blaise come stavano in realtà le cose? Rovinare la sua felicità perfetta con i propri problemi? Potevano Lucius Malfoy e le sue lettere spedite con tempismo impeccabile rovinare la gioia di due Serpeverde quel giorno?
“Peccato che cosa? È successo qualcosa?”
“Nh…”
“Sarebbe un no?”
“Sarebbe un ‘è meglio che ti fai i fatti tuoi’ se ci tieni a non far perdere lo smalto a quel sorriso che sfoggi con tanto orgoglio…”
Blaise si fece scuro in volto mentre si piegava sulle proprie ginocchia portandosi col viso al livello di quello dell’amico disteso sul letto.
“Pensi che potrei starmene tranquillo a fare finta di niente sapendo che c’è qualcosa che ti tormenta? Mi ritieni un amico così meschino ed egoista?”
Draco fece scivolare gli occhi grigi lontano dal suo volto. Ecco che si sentiva di nuovo in colpa… Che sensazione strana per una Serpe senza coscienza… Ma forse era colpa (o merito?) di quella dannata dolcissima Mezzosangue che nel giro di poche settimane aveva saputo cambiarlo così profondamente da renderlo irriconoscibile persino, e soprattutto, a se stesso… Che gli avesse inculcato persino quella fastidiosissima presenza che i Grifoni sfoggiano con tanto orgoglio sotto l’etichetta di coscienza?
“C’è un particolare della mia vita di cui non ti ho parlato Zab.” borbottò con voce atona “Un particolare che ultimamente si sta facendo piuttosto… come dire… insistente…”
Vide le sopracciglia scure dell’amico incurvarsi sopra gli occhi blu manifestando il suo sconcerto.
“Un particolare di che genere?”
“Del peggiore…” soffiò il Serpeverde, andando a raccogliere la lettera accartocciata a terra e porgendola al compagno.
Blaise la lesse velocemente e il suo viso parve perdere colore ad ogni parola che scorreva sotto il suo sguardo. La rabbia si sostituì presto all’incredulità.
“Non posso crederci!” urlò, letteralmente fuori di sé “Cristo Santo! Tuo padre crede di poterti combinare un matrimonio? Ma dove siamo, nel Medioevo?”
“Le tradizioni dei Malfoy sono ferme più o meno a quel periodo, dovresti saperlo…” convenne il giovane versandosi una generosa dose di whisky in un bicchiere nuovo.
“Cosa hai intenzione di fare?”
Draco fermò il liquore ambrato a pochi centimetri dalle labbra.
“In che senso?” soffiò increspando la superficie del liquido scuro.
“Con Hermione, intendo.”
Draco gettò indietro la testa mentre svuotava il contenuto del bicchiere nella propria gola in un lungo sorso. Il bruciore che gli invase la bocca si espanse con un formicolio piacevole fino alle narici e alla base del collo.
Senza aggiungere una parola, e con un ghigno che Blaise non poté giudicare niente meno che preoccupante, riprese la lettera, afferrò la propria scopa dall’armadio ed uscì fuori sbattendo la porta.


Hermione si sentiva leggera.
Non letteralmente, è ovvio. Leggera dentro
Sentiva pioverle nel petto una sensazione di leggerezza così nuova ed estasiante che era come se ogni sua singola terminazione nervosa fosse in festa. Come se ogni sua cellula stesse urlando di gioia…
Tutto era chiarito. Tutto era risolto. Non poteva ancora crederci.
Per Merlino, ora poteva stare con Draco!
Si presentò davanti alla Signora Grassa con un’espressione di gaiezza così sincera e coinvolgente che la donna la lasciò passare senza neanche chiederle, com’era invece sua abitudine, per quale ragione mai stesse scorrazzando fuori dal Dormitorio a quell’ora del mattino.
Solo dopo aver messo piede dentro la Sala Comune si ricordò dell’esistenza del resto del mondo e che forse non proprio tutto era sistemato…
Decine di occhi la guardavano straniti. Grifondoro di ogni età si erano appollaiati sulle scale e sui divani della stanza in attesa che l’integerrimo prefetto Granger tornasse e desse loro una spiegazione sul perché era corsa fuori dal dormitorio in pigiama all’alba schiantando una porta e trascinandosi dietro la Weasley.
Hermione puntò le mani sui fianchi e assunse il suo solito cipiglio severo.
“Beh, che c’è, mai vista una ragazza in pigiama? Cosa ci fate tutti qui a quest’ora? Filate in camera vostra a prepararvi per le lezioni o sarò costretta ad inviare una nota al Preside per insubordinazione collettiva…”
In realtà una simile nota era da redigersi solo nel ben più grave caso in cui un’intera Casa si rifiutasse di prendere parte alle lezioni, ma cosa potevano saperne i suoi compagni che ovviamente non si erano mai sognati di leggersi il regolamento della scuola? Nel giro di mezzo minuto la Sala era rimasta vuota, fatta eccezione per una chioma rosso fuoco che spuntava ancora dalla tromba delle scale del Dormitorio maschile.
“Allora Herm? Puoi dirmi cosa sta succedendo?! Che diamine ti è preso adesso?”
Oh no… La bruna sentì come un peso soffocante stringerle la gola. Non era tutto risolto come le era sembrato poco prima in corridoio. C’era ancora una questione fondamentale da sistemare. Ron, uno dei suoi due migliori amici da anni, meritava una spiegazione. Dopotutto gli aveva detto che il suo flirt con la Serpe era finito e invece…
In quel momento però non si sentiva davvero in grado di affrontare l’argomento.
“Senti Ron, non è che possiamo riparlarne più tardi? Adesso dovrei andare a cambiarmi per le lezioni, ma ti giuro che poi oggi ti spiego tutto.”
Sbatté le ciglia scure, mordendosi il labbro inferiore con aria così dolcemente infantile che il suo compagno non poté dirle di no.
Nuovamente felice la giovane corse su per le scale ed infilò nella propria camera, già vuota, dato che Calì e Lavanda erano chiuse in bagno a prepararsi (o “restaurarsi” come diceva lei) da almeno una mezz’ora buona. Vedendosi riflessa nello specchio prese improvvisamente coscienza del proprio abbigliamento.
