Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: mido_ri    27/04/2019    1 recensioni
Allison Harvey, ereditiera di un'azienda di giocattoli di fama internazionale, conosce il ricco e affascinante Kim Seokjin, divenuto intimo collaboratore di suo padre in breve tempo.
Il Signor Kim, però, ha fin troppi riguardi per la giovane Allison, che si ritrova a dover fronteggiare situazioni al limite della sopportazione umana. Perché il Signor Kim la tratta in questo modo? Gode già dei favori del padre di Allison e presto, grazie alla collaborazione con lui, anche la sua azienda sarà all'apice della fama nel continente americano.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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frappè

 

Mi accasciai sul pavimento, tenendomi la testa fra le mani. Credevo davvero che sarebbe scoppiata a momenti per tutto quello che c'era entrato nell'ultimo, stranissimo, periodo della mia vita. C'è un limite alla quantità di pensieri che una mente umana può elaborare? Be', speravo di sì, anche se in quel momento non ero molto fiduciosa.

Ritornai nella mia stanza strisciando i piedi. Mi sedetti sul letto con lentezza, chiusi gli occhi e incrociai le gambe. Con l'esperienza avevo avuto modo di imparare che, prima di avere una crisi nervosa, dovevo fermarmi un secondo e riflettere razionalmente.

"Okay. Quindi il Signor Kim e Taehyung sono fratelli. Bene. Cosa c'è di strano?"

Rivolsi al muro un sorriso da ebete, scossi la testa dopo qualche secondo e strisciai verso il letto. Mi stesi a pancia in su, come se ci fosse una remota possibilità di trovare una soluzione nel soffitto intonacato di bianco. 
Il mio problema era più grande di quanto sembrasse dall'esterno, anzi, chiunque avrebbe pensato che fosse una sciocchezza, ma per me non lo era. Era una questione di vita o di morte.

Alla fine si era tutto ridotto a un'unica domanda: chi avrei dovuto etichettare come bugiardo? Il signor Kim o Taehyung? O entrambi? La cosa certa era che almeno uno dei due mi aveva mentito.

---

- Taehyung.

- Cosa?!

Per poco non sputai la brodaglia che nella mensa della mia scuola veniva spacciata per zuppa di legumi.

- È lui il bugiardo.

- E il Signor Kim?

Felix alzò gli occhi al cielo, trattenendosi evidentemente dallo sbattere la testa sul tavolo per l'ennesima volta quell'anno.

- Ally, quando chiedi un consiglio a una persona si suppone che tu non abbia già deciso in partenza.

- Non c'è nessun motivo al mondo per cui dovrei scagionare il Signor Kim.

- Allora accetta la possibilità che anche Taehyung possa essere colpevole. Magari sono complici.

- Ma se si odiano!

- Fanno finta.

- Ma...

Felix si schiarì la voce, si passò una mano sul ciuffo biondo e accavallò le gambe. Sapevo già che stava per cimentarsi in una grottesca imitazione della sottoscritta.

Oh, ma come faccio a incolpare Taehyung? Hai visto quel faccino? E quando sorride...

Parlò con una voce molto più acuta, simile a quella di una scimmia e sicuramente non uguale alla mia.

- Non parlo così e non ho mai detto quelle cose.

- Ma le pensi.

Il ragazzo mi fece l'occhiolino, cosa che mi fece innervosire ancora di più, anche perché sapevo che aveva ragione.

- Taehyung ti piace.

- Sarebbe strano il contrario.

Felix si lasciò sfuggire un sospiro profondo, come se si fosse appena liberato di un peso enorme.

- Finalmente ti sei decisa ad ammetterlo.

- Insomma, chi non si prenderebbe una cotta stratosferica per quel ragazzo? L'hai visto?

- Quando smetterai di pensare che io sia gay soltanto perché esco con te, il nostro rapporto sarà migliore.

