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Autore: Abby_da_Edoras    26/04/2019    6 recensioni
Questa storia è il sequel della mia precedente long fic "Il mio nome è mai più" e dunque si ispira ancora una volta alla serie TV "I Medici- Lorenzo il Magnifico", con il mio personaggio originale Antonio Orsini che, innamorato di Jacopo Pazzi, decide di mettere a posto le cose tra le due famiglie fiorentine. E, come in ogni mia ff che si rispetti, nonostante tutto ognuno avrà il suo "lieto fine"! Questa ff è incentrata interamente sulla congiura e sul modo in cui Antonio proverà a "scongiurarla" XD... e ovviamente tutto andrà letto in chiave umoristica e leggera, anche se per me questi personaggi sono veri e reali!
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori della serie TV "I Medici".
Genere: Angst, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo sesto

 

A last embrace, last words to say
Before the war took their fate away
Before to kill became his forced task
And bleeding fields were covered with sins
His wounded heart is crying out for home

Away away my love to where all darkness will be gone
Away away to our land
Where you will be forever in my arms again…

(“A Thousand Letters” – Xandria)

 

 

Il povero Antonio avrebbe voluto credere che, a quel punto, l’idea della congiura fosse stata mandata in pensione, viste le difficoltà oggettive nell’organizzarla, ma non aveva fatto i conti con l’ostinazione di Jacopo e, soprattutto, di Salviati e di Papa Sisto!

Salviati aveva continuato a farsi vedere a Firenze sempre più spesso (ma insomma, non era Arcivescovo di Pisa, lui? Che rompesse le scatole ai pisani, dunque!) e a parlare in segreto con Jacopo e già questo aveva innervosito non poco il giovane Orsini, che vedeva Salviati come il fumo negli occhi. Antonio non era riuscito ad ascoltare più di tanto, ma sembrava che il complotto proseguisse, seppure in mezzo a tanti ostacoli. Questa indeterminatezza era anche peggio, perché almeno, se un piano ci fosse stato, lui avrebbe potuto cercare di sventarlo come aveva già fatto, ma non sapere niente di preciso era angosciante.

Nel frattempo la vita andava avanti… più o meno.

Il 31 marzo 1478 tutta Firenze partecipò alla solenne cerimonia dell’accensione del cero pasquale… che poi, chissà perché lo accendevano quasi un mese prima di Pasqua, ma tant’è! Ovviamente Jacopo era in prima fila, tutto fiero, davanti alla Cattedrale di Santa Maria del Fiore, ad ammirare il corteo con Antonio al suo fianco. Il ragazzo avrebbe voluto vedere Pazzi sempre così sereno e tranquillo… peccato che cominciasse a sospettare che la sua pace interiore dipendesse dal fatto che aveva già stabilito di eliminare i Medici, come e quando non era ancora dato sapere! La solennità del momento aveva riunito la famiglia Pazzi al gran completo, vale a dire Guglielmo e Bianca e Francesco, alle spalle del capofamiglia. Mancava solo Novella, costretta a letto dopo un parto difficile: qualche giorno prima aveva infatti dato alla luce due gemelli, a cui erano stati imposti i nomi di… Antonio e Jacopo! *

Lorenzo si avvicinò a Jacopo e agli altri, insieme a degli ospiti davvero illustri che presentò alla famiglia Pazzi: il giovanissimo Duca di Milano, Gian Galeazzo Sforza, di sette anni, e sua madre Bona di Savoia. C’era anche Andrea Foscari, in rappresentanza di Venezia, e a poca distanza Giuliano con la madre Lucrezia. Clarice, invece, si trovava ancora a Roma e sarebbe tornata dopo qualche giorno.

Jacopo sembrò molto compiaciuto di poter fare la conoscenza del Duca e della Duchessa di Milano.

“Ospiti davvero nobili” commentò, salutando con un inchino il bambino e sua madre. “Sono onorato di incontrarvi, Eccellenza. Lorenzo ha rifiutato persino un invito personale del Papa per essere qui con voi.”

E meno male, si disse Antonio, visto che era stato pianificato di ucciderlo, se fosse andato a Roma!

