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Autore: BrizMariluna    29/05/2019    5 recensioni
La mia prima ff su City Hunter. Cioè, su Ryo e Kaori.
Perché io so scrivere solo storie romantiche, e non ho potuto fare a meno di trovare anch'io un pretesto per mettere insieme "davvero" questi due adorabili "baka".
Una notte di temporale, una valigia fra i piedi e... che altro?
Nulla di nuovo, forse. Ma spero vi piaccia lo stesso...
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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~ 2 ~
 
 Galeotta fu la valigia…
(…per tacer del lenzuolo…)
 
 
...Accompagnato da uno strano brivido giù per la schiena, Ryo sentì un altro tonfo e la porta dell’appartamento aprirsi.
Il suo istinto gli disse che qualcosa non quadrava.
Cosa diavolo stava succedendo?...
 
In un lampo, Ryo balzò dal letto e piombò al piano di sotto.
Di fianco all’uscio ancora accostato, c’era una vecchia, capiente valigia, che lui sapeva appartenere alla sua socia. Era gonfia da scoppiare, e ciò gli fece serpeggiare per la spina dorsale un ulteriore brivido di paura.
− Kaori! – gridò, senza riuscire a trattenersi, precipitandosi prima in cucina, poi, non avendo trovato nessuno, di nuovo di sopra facendo i gradini due a due.
La ragazza non era nel bagno, e nemmeno nella propria camera. Men che meno nella sua: perché mai avrebbe dovuto?
Ryo si scapicollò nuovamente giù per le scale, continuando a chiamarla, cercando in ogni nascondiglio possibile, neanche Kaori fosse stata un gatto! Ma l’appartamento era inequivocabilmente vuoto.
Quella donna…! Dove diavolo si era cacciata?
E quella porta accostata…
E quella valigia, lì, pronta…
Non capiva.
Cinquemila pensieri gli si affollarono nella mente, confondendosi e creandogli ancora più caos.
Lui, lo sweeper numero uno del Giappone, abituato a sentire i più piccoli rumori, a cogliere gli indizi più insignificanti, a fare i ragionamenti più complessi e prendere le decisioni più difficili in pochi istanti, era messo completamente K.O. dal misterioso comportamento della sua partner.
L’unica cosa che riusciva a pensare era: “Vuole andarsene. Kaori vuole andarsene davvero. Vuole lasciarmi!
Oh, no, non poteva andare a finire così!
Possibile che avesse davvero deciso di uscirsene dalla sua vita come una ladra, in quella notte di temporale, senza dirgli niente,  portandosi via tutto quello che avevano condiviso?
Anni fatti di pericoli, risate, lacrime, arrabbiature e martelli.
Di momenti di felicità, di paure, incomprensioni e speranze.
Di date di compleanno regalate dal nulla − anzi, dal cuore!
Di difficoltà, parolacce, missioni, mokkori mancati.
E di affetto, complicità, abbracci, baci sulla fronte e… e amore all’ennesima potenza che forse, proprio per non essere mai stato espresso, aveva ancora più valore!
Era mai possibile che Kaori pensasse che l’immensità di tutto questo, potesse stare dentro quella stupida, vecchia valigia, come un ammasso di vestiti usati?
No, nemmeno un campo da football avrebbe potuto contenere tutto ciò di cui la loro vita insieme era stata costellata! Figurarsi quel vetusto oggetto sdrucito!
In un impeto d’ira, le sferrò un calcio con un piede nudo, lasciandosi poi sfuggire un grido di dolore.
− Merda! – esclamò frustrato, afferrandosi il piede e appoggiandosi al muro dopo due saltelli sconclusionati, e continuando a fissare incredulo la valigia, senza capire perché fosse lì.
Poi, l’illuminazione.
Oddio! Ecco perché!
Kaori era salita sul terrazzo, probabilmente per recuperare qualcosa che era rimasto steso ad asciugare, ma che voleva portarsi via!
Che poi, qualunque cosa fosse, chissà come sarebbe stata ridotta, con quel temporale!
Non aveva nemmeno finito di pensare, che già aveva infilato la porta e correva su per le scale che portavano al tetto, incurante di avere addosso soltanto i boxer.
