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Autore: Anya_tara    30/04/2019    1 recensioni
Quegli occhi rossi che la scrutano attentamente, vigili come quelli di un predatore la mettono a disagio.
Infila una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre quello riprende a mangiare come nulla fosse.
Lei non ha più fame. Ma si sforza comunque di continuare a cenare, anche perché non vuole dargli questa soddisfazione.
Non gli permetterà di metterla in difficoltà, a nessun costo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Ochako Uraraka
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Izuku l’ha avvisata che sarebbe arrivato alle otto all’appuntamento.
Lei aveva già chiesto di spostare un turno, scambiandolo con un altro collega.
<< Esci col tuo ragazzo? >>, le aveva chiesto.
<< Ehm … sì >>.
<< Quello che ti manda quegli splendidi fiori? Allora non puoi assolutamente mancare! >>.
Ochaco si era sentita avvampare, ma non l’aveva corretto.
Non ce n’era alcun bisogno.
Ha pranzato poco, ma con calma. Ha messo un po’ in ordine casa, senza fretta, poi è andata a fare un giro in centro, a scegliere un vestito nuovo.
Era stata in quello stesso ristorante solo due settimane prima. Non le sembrava il caso di andarci di nuovo con quello dell’altra volta.
Mentre si guardava nello specchio, però, si è resa conto di una cosa.
Non era del genere che indossava di solito. Quegli abitini sbarazzini, spesso con dei fiori, in toni pastello. 
Era un abito del tutto differente. Nero, aderente e con una delicata stampa di un fiore stilizzato che risaliva dal fianco destro alla spalla sinistra.
Arancio vivido.
Era arrossita, e subito era tornata nel camerino, slacciandoselo di dosso alla svelta, col cuore in gola.
si era portata la mano al petto, dal lato del cuore, che le pulsava nel palmo.
Non stava bene. Forse avrebbe dovuto chiamare Deku … chiedergli di rimandare … almeno finché quella strana fascinazione non fosse passata.
Ma no. Lui tornava da un viaggio, e il giorno dopo sarebbe tornato in servizio attivo.
Non sarebbe stato giusto fargli questo.
Sembrava piuttosto agitato. Sicuro … non vedeva l’ora di riabbracciarla.
Sulle sue labbra dolci avrebbe riacquistato il senno, di certo.
Ma mentre si aggrappava a quel pensiero come all’ultima speranza era il calore di tutt’altra bocca che percepiva addosso.
Alla fine non ce l’aveva fatta. Aveva scelto la prima cosa che le era capitata tra le mani, senza nemmeno guardare il colore, il modello. Aveva pagato avvertendo una fitta allo stomaco nel sentire il tintinnio della carta strisciata nel lettore, l’affitto era in scadenza e aveva anche qualche bolletta in arretrato.
Doveva tornare a concentrarsi sulle cose serie.
La vita vera. Non la stupida impressione di un istante, che come in quelle sfere di vetro innevate inizia appena scossa, ma dopo un attimo torna a depositarsi giù, facendo svanire l’incanto.
Lei è sempre stata una persona razionale. Decisa. Con la testa sulle spalle. Ha scelto di diventare Eroe per aiutare la sua famiglia.
Le fantasie non sono parte del suo cammino.  
E’ tornata a casa, ha fatto la doccia, sistemato i capelli. Li ha tirati su, sulla nuca, lasciando alcune ciocche intorno al volto. Si è truccata – poco, non è cosa che ami, e non crede le si confaccia- e ha tirato fuori dalla busta di cartone l’abito che aveva acquistato.
Rosa cipria. Delicato, morbido.
Come i petali delle peonie.
L’ha infilato, stupendosi quasi di come le stia addosso. E’ … incredibile, se gliel’avessero cucito addosso non sarebbe potuto andarle più alla perfezione di così.
Mica ingrassi, sai?
Stupido, stupido Bakugō.
Ma subito l’irritazione era finita per sfumare nelle parole che erano seguite.
E quella tenerezza, quell’impressione di timidezza che l’avevano presa allora le si erano avvolte di nuovo addosso, calde come quella coperta.
Snervata, ha preso le scarpe, il cappotto, la borsa. Chiusa la porta a chiave è uscita in strada.
