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Autore: SherlokidAddicted    27/04/2019    3 recensioni
|| AU Destiel ||
John Winchester è morto, e Sam non riesce a superare il lutto.
Dean non ce la fa a vedere suo fratello in quelle condizioni, in più l'assenza del padre lo carica di un peso insopportabile all'altezza del petto. Non vuole piangere davanti a Sammy, vuole dimostrarsi forte e vuole soprattutto che il minore elabori la perdita con il suo aiuto.
Ma Dean non sta bene come crede, ha bisogno di un luogo tutto suo dove rilassarsi e magari anche piangere, quindi inventa uno spazio aperto tutto suo, lo immagina, lo sogna e lo visita ogni volta che chiude gli occhi la sera. Lì è tutto tranquillo, nessuno può dargli fastidio, nessuno può dirgli cosa fare, nessuno può stressarlo perché quella è solo la sua immaginazione e niente può intaccarla. Ma il suo inconscio gli gioca un brutto scherzo, e ben presto si rende conto che quel posto dovrà condividerlo con uno strambo tizio con un lungo trench che la sua mente ha creato per diventare la sua valvola di sfogo.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The silence'
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Posso parlarti qui fuori?

Caro Castiel,

Nemmeno immagini quante volte io abbia riscritto questa lettera. Ho aspettato così tanto delle tue notizie che quando le ho ricevute non ho più saputo da che parte cominciare. Un po’ come quando sei partito, quel discorso che avevo preparato e poi dimenticato. Le emozioni, cavolo, giocano brutti scherzi.

Devo dire che con quello che mi hai raccontato non mi hai fatto tranquillizzare affatto, odio sapere che tu possa essere a rischio, mi lascia continuamente con un peso sul petto, non faccio che pensare a quello che potrebbe succederti. Ma ieri sera, quando sono uscito con Gabe e tutti gli altri, tuo fratello mi ha raccontato delle tue precedenti missioni e del modo in cui ne sei uscito senza un graffio. Se ne sei uscito illeso quelle volte so che ne uscirai illeso anche questa. In fondo sono fiero di te, orgoglioso dell’uomo coraggioso che sei. Ed è strano perché quando sei qui con me diventi un ragazzino che arrossisce ai miei complimenti, di una dolcezza infinita, che piega la testa da un lato quando è confuso. Un angelo.

Anche io penso a te continuamente, non credo sia una novità. Non faccio che chiedere a tuo fratello tue notizie, anche se sono consapevole che comunque ne sappia quanto me, credo inizi a detestarmi per questo. In realtà, però, abbiamo legato molto io e lui. Non lo ammetterà mai ma credimi, è così. Se prima era solo un amico, adesso sta diventando come un fratello per me, ed entrambi abbiamo una cosa in comune, tu. Ti amiamo più di ogni altra cosa.

Non vedo l’ora di sentire la tua voce, è strano averla avuto attorno per così tanto tempo e poi improvvisamente non udirne più il suono. Ti prego, fai in modo che tu possa guadagnare questa telefonata, mi bastano anche trenta secondi.

Visto? Ti avevo detto che i Led Zeppelin sono forti. E non ti biasimo se ascoltarli ti commuove. Io non sono uno che piange come una mammoletta per le canzoni romantiche ad esempio, eppure ascoltare la canzone del nostro primo lento mi ha fatto uscire qualche lacrimuccia.

Ti prego, che questa cosa rimanga tra noi, Sam potrebbe prendermi in giro per tutta la vita.

Sam e Jessica ti mandano i loro saluti, anche loro ti aspettano, hanno detto che gli manchi.

Spero tu riceva presto questa lettera, così da poter ricevere altrettanto presto una tua risposta. Mi manchi tantissimo, Cas.

Tranquillo, ti aspetterò sempre e comunque. Ti amo anch’io.

Tuo Dean

 

Passò un intero mese dopo l’arrivo di quella prima lettera. I due continuarono a scambiarsene di tante, alcune così profonde e romantiche che quando Sam ne aveva letta una di nascosto non credette fosse stata Dean a scriverla. Però Sam era felice che Castiel tirasse fuori quel suo lato tanto dolce che poche volte Dean mostrava.

