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Autore: T612    03/05/2019    1 recensioni
Dal capitolo 8:
Devono aver urtato i cameramen perché viene perso il segnale, quando i televisori si risintonizzano segue un chiacchiericcio confuso che si placa con la notizia che nessuno voleva sentire… e i televisori esplodono, non si parla d’altro.
“...la diretta proseguirà per tutta la notte, man mano che giungeranno altre notizie. A tuttora, le nostre fonti ci confermano che pochi minuti fa, all’arrivo al Mercy Hospital, Capitan America è stato dichiarato morto.”
[Post-TWS - Civil War ComicVerse - "Captain America Collection" di Ed Brubaker - paring: canonico + WinterWidow]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
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30 maggio 2017, aeroporto Charles de Gaulle, Parigi

Le avevano fornito un pilota SHIELD.
Era silenzioso e non aveva fatto domande quando Natasha aveva impostato le coordinate del nascondiglio di Petrovich, probabilmente Stark l’aveva finanziato a dovere perché la portasse ovunque lei desiderasse andare, senza disturbarla mentre studiava gli appunti che le aveva lasciato con istruzioni precise per disattivare gli LMD… aveva fatto scorrere lo sguardo sui fogli, leggendo le annotazioni dell’ingegnere che le suggeriva di sparare un colpo al cervello del patrigno per mettere fine all’incubo. Facile.
Mentre decollavano, Natasha si era imposta di non cercare con lo sguardo il puntino nero costituito dal compagno, che si stagliava ancora contro l’asfalto sottostante osservandola mentre se ne andava via… era grata a James per averle coordinato la fuga, per il tracciamento di Sharon, per le istruzioni di Tony e i mezzi di Sam, ma quella era la sua resa dei conti e nessun altro poteva portargliela via.
Voleva risposte, voleva mettere a tacere con le sue mani l’ultimo dei suoi demoni, desiderando di chiudere per sempre quel determinato capitolo della sua vita… ed era impossibilitata a farlo se Ivan era ancora vivo per minare la sua felicità.
Il Quinjet la abbandona a Budapest in mattinata, non ci mette molto a localizzare l’edificio, osservando a distanza l’androide con le sembianze di suo padre mentre si siede al tavolo della cucina dopo aver corretto il caffè con la vodka, aspettando il momento perfetto per annunciare la sua presenza.
-Ciao Papà. -esordisce Natasha una volta introdotasi nell'edificio, palesandosi nella stanza sorprendendolo alle spalle.
-Natalia.
Il Generale Petrovich non si scompone, continuando a bere il suo caffè come se nulla fosse, calciando le gambe della sedia di fronte alla propria spostandola, in un tacito invito a sedersi.
-Ti va un caffè? Ti cederei il mio, dopotutto non ne ho realmente bisogno, ma sono un abitudinario1.-rivela accennando alla tazza che regge tra le mani, indicando con lo sguardo la macchinetta posata sul bancone, abbandonata tra il lavello della cucina e la bottiglia di vodka appena stappata. -Il mio è corretto, se vuoi seguire l’esempio.
-Non ho tempo da perdere. -ignora l’invito puntando la canna della pistola alla nuca del padre, costringendolo ad alzarsi facendosi indicare il laboratorio, bloccandosi di fronte al macchinario e ai server a cui è collegato il cervello del patrigno.
-Incredibile cosa tu ti sia ridotto a fare per sopravvivere. -commenta atona abbassando leggermente l’arma in un gesto calcolato, illudendo Petrovich di un cedimento, offrendogli su un piatto d’argento l’occasione per attaccarla.
Spara un dardo elettrico per rotula al patrigno quando lo vede avanzare verso la sua direzione, facendo sfrigolare i circuiti, sorridendo soddisfatta quando il corpo robotico cade a terra impossibilitato a camminare.