Santo Cielo, era uscita in pigiama! Aveva girellato per la scuola fuori dall’orario consentito e senza neanche i vestiti addosso. Le venivano i brividi mentre già si immaginava portata per le orecchie da gazza nello studio di Silente e costretta a sorbirsi una ramanzina con i fiocchi senza neanche la protezione della divisa addosso. Forse c’era persino una regola contro quello che aveva fatto…
Infilò la testa nell’armadio e cominciò a gettare sul letto i primi indumenti che trovava, avendo fretta di vestirsi propriamente. Stava lottando per sfilarsi la canottiera del pigiama, che come al solito si era ingarbugliata con i suoi capelli, quando udì un suono ben noto giungere dalla finestra alle sue spalle.
Toc-toc…
Il suo primo pensiero andò al gufo di Draco che già altre volte la aveva raggiunta nella sua stanza. Forse portava un messaggio, un chiarimento riguardo l’inspiegabile comportamento del Serpeverde, che poco prima la aveva piantata in mezzo al corridoio con le labbra che bruciavano per il bacio mancato.
Con quest’idea si liberò della canottiera con uno sbuffo annoiato e alzò gli occhi sullo specchio che aveva di fronte e che ricopriva l’intera anta aperta dell’armadio.
L’immagine che la superficie vetrata le restituì però non era quella di un gufo.
Si voltò di scatto, incrociando le braccia sul seno nudo con un’aria vergognosa che scatenò una risata ironica.
“Mezzosangue non dirmi che ti vergogni… di me?”
A cavallo della sua scopa Draco la fissava da dietro la finestra chiusa, le nocche ancora appoggiate al vetro colorato su cui aveva bussato, gli occhi incollati invece su di Hermione.
“Mi hai fatto prendere un colpo!” lo rimbrottò la Grifondoro.
“E io che pensavo di farti una gradita sorpresa… ma se vuoi me ne vado…”, parlò curvando leggermente l’inclinazione della sua scopa, cosicché essa iniziò a scendere.
“No!” esclamò Hermione prima di poter pensare a quello che diceva.
Vide il Serpeverde fuori dalla finestra sogghignare vittorioso e arrossì furiosamente.
“Beh ormai, sei qui… sarebbe sciocco andartene…” cercò di svicolare, non volendo ammettere che avere di nuovo Draco accanto a sé era l’unica cosa che desiderasse davvero in quell’istante.
“Allora mi apri o devo sfondare la finestra?”
“Ne saresti capace”, convenne la ragazza “Ma aspetta un secondo. E non guardare!”
Si voltò e andò ad infilarsi in fretta la prima camicia che trovò su letto. Quando tornò a fissare Draco si rese conto che egli non si era perso uno solo dei suoi movimenti.
“Ehi, quale parte di ‘non guardare’ non avevi capito?!”
Il ragazzo piegò le labbra in un sorriso sornione mentre la finestra Grifondoro veniva aperta perché lui potesse spingersi a violare quella camera che mai prima di allora aveva accolto la presenza di una Serpe. Posò i piedi a terra e lasciò ricadere la scopa contro il muro alle sue spalle, mentre il suo corpo si muoveva quasi da solo verso la ragazza dei suoi desideri.
“Grazie”, sussurrò ormai a due centimetri dal volto di Hermione, “Cominciavo a credere che mi avresti lasciato là fuori a congelare…”
La giovane fu tentata di indietreggiare, spaventata non dal tono morbido e sensuale di lui quanto dall’irrazionalità dei propri pensieri. Nella sua mente un solo bisogno si faceva strada oltre tutti.
Faceva caldo… tanto caldo…
Le sue labbra bruciavano ormai al limite apparente dell’autocombustione e in qualche strana e perversa maniera Hermione era certa che solo il contatto bollente con quella bocca di Serpe che aveva di fronte avrebbe saputo placare la sete che le corrodeva la gola.
“Di niente…” mormorò, sentendosi subito un’idiota per non aver saputo trovare una frecciatina in risposta alle frasi di Malfoy.
Pensò di chiedere perché mai il ragazzo si fosse preso il disturbo di volare fino lì ma la sua domanda le morì in gola quando Draco le passò un braccio dietro la schiena e la attirò a sé di colpo, premendola contro il proprio petto fino a sentir male. L’altra mano restò chiusa a pugno, stringendo qualcosa che la giovane non notò.
Lei appoggiò la guancia sul suo torace, meravigliandosi di sentire il suo cuore battere così veloce.
“Herm…”
“Sht…” lo zittì, completamente disinteressata in quel momento a qualunque cosa non fosse il rapido ticchettio del suo muscolo cardiaco, così rincuorante ed eccitante al tempo stesso.
Era proprio lei a causargli quell’emozione così forte?
Senza riflettere, voltò il viso, strofinando la guancia contro la stoffa morbida della sua camicia per poi lasciarvi andare la fronte e insinuare le labbra sul sottile lembo di pelle nuda visibile tra un’asola e l’altra.
Draco si lasciò sfuggire un sospiro roco e gettò indietro la testa, inspirando forte per non perdere il controllo. Era lì per un motivo e non poteva lasciarsi distrarre…
Non poteva…
Hermione fece saltare via i primi bottoni, scoprendo il suo petto, percorrendo le linee dei suoi muscoli con le labbra dischiuse.
No, non poteva proprio...
La punta rosea della sua lingua s’insinuò tra le sue labbra, rotonde e arrossate, pronta a gustare ogni centimetro di pelle profumata, mentre ormai la camicia con lo stemma Serpeverde scivolava via dalle spalle del ragazzo.
Beh… forse invece poteva…
Draco fece scorrere via il braccio destro da dietro la schiena di Hermione, sostituendolo con l’altro, nel cui pugno giaceva, ormai dimenticata, una lettera.
La sua mano libera risalì lo stomaco della ragazza davanti a sé, accarezzò il suo costato e si chiuse a coppa sul suo seno nudo, strappandole un gemito.
I respiri di entrambi si fecero più accelerati, gli occhi più lucidi, i desideri più torbidi…
“Draco…”, mugolò Hermione mentre i denti del Serpeverde affondavano nella carne del suo collo.
