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Autore: Abby_da_Edoras    03/05/2019    6 recensioni
Questa storia è il sequel della mia precedente long fic "Il mio nome è mai più" e dunque si ispira ancora una volta alla serie TV "I Medici- Lorenzo il Magnifico", con il mio personaggio originale Antonio Orsini che, innamorato di Jacopo Pazzi, decide di mettere a posto le cose tra le due famiglie fiorentine. E, come in ogni mia ff che si rispetti, nonostante tutto ognuno avrà il suo "lieto fine"! Questa ff è incentrata interamente sulla congiura e sul modo in cui Antonio proverà a "scongiurarla" XD... e ovviamente tutto andrà letto in chiave umoristica e leggera, anche se per me questi personaggi sono veri e reali!
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori della serie TV "I Medici".
Genere: Angst, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo settimo

 

Quante volte hai già pagato le tue scelte?
Quante colpe ti sei prese senza averle?
Quante volte mi hai risposto, non è niente?
Quante volte io lo so che mi sorriderai?
A tutto quello che hai passato non pensarci mai
Che non cambia niente, che non conta niente, ma

Se avrai torto o ragione per me non sarà importante
Sappi che io sarò sempre dalla tua parte
E senza dubbi ed incertezze
Inganni, scuse o debolezze io
In ogni giorno, in ogni istante
Io sarò dalla tua parte…

(“Dalla tua parte” – Alessandra Amoroso)

 

Clarice tornò da Roma pochi giorni dopo e le sue parole non fecero che confermare i sospetti di Lorenzo nei confronti del Papa. Il tentativo di congiura era fallito, ma pareva proprio che l’allegra combriccola ci avrebbe riprovato presto. Lorenzo non avrebbe fatto l’errore di sottovalutare quelle persone, sebbene apparissero talmente caotiche e sconclusionate da non sapere nemmeno come mettere in piedi un attentato decente… tuttavia, tanto meglio per lui e Giuliano!

Clarice disse al marito che il Papa aveva deciso di inviare a Firenze il suo giovanissimo nipote, Raffaele Sansoni Riario, appena eletto Cardinale, per negoziare la pace tra i Medici e lo Stato Pontificio e che sarebbe dovuto essere ospitato a Palazzo Medici per provare la buona volontà della famiglia nei confronti del pontefice… ma Lorenzo, ovviamente, comprese subito che la pace era l’ultima cosa alla quale Papa Sisto pensava. Anche il nome Riario risvegliava in lui il ricordo di quello che gli aveva rivelato Antonio, sebbene questo Riario non fosse il Conte di cui aveva parlato il ragazzo… ma insomma, quanti Riario c’erano a piede libero? Tuttavia il giovane Medici avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco e finto di credere a tutte quelle manovre, accogliendo con cortesia e con i sorrisi più falsi del mondo il Cardinale e il suo seguito. Chissà, forse Antonio sarebbe riuscito a scoprire qualcosa anche sul loro conto, intanto, per non sbagliare, sarebbe stato all’erta.

In quanto ad Antonio, era sull’orlo di una crisi di nervi eppure sapeva di non potersela permettere proprio in un momento come quello, al contrario, avrebbe dovuto mantenere il sangue freddo e dare fondo a tutte le sue capacità di spionaggio… che non erano poi così eccelse!

Qualche sera dopo il giovane Orsini era appena rientrato a Palazzo Pazzi quando, ancora una volta e con suo grande sgomento, udì delle voci provenire dallo studio di Jacopo. Le robuste porte della stanza erano socchiuse e già questo era un segnale parecchio brutto ma, d’altro canto, permettevano ad Antonio di avvicinarsi il più possibile e ascoltare senza che nessuno potesse vederlo, con il cuore in gola e i presentimenti più negativi.

Jacopo era in compagnia di una bella congrega di delinquenti e, tanto per cambiare, l’argomento del giorno era come far fuori i Medici, vista la figura di merda che avevano rimediato con la prima versione della congiura…

“Salviati e cinquanta uomini del Conte di Montesecco stanno scortando il Cardinale Riario a Firenze, camuffati da guardie del corpo di Sua Eminenza per non destare sospetti” spiegava l’uomo.