-Un deja vu, non trovi? -sorride sarcastica alludendo a come l’aveva placata nel loro ultimo scontro al Cremlino. -So che le pallottole non ti fanno niente1, ho ripiegato sui nuovi giocattoli… sei prevedibile, ti distrai facilmente papà.
Ivan Petrovich impreca dal pavimento insultando la figlia, osservandola impotente mentre accede ai server cancellando i dati memorizzati, mandando in corto gli LMD rendendoli inutilizzabili con il virus rilasciato da Fury nei giorni prima.
-...Natalia, ascoltami, stai facendo un enorme errore di valutazione. -tenta il patrigno giocandosi la carta del dubbio, dopo aver constatato che gli insulti e le minacce di morte non sortivano nessun effetto. -Se mi uccidi le informazioni si diffonderanno automaticamente in rete.
-Non è vero, ho io l’unica copia del download.
-Ne sei sicura? Sei davvero disposta a rischiare e mettere in pericolo la tua famiglia?
-Tu non hai il diritto di nominare la mia famiglia. -ribatte glaciale, la morte negli occhi abbassandosi alla sua altezza, mentre le domande che serba da una vita si scontrano contro i suoi denti pretendendo di essere proferite. -Perché l’hai fatto? Attaccarli, ferirli… cosa vuoi dimostrare dopo tutto questo tempo?
-Come puoi difendere la tua nuova famiglia quando hai tradito tuo padre. -ribatte laconico ignorando la domanda, sputando contro le sue scarpe in segno di sdegno.
-Tu non sei mio padre.
-Ti ho cresciuta.
-Ciò non fa di te mio padre, fa di te il mio padrone. -scandisce perentoria, ergendosi in tutta la sua altezza sovrastandolo, furente di rabbia. -Per te sono sempre stata merce di scambio, ho imparato da sola cosa sia l’amore.
-Te l’ha insegnato il tuo amato Soldato, non è vero? Te l’ha insegnato quello stupido arciere con cui mi hai tradito? Oppure sono stati Stark e il Capitano a raccontarti la favola di un mondo migliore? -inveisce sollevandosi sui gomiti, sputando sentenze velenose. -Tu appartieni alla Madre Russia, Natalia.
-Io appartengo a me stessa. -afferma furiosa, puntando la pistola contro il padre con l’indice che freme sul grilletto. -Io sono in grado di amare, ho una famiglia e la proteggo dai mostri come te.
Spara il primo colpo, la pallottola colpisce l’addome scoprendo i circuiti, mandando in allarme i ricetrasmettitori del dolore1.
-Questo è per Pepper, da parte di Tony.
Altro sparo, altra pallottola, questa volta all’altezza del cuore.
-Questo è per il Bol’šoj, da parte di James.
-Puoi proteggere la tua famiglia dagli uomini, ma non dai segreti… non da quelli che contano almeno. -asserisce con tono fatalista interrompendo la sua esecuzione. -L’amore ti ha reso cieca, figlia.
-E questo è per me. -riprende incollerita, puntando la canna della pistola alle sue spalle, facendo fuoco contro la teca di vetro contenente il cervello del padre. -Per tutto ciò che mi hai costretta a diventare.
I circuiti del cervello dell’androide sfrigolano lasciandolo cadere inerte, mentre Natasha si concede di respirare per la prima volta da quando ha messo piede nell’edificio… stroncando brutalmente il respiro di sollievo quando il monitor sfarfalla avviando una barra progresso.
Quando raggiunge lo schermo è già troppo tardi per bloccare il processo, le informazioni vengono condivise in rete, ma non sono quelle del download prelevate dal suo dispositivo… sono quelle degli stati di servizio del Soldato d’Inverno datate fino al 2014 e su ogni singolo file c’è scritto a chiare lettere il nome dell’esecutore: “James Buchanan Barnes AKA Capitan America”.
Natasha Romanoff può proteggere la sua famiglia fermando gli uomini, ma non i segreti… non quelli che contano almeno.