Rabbrividì delle sensazioni che si propagavano nel suo corpo e chiuse gli occhi. Si chiese cosa sarebbe successo se per una volta avesse smesso di pensare alle conseguenze di quello che faceva e si fosse concessa alle misteriose trame del fato. Se avesse lasciato che fosse quella sensazione vorticosa alla bocca dello stomaco e non più il cervello a gestire il suo volere. Se semplicemente si fosse abbandonata alle mani di Draco…
Se solo non avesse sentito di nuovo quel rumore!
Toc-toc…
Con un mugolio di frustrazione la Grifondoro allontanò il calore rassicurante del corpo di Draco e si sporse oltre la sua spalla.
“Scusate l’interruzione…”
Rosso d’imbarazzo e con lo sguardo fisso al suolo, lontano decine di metri sotto la sua scopa, Harry tentennava nell’indecisione. La sua migliore amica si richiuse frettolosamente a camicetta e nello scivolare via dall’abbraccio di Draco ebbe una strana sensazione di dejà-vu. Con la sola differenza che quella prima volta che Harry aveva interrotto i baci del Serpeverde lo aveva fatto con rabbia e odio e tutta l’intenzione di rimproverarla a dovere, mentre stavolta nei suoi occhi c’era solo il bisogno di parlarle, di confidarsi con lei e il rammarico di averle rovinato un attimo di felicità.
Hermione lottò momentaneamente con l’irrazionale tentazione di serrare le tende e ignorare il bussare sul vetro, ma si dette subito della sciocca per un simile pensiero e corse alla finestra borbottando qualcosa sulle “dannate scope e i dannati uomini e la loro dannata mancanza di fantasia”…
“Vieni, entra.” mormorò con voce gentile, mascherando al meglio la delusione.
“Preferisci che vada via?” accennò Harry, esitando a farsi avanti.
“Non importa, io stavo per andarmene.” mentì spudoratamente Draco, dopo essersi ritirato la camicia sulle spalle ed aver afferrato la propria scopa.
Hermione annuì distrattamente, vagamente meravigliata che il Serpeverde non se ne fosse uscito con una delle sue frecciatine. Quest’ultimo la salutò con un veloce bacio sulla fronte e poi volò via, il pugno sempre serrato attorno alla lettera che non aveva avuto il tempo di mostrarle, lasciandole sulle labbra un bruciore sempre più insopportabile.
“Io non so più che fare Herm…”
La ragazza si voltò verso il proprio migliore amico come se si fosse riscossa da un sogno.
“Come?”
“Non so più che fare, non so più che cazzo succede!” urlò il Bambino Sopravvissuto con la testa tra le mani “Tu e Malfoy a fare i fidanzatini, Ginny che si innamora di Zabini… Oh Cristo, ma il mondo ha preso a girare al contrario e vi siete scordati di avvertirmi?!”
Hermione sorrise amaramente mentre si portava a sedere accanto a lui.
“Tesoro, temo di non avere neanche io una spiegazione razionale per tutto questo. Vorrei tanto che ci fosse, ma comincio a credere che non sia così.”
Il Cercatore le rivolse un’occhiata stupita.
“Hermione Granger che non riesce a capire le cause di qualcosa? Questa devo proprio segnarmela…”
“Non essere sciocco. Sai benissimo cosa voglio dire.”
“Già… Al cuor non si comanda, giusto? Accettiamo queste pillole di saggezza degne delle scatole di cioccolatini come se fossero vere risposte! E al mio di cuori che ci pensa?”
Concluse il suo piccolo sfogo fissando il soffitto sopra di sé, tanto perché la forza di gravità gli desse una mano a ricacciare indietro quelle stupide lacrime che gli pungevano gli occhi.
“Oh, Harry… vieni qui. Lo sai che per te ci sarò sempre…” gli sussurrò la ragazza, stringendolo tra le proprie braccia con fare materno. Quando lei aveva avuto bisogno, il suo migliore amico non la aveva mai giudicata, né condannata, né abbandonata.
Ora il minimo che lei potesse fare era ricambiargli il favore, per quanto le sue labbra aride reclamassero ancora da una certa Serpe un bacio che tardava da troppo ad arrivare.


Mentre entrava in Sala Grande per la colazione, Hermione cercò Ron con lo sguardo. Lo vide seduto al suo tavolo addentare con aria assente un croissant al cioccolato e imprecare sommessamente quando il cacao ricadde in uno sbuffo scuro sugli appunti di Trasfigurazione che il ragazzo stava ripassando.
“Buon giorno.” gli sussurrò con un sorriso, sedendosi al suo fianco e rubandogli con due dita la punta del croissant.
“Ehy!” protestò bonariamente il ragazzo, prima di afferrare un’identica pasta e metterla nel piatto vuoto della compagna.
“Allora ‘Mione? Ti sei finalmente decisa a spiegarmi cosa ti sta succedendo? In quest’ultimo periodo ho come l’impressione che tu e Harry mi stiate escludendo da tutto.”
La giovane scosse il capo e inghiottì in fretta un grosso boccone della propria colazione.
“Non essere sciocco. Sai che non lo faremmo mai; è solo che… è successo un po’ di casino, per essere brevi.”
“Io non voglio che tu sia breve.”
“Davvero, è una storia lunga e decisamente questo non è né il luogo né il momento adatto per discuterne.”
“E quindi preferisci tenermi all’oscuro ancora un po’?!” s’infervorò il Grifondoro.
Le sue mani tremarono leggermente, nonostante egli avesse lottato per mantenere basso il tono della propria voce e non attirare l’attenzione. Alcune gocce del caffè che stava versandosi macchiarono la tovaglia candida e Hermione capì che la sua pazienza stava arrivando al limite.
“Senti, ti andrebbe bene se ci vedessimo prima di pranzo dietro la serra del dittamo?”
“E mi spiegherai tutto?”
“Ti spiegheremo tutto.”
Diversamente da quanto Ron poteva immaginare, quel ti spiegheremo non aveva per soggetti tanto lei e Harry, quanto lei, Harry, Ginny, Blaise e Draco.
Hermione stava per incamminarsi verso l’aula di Trasfigurazioni quando si bloccò.
Il suo amico si voltò nella sua direzione.
“C’è qualcos’altro?”
“No, cioè, sì… Potresti promettermi…”
“Cosa? Che non ne farò parola con nessuno? È ovvio…”
“No, in realtà vorrei che… che tu non portassi la bacchetta.”