Ah, certo, con quelle facce patibolari che si ritrovano nessuno li sospetterà, c’è da scommetterci, pensò Antonio, sperando che le cose andassero proprio così. Se le guardie fiorentine avessero deciso di impedire a quei brutti ceffi l’ingresso in città, probabilmente la congiura sarebbe svanita come neve al sole, esattamente com’era accaduto la prima volta.

“Ci sarà un banchetto di benvenuto per accogliere il Cardinale Riario, ma i fratelli Medici non andranno oltre la prima portata. Quando saranno morti, il Palazzo della Signoria verrà occupato in nome del popolo” continuò Jacopo, senza sapere che le sue parole avevano appena trafitto al cuore il povero Antonio che ascoltava dietro la porta.

Il ragazzo dovette premersi forte le mani sulla bocca per soffocare in gola il grido di disperazione che gli era salito spontaneo alle labbra. Pallidissimo, si fece forza per continuare ad ascoltare con attenzione tutti i dettagli, era necessario per salvare la vita dei suoi amici… ma un dolore sordo gli aveva attanagliato il petto e il sangue sembrava pulsargli in testa come se volesse fargliela esplodere.

No, no, non poteva essere! Sapeva che Messer Pazzi aveva acconsentito alla congiura, nonostante quello che aveva raccontato a Lorenzo e Giuliano, ma adesso era troppo, qui non si trattava più di dare un appoggio o di trovare qualche avanzo di galera per assassinare i Medici: Messer Pazzi parlava come se avesse ben chiara in testa tutta l’organizzazione del piano per eliminare i due fratelli e impadronirsi della città. Sentirlo dire quelle parole lo aveva quasi ucciso sul posto…

“I miei uomini, giunti da Imola e accampati nelle vicinanze, entreranno a Firenze e, quando Messer Pazzi sarà proclamato nuova guida della città, saranno pronti a combattere contro chiunque si opponga alla sua signoria” intervenne Girolamo Riario, baldanzoso. Aveva la tipica faccia di chi sta prendendo per i fondelli il prossimo, ben consapevole che la signoria di Jacopo su Firenze sarebbe stata di brevissima durata, più o meno finché non fosse giunto lui in città, sbandierando ai quattro venti che erano stati i Pazzi a uccidere i Medici per ottenere il potere e che lui avrebbe rimesso le cose a posto e punito in modo esemplare i responsabili.

Come no, maledetto bugiardo! Sai benissimo che il Papa concederà a te il dominio su Firenze, gridò dentro di sé Antonio, che conosceva tutto il piano molto meglio di Jacopo. Era straziato dal terrore di perdere i suoi amici, dal dolore e dalla delusione per il coinvolgimento fin troppo fervido di Pazzi nella congiura e dal pensiero lacerante della fine che attendeva l’uomo che amava dopo tutto quell’ambaradan.

“E il Papa è d’accordo con tutto questo?” domandò Antonio Maffei, il figlio del mercante di Volterra che era stato ucciso anni prima per le losche trame di Jacopo. Ovviamente anche lui non era un’aquila, visto che aveva accettato di prendere parte al complotto al fianco dell’uomo che aveva provocato l’assassinio di suo padre… bisogna dire che, tra tutti, quei congiurati non erano proprio i più svegli e arguti di Firenze! Ci si stupisce ancora che i vari attentati fallissero uno dopo l’altro?

“Il Papa vuole liberarsi dei tiranni Medici tanto quanto lo vogliamo noi” dichiarò Jacopo, convinto. Eh, già, aveva perfettamente ragione, soltanto che non sapeva che Sisto IV voleva con altrettanto entusiasmo liberarsi anche di lui per impadronirsi di Firenze…

Dopo queste parole di Jacopo, Antonio udì dei passi che si avvicinavano alla porta e fece appena in tempo a nascondersi nell’ombra e a lasciare non visto il palazzo, prima che Antonio Maffei e gli altri congiurati, i priori Bandini e Vespucci, aprissero i battenti e uscissero.

Il Conte Girolamo Riario fu l’ultimo a lasciare la stanza e prima di uscire si avvicinò a Jacopo con un sorriso falso come quello di Giuda Iscariota e lo salutò cordialmente.

“Quando tornerò con i miei uomini, sarete voi a capo di questa Repubblica” gli disse.