Si catapultò letteralmente sul terrazzo, in tempo per vedere, alla luce accecante di un fulmine, la slanciata silhouette di Kaori stagliarsi contro l’improvvisato schermo formato da un ampio lenzuolo steso ad asciugare.
Steso a bagnarsi sarebbe stato più corretto, visto il diluvio che stava venendo giù.
Anche lei era piuttosto discinta, essendo coperta solo da una maglietta extralarge, la cui ampia scollatura era scivolata a scoprirle una spalla. Le arrivava solo a metà coscia, facendo risaltare le sue gambe lunghe e ben fatte, e il vento ne sollevava ritmicamente il lembo posteriore, lasciando intravedere le mutandine rosa con qualcosa stampato sopra la natica sinistra: una specie di libellula stilizzata, così a occhio. Uno spettacolo decisamente non trascurabile, se non fosse stato per la pioggia battente e l’ansia che lo divorava.
− Kaori! – chiamò per l’ennesima volta, correndo verso di lei.
Evidentemente lei non lo aveva sentito, perché si dedicò, rapida, ad afferrare il lenzuolo che sbatacchiava al vento, con l’intenzione di metterlo nella bacinella insieme a quelli appena raccolti, per portarli in casa.
Senza pensare, la raggiunse e, standole di dietro, allungò le braccia oltre le sue spalle, per afferrare lui stesso quel lenzuolo ribelle, ed aiutarla.
Kaori, realizzando all’improvviso la presenza di qualcuno, urlò e si girò di scatto verso di lui, spaventata a morte.
− No, il martello no, per favore! Non ho fatto niente, stavolta! – gridò Ryo, curvandosi in avanti e proteggendosi la testa con le braccia.
Kaori rimase qualche secondo immobile, stordita, perplessa…
− Ryo! Ma che ci fai qui? In mutande, poi?
Ryo abbassò lo sguardo, constatando sia la verità che Kaori aveva appena enunciato, sia che non c’era alcun martello pronto ad abbattersi su di lui.
− Volevo solo aiutarti − le rispose − E poi, parli tu! Ti sei vista? – ribatté ritrovando il suo spirito e riaccostandosi a lei, che arrossì, dimentica per un attimo della pioggia e di ciò che stava facendo.
Kaori, per darsi un contegno, si produsse in un mezzo sorriso, che avrebbe voluto essere sarcastico, tornando poi alla sua incombenza; Ryo che veniva sul terrazzo ad aiutarla in una faccenda domestica, era quantomeno strano. 
E in quel momento, tra le gocce fredde che cadevano, il vento violento, la stoffa appesa al filo che la frustava e, come non bastasse, il bollente ricordo del sogno e delle sue successive considerazioni, Kaori si ritrovò al limite della sopportazione. Si accorse di non riuscire a tollerare la sua vicinanza, tantomeno il suo aiuto, quando lui le si affiancò, afferrando il lenzuolo. Che lei lo volesse o meno, avere il suo partner troppo vicino le faceva, sempre e comunque, un effetto deleterio! Figurarsi ora, che era pure seminudo!
− So fare da sola, sai? – esclamò, rasentando lo sgarbato e allontanandolo con una piccola spinta – Da quando ti importa di aiutarmi in questi frangenti?
“Da quando ho scoperto che vuoi andartene” fu il pensiero che attraversò la mente di Ryo, accompagnato da un lampo che, come a sottolinearlo, delineò perfettamente la figuretta di Kaori.
L’immagine colpì gli occhi e la mente di Ryo come una staffilata, e per poco non fece un infarto.
La larga t-shirt, completamente bagnata, era diventata semitrasparente, e aderiva alle curve di Kaori nel modo più seducente che lui avesse mai visto, mostrando molto più che nascondere.
“Idiota, ci riesci a parlare, o vuoi davvero che lei insacchi baracca e burattini e se ne vada davvero?” gli urlò nelle orecchie la stessa famigliare, insistente voce di poco prima.