Quel giorno era in officina ed era da solo. Capitava che Bobby si assentasse per delle commissioni e lasciasse le redini a Dean. Stava cercando di far partire il vecchio motore di un'auto, quando udì il suono del cellulare provenire dall’interno dell’officina. Sospirò pesantemente e raggiunse l’appendiabiti dove aveva lasciato la giacca. Cercò il cellulare nella tasca e quando lo prese osservò lo schermo. “Numero sconosciuto”, diceva. Dean aggrottò per un momento le sopracciglia ma si decise lo stesso a rispondere.

- Pronto? - Per un momento ci fu silenzio, Dean credette fosse uno scherzo, ma poi sentì un respiro tremante e subito dopo una voce, tremante anche quella.

- Dean? - Il cuore del biondo perse un battito, fu costretto a reggersi contro la parete per non cedere sulle sue stesse gambe.

- Cas... - L’altro si lasciò andare a una leggera risata commossa e liberatoria, probabilmente stava anche piangendo ma Dean non poteva vederlo, solo che sembrava così dal suo tono. Avrebbe voluto abbracciarlo forte e dirgli che andava tutto bene.

- Cazzo, Dean… scusami, non credevo avrei reagito così, io… - Lo sentì tirare su con il naso.

- Smetti di piangere, non rendi le cose facili. - Mormorò Dean mentre si accasciava su una sedia lì vicino e guardava un punto fisso, ancora incredulo di aver sentito quella voce.

- Scusa, lo so… - Lo sentì prendere un respiro profondo, poi un altro, quel tanto che bastava per tranquillizzarsi. - Non ho molto tempo, quindi… -

- Non mi hai neanche salutato, brutto figlio di puttana… - Castiel si lasciò sfuggire una risata, e Dean sorrise appena.

- Ciao, Dean. - Disse poco dopo.

- Ciao, Cas… - Sussurrò lui.

- Come sta andando? Stai bene? -

- Sto bene, sì… tu come stai? - Castiel ridacchiò dall’altra parte del telefono. - Perché stai ridendo? -

- Non lo so, non mi aspettavo “ciao, come stai?” da questa conversazione. - Dean si poggiò contro la spalliera della sedia e prese a giocare con i lacci dei pantaloni della tuta, accennando un sorriso divertito.

- Vuoi che ti dica tutto quello che penso? -

- Sì, Dean. Tutto, e... - Castiel non ebbe il tempo di finire di parlare.

- Mi manchi da morire, Cas. - Per un po’ non ebbe risposta, poi sentì nuovamente il respiro tremante di Castiel.

- Ed ero io quello che non rendeva le cose facili. -

- Mi hai detto di dirti ciò che penso. -

- E tu mi hai detto di non rendere le cose difficili. -

- Sei uno stronzo. -

- E tu un idiota. - Dean scosse la testa e rise. - Mi manchi da morire anche tu. - Ci fu ancora silenzio, e Dean si ritrovò a passarsi le dita sugli occhi per asciugarli da quell’accenno di lacrime. - Dean, purtroppo devo andare. Non possono farmi stare molto al telefono se voglio chiamare anche Gabe. -

- Devi già andare via? - Chiese il biondo, deluso.

- Sì… mi dispiace. Se fosse per me ti parlerei per tutto il giorno. - Dean si schiarì leggermente la voce.

- Quando potrò risentirti? -

- Non lo so, ma mi risentirai, te lo prometto. - Dean si alzò dalla sedia, sentiva ancora le gambe molli ma non ci fece caso, quello che era appena successo era troppo per farlo rimanere seduto e immobile.

- Non fare cazzate, stai attento, e… e torna da me, ok? - Castiel non rispose subito, ma Dean immaginò stesse sorridendo dall’altro capo del telefono, dall’altra parte del mondo, ovunque lui fosse in quel momento.

- Tornerò. - Gli disse poi. Dean udì un mormorio, un’altra voce che non apparteneva a Castiel, qualcuno che diceva “sergente Novak, non abbiamo tempo”. Volevano che attaccasse. Dean avrebbe voluto prendere a schiaffi quell’altra persona e urlargli di lasciarli finire di parlare. - Devo andare davvero adesso, salutami Sam e gli altri, va bene? -

- Lo farò. -

- Ti amo, Dean. - Il biondo deglutì e cercò di mandare giù il groppo alla gola. Era strano sentirselo dire al telefono, con la consapevolezza che fosse così lontano da lui, ed era doloroso perché non faceva che alimentare la sua mancanza e quanto odiasse quella distanza.

