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Autore: Teo5Astor    29/05/2019    19 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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18 – Una goccia e una lacrima
 
 
 
18 luglio (quater)
 
«Fratellone! È mattina!»
La voce squillante di Goku che mi obbliga ad aprire gli occhi con la stessa frase per il quarto giorno di fila, ormai, non mi sorprende più. Guardo la sveglia, tutto come previsto. Oggi me l’aspettavo, e gliel’avevo già detto anche a Lazuli. Spero che il mio piano funzioni, ovviamente. Anche se mi auguro di non ferire troppo Lunch, perché non se lo merita nonostante mi stia creando un sacco di casini. Però li sta creando indirettamente anche a Lazuli, e questo non va bene dal mio punto di vista. Devo sistemare la questione e devo farlo oggi. Punto.
«Senti, Prince» dico a Vegeta, mentre entrambi fissiamo con sguardo assente fuori dal finestrino, sul treno che ci sta portando a scuola. «Ho bisogno di un consiglio».
Il mio amico si volta verso di me e mi osserva, sollevando appena un sopracciglio.
«Tu stai ancora con Marion, giusto?» gli chiedo.
«Che domande del cazzo fai, Rad?! Lo sai benissimo che stiamo insieme!» sbotta, irritato. «Anche se dovremmo sistemare delle cose, perché non va tutto alla grande come una volta…».
«Sono certo che si sistemerà tutto, Prince, e che qualcuno ti aiuterà in questo» lo rincuoro, appoggiandogli una mano sulla spalla.
«Tu?!» sbuffa, guardandomi male.
Pensavo a Bulma, ma so benissimo che è inutile fare allusioni con lui, dato che non ci arriva proprio. E poi sono io ad avere bisogno davvero di un suo consiglio.
«Lascia perdere…» sospiro. «Allora: se tu fossi fidanzato e ci fosse un’altra ragazza innamorata di te, cosa faresti? Come ti comporteresti dopo esserti reso conto dei suoi sentimenti?»
«Lunch lo sa?» chiede Vegeta. Quando vuole, allora, sa essere perspicace. «Cioè, sa che tu lo sai? Che lei si è innamorata di te, intendo? Cazzo, che casino! Tsk!»
«Io non ho mai nominato Lunch» gli sorrido.
«Non prendermi per il culo, Rad. È talmente evidente… allora, lo sa o no?!»
«Non ancora. Non le ho detto che ho capito che mi ama».
«Forse a furia di stare con te sto diventando anch’io un sentimentale del cazzo, ma mi sembrerebbe un po’ egoista se la costringessi a dichiararti chiaramente quello che prova per te».
«Lo so, Prince…».
«Però non potrei neanche fare finta di niente in eterno, se fossi in te… Che situazione del cazzo! Tsk!»
«Già, è proprio una situazione del cazzo…».
 