Eppure anche Jacopo dovette intuire qualcosa, o intravederlo nel suo sguardo da rapace, perché si limitò ad annuire, poco convinto, e poi lo fissò meditabondo mentre usciva dallo studio. Quell’uomo non gli piaceva per niente e non era affatto contento di doversi affidare a lui e ai suoi uomini per ottenere il potere che aveva sempre desiderato.

A dirla tutta, non era quella la strada che avrebbe scelto, se avesse potuto decidere. Tuttavia, ormai era troppo tardi per farsi venire degli scrupoli. Il Cardinale e il suo seguito sarebbero giunti il giorno seguente e il banchetto era previsto per la sera successiva e…

E qualcosa si risvegliò nella coscienza di Jacopo Pazzi, che fino a quel momento si era presa un giorno di ferie.

Antonio! Antonio avrebbe partecipato al banchetto e… e avrebbe visto i suoi amici Lorenzo e Giuliano morire davanti ai suoi occhi. Cosa avrebbe pensato? Avrebbe forse sospettato di lui? E Jacopo come avrebbe potuto guardare in faccia il suo ragazzino dopo aver partecipato all’assassinio dei suoi amici? Forse sarebbe stato meglio che Antonio non andasse a quel banchetto, del resto lui non voleva nemmeno che si accostasse a gente come Riario, Montesecco e gli altri congiurati, non voleva che avesse il minimo coinvolgimento in quello sporco affare.

Già, ma Antonio era il fratello di Clarice, era uno dei più cari amici di Lorenzo e Giuliano e, oltre tutto, era pure il suo protetto. Sarebbe stato troppo strano se non fosse intervenuto al banchetto, non poteva tenerlo lontano. Non c’era altra scelta, Antonio sarebbe stato presente… e avrebbe visto tutto.

Jacopo era rimasto nel suo studio, in piedi accanto alla finestra, perduto in questi pensieri che lo ossessionavano e lo tormentavano. Non si accorse che Antonio era rientrato nel palazzo e che, silenziosamente, era giunto sulla soglia della stanza e lo osservava, cercando di leggere in lui almeno qualche piccolo segno di rimorso, di senso di colpa, qualcosa che potesse fargli pensare che, in fondo al cuore, nemmeno lui voleva quel complotto. Forse poteva fargli cambiare idea e allontanarlo da quella strada malvagia e pericolosa… standogli vicino, facendogli capire quanto fosse importante per lui, che la vita e l’amore erano più importanti del dominio di una città…

Il fiducioso, innocente e ingenuo Antonio aveva già perdonato a Jacopo il male che non aveva ancora fatto!

“Messer Pazzi” mormorò piano, entrando nella stanza, “va tutto bene? Vi vedo turbato, preoccupato. C’è qualcosa che non va? Affari della Banca?”

La voce del giovane riscosse Pazzi, che parve ritornare con i piedi per terra e anche con un minimo di sale in zucca che lo portò a provare qualcosa che somigliava vagamente al rimorso.

“Io… no, giovane Orsini, non preoccuparti, va tutto bene” rispose, sforzandosi di sembrare convincente. “Vieni qui.”

Antonio non se lo fece ripetere due volte e si avvicinò velocemente a Jacopo, che lo strinse tra le braccia con tanta foga da sollevarlo da terra. Era come se vedere Antonio lo avesse risvegliato da un incubo, come se, durante il colloquio con i congiurati, fosse stato ipnotizzato e adesso fosse rientrato in sé. Naturalmente non era così, ma era ciò che sentiva lui. In quel momento non gli importava più di niente, voleva solo avvolgere Antonio nel suo abbraccio per proteggerlo da tutta la crudeltà e il sudiciume che aveva riempito quella stanza fino a pochi minuti prima; voleva tenerlo lontano da ogni male e dal dolore che quel complotto gli avrebbe causato. E, in realtà, stringendo a sé Antonio, affondando il viso nei suoi capelli morbidi, sentendo il calore del suo corpo, gli pareva anche di ripulire almeno un po’ quell’animaccia nera che si ritrovava e che, in quegli ultimi tempi, si era fatta sentire fin troppo. Antonio era la luce nell’oscurità della sua mente.