Fuori il crepuscolo annegava rapido nel buio metallico di una notte di pioggia. Si è stretta i lembi del cappotto alla gola, mentre il vento le scompigliava i capelli.
Dopo quella che le è parsa una corsa interminabile arriva, finalmente. Midoriya è già dentro, appena la vede si fa violentemente rosso, balza in piedi per scostarle la sedia.
Ma non la sfiora. Non la abbraccia nè la bacia.
E forse per questo la gioia che si attendeva nel rivederlo si è un po’ attenuata.
Subito però si riprende. D’altronde non è sua abitudine lasciarsi andare ad effusioni in pubblico. L’unica è il bacio della buonanotte, davanti a casa.
E’ persino più teso dell’ultima volta. Ma il suo tono era affettuoso. << Come stai? >>.
<< Bene. Grazie. Tu? Tutto bene? >>.
<< Sì >>.
<< E’ stato … interessante il corso? Hai imparato qualcosa di nuovo? >>.
<< Oh, sì. E …. Tu? Hai finito … di lavorare … insieme a Kacchan? >>.
<< Sì >>. Risponde tranquilla. Forse un po’ troppo.
E troppo in fretta. << E’ sempre lo stesso, allora >>.
<< Persino peggio. La povera Scarlet ha la pazienza di una santa. Io al suo posto non avrei retto, penso >>.
Izuku stira un sorriso comprensivo. Che la infastidisce in realtà.
Ancora quella sorta di devozione, nei riguardi del rivale.
Non è certo andata lì per parlare di lui. Anzi, tutto il contrario. 
<< Ma … racconta. Avrai incontrato Eroi nascenti, tante persone … dev’essere stato stimolante >>, lo incita.
Deku sembra nuovamente a disagio. E pare riservare una gratitudine tutta particolare al cameriere che si avvicina garbato e pettinato al tavolo, chiedendo se i signori desiderano ordinare.
No, non somiglia affatto al ragazzetto dello yakitori.
Sarà una cena molto, molto lunga.
Quando terminano Izuku le propone di accompagnarla a casa. Escono fuori, camminano vicini.
Alla fine ha iniziato a piovere per davvero.
Distratta com’è ultimamente ha scordato anche di prendere l’ombrello.
E’ ancora nervoso, anche mentre la metro li riporta nel quartiere dove Ocahco abita.
Davanti al palazzone dove si trova il suo appartamento si fermano.
All’improvviso nota Deku fissarla con convinzione. I suoi grandi occhi le scrutano il viso, gli zigomi cosparsi di lentiggini infocati mentre il piccolo pomo d’Adamo sale e scende nella curva della gola.
Per un istante Ochaco si era sente venire meno il respiro.
Per questo l’ha guardata così tutta la sera? Era … desiderio quello che lo teneva così a disagio, sulle spine?
Ora … l’avrebbe fatto. Gliel’avrebbe chiesto sul serio.
Di entrare in casa sua. Di …. restare con lei, quella notte.
E’ davvero arrivato il momento giusto?
Lo spera tanto.
Cerca di trattenere il tremore delle mani. Un lieve rivolo di sudore le imperla la spina dorsale, il cuore pulsa forte nelle tempie.
<< Uhm  … Ochaco >>, esordisce, il tono vibrante come una fiamma al vento.
<< Sì? >>.
<< Io … ecco, io … c’è … una cosa che devo …. Che devo chiederti >>.
Anche la sua voce è un anelito sottilissimo mentre gli risponde. << Sì, Izuku >>.
Lui china un attimo il capo color smeraldo, come i suoi occhi. Tende la mano a cercare quella di lei.
Sono gelide entrambe. E tremano entrambe.
La vista le si era sfoca. Sì, è la cosa giusta, di sicuro quel lieve sbandamento è stato dettato dal desiderio di affetto che le stringe il cuore, e nulla più.
Izuku è quello giusto. Lui … è l’uomo con cui deve stare.
Il ragazzo posa un ginocchio sul marciapiede. Poi l’altro.
Rimane così per qualche secondo, in silenzio mentre la pioggia gli appesantisce i ricci.
<< Uraraka – san >>, mormora, stringendole più forte le dita.
E rialza finalmente lo sguardo.
   
 
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