Proprio in quell’istante, una folata di vento e pioggia particolarmente violenta sollevò il lenzuolo ancora steso per metà sul filo che, flagellando l’aria, si staccò con uno schiocco, sparando via le mollette rimaste che schizzarono chissà dove. L’ampio riquadro di tessuto, appesantito dall’acqua, si abbatté contro la schiena di Ryo, che perse l’equilibrio e finì addosso a Kaori. Le sue braccia si strinsero attorno a lei, per evitarle di cadere a terra, mentre il lenzuolo, rapito dal violento mulinello, parve dotarsi di vita propria e  si avvolse attorno a loro, praticamente legandoli.
I due rimasero per qualche attimo paralizzati, guardandosi con gli occhi spalancati, con la pioggia che scrosciava loro intorno, cercando di capire cosa diavolo fosse accaduto.
Si accorsero di non riuscire a muoversi, stretti l’una contro l’altro, completamente avviluppati da quel tessuto fradicio.
− Ma che… − brontolò Ryo, agitandosi, tentando di liberarsi.
Kaori lo imitò, cercando di allentare quella prigione di stoffa.
− Ma dai, non ci credo! Nemmeno se avessimo voluto farlo, ci saremmo riusciti!
− Accidenti, porc… ma solo a noi succedono certe cose!?
Purtroppo, più si agitavano, più il viluppo di stoffa si faceva stretto e avvolgente.
− Ma che cos…? È vivo, ‘sto lenzuolo!? – urlò la ragazza sentendosi in trappola, con un lembo della stoffa fradicia adagiato sulla testa, a mo’ di cappuccio, le braccia immobilizzate lungo i fianchi, e pure circondata, alla vita, da quelle di Ryo, altrettanto prigioniere.
− Kaori, piantala un po’! Se continui ad agitarti così, finiremo ancora più stretti, non riusciremo mai a liberarci! Falla finita! – esclamò lui, forse troppo bruscamente; ma sentire il corpo di Kaori aderire in quel modo contro il proprio, minava la sua coscienza e il suo autocontrollo.
A quelle parole sgarbate, e complici la stanchezza, il fastidio provocato da quella stoffa bagnata addosso e, non ultimo, il fatto di avere Ryo così strettamente legato a lei − cosa che non aiutava di certo a rimanere lucida − Kaori esplose, dando sfogo a tutta la sua frustrazione.
− E va bene! Lo so che non sopporti di starmi così appiccicato! Scusami, se non sono la tua sensuale Saeko, se non sono bella come Miki, se non sono una qualunque di tutte quelle donne più belle, più provocanti e più sveglie di me! Scusami se esisto, e se ti sono toccata io come socia, e non quella strega di Reika, che è così brava e seducente! Quella scimmia! – gridò, al colmo dell’impotenza. E continuò, ormai fuori controllo, ad urlare, con le parole che le uscivano come un fiume in piena:
− Mi trovi repellente, lo so! Tu sei etero che più di così non si può, sei maschio fino al midollo, e a me… mi vedi uguale! Al massimo, qualche volta ti faccio tenerezza, come un fratellino minore da consolare! O un animaletto sperduto a cui rifilare una patetica carezza sulla testa!
Un paio di lacrime le sgorgarono dagli occhi, e le rotolarono sul volto mescolandosi alle gocce di pioggia.
Odiava piangere davanti al suo partner, e pregò che lui non se ne accorgesse, visto che aveva il viso bagnato.
Ma Ryo non era stupido. E ci vedeva bene.
In più, quelle parole lo colpirono come uno schiaffo. Si rese conto di essere stato duro. Troppo. E non solo in quel momento.
Era stato un maledetto idiota bastardo, per tutti quegli anni. Era colpa sua, se adesso Kaori aveva dato la stura a questa sequela di inquietanti considerazioni, che gli dava un’intollerabile visione di come lei si percepiva.
Si impose di rilassarsi, chiuse gli occhi e sospirò, sollevando il viso verso la pioggia che cadeva. Anche a Kaori sfuggì un sospiro, tenne però la testa bassa, avvampando e accorgendosi di essersi, probabilmente, scoperta troppo.
Si ritrovarono in silenzio, ansanti, mentre la rabbia scivolava via, con attorno solo il rumore della pioggia e il brontolare dei tuoni, incapaci di guardarsi, lei col volto chino, a sfiorargli il torace con la fronte.