Le sopracciglia fulve di Ron balzarono a fare compagnia all’attaccatura dei suoi capelli quando i suoi occhi chiari si dilatarono per lo stupore.
“E perché mai?”
“Niente è che a volte prevenire è meglio che curare e voi siete un po’ impulsivi, quindi…”
Voi chi?”
“Oh, senti, lascia stare, prometti e basta e ci vediamo alla serra, ok?”
Scavalcò rapidamente la panca e schioccò un bacio in fronte all’amico, allontanandosi prima che quello potesse risponderle.
“Bah…”, bofonchiò Weasley, “A volte, chi la capisce è bravo…”


Tremuli fiori azzurri offrivano le proprie gole profumate alle carezze del vento invernale, prima che dita intirizzite di studenti Serpeverde e Tassorosso le stroncassero con un gesto deciso dai loro steli.
La professoressa Sprite chiacchierava con Hagrid e osservava distrattamente il procedere della prima lezione di quel giorno, godendosi la vista del prato costellato di gigli dei ghiacci da dentro l’ambiente tiepido della serra.
“Quella maledetta…” ringhiò Draco mentre la professoressa versava con calma una tazza di cioccolata calda per sé e il Custode delle Chiavi, lottando con il golosissimo Thor che le saltellava intorno.
Il Serpeverde andò a gettare l’ennesima corolla nel cestino che condivideva con Blaise e riprese a bofonchiare.
“Lei se ne sta al caldo a poltrire e noi qui a congelarci il culo.”
“La vita è ingiusta, amico”, sospirò il compagno con filosofia “E a proposito di ingiustizie… sei riuscito a spiegare a Hermione di tuo padre?”
Uno stelo di giglio si spezzò malamente sotto il tocco nervoso di due dita rese violente dalla rabbia.
Blaise capì che era meglio cambiare argomento.
“Io vado a svuotare il cestino in serra, ok?”
In risposta ottenne una via di mezzo tra un consenso e un’imprecazione, quindi prese i fiori raccolti e seguì i ciottoli semi-congelati del vialetto fino al luogo dove si raccoglievano quei rari e delicati ingredienti per pozioni.
Draco approfittò di quell’attimo di solitudine per lasciarsi cadere sull’erba umida di brina e riposare la schiena, distrutta da quell’ora passata ricurvo su quei dannati gigli.
Mugolò di soddisfazione quando poté stirare le braccia sopra la testa, ma un tocco familiare sulle spalle rovinò la sua perfetta pace.
“Che diamine vuoi Pansy?” soffiò senza neanche voltarsi, mentre le afferrava i polsi sottili e interrompeva quel massaggio non richiesto.
“Mi sembravi infreddolito.” si giustificò la ragazza, spostandosi una ciocca corvina dietro l’orecchio con aria sensuale.
Draco riprese ad ignorarla, chiedendosi adesso come avesse potuto una volta sopportare la sua compagnia.
La giovane restava in piedi dietro di lui e si scambiava ogni tanto sguardi carichi di sottintesi con le compagne alle proprie spalle.
“Ti va un po’ di tè caldo, per caso?”
Il Serpeverde le lanciò un’occhiata traversa da sopra la spalla. Non aveva fatto colazione e oltre allo stomaco vuoto aveva un fastidioso cerchio alla testa per la nottata praticamente insonne.
Forse per una volta in vita sua la Parkinson avrebbe potuto essere utile a qualcosa.
Allungò una mano verso di lei, che con un gridolino di gioia corse a riempirgli un bicchiere di polistirolo facendo un innaturale giro su se stessa, passandosi il bicchiere dietro la schiena, prima di porgerglielo.
Draco abbozzò un sorriso di cortese ma freddo ringraziamento prima di portare la bevanda bollente alle labbra. L’odore acidulo del limone gli invase per primo le narici, seguito poi da una nota estremamente dolce.
“L’ho fatto con poco zucchero, come piace a te.” uggiolò Pansy, carezzandogli una spalla con le lunghe unghie laccate di rosso cupo.
Il suo sguardo non si staccava un momento dalla bocca seducente del ragazzo, aspettando solo di veder scivolare il liquido dorato verso la sua gola… e il suo cuore.
Tè per scaldargli il corpo e Filtro d’Amore per bruciargli l’anima.
La avrebbe amata come una dèa, come la musa cui non avrebbe potuto più rinunciare. Forse l’effetto non sarebbe durato tutta la vita, ma i capelli di Veela e i chiodi di Garofano che componevano quella benedetta pozione appena versata nel suo bicchiere lo avrebbero stregato almeno per un paio di giorni. E questo bastava per convincerlo a scrivere a Lucius Malfoy che l’unica donna che lui avrebbe mai sposato portava il nobile cognome dei Parkinson.
Già si vedeva con la fede al dito e il conto in banca triplicato…
Assorta nei suoi pensieri si riscosse solo quando Thor prese ad abbaiare a pochi metri di distanza.
“Ti piace?” chiese a Draco che aveva ancora le labbra appoggiate all’orlo del polistirolo.
Il ragazzo si alzò in piedi, stringendo ancora tra le dita il bicchiere.
“Molto. Grazie…” soffiò con voce bassa.
Pansy fu scossa da un brivido di vittoria ed eccitazione.
“Tanto per curiosità…”, mugugnò, avvicinandosi al suo corpo con movenze da gatta, “Come mi trovi oggi?”
Draco inarcò un sopracciglio, portando le proprie labbra a un centimetro dal suo orecchio.
“Meravigliosa…”
La Serpeverde era tanto estasiata da quella parola che, diversamente dal solito, non si arrabbiò nemmeno quando il grosso cane di Hagrid prese a girellare attorno a lei e al ragazzo per poi fermarsi dietro a quest’ultimo.
“Dici sul serio?”
“Ovvio. Così bella che neanche un cane potrebbe resisterti.”
La ragazza curvò il capo, incerta sul significato di quello strano complimento.
“In che senso?”