Al termine della cerimonia di chiusura del semestre aspetto Lunch appena fuori da scuola e non in stazione, come invece avevo fatto negli altri anelli temporali. Ormai so per certo che sta mentendo, quindi ho deciso di cambiare le carte in tavola, oggi. Appoggio la schiena al muro e metto le mani in tasca, osservando distrattamente gli studenti che si allontanano.
«Senpai!»
La voce di Lunch mi fa voltare verso di lei. «Come mai non mi hai aspettata in stazione?»
«Mi andava di stare qui…» rispondo, senza guardarla. «E poi, perché avrei dovuto aspettarti in stazione? Sapevi già che mi avresti trovato lì?»
«Ehm… ecco, no… io…» comincia a farfugliare, prima di interrompersi all’improvviso e sgranare gli occhi.
Mi giro anch’io e mi accorgo solo in quel momento di Lazuli, che la sta letteralmente incenerendo con lo sguardo, ferma a pochi metri da noi. Sta uscendo anche lei da scuola, del resto. E sta anche stritolando la spallina del suo zaino, da quanto la sta stringendo forte con una mano.
«E-eightenn-s-senpai!» esclama Lunch, inchinandosi leggermente in direzione di Lazuli. Il suo colorito è passato dal bianco cadaverico al rosso vivo nello spazio di pochi secondi. Fanno davvero così paura alla gente le occhiatacce demoniache della mia dolce metà?
«I-io… vorrei solo…» farfuglia Lunch, che forse è indecisa se ringraziarla per quello che sta facendo indirettamente per lei o scusarsi per questa storia dei loop temporali.
«Non chiamarmi “senpai”» la interrompe Lazuli, gelida, mentre si sistema una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio, prima di voltarsi e andarsene per la sua strada. I nostri sguardi si incrociano per un solo, magico, istante. Accenniamo entrambi un sorriso d’intesa. Quanto mi piace quando riusciamo ad essere così complici io e lei. Magari può sembrare una stronzata, ma è una cosa che mi fa stare dannatamente bene.
«Dai, andiamo» dico a Lunch, non appena la sagoma di Lazuli non compare più davanti a noi. «Guarda che non ti mangia mica, a me ne ha combinate di molto peggiori, eh!» rido. «E mi piace per questo».
«Ah… sì, senpai! Ho voglia di andare al mare con te!» esclama Lunch, che sembra essersi ripresa dal lieve shock provocato dal faccia a faccia con Lazuli e dal fuoco emanato dai suoi occhi di ghiaccio. Adoro la mia principessa in versione psycho!
«Sarò sincero con te» le rispondo, cominciando a camminare sempre con le mani in tasca. «È la quarta volta che rivivo questa giornata, e lo stesso vale per Lazuli. Quindi non ho voglia di andare al mare».
«Dove andiamo, allora?» chiede, seguendomi senza opporsi.
«Prendiamo il treno per Enoshima» le dico.
 