Scossi la testa e sbattei le mani sul tavolo, ricordando sia a me stessa che a Felix che il centro della conversazione era un altro. E dovevamo ritornarci assolutamente entro la fine di quella giornata, altrimenti ero sicura che sarei impazzita. O forse lo ero già da tempo.

- Okay, sarcasmo a parte. Cosa mi consigli di fare?

- Ah! Quindi ti interessa davvero il mio parere?

- Felix...

- Strano, perché fai sempre di testa tua.

- L'ultima volta che ho seguito il tuo consiglio ho fatto una figuraccia davanti a Taehyung.

- O semplicemente lui è molto esperto nel dire bugie.

Sbuffai sonoramente, però dovevo ammettere che aveva ragione. Per quanto Taehyung ai miei occhi apparisse meraviglioso e gentile, nessuno poteva garantirmi che fosse davvero così. In fondo mi aveva parlato del Signor Kim senza mai accennare alla loro stretta parentela, anzi, lo aveva trattato semplicemente come un suo superiore. Quindi mi aveva mentito anche lui. Cosa avrei dovuto fare? Di certo non potevo presentarmi di nuovo alla EnJINe e chiedere un'udienza con il CEO e il suo presunto fratello.

- Ally, ci sei?

- No.

Felix storse la bocca, un briciolo di sarcasmo in meno questa volta. Qualcosa mi diceva che era preoccupato davvero.

- Mi avevi fatto una promessa.

- Soltanto per il Signor Kim.

- No, Ally. Lo sai che non mi riferivo soltanto a lui, ma a tutti gli uomini del suo genere.

- Ma Taehyung...

- Taehyung un cavolo, ti ha mentito senza pensarci due volte! Che bisogno c'era di farlo?

- Avrà avuto i suoi motivi.

Il ragazzo inarcò le sopracciglia e piegò la testa da un lato, guardandomi incredulo per qualche secondo.

- Aspetta, lo stai difendendo?

- No... certo che no. Però...

- Nessuna persona per bene mente su queste cose.

- E se ci fosse qualcosa sotto?

- Del tipo?

- Non lo so... Magari si odiano o non sono fratelli di sangue oppure...

Fui interrotta dallo movimento brusco di Felix, che si alzò facendo strisciare la sedia per terra.

- Ally, per quanto tu possa scervellarti o dar retta ai miei consigli, sai benissimo qual è la soluzione, è la cosa più semplice del mondo, ma evidentemente non odii il Signor Kim così come dici di fare.

- Cos- Ehi! Chi ha mai parlato del Signor Kim?

- Lasciamo perdere. Vado in biblioteca e non pensare di seguirmi per cercare di migliorare la situazione. Cercami quando sarai diventata meno ipocrita.

- Ipocri... ta?

Ma Felix mi aveva già voltato le spalle, diretto alle scale con passo veloce.

"La soluzione è dimenticarmi di loro"

---

Raccolsi un soffione da terra, sicuramente portato lì dal vento, perché a New York bisognava percorrere parecchi chilometri prima di incontrare un po' di vegetazione non artificiale. Mi sentii in pena per quel piccolo fiore, quindi evitai di soffiarne via i petali leggeri e lo incastrai fra le ciocche dei miei capelli. Era una giornata niente male, il cielo era grigio e le nuvole oscuravano il sole, ma perlomeno non c'era un acquazzone a precipitarmi sulla testa come la volta scorsa. Era da tanto tempo che non trascorrevo il pomeriggio all'aperto da sola. Avevo con me un libro di non so quale autore troppo vecchio per i miei gusti sul quale avrei dovuto scrivere una relazione e consegnarla alla professoressa di letteratura. Sorseggiai il frappè che avevo ordinato nella gelateria di fronte, sebbene facesse ancora troppo freddo per bere cose del genere.

