Capitolo sesto
A last embrace,
last words to say
Before the war took their fate away
Before to kill became his forced task
And bleeding fields were covered with sins
His wounded heart is crying out for home
Away away my love to where all darkness will be gone
Away away to our land
Where you will be forever in my arms again…
(“A Thousand
Letters” – Xandria)
Il
povero Antonio avrebbe voluto credere che, a quel punto, l’idea della congiura
fosse stata mandata in pensione,
viste le difficoltà oggettive nell’organizzarla, ma non aveva fatto i conti con
l’ostinazione di Jacopo e, soprattutto, di Salviati e di Papa Sisto!
Salviati
aveva continuato a farsi vedere a Firenze sempre più spesso (ma insomma, non
era Arcivescovo di Pisa, lui? Che rompesse le scatole ai pisani, dunque!) e a
parlare in segreto con Jacopo e già questo aveva innervosito non poco il
giovane Orsini, che vedeva Salviati come il fumo negli occhi. Antonio non era
riuscito ad ascoltare più di tanto, ma sembrava che il complotto proseguisse,
seppure in mezzo a tanti ostacoli. Questa indeterminatezza era anche peggio,
perché almeno, se un piano ci fosse stato, lui avrebbe potuto cercare di
sventarlo come aveva già fatto, ma non sapere niente di preciso era angosciante.
Nel
frattempo la vita andava avanti… più o meno.
Il
31 marzo 1478 tutta Firenze partecipò alla solenne cerimonia dell’accensione
del cero pasquale… che poi, chissà perché lo accendevano quasi un mese prima di
Pasqua, ma tant’è! Ovviamente Jacopo era in prima fila, tutto fiero, davanti
alla Cattedrale di Santa Maria del Fiore, ad ammirare il corteo con Antonio al
suo fianco. Il ragazzo avrebbe voluto vedere Pazzi sempre così sereno e
tranquillo… peccato che cominciasse a sospettare che la sua pace interiore
dipendesse dal fatto che aveva già stabilito di eliminare i Medici, come e quando
non era ancora dato sapere! La solennità del momento aveva riunito la famiglia
Pazzi al gran completo, vale a dire Guglielmo e Bianca e Francesco, alle spalle
del capofamiglia. Mancava solo Novella, costretta a letto dopo un parto
difficile: qualche giorno prima aveva infatti dato alla luce due gemelli, a cui
erano stati imposti i nomi di… Antonio e Jacopo! *
Lorenzo
si avvicinò a Jacopo e agli altri, insieme a degli ospiti davvero illustri che
presentò alla famiglia Pazzi: il giovanissimo Duca di Milano, Gian Galeazzo
Sforza, di sette anni, e sua madre Bona di Savoia. C’era anche Andrea Foscari,
in rappresentanza di Venezia, e a poca distanza Giuliano con la madre Lucrezia.
Clarice, invece, si trovava ancora a Roma e sarebbe tornata dopo qualche
giorno.
Jacopo
sembrò molto compiaciuto di poter fare la conoscenza del Duca e della Duchessa
di Milano.
“Ospiti
davvero nobili” commentò, salutando con un inchino il bambino e sua madre.
“Sono onorato di incontrarvi, Eccellenza. Lorenzo ha rifiutato persino un
invito personale del Papa per essere qui con voi.”
E meno male, si disse Antonio, visto che era stato pianificato di
ucciderlo, se fosse andato a Roma!
Il
ragazzo era piuttosto nervoso, sia perché continuava ad essere preoccupato per
gli intrighi e i complotti del Papa e di tutti i suoi seguaci, sia perché si
rendeva conto che tale preoccupazione gli impediva di godersi un momento molto
importante per Firenze e anche per Jacopo: insomma, incontrare i signori di
Milano non succedeva tutti i giorni! Ed era bello vedere Jacopo così
sorridente, orgoglioso di poter raccontare anche al piccolo Duca le origini
della cerimonia che si stava celebrando, la storia del suo valoroso antenato
Pazzino de’ Pazzi… Sarebbe stato un giorno di grande festa se non ci fosse
stata quell’ombra minacciosa ad aleggiare su tutto e tutti!