E il ragazzo ricambiava l’abbraccio con la stessa intensità disperata, per strapparlo via alle sue tenebre e ai pericoli cui sarebbe andato incontro se avesse proseguito su quella strada. Era terrorizzato all’idea che gli succedesse qualcosa e voleva solo stare lì con lui, tra le sue braccia, allontanandolo dalla congiura e da ogni intenzione malvagia.

L’abbraccio sembrò interminabile, poi a poco a poco diventò qualcos’altro, perché Jacopo Pazzi era uno istintivo e, quando gli veniva in mente qualcosa, la faceva senza stare a pensarci troppo. Avere Antonio tra le braccia gli risvegliò anche altre parti di sé e così prese a baciarlo profondamente, intensamente, spingendolo contro una parete, desiderando solo perdersi in lui fino ad annullarsi completamente. Gli slacciò i calzoni e, sempre tenendolo sollevato e premuto contro la parete, lo prese con un ardore mai provato in precedenza, dimenticando tutto, il complotto, i congiurati, il banchetto del giorno successivo… nel suo universo esisteva solo Antonio, adesso, e la luce e la serenità che gli regalava quando si fondeva con lui come in quel momento.

Ma non era abbastanza, non poteva, dopo la serata che aveva trascorso con Riario e gli altri. Sempre tenendolo in braccio, portò Antonio nella camera da letto e lì ricominciò tutto da capo, sempre più intensamente, sempre più disperatamente, sempre con l’illusione che la sua anima e il suo corpo potessero trasfigurarsi e ritrovare l’innocenza perduta nel contatto più intimo e totale possibile con quel dolce ragazzo che lo accoglieva con tanta dolcezza e tanto amore. Antonio era l’unico che poteva rischiarare le tenebre del suo spirito.

Dopo un tempo infinito e incalcolabile, Jacopo continuò a stringere il giovane tra le braccia, sempre avvolgendolo e proteggendolo; rasserenato dal contatto con lui, riuscì lentamente a prendere sonno, pensando che avrebbe fatto il possibile per impedirgli di veder morire i suoi amici, che gli sarebbe stato vicino per lenire il suo dolore, che lo avrebbe consolato e confortato con la sua presenza e con tante premure, come non aveva mai fatto prima. Le cose si erano spinte troppo oltre e lui non poteva più fermarle, ma non avrebbe permesso che fosse Antonio a pagare per il male che avrebbe commesso lui. Antonio doveva rimanere puro, sereno e innocente com’era adesso, doveva essere la sua oasi di pace, la parte migliore di sé.

Antonio era sfinito, ma ci mise di più ad addormentarsi, perché comprendeva che Jacopo, pur non essendo del tutto convinto della congiura, tuttavia non avrebbe fatto niente per impedirla. Glielo aveva detto la disperazione con cui lo aveva preso e posseduto, la foga con cui lo baciava e lo teneva incollato a sé.

E lui cosa poteva fare adesso? Come poteva salvare sia Lorenzo e Giuliano che Messer Pazzi?

Se avesse svelato tutto il complotto ai suoi amici, Jacopo sarebbe anche lui stato accusato di complicità, sarebbe stato denunciato e arrestato e… e lui non poteva permetterlo!

Ma non poteva permettere nemmeno che Lorenzo e Giuliano morissero.

C’era un’unica soluzione: avrebbe dovuto agire lui stesso, tenere d’occhio i congiurati (tanto ormai li aveva visti, conosceva i loro volti: erano quel beccamorto di Montesecco, quell’ipocrita di Maffei, quel doppiogiochista di Bandini e quell’inetto di Vespucci! Sì, perché il Conte Girolamo Riario si sarebbe guardato bene dal partecipare alla cospirazione, se ne sarebbe stato rintanato nella sua Imola per poi tornare a cose fatte a prendersi il premio…), osservare ogni loro mossa e… fermarli, fermarli a qualsiasi costo. Impedire loro di nuocere ai suoi amici e tenere Messer Pazzi il più possibile lontano dal vivo dell’azione.

Sì, stare dalla parte di Messer Pazzi e, allo stesso tempo, cercare di proteggere Lorenzo e Giuliano stava diventando oltremodo faticoso e difficile, ma non aveva scelta.

Doveva salvare i suoi amici.

Doveva difendere l’uomo che amava.

A qualsiasi costo.

Senza dubbi ed incertezze.

Fine capitolo settimo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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