- Ti amo anch’io, Cas. - Il segnale che annunciava la fine della chiamata fu l’unica cosa che udì subito dopo. Dean lasciò scivolare il telefono fino alla tasca. Poi rimase poggiato contro la parete per un paio di minuti a fissare il vuoto prima di tornare al lavoro.

Quella non fu l’unica chiamata, comunque. Nei mesi successivi ebbero modo di sentire la voce dell’altro. Dean fu deluso quando scoprì che non gli avrebbero concesso delle video chiamate, gli sarebbe piaciuto vedere il suo viso, i suoi occhi, anche se a separarli ci sarebbe stato il monitor di un computer. Però continuarono a scriversi. Dean aveva preso l’abitudine di raccontargli le sue giornate, una volta gli scrisse addirittura come aveva ignorato le avance di una ragazza che lo aveva notato a una delle serate al bowling organizzate da Gabe, dicendole apertamente “mi dispiace, sei carina e tutto ma… gioco in un’altra squadra”. Sam che era accanto a lui era scoppiato a ridere senza riuscire a trattenersi.

Jack ebbe la sua tanto attesa patente, il risultato dei suoi esami fu ottimo, e aveva iniziato a guidare la macchina del padre senza problemi. Non era più Gabe quello che lo accompagnava in officina o al lavoro, era lui che guidava fino a quei posti, e Dean era talmente fiero di quel ragazzino…

I mesi passarono, lenti e dolorosi, ma passarono. Alcune volte aveva avuto dei crolli emotivi, Sam non lo biasimava ogni volta che lo trovava con le mani fra i capelli e l’espressione di uno che cercava in tutti i modi di non piangere mentre leggeva una lettera di Castiel. Una volta era capitato quando aveva saputo che Castiel si era ferito in un’imboscata. Lui stesso gli aveva scritto che non era nulla di grave, che gli avevano sparato di striscio e che erano serviti solo dei punti di sutura. Dean sapeva che non c’era nulla di cui preoccuparsi, ma Castiel era oltreoceano, sarebbe stato più semplice vedere di persona e accertarsi che la situazione non fosse grave come lui diceva. Castiel dovette mandare una foto della sua ferita a Dean per tranquillizzarlo, e alla fine il biondo aveva potuto accertarsi delle sue condizioni. Non era davvero nulla di irreparabile, la ferita si stava già cicatrizzando.

In estate aveva raggiunto il lago quasi tutti i giorni, a volte con Sam, a volte da solo, per sentire semplicemente la vicinanza di Castiel in quel luogo, era come se fosse lì insieme a lui, come un angelo custode. Lo sentiva vegliare su di sé, il suo soldato coraggioso.

In autunno aveva assistito alla caduta delle foglie nel suo giardino dalla finestra del salone, perché era già passato troppo tempo da quella partenza e i momenti di malinconia e nostalgia stavano diventando sempre più soffocanti.

Poi era arrivato l’inverno, e con lui anche il periodo natalizio. Mancava poco alla fine di quei nove mesi, ma sapeva avrebbe passato il Natale senza Castiel. Faceva male come una ferita aperta e sanguinante.

Era a casa, insieme a Bobby e Sam stavano addobbando l’albero di Natale. Sam aveva deciso di indossare uno di quei maglioni dalle fantasie orribili, tipico delle festività. Voleva costringere anche Dean a indossarlo ma lui si era categoricamente rifiutato, così come aveva fatto con quelle ridicole corna da renna. Capiva le festività e tutto, ma non riusciva a capacitarsi del perché avrebbe dovuto somigliare a un idiota.

- Dannazione! - Esclamò quando si rese conto che le luci che avrebbero dovuto mettere attorno all’albero erano talmente ingarbugliate che ci sarebbe voluta un’eternità per scioglierle. Il campanello lo fece sussultare. - Sammy! Vedi chi rompe a quest’ora? - Il minore sospirò e lasciò andare le decorazioni che stava prendendo dalla scatola insieme a Bobby. - Dannate luci natalizie. - Mormorò frustrato mentre sentiva la porta aprirsi e le inconfondibili voci di Gabriel e Jack che annunciavano il loro arrivo.

- Buonasera Samuel! - Dean si girò per assistere alla scena, lasciando andare quelle maledette lucine per un attimo. Jack si fece spazio e lo raggiunse senza dire niente. Prese le lucine al suo posto e cominciò a scioglierle con una buona dose di pazienza. - Oh, vedo che state addobbando a festa, bene… ah, c’è anche Bobby! - L’uomo si sistemò il berretto sulla testa e gli fece un cenno di saluto. Poi però lo sguardo di Gabe cadde proprio su Dean e lì rimase per un po’ in silenzio. Se ne stava sulla porta a guardarlo come se non sapesse cosa dirgli.