E quel maledetto lenzuolo che continuava a tenerli appiccicati l’uno all’altra.
− Hai le mani sul mio sedere, Saeba – disse Kaori con voce àtona, indifferente, senza muovere un muscolo.
− Lo so. Ma non riesco a spostarle, lo vedi da te.
La verità era che, anche se avesse potuto, non le avrebbe tolte da quella posizione per tutto l’oro del mondo.
“Dirglielo, magari, che il suo sedere ti fa impazzire?” fece la voce fantasma, nelle sue orecchie.
Ma in quel momento, stranamente, a Ryo importava di più qualcos’altro.
− Dio, Kaori… È davvero questo… che pensi, di me? E... di te? Un fratellino? Un…  patetico animaletto…? – le chiese, incerto, sentendosi profondamente in colpa.
− E cosa dovrei pensare? Eh? Me lo dici? Anche solo per immaginare lontanamente il contrario, dovrei avere come minimo una laurea in… che so… Psicologia Ryologica Comparata!
A dispetto di tutta quella situazione, a metà tra il drammatico e il surreale, a quella strana uscita Ryo sentì nascere dal cuore una risata, che cercò di trattenere. Come riusciva Kaori, a sdrammatizzare anche i momenti più assurdi, non ci riusciva nessuno.
− Kaori… se esiste una persona degna di questa fantomatica laurea… quella sei tu!
La giovane donna rimase in silenzio, gli occhi spalancati, immersi in quelli del suo socio, realizzando poco alla volta ciò che quelle parole implicavano. Era un complimento, quello che Ryo le aveva appena fatto? Ecco perché le cataratte del cielo si erano spalancate in quel modo!
Ryo chinò appena il capo verso di lei, e appoggiò la fronte a quella della ragazza, chiudendo gli occhi.
− Nessuno mi conosce come te, Sugar. Ti prego, non andartene.
Fu solo un sussurro, quasi spezzato, che fece perdere un paio di battiti al cuore di Kaori.
Lo guardò, incredula. “Sugar”? Ma che stava succedendo?
− Ryo, ma… dove vuoi che vada, scusa?
− I… io non lo so! Sei tu, quella che ha preparato una valigia, non io! – esclamò lui, spalancando gli occhi.
− Ma… ma cos’hai capito, razza di... Ma sei un baka, un asino al cubo!!! In quella valigia ci sono dei miei vecchi abiti, che ho deciso di portare ad un’associazione che si occupa di persone bisognose.
− E la prepari in piena notte? Poi sei sparita, e ti trovo quassù, scalza e in déshabillé, sotto al temporale…!
Kaori gli rispose mentre altre lacrime sgorgavano irrefrenabili; perché, poi, non sarebbe stata in grado di dirlo.
− Quella valigia è pronta da ieri pomeriggio: era in camera mia. Il temporale mi ha svegliata, mi è venuto in mente che quassù c’erano le lenzuola stese e volevo ritirarle, prima che la tempesta se le portasse via chissà dove! Ma nella fretta ho inciampato nella valigia, mi sono mezza accoppata, così l’ho portata di sotto e l’ho mollata vicino alla porta prima di venire in terrazza. Ecco tutto!
A Ryo sembrò che qualcosa si sciogliesse in mezzo al petto. Una sensazione di calore lo pervase, nonostante le gocce fredde che gli colavano dai capelli e l’umidità che dal lenzuolo gli penetrava nelle ossa.
− Allora... non te ne vuoi andare? Non mi vuoi… lasciare? − le chiese, con una nota speranzosa nella voce che la fece quasi commuovere.
Le venne una mezza voglia di urlargli in faccia: “Sì, certo che me ne voglio andare, sono stufa delle tue umiliazioni e delle tue cazzate, vado a cercarmi qualcuno che mi apprezzi, invece di farmi sentire sempre una povera scema, una serva o una donna per sbaglio!”
Ma invece, nonostante le lacrime, quasi le scappò da ridere.