Una volta arrivati, passiamo il pomeriggio passeggiando tra le vie della città, sia quelle più moderne che quelle più tradizionali che la rendono celebre. Entriamo in diversi negozi, è piacevole l’atmosfera che si respira qui. È un luogo che sa molto di storia giapponese e di cultura, grazie anche al grande tempio Hetsunomiya che troneggia dall’alto di una lunghissima scalinata e che sovrasta la città. Facciamo uno spuntino, prima di decidere di andare a visitarlo. Percorriamo una scalinata che sembra infinita, fermandoci di tanto in tanto ad osservare statue dorate del Buddha di diverse dimensioni incastonate in nicchie scavate nella roccia che costeggia la salita immersa in una fitta e verdeggiante vegetazione. Lunch arranca alle mie spalle, non ce la fa più.
«Muoviti, sei anche una primina!» la provoco, ridendo.
«E questo cosa c’entra?!»
«Beh, sei più giovane di me, dovresti avere più forza! Dai, è tutto allenamento!»
«Non sei carino, dovresti prendermi in braccio e portarmi su tu! O almeno in groppa».
«Sei troppo pesante».
«Come ti permetti!» sbotta, dandomi un calcio nel sedere, proprio come la prima volta che ci siamo conosciuti.
«Allora è un vizio il tuo?!» la guardo male, prima di mettermi a ridere.
«S-scusami, senpai…» arrossisce Lunch, improvvisamente intimidita. Sì, è decisamente bipolare questa ragazza.
Ci fermiamo per qualche istante a pregare davanti all’altare principale, prima che la mia attenzione venga attratta da una bancarella nel piazzale antistante il tempio.
«Pare che queste tavolette aiutino nelle relazioni amorose» dico a Lunch, afferrando una tavoletta votiva rettangolare di legno dipinta di rosa esposta nello stand. «Ne voglio compilare una» affermo, prendendo un pennarello nero e scrivendo il mio nome all’interno del cuore rosso il cui contorno è disegnato al centro della tavoletta. Su un lato del cuore bisogna scrivere il proprio nome, sull’altro lo deve scrivere il partner.
«Eh! Vuoi mentire agli dei, senpai?!» esclama Lunch, paonazza. «È un peccato gravissimo!»
Non le do retta, continuando a scrivere.
«Però… se proprio insisti, scriverò lo stesso il mio nom…».
«Vado ad appenderlo» le sorrido, interrompendola. Le faccio vedere che ho scritto il nome e cognome di Lazuli sull’altro lato del cuore. Non mi piace fare lo stronzo, ma sono semplicemente sincero.
«A-ah… n-non avevo capito parlassi di Eighteen-senpai!» esclama Lunch, tutta rossa, distogliendo lo sguardo dal mio.
«Che nome dovevo scrivere, scusa? L’hai detto tu che non bisogna mentire agli dei, io e te ci siamo limitati a mentire all’intera scuola!» rido, mentre lei appare sempre più imbarazzata. «Anche se io penso di essermi già guadagnato comunque un biglietto di sola andata per l’inferno» aggiungo, per farla ridere, mentre metto la mia offerta votiva nella scatola di legno apposita. «Vado ad appenderla».
Ci dirigiamo sul lato opposto del piazzale, dove solo una staccionata di legno ci separa da uno strapiombo fitto della stessa vegetazione rigogliosa e verdeggiante che abbiamo incontrato durante la salita verso il tempio. Oltre questo bosco, si intravede la città vista dall’alto e, soprattutto, il mare sullo sfondo regala uno spettacolo mozzafiato. Ed è proprio davanti alla staccionata che ci separa da questa meraviglia che sono posizionate le bacheche di legno su cui appendere le tavolette votive. Ce ne sono tantissime, e mi chiedo se tutte queste coppie siano ancora felici insieme. Spero di sì, come spero che io lo sarò sempre con la mia Lazuli. Ma non ho dubbi su di lei. Su di noi. Cercherò di non deluderla mai, di renderla felice come merita.
«Sai, un giorno spero di tornare qui con Lazuli e di appendere una nuova tavoletta votiva, firmata anche da lei stavolta» spiego a Lunch, mentre annodo il filo rosso per fissare la tavoletta al chiodo della bacheca, lasciandola poi penzolare. Una sacerdotessa vestita con un kimono bianco con gonna rossa batte le mani tre volte e suona una campanella, prima di inchinarsi giungendo le mani. Anch’io mi inchino verso di lei. La benedizione è completata.
«Anche se in realtà non so se a Lazuli possano piacere davvero cose come le tavolette votive…» butto lì, rivolto a Lunch, che ha osservato la scena in silenzio.
«A… a me… piacciono, senpai» sussurra timidamente, senza guardarmi, mentre ci dirigiamo verso un’ampia balconata seguendo la staccionata vicino alla quale ho appeso la tavoletta. Da qui si può vedere ancora meglio il mare, ed è uno spettacolo meraviglioso.
«Allora vedrai che un giorno verrai qui con qualcuno di speciale e appenderete insieme la vostra tavoletta votiva» provo a rincuorarla. «Da stasera tornerai single anche agli occhi di tutta la scuola, no? Sono certo che avrai la fila di ragazzi che vorranno uscire con te. Vedi di scegliere bene, più che altro» aggiungo, appoggiandomi alla balaustra con entrambi i gomiti per godermi il panorama.
«Qualcuno di speciale?» ripete lei, mestamente. «Ma, veramente… io, in realtà… no, scusa, senpai…».
La guardo con la coda dell’occhio, fingendo indifferenza. Mi fa male vederla così. Ma credo sia necessario, anche per lei.
Restiamo in silenzio a guardare il mare dall’alto per qualche minuto, persi ognuno nei propri pensieri. È bellissimo quassù. Si respira pace, serenità. E si respira la storia, anche. Vorrei ci fosse Lazuli qui.
«Senpai» mi chiama Lunch, timidamente.
«Uhm» bofonchio, senza smettere di guardare il mare.
«R-riguardo alla cosa di prima… e-ecco… no, lascia perdere» farfuglia. «Senti, perché non andiamo al mare come avevamo deciso? Facciamo ancora in tempo!» mi sorride. «Ho già il costume sotto la divisa! Non vuoi vedermi in costume?»
Resto in silenzio, senza guardarla, cercando le parole giuste.
«Senpai…».
«Basta mentirmi, Lunch» le dico, perentorio, continuando a osservare il mare.
«Eh?! Perché?! Hai una faccia spaventosa in questo momento…» prova a scherzare lei. «Va tutto bene? È successo qualcosa?»
«Davvero pensavi che non me ne sarei accorto?» ribatto, serissimo, guardandola finalmente negl’occhi.
«Di cosa stai parlando?» fa la finta tonta, anche se la sua voce trema leggermente.