Lo sguardo che il Serpeverde le rivolse nell’allontanarsi dal suo viso per poi spostarsi di lato avrebbero dovuto farle capire che qualcosa non andava. Il suo ghigno sadico poi avrebbe dovuto preoccuparla seriamente. In quel momento di sublime estasi però Pansy era troppo occupata a complimentarsi con se stessa per notare questi particolari. Quando vide che il giovane lasciava cadere a terra un bicchiere di tè mezzo pieno e che dietro di lui Thor si leccava beatamente i baffi non ebbe più tempo per riflettere.
Un secondo e si trovò spalmata a terra con un quintale di cane a schiacciarle le costole e laccarle amorevolmente il viso.
“Che schifo! Levatemelo di dosso!”
La risata di Draco le ferì le orecchie come veleno.
“Visto Pansy? Così bella che neanche un cane potrebbe resisterti.”
La risposta della ragazza si perse tra un mare di improperi, urla isteriche e vari rimproveri degli insegnanti che si erano avvicinati di corsa per capire l’inspiegabile comportamento del cane.
Blaise si avvicinò al proprio migliore amico e poggiò a terra il cestino vuoto.
“C’entri forse qualcosa?”
“Chi, io?” ridacchio il Principe delle Serpi con finta innocenza.
Dopotutto Pansy se l’era cercata. Era davvero così sciocca da pensare che un pozionista come lui non avrebbe riconosciuto all’istante il profumo dolciastro di chiodi di garofano di un Filtro d’Amore? Aveva solo dovuto fingere che esso stesse facendo effetto per qualche secondo prima che Thor, guidato dalla propria golosità e attirato da quell’essenza zuccherina corresse a leccare via il tè dal bicchiere alle sue spalle e si beccasse una cotta per la Serpeverde.
“Sei crudele.” lo rimproverò Blaise.
“Oh, andiamo, non dirmi che all’improvviso tieni a quell’oca!”
“In realtà io mi riferivo al cane. Mi fa una gran pena…”
Draco scoppiò a ridere di gusto, allietato ancora maggiormente dalla voce esausta della Sprite che tentava invano di tirare via Thor e urlava ai suoi alunni ridacchianti che la lezione era finita.
Il Serpeverde si concesse ancora qualche minuto di quell’appagante scenetta e poi si diresse verso il Castello.
L’erba ghiacciata scricchiolò sotto i suoi piedi e il vento freddo si intrufolò sotto le pieghe morbide della sciarpa di lana. Draco vi affondò il viso e alzò lo sguardo. Un’esile figura bruna che procedeva a fatica tra le raffiche gelate che le scompigliavano i riccioli scuri entrò nel suo campo visivo e lo portò ad accelerare il passo.
“Ciao…”, sussurrò lasciando cadere a terra la borsa a tracolla quando fu a pochi passi da lei.
“Ciao.” rispose con un sorriso Hermione.
Erano soli ma la giovane accennò lo stesso ad un piccolo sentiero che conduceva verso il bosco e il Serpeverde la seguì per pochi metri.
“Devo parlarti…”, iniziò la Grifondoro, fermandosi in un punto riparato da alcuni cespugli di ginepro.
“Come posso aiutarla, mia dama?” celiò Draco con un misto di curiosità e impazienza.
“Prima di pranzo. Alla serra del dittamo.”
Il ragazzo rise. Si avvicinò a lei e le strinse i fianchi per attirarla a sé.
“Che fai? Mi dai ancora gli appuntamenti negli angolini nascosti?” ridacchiò.
Lei pose i pugni chiusi sul suo petto, esitando a lasciarvi andare anche il volto imporporato dal contatto col vento freddo.
“No, scemo, è importante.”
Ora che lui era così vicino era difficile resistere alla tentazione di lasciar perder Ron e Harry, con i quali aveva fissato prima il ritrovo alla serra, e chiudersi con quel Serpeverde in camera per tutta la vita.
“Ora devo scappare”, mugolò controvoglia, sentendo dei passi avvicinarsi, “Ho lezione tra un minuto.”
Si allontanò da lui, si voltò e corse via. Draco tese involontariamente la mano verso la sua immagine che si faceva più piccola, lasciandolo solo con la sensazione amara di un colloquio durato troppo poco e a consolarlo giusto la prospettiva di un nuovo incontro, dolce come il profumo dei gigli di ghiaccio che arrivava fin lì, trasportato dal vento vagabondo di novembre.


Finita l’ultima lezione della mattinata e dell’intero giorno, Draco corse verso il proprio Dormitorio. Entrò in camera gettando la borsa e il mantello sul copriletto trapuntato da sottili fili argentati. Le piume e le pergamene vi rotolarono sopra e si sparpagliarono in ogni direzione, scivolando a terra con schianti cristallini. Emerald, appollaiato sul suo trespolo, prese ad agitarsi e a sbattere le ali.
Reparo!” mormorò stancamente il suo padrone.
L’animale però non si calmò. Volò anzi verso gli oggetti appena rimessi insieme e prese tra gli artigli acuminati una piuma e un foglio che depositò sulla scrivania cui era seduto Draco.
“Che vuoi?”
Il gufo prese a punzecchiargli le mani con il becco ricurvo, incitandolo a scrivere una risposta che evidentemente gli era stato ordinato di riportare celermente.
“Basta!” urlò, scansandolo con uno scatto furioso del braccio. Emerald schioccò il becco e volò via, stizzito, andando a posare gli artigli attorno al prezioso bracciolo intarsiato di una poltrona in ebano scuro e levigato.
Draco lo fulminò con lo sguardo, conscio tanto quanto l’animale di avergli già ripetuto un milione di volte che a lui era proibito stare lì e che altrettante volte il gufo aveva disobbedito al suo ordine, testardo e infido quanto il proprio padrone.
Voleva che rispondesse a suo padre, eh? E cosa? Questo sapeva forse dirglielo? No, certo che no… e chi avrebbe potuto?
Il Serpeverde si alzò di scatto e afferrò l’ultima lettera di Lucius, ficcandola malamente dentro la tasca del mantello che riafferrò con un gesto ampio e rabbioso. I bordi scuri dell’indumento si sollevarono, roteando fino a sfiorare la poltrona dalle rifiniture in ebano. Emerald sbatté le ali per non perdere l’equilibrio.
“Sai cosa ti dico?” gli ringhiò contro Draco, sorprendendosi di stare davvero parlando con un animale “Che sarà lei a decidere!”
