Vi era solo quiete e silenzio attorno a lei e tutto era al proprio posto, rischiarato da una luce tenue alla finestra... Tutto, eccetto le lenzuola e le coperte attorcigliate alle sue gambe come se volessero inghiottirla. Selvaggia si tirò su ancora nauseata e dolorante da quell’incubo orrendo, lisciandosi la canotta sudaticcia addosso, cercando di tranquillizzare il respiro, ancora affannato.
Assurdo, non avevo mai fatto un sogno così vivido. Doveva essermi rimasta la cena sullo stomaco…
Stordita ancora dal sonno agitato di quella notte, si diresse in bagno, in fondo al corridoio del piano di sopra, superando la camera dei suoi genitori ed infine, quella del suo fratellino. Non aveva neanche guardato che ore fossero, ma sapeva bene che era insolitamente presto per lei perché sua madre, ancora dormiva e l’aroma di caffè, non aveva ancora abbracciato le mura silenziose della casa. Si chiuse la porta alle spalle e girò la chiave nella toppa, cercando di lasciare fuori anche i ricordi di quel dannato sogno quando all’improvviso, udì un sussurro, appena accennato del suo nome.
Selvaggia…
L’eco di una voce armoniosa, la chiamava a sé. Osservò cosa la circondava alquanto confusa, ma non vide altro se non il solito gabinetto, doccia e lavandino bianco perla; fino a quando, non incrociò lo sguardo della sua immagine nello specchio. Il suo riflesso le parve diverso. E rimase impietrita nel notare che i suoi occhi, non erano davvero i suoi. Il suo solito colore azzurro, era sparito ed al suo posto, uno sguardo bicromo si beffeggiava di lei. Un occhio era nocciola, increspato di verde, l’altro color smeraldo, era increspato d’argento. Non aveva mai visto nulla del genere. Erano incredibili e spaventosi. La “sua” immagine, le ghignò malefica. C’era qualcosa di profondamente strano e perfido in quel riflesso che non le apparteneva davvero. Lei riusciva a percepirlo. Impietrita dallo shock, non riuscì neanche ad emettere un grido. Le sembrava di rivivere di nuovo quell’incubo, solo che stavolta era sveglia.<< Selvaggia, ci sei tu in bagno?! >> disse la voce ovattata di sua madre, interrompendo quello strano sortilegio nel bagno. Cercò di forza la maniglia, ma era chiusa a chiave. La sua immagine era magicamente tornato normale, come se fosse davvero sempre stato quello il suo aspetto naturale. Selvaggia si tastò il volto ancora più cereo di prima, notando l’imitazione identica sulla superficie lucente. Mi sono solo immaginata tutto allora La carenza di sonno le aveva giocato solo un brutto tiro, pensò storcendo il naso.
<< Cosa stai facendo lì dentro? Muoviti che fra poco tuo padre si alza… >> Lei deglutì, imponendosi di respirare regolarmente. Aveva solo fatto un sogno… un incubo orribile certo, ma non poteva farle del male. I sogni non avevano mai ucciso nessuno, pensò…
Non esserne così sicura…
Bisbigliò di nuovo quella voce.Selvaggia si rifugiò dal bagno alla sua stanza, spaventata a morte. Stava forse impazzendo? Si chiese sconcertata da quella situazione così impossibile… Che cosa mi prende?! Stava mettendo a dura prova il suo povero cuore già di prima mattina. Ansiosa come poche volte, si volse verso lo specchio ovale, esplorando nuovamente la sua immagine. Si ravvivò i capelli corvini e ribelli, così in contrasto con la sua carnagione esangue; i suoi occhi blu cielo, erano incorniciati da folte ciglia lunghe ed un delizioso neo sopra il labbro superiore, a destra, le risaltava la bocca rosea. Poteva sembrare un viso angelico a forma di cuore e dalle sopracciglia fini, se non fosse stato per la piccola voglia violacea appena sotto l’occhio sinistro, che suo fratello aveva gioiosamente chiamato “una mini mezza luna” calante. Avrebbe voluto somigliare più ad una ragazza alta e tutte curve, invece d’esser esile come un giunco, ma dal fondoschiena spropositato. Lei era ancora davanti a quella superficie lucente. Il suo riflesso contraccambiava ogni sua espressione e movimento; non vi era nulla di anomalo… Non più almeno.