Sospirai e feci una pausa dal libro, mi bruciavano gli occhi e sentivo la testa pesante. Pensai inevitabilmente a Felix: non lo avevo mai visto così arrabbiato in vita mia, o forse soltanto quando un socio di mio padre aveva provato a farmi entrare nella sua limousine con la forza. Il mio migliore amico gli aveva piazzato un bel pugno in faccia all'età di soli quindici anni e mio padre lo aveva ringraziato, regalandogli più tardi la PlayStation che adorava tanto. Sorrisi al ricordo, eravamo decisamente più spensierati. E più vicini. Da quanto tempo avevamo cominciato ad allontanarci? Forse da quando il Signor Kim era entrato nella mia vita.

D'improvviso il cellulare vibrò accanto alla mia gamba, riportandomi alla realtà. Ero convinta che fosse Felix, con la speranza che volesse invitarmi a casa sua per trascorrere del tempo insieme e mettere una pietra sopra alla discussione di quella mattina, ma mi sbagliavo. Era il Signor Kim. Parli del diavolo...

Ciao, Ally! Che leggi?

Il frappè che stavo bevendo mi andò di traverso e per poco non sputai tutto sulle mie stesse gambe. Mi guardai intorno, ma non c'era nessuno nelle vicinanze, soltanto qualche turista che entrava nei negozi e persone che camminavano velocemente con il cellulare all'orecchio e una valigetta da ufficio alla mano.

Fatti vedere.

Ho ancora lo spray al peperoncino con me.

Non trattarmi male come sempre! :(

Da che pulpito... 

Dai, cosa leggi?

Non sono affari tuoi. Come fai a sapere che sto leggendo?

Ti ricordo che il palazzo della EnJINe ha 26 piani ;)

Guardai in direzione dell'edificio in questione, che sovrastava perfino gli altri grattacieli di importanti aziende. Ma la domanda persisteva: come faceva a vedere che stavo leggendo da quella distanza? Possibile che fosse così perverso da avere con sé un binocolo con cui spiare le persone da lassù? Ovviamente era una domanda retorica; non c'era limite alla perversione di quell'uomo.

- Allison?

Balzai sulla panchina, cacciando un urlo felino mentre assistevo al salto mortale del mio cellulare prima che si schiantasse per terra. Ma la situazione divenne ancora più tragica quando sentii un qualcosa di freddo e denso colarmi sui jeans.

- Oh... Che disastro. Lascia che ti aiuti.

Alzai lo sguardo dai miei pantaloni imbrattati di frappè per posarlo sulla figura dell'uomo che mi aveva chiamato per nome, facendomi spaventare.

- K-Kim...?

- Già, ti ho visto qui da sola e pensavo di-

- Ancora tu! Quando la smetterai di prenderti gioco di me?! E cosa diamine ci fai qui?

L'uomo aveva un'espressione sconvolta, ma come al solito sapeva fingere molto bene.

- Credi che sia così stupida da non capire che mi prendi per il... che mi prendi in giro?!

Mi coprii la bocca con imbarazzo, usare modi di dire così volgari non era nel mio genere, vista la famiglia in cui ero cresciuta, ma quando ero furiosa non riuscivo a controllarmi.

Ma il Signor Kim non mi stava neanche guardando negli occhi. Si era chinato per prendere il mio cellulare e il bicchiere di plastica ormai vuoto.

- Tieni, per fortuna lo schermo è ancora intero.

- Ehi! Mi ascolti?

Mi alzai in piedi e afferrai con riluttanza il pacco di fazzoletti che mi porse.

- Per quanto riguarda il frappè... Vuoi che te ne prenda un altro?

Sbuffai e tirai fuori un fazzoletto dal pacchetto con violenza, per poi cominciare a strofinarmelo sui pantaloni.

- No, grazie. Anzi... sì! Alla fragola.

Il Signor Kim scosse la testa emettendo un suono simile a una... risata?

- Mi trovi divertente? Credo che ti passerà la voglia di ridere quando ti ritroverai di nuovo del peperoncino negli occhi.

La sua espressione si fece immediatamente seria, almeno c'era qualcosa con cui anche io potevo minacciarlo.

- Scusami, non intendevo ridere di te. Ti trovo piuttosto simpatica.

- Simpatica?