- Che vuoi fare? Entri o vai via? - Gli chiese Dean, impaziente come al solito. Jack accanto a lui non spiccicava una parola, continuava a cercare di sbrogliare i fili delle luci natalizie, lanciando di tanto in tanto un’occhiata al biondo con la coda dell’occhio. Sembrava proprio che quei due gli stessero nascondendo qualcosa.

- Senti, Dean-o… - Iniziò Gabe con un’espressione che a Dean non piacque per niente, tanto che si alzò in piedi e lo guardò in attesa, di qualunque cosa volesse dirgli. Gabriel sospirò, poi gli fece cenno di avvicinarsi. - Posso parlarti qui fuori? - Dean guardò i presenti, a parte Jack sembravano tutti confusi quanto lui. Gli occhi di Gabe nascondevano qualcosa che non era sicuro di voler davvero sapere.

- Che è successo? - Gabe non rispose, si leccò semplicemente le labbra e lanciò uno sguardo a Jack che però lui non ricambiò. Quello bastò a fargli sentire quell’improvvisa stretta all’altezza del petto. - Si tratta di Castiel? - Gabe abbassò lo sguardo e Dean credette di sentire le gambe tremare per un momento.

- Possiamo parlarne fuori, per favore? - Il tono di Gabriel non aveva niente di rassicurante, era netto, piatto, privo di alcuna emozione. Quando Dean cercò lo sguardo di Jack si accorse che il ragazzino stava facendo di tutto per non guardarlo.

- Che diavolo è successo, Gabe? - Disse con voce tremante. Ma la reazione di Gabriel fu decisa.

- Vieni fuori, che cazzo! - Lo aveva urlato quasi, e Dean deglutì rumorosamente. Sentì lo sguardo di tutti addosso, perfino quello di Jack che aveva smesso di provare a sciogliere il filo delle luci. Sam aveva sussultato per la reazione di Gabriel, poi aveva lanciato uno sguardo a Dean per incitarlo a muoversi. Il biondo aveva annuito appena, poi si era deciso a seguire Gabe all’esterno. Sam e gli altri rimasero a guardarli sulla porta d’ingresso. Gabe camminò fino a quasi la metà del vialetto, poi si girò verso Dean e portò le mani in tasca. Il suo viso serio come mai lo era stato.

- Allora? - Chiese Dean incrociando le braccia al petto, non ricevendo però in cambio alcuna risposta. - Che cosa gli è successo? Hai saputo qualcosa? - Gabriel sospirò, ma anche questa volta non disse niente. - Porca puttana, Gabriel! Vuoi iniziare a parlare? Giuro che se non mi dici cosa è successo… - Smise di parlare subito quando vide che un sorriso si stava formando sulle labbra del maggiore dei Novak. Un sorriso furbo e divertito che a Dean parve del tutto fuori luogo, avrebbe voluto prenderlo a schiaffi. - Che c’è da ridere? - Gabe sembrava determinato a tacere, poi però si limitò a prendere il viso di Dean e a farlo voltare verso la strada.

- Dovevo farti uscire in qualche modo, no? - Dean non capì, ma poi lo sportello del furgoncino di Gabriel si aprì e chi ne uscì da lì quasi fece venire un mancamento a Dean. - Uh, dovevi vedere la tua faccia, è stato divertente. - Adesso Gabe stava ridendo di gusto, ma Dean non riusciva a sentirlo. Tutti i suoni attorno a lui erano svaniti.

Castiel si richiuse la portiera alle spalle e poi si tolse il berretto. Aveva ancora la divisa militare addosso, e poi un sorriso stampato sulle labbra, un sorriso felice, commosso e degli occhi lucidi che Dean riuscì a vedere perfino a quella distanza. Quando Castiel cominciò a correre verso di lui, Dean si mosse in automatico in sua direzione.

- Con te faccio i conti dopo. - Disse a Gabe poco prima di allontanarsi e cominciare a correre a sua volta. Non riusciva a capire, si fece così tante domande che non sarebbe bastato un solo giorno per rispondervi, tipo come facesse lui a essere lì, perché era tornato prima del previsto, e perché lui non ne sapeva niente. Ma l’unica cosa che voleva in quel momento non erano delle risposte.