«Anche se per finta, siamo stati insieme per tre settimane» rispondo, guardandola in faccia. «Sono uno che sa leggere tra le righe, ma ho deciso di non farlo» aggiungo, staccandomi dalla balaustra e ponendomi direttamente di fronte a lei. «Se non vuoi dirlo tu, lo farò io».
Lei abbassa la testa e stringe i pugni. Ha capito di sicuro dove voglio andare a parare. Ma resta in silenzio.
«Puoi tirare il dado tutte le volte che vuoi, ma i sentimenti delle persone non cambiano altrettanto semplicemente» le dico, mentre lei solleva la testa solo per osservare il mare. «Così come una bugia non potrà mai diventare verità, allo stesso modo una verità non potrà mai diventare una bugia».
«Neanche dopo cento volte?» domanda, con un filo di voce, continuando a fissare il mare.
«No».
«Neanche dopo mille volte».
«Nemmeno. Puoi provarci anche un miliardo di volte, ma non cambierà nulla» le spiego. «È solo la pazienza che io e Lazuli siamo disposti a sopportare che potrebbe cambiare, come hai già potuto vedere oggi».
Osservo Lunch, che sospira profondamente, incapace di rispondermi qualcosa. Mi fa male vederla così, ma credo che abbiamo giocato tutti fin troppo, ormai.
«L’amore che provo per Lazuli non cambierà mai, neanche ripetendo all’infinito questa giornata» riprendo. «E anche i tuoi sentimenti rimarranno gli stessi».
Proprio in quel momento comincia a piovere, come previsto. Come era successo nei precedenti loop temporali passati in spiaggia. Restiamo immobili, sotto la pioggia battente di questo temporale estivo.
«Sei un bugiardo» sibila Lunch, con la voce spezzata da un pianto che ormai fatica a trattenere. Stringe forte la balaustra con entrambe le mani, mentre abbassa lo sguardo mestamente. «I miei sentimenti cambiano eccome. Si intensificano ogni volta che riviviamo questa giornata» aggiunge, sottovoce. «Mi ero ripromessa di dimenticarli, ma non ce l’ho fatta. Ogni volta dicevo che sarebbe stata l’ultima, che ti avrei lasciato andare. E, invece, niente, anche se avevo deciso di rinunciare a questi sentimenti…».
La guardo senza dire nulla, bagnato fradicio e con la camicia della divisa scolastica appiccicata addosso. Voglio che sia lei a continuare, a esternare una volta per tutte quello che ha dentro. Per poter andare avanti, una volta per tutte. Anche se farà malissimo a entrambi.
«Sai, oggi volevo godermi al massimo quest’ultimo appuntamento e finire questa finta relazione con un sorriso. Tu saresti stato finalmente libero di metterti insieme a Eighteen-senpai, mentre io sarei potuta diventare una tua buona amica con l’inizio del nuovo semestre» sospira, guardando improvvisamente verso il cielo. Credo non sia solo pioggia quella che le bagna il volto. Penso siano soprattutto lacrime. Mi fa male vedere la gente piangere. E fa malissimo essere proprio io la causa del dolore di qualcun altro. «Volevo davvero che tu diventassi il mio più grande amico. Quello con cui avrei sempre potuto confidarmi, quello da cui, magari, mi sarei anche potuta fare un po’ viziare, essendo una tua kohai. Pensavo che un giorno avremmo potuto ridere insieme di gusto per aver fatto finta di essere una coppia per tre settimane. Sai, pensavo che saremmo rimasti amici per sempre, senpai».
Si volta verso di me, lentamente. «Io desideravo solo questo, non chiedevo niente di speciale. Non volevo comportarmi da egoista, non volevo creare problemi a nessuno…» aggiunge, laconica. «Allora… allora… perché domani non vuole saperne di arrivare?! Perché i miei sentimenti diventano più forti ogni giorno che passa?!» grida, all’improvviso. «Tutto questo… tutto questo è troppo crudele! Ho persino provato a far finta che non fossero mai esistiti questi sentimenti!»
«Non serve che tu lo faccia» la interrompo.
«Devo farlo, invece!» urla, sgranando gli occhi. «Cerca di capirmi, tu sei innamorato di Eighteen-senpai! Per te… per te sono solo una seccatura! Gli amici non dovrebbero provare questi sentimenti che provo io!»
«Non ti ho mai detto che sei una seccatura» ribatto, cercando di mostrarmi calmo, mentre lei piange disperatamente e la pioggia non smette di cadere.
«Ti odio! Ti odio tantissimo!» sbraita. «È tutta colpa tua! Sei stato troppo gentile con me!»
«Hai ragione, è colpa mia» ammetto. «E proprio per questo non ti dirò di trattenerti. Urlami pure quello che vuoi, se può aiutarti a star meglio».
«Io… io non mi sopporto! Questa non sono io!» grida, stringendo i pugni.
«Invece sì. Anche questa è una parte di te» ribatto, restando impassibile.
«Non è vero! Questa non sono io!» urla, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa. «Io non vedevo l’ora che arrivasse questa pausa estiva per poter diventare tua amica, tutto qua!»
«Smettila di mentire a te stessa» le rispondo, alzando per la prima volta anch’io il tono della voce. «Hai sedici anni, sei carina, intelligente e hai un bel carattere. Niente sarà impossibile per te da adesso in poi!»
«Non vale… non puoi dirmi certe cose…» sospira, guardandomi negli occhi. Sembra essersi calmata, almeno un po’.
«Dai, non trattenerti» le sorrido. «Va tutto bene».
«Sei uno stupido! Ti odio! Ti odio tantissimo, stupido che non sei altro!» riprende a sbraitare, senza smettere di piangere. «Però… però… mi piaci…» aggiunge, in un sussurro tra le lacrime, mentre smette di piovere e torna il sole a splendere su di noi. «Sono innamorata di te» mi dice, guardandomi dritto negl’occhi. «Sono follemente innamorata di teee!» sbraita.
«Lunch… sei stata grande» le dico, dopo essere rimasto per qualche secondo a guardarla in silenzio. Le sorrido, mentre scoppia di nuovo in un pianto disperato. «Credo che un giorno capirai che questo che provi per me non è amore. Non quello vero, almeno. Ammirazione, forse. Gratitudine. Ci sono passato, quindi so che fa male. Ma fidati del tuo senpai: un giorno rideremo insieme davvero per tutto questo, come buoni amici. Perché, alla fine, chi ride è più forte, me l’aveva insegnato una persona tempo fa. Fidati di me».
La abbraccio, perché non so cos’altro fare. Cos’altro dire.
Penso che sarà il tempo a sistemare le cose. Credo che capirà, prima o poi. Anche se magari farà male nel frattempo.
Perché credo che una notte anche se è lunga poi ce l’ha una fine, e che in certi momenti non c’è proprio un cazzo da dire.
Quello che so per certo è che domani arriverà di sicuro, ed è giusto così. Per tutti.
 