Il ragazzo era piuttosto nervoso, sia perché continuava ad essere preoccupato per gli intrighi e i complotti del Papa e di tutti i suoi seguaci, sia perché si rendeva conto che tale preoccupazione gli impediva di godersi un momento molto importante per Firenze e anche per Jacopo: insomma, incontrare i signori di Milano non succedeva tutti i giorni! Ed era bello vedere Jacopo così sorridente, orgoglioso di poter raccontare anche al piccolo Duca le origini della cerimonia che si stava celebrando, la storia del suo valoroso antenato Pazzino de’ Pazzi… Sarebbe stato un giorno di grande festa se non ci fosse stata quell’ombra minacciosa ad aleggiare su tutto e tutti!

“Da allora, ogni anno, quelle tre pietre hanno creato la scintilla che accende il nostro cero pasquale” concluse Jacopo, particolarmente ispirato. “Si potrebbe dire che siamo la più antica e la più nobile famiglia di Firenze!”

Antonio era, come sempre, rapito nella contemplazione di Jacopo che raccontava la storia del suo antenato con tanta passione e sembrava finalmente sereno e in pace con il mondo intero… ma l’incantesimo fu rotto dalla battuta di Lorenzo che, sinceramente, ne aveva pieni i cosiddetti di sentire la solita prosopopea su Pazzino de’ Pazzi per la decimillesima volta o giù di lì.

“Si potrebbe, se non aveste tanta fretta di dirlo voi per primo” commentò il giovane Medici.

Jacopo, stranamente, non ribatté alle parole di Lorenzo ma, ancora più sorprendentemente, ci pensò Antonio a saltare su come morso da una tarantola e a rimbeccare l’amico davanti a tutta la famiglia Pazzi, a tutti i Medici, ai Duchi di Milano e compagnia.

“Questa battuta mi sembra proprio fuori luogo, Lorenzo, e non ne capisco la ragione” fece, tradendo un certo nervosismo. “Sinceramente, se non ti conoscessi bene, penserei che sei soltanto invidioso perché tu non hai antenati così nobili e valorosi di cui Messer Pazzi è, giustamente, fiero.”

Per qualche istante calò un silenzio raggelato su tutti i presenti. L’uscita di Antonio aveva spiazzato proprio tutti! Il primo a recuperare le proprie facoltà fu Jacopo che, segretamente assai compiaciuto dell’appassionata e vibrante difesa del ragazzo, abbozzò una mezza risata come a voler sdrammatizzare e fece un inchino rivolgendosi al piccolo Gian Galeazzo Sforza.

“Eccellenza, devo pregarvi di perdonare la mia presunzione” disse, con una disinvolta sfacciataggine. “Il fatto è che, trovandomi alla presenza di ospiti nobili come voi, discendente del grande combattente Francesco Sforza e della vostra signora madre, figlia e nipote di Re, ho voluto anch’io mettermi un po’ in mostra per non sfigurare troppo di fronte alla vostra illustre famiglia. Sicuramente ho esagerato. Come vedete, noi adulti finiamo spesso per battibeccare e per scontrarci, proprio come fanno i bambini se non peggio!”

Quelle parole piacquero molto agli Sforza: Gian Galeazzo, che fino a quel momento era stato rigido, impettito e imbarazzato, tutto preso dal suo ruolo, si lasciò sfuggire una risatina che nascose coprendosi la bocca con la mano; anche Bona di Savoia sorrise vedendo il figlio ridere, un sorriso spontaneo come non le era più capitato dopo il terribile omicidio del marito.

Jacopo, soddisfatto, si inchinò ancora una volta per salutare gli ospiti e si incamminò verso l’ingresso della Cattedrale, seguito a ruota da Antonio e, poco dopo, da Francesco. Era molto soddisfatto perché, grazie all’intervento del giovane Orsini, lui aveva fatto la figura del gran signore di fronte alle personalità più in vista di Milano e Venezia, mentre Lorenzo era passato da gretto e invidioso della nobiltà altrui. Sì, quello era stato un bel momento per Pazzi!

Lorenzo, invece, non era contento per niente e non gli era piaciuto che Antonio gli si fosse rivoltato contro in quel modo. Non appena poté, lasciò i suoi ospiti in compagnia di Giuliano e della madre e si affrettò ad entrare nella Cattedrale per fare due chiacchiere esplicative con il ragazzo.