Avrebbe mostrato la missiva a Hermione e avrebbe agito come lei gli avrebbe detto. Dopotutto chi, meglio di lei, che già disponeva del suo cuore, avrebbe potuto guidare anche le redini del suo destino?
Corse così veloce verso il luogo dell’appuntamento da arrivare primo. Dopo aver ripreso fiato rimase in attesa e le parole della lettera riapparvero davanti ai suoi occhi, chiare nel ricordo come sulla carta, per via di tutte le volte che le aveva rilette.

“Caro Draco,
    Spero che la presente ti trovi nel pieno possesso delle tue forze e nella migliore delle disposizioni d’animo, perché ho grandi notizie per te. Sappi che presto…”

Un fruscio tra gli alberi lo strappò a quei pensieri, trascinandolo di nuovo sulla terra e poi su verso il Paradiso.
“Granger…”
“Malfoy.”
Tutto ciò cui riuscì a pensare il Serpeverde mentre bruciava le distanze e stringeva finalmente tra le braccia la sua amata Mezzosangue fu “Finalmente!”. Dimentico di tutto ciò che non fosse l’odore della sua pelle e dei suoi capelli o la consistenza carnosa delle sue labbra contro il proprio collo, le affondò le dita tra i boccoli scuri, mentre lei allacciava le braccia dietro i suoi fianchi.
“Mi sei mancata.” le sussurrò.
Il suo fiato caldo le carezzò la nuca.
“Ci siamo visti poco fa…”
“Intendevo, dall’ultima volta che ci siamo baciati.” Puntualizzò il ragazzo, con voce roca e graffiante per l’impazienza e il desiderio.
D’istinto Hermione si portò le dita alle labbra. Erano fredde. E allora perché le pareva bruciassero tanto?
Socchiuse gli occhi. Lui era lì, a pochi centimetri, fresca sorgente di vita e fonte di ristoro sicuro. Come non abbandonarsi a lui?
I loro volti si avvicinarono ancora, finché la Grifondoro sentì il tocco sensuale delle sue labbra contro le proprie nocche piegate…
Poi ancora un fruscio e Harry uscì dalla vegetazione, staccandosi di dosso foglie e rami costellati di spine.
“Porca miseria, ho beccato tutti i cespugli di ortiche di questo dannato post…ops!” si morse la lingua quando vide Hermione ritrarsi con uno scatto dal suo Principe delle Serpi. Li aveva interrotti di nuovo. Vide Draco stringere le mascelle e serrare i pugni e poté giurare che le vene del suo collo avessero preso a pulsare più velocemente mentre andava ad appoggiare il petto alla schiena di Hermione e, da dietro, le circondava la vita con le braccia.
“Dì un po’ Sfregiato, hai seguito un corso apposito o ti viene proprio naturale di arrivare sempre nel momento e nel luogo più inopportuno?!”
“Draco piantala”, lo rabbonì la sua Mezzosangue “Gli ho detto io di venire qui oggi.”
Il Serpeverde la fissò con aria interrogativa.
“E aspetti altre visite per oggi?”
In tutta risposta Ginny uscì dai cespugli, stringendo la mano di Blaise. Nel vedere Harry le sue guance raggiunsero la stessa tonalità dei suoi capelli, ma il sorriso amichevole che il Bambino Sopravvissuto le rivolse fu sufficiente a calmarla.
“Perfetto…” bofonchiò Draco mentre la sua idea di un incontro a quattr’occhi con finale in camera da letto andava al diavolo.
“Manca nessuno all’appello, Mezzosangue?”
“Probabilmente”, accennò una voce tra gli alberi “Io.”
Ronald si fece largo alle loro spalle, scrutando ogni particolare con aria sospettosa. Valutò seriamente l’idea di andare a sbarbare una mandragola e farla finita per sempre, perché doveva essere diventato improvvisamente pazzo. Altrimenti come si spiegava che sua sorella stringesse la mano di una Serpe sotto lo sguardo accondiscendente del proprio ragazzo e che Malfoy se ne stesse avvinghiato alla sua migliore amica?!
“Bene, ci siamo tutti.” Sentenziò la Caposcuola Grifondoro, sciogliendo l’abbraccio del Serpeverde alle sue spalle e contemplando i presenti con un misto di terrore ed eccitazione.
“Harry, Ginny, Ron…”
Lo avrebbe detto, lo avrebbe detto…
“Cosa, Herm?” la interruppe l’ultimo nominato, fissandola con due occhioni da cucciolo spaurito che misero a dura prova la sua determinazione.
“Harry, Ginny, Ron…”
Lo avrebbe detto subito, stava per dirlo…
Cosa Herm?”
“La pianti di interrompermi, Ronald?!”
“Oh, al diavolo, Mezzosangue!” la sovrastò Draco con poco garbo, “Glielo vuoi dire a Lentiggini che io e te stiamo insieme o aspetti la folgorazione divina?”
La delicatezza non era mai stata il punto forte di Malfoy, ma almeno la aveva tolta dall’imbarazzo di dover proseguire in quella farsa tragicomica di dialogo.
“COSA?!”
L’urlo di Ron fece volare via uno storno di uccelli appollaiati poco lontano e parve propagarsi all’infinito verso il cielo brumoso. Hermione ringraziò il Cielo per aver pensato di dire al suo amico di non portare la bacchetta, altrimenti in quell’istante probabilmente avrebbe avuto inizio una strage.
Alla vista della sua smorfia disgustata però sentì la rabbia sovrastarla.
“Cosa cosa? Non cadere dalle nuvole con quell’aria Ronald Weasley, perché te ne avevo già parlato!”
Blaise nel frattempo si avvicinò a dare una pacca sulla spalla del compagno di Casa.
“E bravo Draco, finalmente ti sei deciso a parlare chiaro, eh? E per quel che riguarda quella letter…”
Non terminò mai la frase, interrotta dalla sadica puntualizzazione del suo migliore amico.
“E comunque, Donnola, lui sta con tua sorella, non Potter!”
Sospirò di sollievo quando vide il Grifondoro incendiare con gli occhi l’altro Serpeverde e fu certo che l’argomento lettera non sarebbe stato ritirato fuori nell’immediato. Quando aveva sentito nominare quella parola gli era parso che il foglio nella sua tasca pesasse una tonnellata e dovesse cadere a terra con un tonfo assordante.