Lo fulminai con lo sguardo. Era possibile definire simpatica una persona che allo stesso tempo si aveva la voglia di tormentare?

- Sì, insomma-

- Non mi interessa. Che ne dici di andare a comprare quel frappè e di riaccompagnarmi a casa?

Gli rivolsi un sorriso forzato e ripresi a strofinarmi inutilmente quel fazzoletto sui jeans.

---

Mi era difficile dire da quanto tempo stessi sorseggiando il frappè dalla cannuccia mentre dal finestrino della limousine cercavo di leggere qualsiasi tabellone pubblicitario mi capitasse davanti. Il Signor Kim aveva accolto i miei incarichi senza dire una parola, probabilmente dentro di lui persisteva un briciolo di quel senso di colpa a cui avevo avuto modo di assistere anche alla festa di compleanno di mio padre. Difficile a credersi.

Purtroppo però, per quanto non mi andasse a genio rivolgergli la parola di mia iniziativa, era la mia occasione per fare un po' di luce su quella faccenda contorta. Mi voltai verso l'uomo, anche lui intento a fingersi interessato al paesaggio circostante. Mi schiarii la voce per attirare la sua attenzione.

- Allora...

Ma l'auto frenò bruscamente e sbattei la testa contro il finestrino.

- Cosa diavolo...

Sentii il clacson di varie macchine protestare nel traffico di New York e sbuffai infastidita, premendomi il palmo di una mano sulla fronte.

- Allison, tutto bene? Dovresti mettere la cintura.

Il Signor Kim mi guardava con aria paterna e aveva un mano sollevata all'altezza della mia spalla, senza però toccarmi, come se avesse paura anche solo di sfiorarmi per sbaglio.

- Sì, sto bene.

Chinai la testa e presi a fissarmi i piedi, mordendomi le labbra sotto la pressione che lo sguardo attento dell'uomo esercitava su di me. Anche se non potevo vederlo, sapevo che mi stava guardando e odiavo dover ammettere a me stessa che ricevere le sua attenzioni mi mandava in panne il cervello. I suoi occhi mi mettevano soggezione, mi trasmettevano insicurezza, come se riuscissero a captare ogni mio pensiero; forse perché non avevo mai visto degli occhi così scuri, solitamente non facevo caso a quelli delle altre persone.

- Prima stavi cercando di chiedermi qualcosa, o sbaglio?

Strinsi le gambe e alzai la testa di scatto.

- Oh, sì! Giusto...

Cercai di riassumere il tono scontroso con il quale mi ero rivolta a lui quando mi aveva spaventato.

- Perché non eri nella tua azienda?

- Oh... Volevo prendermi una pausa dal lavoro e ho pensato di fare una passeggiata. Ne ho approfittato per prendere qualcosa da mangiare ai miei dipendenti che non lavorano part-time.

Indicò le buste di cartone appoggiate sul sedile sulle quali era stampato l'inconfondibile simbolo di McDonald's. Effettivamente le aveva con sé da quando ci eravamo incontrati.

- Gentile da parte tua.

Cercai di dirlo con fare disinteressato, ricevendo in cambio una breve risata.

- Ti aspettavi che frustassi i miei dipendenti e li costringessi a digiunare?

- Qualcosa del genere.

Scrollai le spalle e mi voltai di nuovo verso il finestrino. Sentii l'uomo fare pressione sul sedile e avvicinarsi a me.

- Perché ti interessa?

- Stai flirtando con me?

Come mi era saltato in mente di dire una cosa del genere con una tale sfacciataggine? Per giunta al mio acerrimo nemico. Da quando avevo conosciuto il Signor Kim il mio cervello aveva davvero smesso di collaborare. Infilai il mento nella sciarpa nel vano tentativo di nascondere le mie guance sicuramente rosse per l'imbarazzo.

- Mi hai preso per un donnaiolo?

- Non è forse quello che dicono tutti di te?

Un'altra risata. Mi stavo abituando a quel suono. Era più acuta e dolce di quando mi aspettassi e non era poi così irritante.