 
 
 
 
 
Note: allora, cosa ne pensate? Arriverà davvero il 19 luglio come pensa Rad a questo punto? Non è che Lunch ha magari in serbo qualche altra sorpresa “temporale”?
Spero vi sia piaciuto questo capitolo e che abbiate apprezzato il modo in cui Rad ha provato a gestire la situazione. Là sembrava un po’ meno diplomatica nella sua breve ma intensa apparizione, ma lei ci piace così, giusto? ;-)
Bene, nel prossimo capitolo chiudiamo definitivamente questa saga dedicata a Lunch, qualunque cosa accada. Sarà un capitolo intenso, perché succederanno un paio di cose abbastanza impensabili, un colpo di scena subito all’inizio e una clamorosa bomba alla fine che darà il via alla nuova saga interna a questa long.
In tutto questo, Rad e Là riusciranno a mettersi insieme ufficialmente ora che Lunch ha ammesso tutto?
Il prossimo capitolo si intitola “L’uccello che condivide le ali” e sarà davvero bello e importante, secondo me. Se conoscete Darling in the Franxx questo titolo non vi suonerà nuovo, ho preso spunto da lì.
 
Ringrazio come sempre tutti voi che continuate ad apprezzare questa long e mi lasciate sempre il vostro parere. Un grazie speciale va anche a chi legge in silenzio e ha inserito la storia nelle liste. Se avete dubbi o curiosità, magari anche sul tempio descritto nel capitolo o altro, chiedete pure!
 
Ci vediamo mercoledì prossimo con il capitolo bomba che vi ho accennato, mentre già domenica per il penultimo atto di “Mythos” per chi la sta seguendo o volesse leggere qualcosa di diverso!
 
Teo
 
 
   
 
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