“Che cosa?!”
“Ok, forse di questo non ti avevo ancora accennato…” ammise Hermione.
“Già, forse ti era sfuggito!”
Si voltò verso Zabini che rivolgeva insulti a Malfoy in tutte le lingue conosciute, verso sua sorella, che pareva sul punto di incendiarsi tanto era rossa e infine verso il suo migliore amico, del tutto indifferente e anzi, Ron avrebbe potuto quasi scommetterci, all’apparenza anche vagamente… divertito?
“Ginevra, dimmi che non fai sul serio…” mormorò con un filo disperato di voce.
La ragazza parve ritrovare un po’ del suo naturale coraggio.
“Perché, se facessi sul serio che problema ci sarebbe?”
Ron rimase allibito, a bocca aperta. Si mise le mani nei capelli e cominciò a girare senza meta, borbottando nervosamente qualcosa tra sé. Ogni tanto alzava la testa o mugolava di disappunto. Il resto del gruppo lo fissava con apprensione, eccezion fatta per Malfoy, ovviamente, che sembrava essersi appassionato alla nobile arte del calciare sassolini e la applicava a qualsiasi minerale rientrasse nel raggio d’azione delle sue gambe, ignorando completamente il Grifondoro. Finché questi non se ne uscì con una frase finalmente comprensibile.
“Non può funzionare.”
“Cosa?” domandò il Serpeverde, tentando di circondare di nuovo la vita della sua Mezzosangue con le braccia, ma trovando la sua resistenza.
“Questo.”
Malfoy rise beffardamente, irritato però dall’abbraccio rifiutato.
“Solo perché lo dici tu Lentiggini?”
“Perché è così e basta. Grifoni e Serpenti non sono fatti per volare insieme e tantomeno per strisciare come te Malfoy…”
Il ragazzo rispose con uno sbuffo dal tono agguerrito, emesso arricciando le labbra sottili e contratte.
Una voce femminile dette eco ai suoi pensieri inespressi.
“Queste sono solo cazzate!”
Gli occhi di tutti si fermarono su Ginny che aveva appena parlato, stupendo tutti con un linguaggio decisamente poco consono al suo solito registro.
“E io non credevo che tu fossi così stupido da crederci, Ron.”, rincarò la dose.
Hermione le diede manforte, ben decisa a non mollare la lotta per un sentimento che le aveva dato tante emozioni così tragicamente e dolcemente diverse in poche settimane e che mai fino ad allora era stato stabile e sicuro per più di pochi attimi.
Draco vide una luce accendersi nel fondo delle sue iridi dorate e sorrise della sua determinazione. Aveva le guance accese di porpora intensa e le labbra serrate fino allo spasmo, ma non per questo era meno bella, anzi lo era di più. Non le staccò mai gli occhi di dosso mentre lei ribatteva prontamente e con lucidità ad ognuna delle obiezioni mosse dal suo compagno, attirato da quell’aura misteriosa di sicurezza che pareva alleggiarle intorno.
“Tu non hai nessuna coscienza, nessuna idea, nessuna cognizione che possa permetterti di arrogarti il diritto di sputare sentenze!” concluse con forza.
Ron tentò l’ultima carta, rivolgendosi a Harry.
“Tu non sarai d’accordo con questa follia voglio sperare?! Andiamo, si tratta di Zabini, di Malfoy, per la miseria! Malfoy, il tuo nemico da sempre! Non crederai che sia sincero, non crederai a lui?!”
Il Grifondoro gli sorrise, conscio di quanto fosse difficile da accettare. Lui c’era già passato e poteva dire che era stata un’esperienza a dir poco scioccante, che lo aveva costretto a rimettere in gioco le proprie convinzioni e le proprie certezze, ma non senza lati positivi: la felicità e la pace di due delle persone che più amava.
“A costo di suonare retorico”, rispose, “Io credo nella verità e la verità è che sia Ginny che Hermione sono felici con loro e questo mi basta. E, sinceramente, credo che possa bastare anche a te.”
Le ragazze annuirono con convinzione.
“Se ci vuoi bene, cos’hai incontrario alla nostra serenità?” incalzò sua sorella.
Il ragazzo affondò il volto tra le mani con un mugolio doloroso che fece disperare molti. Quando alcuni minuti dopo riemerse però, contro ogni previsione, le sue labbra accennavano un sorriso.
“So già che me ne dovrò pentire”, spiegò scrollando le spalle, “Ma se è questo che volete… per me va bene.”
Ginny emise un gridolino di felicità e saltò tra le braccia spalancate del Serpeverde alle proprie spalle, il quale si impossessò all’istante delle sue labbra.
“Ehy, almeno non davanti a me!” si scandalizzò suo fratello.
La ragazza si voltò all’istante, rossa di vergogna.
“Scusa… L’entusiasmo.”
Risero tutti di quella piccola uscita. Finalmente tutti. Insieme.
Hermione tirò un sospiro di sollievo e si lasciò ricadere contro il petto di Draco, chiudendo gli occhi. Lui appoggiò le labbra tra i suoi riccioli e le strinse finalmente le braccia attorno alla vita, cullandola leggermente.
“Ci vediamo in Sala Comune”, le disse Harry, allontanandosi con Ron, “Tanto stasera non abbiamo lezioni.”
La ragazza annuì leggermente e fece lo stesso per salutare Blaise e Ginny che sparirono per un altro viottolo intricato. Adesso erano solo lei e Draco.
Il Serpeverde serrò maggiormente la stretta del proprio abbraccio e stavolta la giovane non oppose resistenza.
“Se avessi rifiutato ancora il mio tocco…” la informò il Principe delle Serpi, “Non avrei più risposto delle mie azioni.”
Hermione sorrise, ascoltando il lento strusciarsi del vento contro le poche foglie rimaste e beandosi del calore che trapelava dai vestiti intirizziti dall’umidità dell’inverno.
Sollevò il viso verso quello di Draco e in quel preciso istante in cui trovò il suo sguardo, le parve di potersi mescolare a lui, fondersi, bersi. Entrambi sentirono un bisogno reciproco impellente e bruciante e videro il mondo scomparire in un abisso profondo e lasciarli soli con un pensiero unico. Non c’erano che loro, senza patti, senza malintesi, senza pregiudizi.