- "Spesso nel giudicare una cosa ci lasciamo trascinare più dall'opinione che non dalla vera sostanza della cosa stessa."

Trattenni il respiro.

- Come facevi a sapere...

- Ti ho vista mentre lo posavi in borsa. Ti piace Seneca?

- N-no... cioè sì... ma devo leggerlo per la scuola.

- Strano che a scuola vi facciano leggere opere classiche.

- La mia professoressa è un po' fissata... E tu come mai lo conosci?

- L'ho letto per piacere personale quando facevo le medie.

Sussultai. Non mi aspettavo che il Signor Kim fosse un cultore della letteratura classica. A pensarci bene non sapevo assolutamente nulla su di lui, ma doveva essere un uomo davvero in gamba per aver raggiunto tali risultati alla sua età, anche se non dava a vederlo.

- Quindi... è vero quello che si dice su di te?

- Te ne ha parlato qualcuno?

Annuii mantenendo la testa bassa.

- Sinceramente non so con precisione cosa si dica su di me, ci sono così tante voci in giro. L'unica cosa certa è che mi concentro sul mio lavoro ogni giorno, sono nella mia azienda quasi ventiquattro ore su ventiquattro e quando non sono lì sono con tuo padre a discutere di affari.

Stavolta azzardai a guardarlo. Mi rivolse un sorriso cortese, ma abbassò lo sguardo subito dopo. Anche lui sembrava a disagi, o si trattava di imbarazzo?

- E allora dove trovi il tempo di farmi tutte quelle cose?

Intrecciai le dita e cominciai a torcermi i pollici.

- A cosa ti riferisci?

- Ci risiamo!

Al diavolo l'imbarazzo, come al solito avevo abbassato la guardia. Gli afferrai un polso e lo attirai verso di me, in modo che potessimo guardarci negli occhi. Dopo un solo istante fui tentata di distogliere lo sguardo, perché non mi sentivo in grado di sostenere il suo, ma la mia determinazione ritornò a farsi sentire.

- Cosa ci guadagni facendo tutto questo? Perché ti ostini a comportarti in modo gentile con me se sai che continuerò a odiarti?!

Lo spinsi via, non smettendo però di guardarlo con disprezzo. Ma lui continuava ad avere quell'espressione sorpresa.

- Non hai niente da dire? Bene, allora stammi a sentire. Non voglio vederti mai più, esci dalla mia vita e smetti di contattarmi.

- Contattarti...?

- Certo! Su Instagram quanti CEO della EnJIne di nome Kim Seokjin esistono?

L'uomo scosse la testa e si ricompose sul sedile.

- Non uso quell'account da secoli... Lo gestiscono i miei dipendenti per fare pubblicità all'azienda, ma io non ne so niente.

- Bella questa! Hai ancora la faccia di mentire?

- Allison... Ogni volta che ci incontriamo continui a ripetermi che ti ho fatto qualcosa, ma io non so davvero a cosa ti riferisci.

- D'accordo. Allora cosa sono questi?

Per poco non gli sbattei il telefono in faccia, mostrandogli la chat di poco tempo prima. Il Signor Kim prese il cellulare per poter leggere meglio, aveva le sopracciglia aggrottate e il labbro inferiore fra i denti.

- Allison, ti ho appena detto che non ero in azienda oggi pomeriggio, quindi è impossibile che ti stessi spiando dal mio ufficio.

Gli tolsi il telefono di mano e mi feci indietro sul sedile.

- Allora chi diavolo è che continua a mandarmi messaggi fingendosi te? 

 

Note dell'autrice:

Ciao ragazzi! Scusate l'enorme ritardo nella pubblicazione, ma in questo ultimo mese ho avuto tantissimo da fare fra gite, feste e scuola. Ora cercherò di andare spedita come un treno e di completare la storia al più presto. Spero che continuerete a seguirmi!

     
  • ʕง•ᴥ•ʔง
  
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