***

31 maggio 2017, Complesso degli Avengers, Upstate New York

-Cosa pensi di fare? -tenta di bloccarlo Sharon, piazzandosi a braccia tese in mezzo al corridoio.
-Contrattare per evitare che Ross mandi Barnes all’ergastolo, prendendo la decisione così su due piedi. -ribatte spigliato Tony. -Lui dov'è?
-In volo verso Budapest, da solo… momentaneamente, sta andando a recuperare Nat come prestabilito. L’ho messo sul primo Quinjet disponibile appena si è scatenato il putiferio, ci farà guadagnare un po’ di tempo.
-Cosa di cui noi abbiamo bisogno… brava, buona idea Shar. -afferma stringendole appena una spalla in segno di riconoscenza, per poi scavalcarla puntando nuovamente alla porta dell’ufficio di Maria.
-Mi hai appena fatto un complimento? Davvero? -tenta debolmente di trattenerlo, lasciandosi sfuggire un sorriso ricambiato, mentre lui apre la porta calandosi nella fossa dei leoni.
Appena varca la soglia Tony viene investito dalle urla di Ross, che tenta di contrastare la freddezza di Maria gridandole contro con il volto paonazzo, ottenendo uno sguardo adirato dal primo per l’interruzione indesiderata ed un occhiata riconoscente dalla seconda per l’intervento divino.
-Signor Segretario le suggerisco di abbassare i toni, le sue urla si sentono a venti metri di distanza con la porta chiusa, quando si presuppone che questa sia una conversazione privata. -lo informa pacifico prendendo posto al tavolo delle trattative, ottenendo in cambio uno sguardo inceneritore.
-Non è desiderato, Stark.
-Mi caccia senza sentire cosa ho da dire? Non vuole sapere dove si trovi Barnes ora? -chiede con il sorriso sulle labbra, mentre Ross deglutisce a vuoto e Maria lo scannerizza picchiettando con l'unghia sul tavolo in un tacito segnale, dandogli il permesso di entrare in scena.
-La ascolto. -concede il Segretario dandosi un contegno, placando le urla per la prima volta da quando era entrato nell’ufficio di Maria un paio di minuti prima assalendola.
-Barnes è attualmente impegnato in una delicata missione di recupero in Ungheria.
-Ma tu guarda… un’ora fa la rete è stata invasa da fascicoli decriptati che lo vedono protagonista nei più disparati casi di omicidio, vengo qui appositamente per ottenere una qualche risposta e la signorina Hill qui presente non sa fornirmene alcuna… e prontamente arriva lei Stark, annunciando che Capitan America è oltreoceano in missione… Capitano che cerco di inchiodare al muro da mesi, un pluriomicida che indossa i colori della bandiera! -sbotta Ross sbattendo un pugno sul tavolo perdendo il controllo.
-Prima di tutto, James Buchanan Barnes è un Sergente pluridecorato. -riferisce con calma senza fare una piega, notando il guizzo negli occhi di Ross quando lo sente pronunciare il nome di James al completo seguito dalla carica militare. -Sí Ross, stiamo parlando di quel Bucky Barnes di cui parlano i libri di storia, il braccio destro di Rogers.
-Per quanto altro tempo pensavate di tenerlo nascosto? -chiede sarcastico il Segretario facendo rimbalzare lo sguardo tra lui e Maria, l’espressione di chi si sente tradito nel profondo dalle proprie convinzioni.
-Nelle leggi attualmente in corso non c’è scritto da nessuna parte che l’identità dei supereroi debba essere resa pubblica. -lo informa pragmatica Maria, posando i gomiti sul tavolo con fare arrogante. -E da quello che mi sembra di ricordare, nessuno si è lamentato dell’intervento di Cap ad Albany, anzi.
-È un pluriomicida.
-È una vittima. -lo rimbecca Tony con la medesima forza nella voce.
-Una vittima che ha ammazzato Kennedy. -ribatte Ross laconico. -Lo difendete ancora?
-Per essere precisi, Kennedy era uno skrull… non che la popolazione ne sia informata ovviamente. -ci tiene a precisare Maria, stringendosi la radice del naso tra due dita nel tentativo di placare il nervosismo.
-E va bene! -esclama il Segretario dopo il paio di secondi di silenzio verificatesi dopo le parole della donna. -Nessuna condanna a priori, Barnes avrà un processo regolamentare… ma appena rimette piede in suolo americano verrà prelevato e trattenuto in custodia al RAFT fino all’inizio del processo.
-Quello è un posto per i criminali della peggior specie, oltre ad essere estremamente scomodo per l’andirivieni dal penitenziario al tribunale. -obietta Maria con tono ovvio, seguendo un tacito copione che Tony si era preso la premura di memorizzare.
-Propongo il Seagate2. È un penitenziario, è su suolo americano e Barnes sarà controllato giorno e notte da Luke Cage in persona… può andarle bene come compromesso, Ross?
Thunderbolt Ross aveva visibilmente ingoiato il rospo, mordendosi la lingua annuendo gravemente, maledicendo il giorno in cui Tony Stark era venuto al mondo e quel suo carisma che gli permetteva di portare dalla sua parte anche un osso duro come Maria Hill.
-Può andare. -concede alzandosi dalla poltrona abbottonandosi la giacca, il desiderio inespresso di prendere a pugni qualcuno ben visibile dalla tensione sulle spalle. -Fisserò l’udienza, gli trovi un buon avvocato Stark.
-Il migliore che c’è sulla piazza, Segretario. -sorride in risposta, consapevole di star tirando troppo la corda.
Tony si concede un sospiro di sollievo appena Ross si chiude la porta alle spalle, mentre lo sguardo di Maria lo trafigge da parte a parte celando un’ombra di sorpresa.
-Te la sei giocata bene, Stark.
-Ho imparato dalla migliore. -si lascia scivolare un adulazione dalle labbra scatenando un sorriso fiero sui lineamenti della donna. -Avvisa Cage, Maria.
-E tu informa Murdock. -ribatte efficiente, omettendo un ringraziamento per il complimento appena ricevuto. -Mi auguro che abbia trovato il modo per dimostrare l’infermità mentale in aula.
-Me lo auguro anch’io, credimi.