Allora Draco sfiorò il volto della sua Mezzosangue con lentezza crudele per poi accarezzarle il mento con le dita affusolate.
“Hermione…”. Sussurrò piano, assaporando il gusto di quel nome.
Lei sorrise.
“Draco…”
Lui sorrise.
Erano così vicini da sentire i propri respiri caldi mentre parlavano. Così vicini che quando Draco sollevò leggermente il mento di Hermione, inevitabilmente, le loro labbra si incontrarono.
Fu come un tuffo nel ghiaccio, fu come respirare per la prima volta dopo secoli. Come ossigeno, una sensazione irreale di piacere si diffuse nei loro corpi, sospinta nel sangue dal battito accelerato dei loro cuori.
Hermione si aggrappò alle braccia del biondo che le lambiva le labbra, dissetando il suo bruciante bisogno di lui. Quello era benessere allo stato puro, stillato dalle morbide labbra di una Serpe, il più dolce dei veleni, ambrosia divina che eccitava i suoi seni.
Draco sentì che avrebbe potuto passare la vita in quel contatto, fosse morto in quell’abbraccio non avrebbe avuto rimorsi, dato che poteva forse esserci qualcosa di meglio del morire tra le mani candide di un angelo?
Tutto attorno a loro si fece ovattato. Il mondo divenne un pallido riflesso di quello che era, nessun suono fu più udibile, tranne quello cadenzato dei loro respiri e quello umido delle loro labbra che si rincorrevano.
Quando si separarono restarono senza fiato né coscienza di sé. I loro occhi velati dal desiderio s’incontrarono di nuovo e Draco sentì le membra della Grifondoro tremare sotto il suo tocco.
Tu as peur, mon amour?” bisbigliò nel suo orecchio.
Hai paura, amore?
La ragazza scosse il capo e avvicinò le sue labbra alla sua gola, cosicché la propria risposta sarebbe stata un sussurro strozzato sulla sua pelle.
Je crains ce que j’éspère…”
Temo quel che spero.
Si allontanò da lui, prima indietreggiando lentamente con gli occhi fissi nei suoi, poi voltandosi solo ogni tanto, per vederlo mentre la seguiva.
A quelle poche parole Draco si era sentito catturare e trascinare fuori dal mondo reale. Non si rese neanche conto di essere rientrato a scuola, di aver attraversato l’atrio e i corridoi dei Sotterranei, di aver detto la parola d’ordine e aver varcato l’ingresso del Dormitorio, vuoto a causa del pranzo in corso. Riprese contatto con la realtà solo quando udì la porta della propria camera richiudersi alle proprie spalle.
Hermione era in piedi davanti a lui. Bella, fiera, indomabile Grifondoro, lo fissava con aria di sfida mentre un sorriso malcelato le increspava le labbra vermiglie.
Si sfilò il maglione con un unico gesto fluido e lo lanciò in terra, poi iniziò a far scivolare i bottoni della camicetta fuori dalle asole ricamate in rosso e oro.
Draco si appoggiò morbidamente allo stipite della porta, osservando ogni suo gesto con attenzione.
“Sai che non dovresti farlo, vero Granger?”
Forse non era ancora il momento, c’erano ancora particolari da chiarire, dettagli da definire, lettere da mostrare…
Lei inclinò la testa.
“E perché? Sentiamo.”
“Beh, perché io sono Draco Malfoy.”
L’infida Serpe che ancora cova in seno segreti non svelati.
La Grifondoro replicò con una risata cristallina.
“E io sono Hermione Granger. Piacere. Ora che le presentazioni sono fatte…”
Gli si avvicinò e lo aiutò a togliersi la giacca. Lui le bloccò il polso.
“Fai sul serio Granger?”
“E tu?”
Lui si abbassò a sfiorarle le labbra dischiuse.
“Non sto giocando, se è questo che mi chiedi.” le mormorò sulla bocca.
Hermione gli sfilò anche la camicia, lasciandolo a torso nudo e prese a baciargli il petto e le spalle.
“Allora ricordami perché non dovrei farlo…”
Draco rise della provocazione e la sospinse lentamente verso il letto.
La sua mano percorse la sua schiena in una carezza oscena che terminò sotto la stoffa della gonna.
“Non me lo ricordo…” celiò, baciando avidamente ogni centimetro di pelle visibile sul suo corpo perfetto.
E in realtà, in quel momento, mentre amore e piacere si mescolavano nel suo sangue risalendo il suo corpo e insinuandosi in ogni sua fibra più segreta, mentre l’aria si riempiva di gemiti, sospiri strozzati e nomi sussurrati all’infinito, in realtà in quel beato oblio poteva dire di non ricordare veramente.



…[Mavors] in gremium [...] saepe tuum se
reicit aeterno devictus vulnere amoris,
atque ita suspiciens tereti cervice reposta
pascit amore avidos inhians in te, dea, visus,
eque tuo pendet resupini spiritus ore…

…[Marte] spesso rovescia il capo nel tuo grembo,
 vinto dall’eterna ferita d’amore,
e così mirandoti con il tornito collo reclino,
in te, oh dea, sazia anelante d’amore gli avidi occhi,
e alla tua bocca è sospeso il respiro del dio supino…

Lucrezio, De rerum natura, I, vv. 33-37, (Inno a Venere)






………continua………






    
§ Spazio autrice: §

“Il piacere” è ovviamente ripreso dal romanzo di Gabriele D’Annunzio, che ho letto l’estate scorsa, innamorandomene perdutamente. La storia è piuttosto scarna e ruota tutta attorno alle vicende di personaggi dai caratteri morbosamente esasperati, in particolare a quelle del giovane e attraente nobile Andrea Sperelli, innamorato di due donne e della propria filosofia di esteta. Devo precisare che il dialogo in francese dell’ultima scena è ripreso proprio al libro (giusto le due battute in lingua, che mi erano piaciute tanto).
La citazione finale invece è un brano del “De rerum natura” che descrive l’atto amoroso della divina Venere e del suo amante Marte. L’ho scelta perché mi pareva perfetta per descrivere l’unione di Hermione e Draco, tutto qui.

Con affetto,
MmeBovary  
  
Leggi le 22 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: MmeBovary