Castiel si gettò letteralmente fra le braccia di Dean e lo strinse così forte da sentire le braccia indolenzite. Dean fece la stessa cosa, sollevandolo addirittura da terra per un momento. Il suo profumo lo inebriò e dopo tutto quel tempo lontano da lui si accorse di quanto in realtà gli fosse mancato perfino immergere il naso fra i suoi capelli. Castiel spostò la testa dal suo collo fino a fronteggiarlo. Furono in grado di vedere il viso dell’altro, ed entrambi erano ricoperti di lacrime, ma allo stesso tempo un sorriso delineava le loro labbra.

- Sorpresa… - Mormorò Castiel. Dean scosse la testa incredulo e spostò le mani sulle sue guance per accarezzarle con dolcezza, quasi come per accertarsi che tutto quello fosse reale, che Castiel lo fosse. Quest’ultimo si aggrappò ai suoi fianchi e lo guardò negli occhi come se al mondo non esistesse altro.

- Sei un figlio di puttana… - Sussurrò Dean, non rendendosi conto che altre lacrime stavano inondando il suo viso. Castiel rise, tirando poi su con il naso.

- Lo so. - Il moro non ci pensò su due volte, portò le mani sul colletto della camicia di Dean e lo spinse letteralmente contro le sue labbra. Dean rispose a quel bacio con disperazione, portando le braccia attorno al suo busto per stringerselo contro il più possibile. Fu come riprendere a respirare dopo una lunghissima apnea. Quelle labbra piene e carnose gli erano mancate, le sue braccia che lo stringevano gli erano mancate, il suo odore, la sensazione alla bocca dello stomaco ogni volta che stava insieme a lui, quella che lo faceva sentire strano e completamente al sicuro. Era il suo Castiel, ed era di nuovo lì con lui.

- Sei tornato prima… io credevo… - Sussurrò Dean sulle sue labbra, e Castiel si premurò di asciugare le sue lacrime con il pollice, sfiorando subito dopo il suo zigomo in una carezza.

- Neanche io… pensavo di dover restare lì ancora ma poi mi hanno congedato in anticipo. Ne ho approfittato per farti una sorpresa, volevo… volevo vedere la tua faccia. - Castiel tirò su con il naso e si passò la manica della divisa su una guancia. - Sei bellissimo. - Dean non gli permise di dire altro. Lo baciò di nuovo, stavolta con più intensità, lasciando che le loro lingue si intrecciassero nonostante la presenza degli altri attorno a loro, che probabilmente si erano avvicinati. Dean ci fece caso solo quando si staccò dalla bocca di Castiel.

- Io direi che possiamo festeggiare adesso. Vi aiutiamo con l’albero, che ne dite? - Disse Gabe poco dopo, dando una pacca sulla spalla a Sam. Dean sciolse l’abbraccio con Castiel e si limitò a prenderlo per mano, poi puntò il dito indice verso il maggiore dei Novak e gli riservò un’occhiataccia.

- Io e te dobbiamo fare i conti, mi hai quasi fatto venire un infarto, tu e i tuoi dannati scherzi melodrammatici. - Gabe si limitò a fare spallucce, ridacchiando. - E anche tu, con quella faccetta da angelo, non pensare di passarla liscia. - Disse poi rivolto a Jack. - Vi salvate solo perché sono felice adesso. - Castiel sorrise divertito accanto a lui, poi cominciò a salutare tutti gli altri con un forte abbraccio, Bobby compreso.

Dopo qualche minuto stavano già brindando nel salone al suo ritorno. Il sorriso di Dean andava da una parte all’altra, e per tutta la serata non lasciò andare la mano di Castiel neanche per un secondo.


Note autrice:
ALLORA, questo è proprio l'ultimo capitolo, gente.
Scusate se oggi sarò brevissima nelle note, sono reduce da Avengers Endgame e il finale di stagione di Supernatural, entrambi mi hanno lasciata sconvolta, triste, malinconica, e voglio piangere fino alla fine dei tempi... comunque...
Lunedì avrete l'epilogo, e lì vi pubblicherò comunicazioni, ringraziamenti e quant'altro.
Vi aspettavate questa fine? (Ho in serbo una bomba per l'epilogo, che potrebbe essere?)
Ci vediamo prestissimo per l'epilogo.
Baci!

  
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