“Da
allora, ogni anno, quelle tre pietre hanno creato la scintilla che accende il
nostro cero pasquale” concluse Jacopo, particolarmente ispirato. “Si potrebbe
dire che siamo la più antica e la più nobile famiglia di Firenze!”
Antonio
era, come sempre, rapito nella contemplazione di Jacopo che raccontava la
storia del suo antenato con tanta passione e sembrava finalmente sereno e in
pace con il mondo intero… ma l’incantesimo fu rotto dalla battuta di Lorenzo
che, sinceramente, ne aveva pieni i cosiddetti di sentire la solita prosopopea
su Pazzino de’ Pazzi per la decimillesima volta o giù di lì.
“Si
potrebbe, se non aveste tanta fretta di dirlo voi per primo” commentò il
giovane Medici.
Jacopo,
stranamente, non ribatté alle parole di Lorenzo ma, ancora più
sorprendentemente, ci pensò Antonio a saltare su come morso da una tarantola e
a rimbeccare l’amico davanti a tutta la famiglia Pazzi, a tutti i Medici, ai
Duchi di Milano e compagnia.
“Questa
battuta mi sembra proprio fuori luogo, Lorenzo, e non ne capisco la ragione”
fece, tradendo un certo nervosismo. “Sinceramente, se non ti conoscessi bene,
penserei che sei soltanto invidioso
perché tu non hai antenati così nobili e valorosi di cui Messer Pazzi è,
giustamente, fiero.”
Per
qualche istante calò un silenzio raggelato su tutti i presenti. L’uscita di
Antonio aveva spiazzato proprio tutti! Il primo a recuperare le proprie facoltà
fu Jacopo che, segretamente assai compiaciuto dell’appassionata e vibrante
difesa del ragazzo, abbozzò una mezza risata come a voler sdrammatizzare e fece
un inchino rivolgendosi al piccolo Gian Galeazzo Sforza.
“Eccellenza,
devo pregarvi di perdonare la mia presunzione” disse, con una disinvolta
sfacciataggine. “Il fatto è che, trovandomi alla presenza di ospiti nobili come
voi, discendente del grande combattente Francesco Sforza e della vostra signora
madre, figlia e nipote di Re, ho voluto anch’io mettermi un po’ in mostra per
non sfigurare troppo di fronte alla vostra illustre famiglia. Sicuramente ho
esagerato. Come vedete, noi adulti finiamo spesso per battibeccare e per
scontrarci, proprio come fanno i bambini se non peggio!”
Quelle
parole piacquero molto agli Sforza: Gian Galeazzo, che fino a quel momento era
stato rigido, impettito e imbarazzato, tutto preso dal suo ruolo, si lasciò
sfuggire una risatina che nascose coprendosi la bocca con la mano; anche Bona
di Savoia sorrise vedendo il figlio ridere, un sorriso spontaneo come non le
era più capitato dopo il terribile omicidio del marito.
Jacopo,
soddisfatto, si inchinò ancora una volta per salutare gli ospiti e si incamminò
verso l’ingresso della Cattedrale, seguito a ruota da Antonio e, poco dopo, da
Francesco. Era molto soddisfatto perché, grazie all’intervento del giovane
Orsini, lui aveva fatto la figura del
gran signore di fronte alle personalità più in vista di Milano e Venezia,
mentre Lorenzo era passato da gretto e invidioso della nobiltà altrui. Sì,
quello era stato un bel momento per Pazzi!
Lorenzo,
invece, non era contento per niente e non gli era piaciuto che Antonio gli si
fosse rivoltato contro in quel modo. Non appena poté, lasciò i suoi ospiti in
compagnia di Giuliano e della madre e si affrettò ad entrare nella Cattedrale
per fare due chiacchiere esplicative con il ragazzo.
Antonio,
ovviamente, era a non più di due passi di distanza da Jacopo, ma il giovane
Medici fece in modo di attirare la sua attenzione e lo condusse in un luogo più
appartato della chiesa per chiedere chiarimenti.