***

31 maggio 2017, Budapest, Ungheria

Quando James era atterrato sul punto di incontro, Natasha lo aspettava già con una bottiglia di vodka in mano, limitandosi a parcheggiare il mezzo affacciandosi dal portellone aperto.
-Natalia.
-James.
-Ti sei presa avanti?
-No, aspettavo te. -afferma la donna sedendosi a terra, le gambe a penzoloni seduta sul bordo del pavimento in lamiera, prendendo un sorso per poi allungargli la bottiglia. -Possiamo evitare di tornare a casa subito? Voglio ancora qualche ora di pace prima che tutto precipiti.
-Tutto il tempo che vuoi. -concede lasciandosi cadere al suo fianco, le gambe sospese nel vuoto, lo sguardo perso all’orizzonte… James aveva smesso da tempo di chiedersi perché loro due finivano sempre in situazioni di quel genere.
-È roba buona questa… -afferma James leggendo l’etichetta della bottiglia di vodka, bevendone il primo sorso bruciandosi la gola. -... anche se avrei preferito il bourbon. Dove l’hai trovata?
-Riserva speciale di Ivan Petrovich, consideralo un regalo post-mortem, accontentati della vodka. -ribatte Natasha spiccia accaparrandosi di nuovo la bottiglia imitandolo nel gesto, buttandone giù un sorso a stomaco vuoto. -Tony ha già informato Matt, sembra che stesse lavorando sul tuo fascicolo già da qualche mese… è positivo, no?
-Non mi piace Murdock.
-Non ti piace per un motivo stupidissimo James. Non hai motivo di fidarti, lo so, ma è l’unico in grado di trovare il modo per scagionarti. -ribatte pragmatica con il tono dell’ovvio, sorvolando sulla sua espressione scettica. -Ma adesso cerchiamo di vedere il lato positivo, amore.
-Quale sarebbe?
-Fury ha già inviato una squadra SHIELD per ripulire e catalogare i rottami, quindi noi possiamo ubriacarci in santa pace senza avere rimorsi… adesso beviamo, ci piangiamo un po’ addosso e ci disperiamo, il lato positivo lo cerchiamo più tardi.
-Come piano può andarmi bene. -concede James lasciandosi sfuggire un sorriso microscopico, reclamando la bottiglia.
Quando le informazioni erano state condivise in rete, Sharon aveva fatto irruzione nella sala comune del Complesso come una furia, ordinandogli di partire immediatamente e raggiungere Natasha. Aveva eseguito gli ordini d’istinto senza porsi domande, concedendosi di ragionare sull’accaduto solamente una volta in volo, realizzando che quelle che si prospettavano davanti a lui erano le sue ultime ore di libertà prima di… preferiva non pensarci troppo, le ipotesi non erano delle migliori.
Era stato tentato di sparire, ritornare a fondersi nelle ombre abbandonando l’uniforme, per poi dare ascolto ai propri sensi di colpa che lo spingevano ad accettare ed affrontare quelle responsabilità parziali… così aveva chiamato Natasha, non sapeva nemmeno lui per dirle cosa di preciso, forse solamente per sentirsi dire di non fare stupidaggini.
La donna aveva risposto al primo squillo, affermando di aver combinato un disastro, sottolineando che fosse tutta colpa sua e che lo aspettava per ubriacarsi… James non se l’era sentita di darle ragione o di negare, non aveva avuto nemmeno le forze per chiederle se esisteva davvero un qualche tipo di alcolico in grado di sballarli sul serio, limitandosi a raggiungerla ed accettare la bottiglia senza battere ciglio appena gliela aveva offerta.
-Ti senti ubriaco? -chiede Natasha circa mezz’ora dopo, contemplando il fondo vuoto della bottiglia.