Antonio, ovviamente, era a non più di due passi di distanza da Jacopo, ma il giovane Medici fece in modo di attirare la sua attenzione e lo condusse in un luogo più appartato della chiesa per chiedere chiarimenti.

“Insomma, Antonio, si può sapere cosa ti è preso? Hai solo una vaga idea della figura che mi hai fatto fare davanti ai signori di Milano e di Venezia?”

Il ragazzo non sembrava per niente pentito, anzi, piantò gli occhi neri in faccia all’amico con aria di sfida. Questo atteggiamento poteva sembrare insolito, ma bisogna pur capire il povero Antonio: da giorni si tormentava a causa della congiura, era spaventato, nervoso e irritato perché non riusciva a saperne di più e non sapeva come fare per stornare il pericolo… e, una volta tanto che Jacopo si comportava bene, ecco che ci pensava Lorenzo a riaccendere le ostilità. Insomma, non c’era da stupirsi che fosse esploso così improvvisamente!

“E tu dovevi proprio rimbeccare Messer Pazzi? Non ce n’era alcun motivo, lui non ti aveva detto niente, non voleva provocarti ma soltanto raccontare la storia del suo antenato agli Sforza” ribatté, palesemente esasperato. “Per una volta era tranquillo e sereno e giustamente orgoglioso della sua famiglia e delle tradizioni di Firenze e sei arrivato tu a rovinare tutto con la tua frase davvero poco cortese! Insomma, sembra che lo facciate apposta, tutti quanti… sono anni che io ce la metto tutta per cercare la pace tra voi, insisto perché vi riconciliate, perché riusciate ad andare d’accordo e… e adesso ti ci metti anche tu a rinfocolare le inimicizie? Credevo che tu volessi aiutarmi!”

Davanti allo sfogo dell’amico, Lorenzo sentì svanire l’arrabbiatura.

“Mi dispiace, Antonio, non volevo che le mie parole fossero così inopportune” disse. “So quanto ti stai impegnando e apprezzo veramente i tuoi sforzi, anch’io desidero la pace tra la mia famiglia e quella dei Pazzi. E’ solo che… beh, non hai idea di quante volte ho dovuto ascoltare quel racconto da parte di Jacopo, non ne posso più, lui non perde occasione per rifilarlo a chiunque. Se sento nominare ancora Pazzino de’ Pazzi potrei anche mettermi a urlare!”

Questa volta la battuta di Lorenzo funzionò e strappò una risata soffocata ad Antonio.

“Scusami tu, Lorenzo, lo so che ho esagerato e poi davanti ai nobili di Milano e Venezia… mi sa che la figura l’ho fatta io! Mi dispiace, sono nervoso per via di questa storia del Papa, Clarice a Roma, sono preoccupato, ecco!” ammise il ragazzo.

Lorenzo gli strinse affettuosamente un braccio e sorrise: tutto era già dimenticato e i due erano tornati amici come prima.

“Lo so, anch’io ho tanti pensieri che mi tormentano e forse la battuta mi è sfuggita proprio per questo” replicò. “Vedrai che andrà tutto bene e che Clarice tornerà presto a Firenze sana e salva. E noi troveremo un modo per proteggerci dalle mire di Papa Sisto. Non sarà facile, lo ammetto, ma ce la siamo sempre cavata nelle difficoltà e lo faremo anche questa volta.”

I due si salutarono e Lorenzo tornò dai suoi ospiti, mentre Antonio raggiungeva Jacopo e Francesco.

Pazzi, naturalmente, aveva osservato senza farsi notare tutta la conversazione tra il giovane Medici e il suo pupillo ed era sempre più compiaciuto: era un bene che Antonio cominciasse ad accorgersi dei difetti di Lorenzo e a non trovarsi d’accordo con lui… era meglio che si staccasse il più possibile dai suoi amici, così non avrebbe sofferto più di tanto quando li avrebbero ammazzati!

Che pensiero affettuoso, non è vero?

Fine capitolo sesto

 

 

 

 

 

 

* Questo parto gemellare è una mia invenzione! XD Avevo deciso di dare il nome di Antonio al primo bambino di Novella e Francesco, poi ho saputo che si chiamava Jacopo… al che ho risolto facendo avere alla coppia due bei gemelli! J

 

   
 
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