Forse ho solo bisogno di una bella dormita. Possibilmente senza sogni…
Meditò sbadigliando e stropicciandosi la faccia con le dita per ravvivare un po’ di colorito sulle guance. Cercò nel suo armadio qualcosa di sobrio – che non indossava quasi mai – un maglione caldo ed un paio di jeans da mettersi addosso, si legò i capelli – sperando di non rompere l’ultimo codino sano che possedesse – e indossò i suoi soliti anfibi consumati. Non amava particolarmente truccarsi, preferiva farlo per le occasioni speciali e di certo, andare a scuola non lo era. Finalmente era quasi alla fine dell’ultimo anno in quel dannato liceo, il che significava solo una cosa… Gita Europea per una settimana ed Esame di Stato. Un momento che qualunque studente di un istituto superiore italiano, attendeva e temeva allo stesso tempo, lei compresa. La ragazza stava già pensando ad altro, non rendendosi conto che quando passò davanti allo specchio in camera, esso stavolta, non proiettò l’immagine di nessuno.
Selvaggia stava giusto scendendo dalle scale quando Elia – il suo fratellino di otto anni – per poco non la travolse, correndo di sotto come se avesse il sedere in fiamme. << Guarda dove vai moccioso, oppure te le suono di santa ragione! >> Sbraitò sua sorella, inchiodata al corrimano come fosse un gatto nero col pelo irto per lo spavento. << Tu non suoni proprio nessuno, Tesoro. Vieni a fare colazione con noi piuttosto o farai tardi per andare a prendere l’autobus… >> Disse suo padre - ormai bello sveglio - seduto al tavolo della cucina, intento a leggere il quotidiano locale. Elia le rispose con un sorrisetto beffardo, mostrandole quelle adorabili fossette gemelle che aveva anche lei quando sorrideva. Per tutta risposta, Selvaggia gli fece la lingua, ma non gli sfuggì lo sguardo severo di sua madre. Anche se aveva superato da qualche anno quarant’anni, la signora Malaspina, aveva ancora il fascino di una ragazzina. I suoi capelli, Rosso Tiziano naturale, erano il suo unico e le incorniciavano il viso bianco quanto quello dei figli. In più aveva gli occhi quasi neri, così diversi da quelli della figlia; Selvaggia infatti, era l’unica dei quattro membri della famiglia ad avere gli occhi chiari. Occhi estranei. Sua madre le consegnò amorevolmente un bicchiere di spremuta d’arancia e diede una bacio al capo di Elia e di suo padre.
Disgustoso.
Udì flebilmente la ragazza, rimanendo di sale; ma sembrò accorgersene solo lei, perché la sua famiglia era già intenta a consumare il pasto di quella mattina, uova e pancetta all’americana.Disgustoso.
È da quando mi sono svegliata da quel terribile incubo che mi succedono cose strane…
Rifletté Selvaggia. Camminava verso la fermata del solito bus numero Nove, uno dei pochi che passava anche in provincia della città, dove abitava. Attorno a lei infatti, non vi erano edifici e strade, ma prati di varie tonalità di verde e sentieri ghiaiosi, quasi in aperta campagna. Con la primavera alle porte, il sole sorgeva prima, ma doveva essere nuvoloso il cielo perché attorno a lei, era ancora tutto buio. E ciò la inquietava non poco. Rabbrividì nel suo cappotto rosso sangue, il suo preferito e si mise le mani in tasca dopo aver tirato su il cappuccio per tenersi al caldo il più possibile. Fu allora che accadde. Selvaggia nello alzare lo sguardo, vide proprio davanti a lei un ragazzo. Un giovane bellissimo dagli occhi di due colori diversi; gli stessi che aveva fissato sul suo riflesso.
*Angolino dell' Autrice*
Grazie mille per avel letto questo capitolo, spero vivamente di aver attirato la tua attenzione <3