-Nemmeno un po’. -la informa sdraiandosi contro il pavimento in lamiera, osservando il profilo della donna che si staglia contro il cielo. -Tu invece, ti senti ubriaca?
-Mai stata meglio… il nostro metabolismo fa davvero schifo, io volevo ubriacarmi… -commenta la donna mettendo il broncio, un’espressione che James avrebbe definito adorabile se non fosse per il timore concreto che la bottiglia di vetro, ormai vuota, potesse trasformarsi in un’arma.
-Sono io quello che finisce in manette, lo sai vero?
-Ed io ne sono la causa. -replica con tono spento, per poi nascondergli lo sguardo portandosi le gambe al busto, incassando il mento tra le ginocchia.
-Era solo questione di tempo ‘Tasha. -tenta di consolarla allungando una mano sfiorandole la base della schiena. -Non è colpa tua, prima o poi qualcuno l’avrebbe scoperto in ogni caso.
-Questo non puoi saperlo. -mormora restando ostinatamente voltata verso l’esterno, erigendo un debole muro di difesa che sperava tacitamente che lui non superasse.
-Ti senti più spaventata che in colpa, Natalia. -afferma deciso demolendo volutamente il muro, contraddicendo l’ordine di mantenere il silenzio, ottenendo un’occhiata di fuoco in risposta. -Non biasimarti per colpe che non hai, hai detto che sono mesi che Murdock si studia il mio fascicolo, in tutto questo tempo vuoi che non abbia trovato una soluzione?
-Si, può avere un buon piano d’azione… ma è tutto abbastanza inutile se non troviamo il modo inconfutabile di dimostrare il controllo mentale… -si blocca a metà frase, lo sguardo che si illumina mentre l’accenno di un sorriso fa capolino dalle sue labbra. -Mi è appena venuta un’idea.
-Di quelle innocue, oppure devo prepararmi ad una pazzia? -chiede sollevandosi sui gomiti istintivamente.
-Non ti piacerà…
-Okay, è una pazzia.
-... devi fidarti di me.
-Quando non mi fido di te, ‘Tasha? -ribatte scannerizzandola, arrischiandosi ad allungare una mano per spostarle una ciocca di capelli che le copriva il volto, ottenendo in risposta un bacio leggero sul palmo della mano.
-Idiota.
-Ti amo anch’io… vieni qui. -asserisce trascinandosela contro, inglobandola in un abbraccio, facendo entrare in collisione le loro labbra percependo il suo sorriso.
-Torniamo a casa? -chiede la donna qualche secondo dopo, accoccolandosi contro il suo petto.
-Qualche altro minuto… ci stanno aspettando, ma non ci corre ancora dietro nessuno.



 

Note:

  1. Specifichiamo un po’ di cose in merito agli LMD: sono fisicamente in tutto e per tutto robot, quindi non hanno dei reali bisogni fisiologici da soddisfare come mangiare, dormire, andare in bagno. Tuttavia, visto che il più delle volte chi ha un corpo LMD non sa di essere un LMD, segue una programmazione interna che lo spinge a fingere di avere tali bisogni dando una parvenza di normalità al tutto con uno strato superficiale di muscoli e vene sintetiche, ricetrasmettitori del dolore e tutto ciò che ne consegue. Appunto perché robot, si scollegano solo con un canale tranciato dalla fonte o con un sovraccarico elettrico, indi per cui le pallottole non sortiscono nessun effetto se non per il picco di dolore percepito.

  2. Penitenziario Federale Seagate: prigione di massima sicurezza in Georgia, la versione fumettistica di Alcatraz, gestita dal gruppo di Luke Cage dopo la sua scarcerazione dalla stessa. È l’alternativa al RAFT e all'helicarrier, di solito vengono incarcerati dei soggetti collaborativi, innocui o gestibili dalle forze speciali.

   
 
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