“Insomma,
Antonio, si può sapere cosa ti è preso? Hai solo una vaga idea della figura che
mi hai fatto fare davanti ai signori di Milano e di Venezia?”
Il
ragazzo non sembrava per niente pentito, anzi, piantò gli occhi neri in faccia
all’amico con aria di sfida. Questo atteggiamento poteva sembrare insolito, ma
bisogna pur capire il povero Antonio: da giorni si tormentava a causa della
congiura, era spaventato, nervoso e irritato perché non riusciva a saperne di
più e non sapeva come fare per stornare il pericolo… e, una volta tanto che
Jacopo si comportava bene, ecco che ci pensava Lorenzo a riaccendere le
ostilità. Insomma, non c’era da stupirsi che fosse esploso così improvvisamente!
“E
tu dovevi proprio rimbeccare Messer Pazzi? Non ce n’era alcun motivo, lui non
ti aveva detto niente, non voleva provocarti ma soltanto raccontare la storia
del suo antenato agli Sforza” ribatté, palesemente esasperato. “Per una volta
era tranquillo e sereno e giustamente orgoglioso della sua famiglia e delle
tradizioni di Firenze e sei arrivato tu a rovinare tutto con la tua frase
davvero poco cortese! Insomma, sembra che lo facciate apposta, tutti quanti…
sono anni che io ce la metto tutta per cercare la pace tra voi, insisto perché vi
riconciliate, perché riusciate ad andare d’accordo e… e adesso ti ci metti
anche tu a rinfocolare le inimicizie? Credevo che tu volessi aiutarmi!”
Davanti
allo sfogo dell’amico, Lorenzo sentì svanire l’arrabbiatura.
“Mi
dispiace, Antonio, non volevo che le mie parole fossero così inopportune”
disse. “So quanto ti stai impegnando e apprezzo veramente i tuoi sforzi, anch’io
desidero la pace tra la mia famiglia e quella dei Pazzi. E’ solo che… beh, non
hai idea di quante volte ho dovuto ascoltare quel racconto da parte di Jacopo,
non ne posso più, lui non perde occasione per rifilarlo a chiunque. Se sento
nominare ancora Pazzino de’ Pazzi potrei anche mettermi a urlare!”
Questa
volta la battuta di Lorenzo funzionò e strappò una risata soffocata ad Antonio.
“Scusami
tu, Lorenzo, lo so che ho esagerato e poi davanti ai nobili di Milano e Venezia…
mi sa che la figura l’ho fatta io! Mi dispiace, sono nervoso per via di questa
storia del Papa, Clarice a Roma, sono preoccupato, ecco!” ammise il ragazzo.
Lorenzo
gli strinse affettuosamente un braccio e sorrise: tutto era già dimenticato e i
due erano tornati amici come prima.
“Lo
so, anch’io ho tanti pensieri che mi tormentano e forse la battuta mi è
sfuggita proprio per questo” replicò. “Vedrai che andrà tutto bene e che
Clarice tornerà presto a Firenze sana e salva. E noi troveremo un modo per
proteggerci dalle mire di Papa Sisto. Non sarà facile, lo ammetto, ma ce la
siamo sempre cavata nelle difficoltà e lo faremo anche questa volta.”
I
due si salutarono e Lorenzo tornò dai suoi ospiti, mentre Antonio raggiungeva
Jacopo e Francesco.
Pazzi,
naturalmente, aveva osservato senza farsi notare tutta la conversazione tra il
giovane Medici e il suo pupillo ed
era sempre più compiaciuto: era un bene che Antonio cominciasse ad accorgersi
dei difetti di Lorenzo e a non trovarsi d’accordo con lui… era meglio che si
staccasse il più possibile dai suoi amici, così non avrebbe sofferto più di
tanto quando li avrebbero ammazzati!
Che
pensiero affettuoso, non è vero?
Fine capitolo
sesto
* Questo parto
gemellare è una mia invenzione! XD Avevo deciso di dare il nome di Antonio al
primo bambino di Novella e Francesco, poi ho saputo che si chiamava Jacopo… al
che ho risolto facendo avere alla coppia due bei gemelli! J