E questo la diceva lunga, su quanto potere Ryo Saeba avesse, sulle sue emozioni: solo lui era capace di farla ridere e piangere contemporaneamente. E lo stesso potere aveva sul suo corpo, perché, nonostante il gelo che quell’assurdo lenzuolo avvoltolato attorno a loro le trasmetteva, un senso di piacevole tepore le si allargò nel cuore.
E scese più giù, come un liquido caldo, ad invaderle il basso ventre.
E fu lì, che percepì, chiara e palese, la sorpresa: nonostante la situazione, Ryo era in modalità mokkori, e anche in stadio avanzato! 
Fantastico! E poi diceva sempre che lei era l’unica donna che non lo eccitava! Ma tanto, a dispetto di tutto quello che gli aveva sputato in faccia poco prima, lo sapeva benissimo che era una frottola: non era la prima volta, che gli accadeva!
In realtà, le sembrava più assurdo e improbabile il fatto che Ryo si fosse così preoccupato per una sua eventuale fuga.
Non sapeva se continuare a piangere, o liberare davvero quella risata che le premeva in gola; era totalmente in confusione!
Alla fine, non fece nessuna delle due cose: smise di piangere, tirò su col naso, e gli fece un sorriso storto.
− Va tutto bene, Ryo. Non me ne vado… Stai tranquillo – gli disse sottovoce, come se stesse rassicurando un bambino.
Lui mosse appena il capo, sollevato, ma incredibilmente confuso.
Per Kaori, vedere Ryo in quelle condizioni, era uno spettacolo decisamente fuori dal comune. Aveva l’impressione che almeno un migliaio di emozioni gli si agitassero nell’animo. Provava una paura pazzesca: di illudersi inutilmente, che lui la volesse solo prendere in giro; addirittura temette di sognare ancora, anche se la pioggia, il freddo e quel lenzuolo del cavolo, sembravano dannatamente reali.
Decise di tentare la sorte: sarebbe mai potuta andare peggio di così?
− Hai un gran casino, dentro, vero? – gli chiese sommessamente.
Ryo non si stupì, poiché Kaori, come aveva ammesso solo un minuto prima, era l’unica a conoscerlo tanto bene; aveva colto nel segno e, per la centomillesima volta, lo aveva compreso al volo.
− Sì. Un casino pazzesco – confessò il giovane, completamente arreso – C’è una cosa che vorrei fare, ma... l’orgoglio mi dice che è folle, la ragione che è rischioso… l’esperienza che è inutile!
− E il cuore, Ryo? Lui, cosa ti dice?
− Io non ce l’ho un cuore, Kaori. Io sono fatto solo di istinto e cervello.
− Questo è quello che credi tu – concluse Kaori, sentendosi in qualche modo in vantaggio, anche se non del tutto sicura.
Tutto a un tratto, ogni lato negativo del carattere di Ryo si cancellò dalla sua mente, e riuscì a vedere solo il suo coraggio, la sua generosità, la sua dolcezza, il suo altruismo...
− Di tutte le persone che conosco, sei sicuramente quella con il cuore più grande, Ryo Saeba. Ascoltalo, qualche volta.
Ryo la contemplò per qualche istante, pensoso, incurante del diluvio che continuava ad imperversare su di loro.
Poi le sue labbra si piegarono in un sorriso: uno di quelli belli, caldi, felici; di quelli che gli illuminavano gli occhi e gli addolcivano il volto, e che raramente Kaori gli aveva visto.
Abbassò appena la testa, e le sfiorò la fronte con un bacio; poi toccò a una palpebra, e all’altra; poi al naso, alla guancia, al lobo dell’orecchio...
Kaori sentì il proprio cuore rimbalzare in giro per la cassa toracica, ridotto alla palla impazzita di un flipper. Si rilassò contro di lui, smettendo di combattere contro quella stoffa che li teneva avviluppati, e ne assecondò i pur limitati movimenti.
Un attimo dopo le loro labbra fredde erano incollate, intente a scaldarsi, assaggiarsi, mordicchiarsi… fino schiudersi le une contro le altre, a dare vita a quel bacio che sognavano entrambi da anni.
Come per magia, il lenzuolo si allentò, scivolando attorno ai loro corpi, e Kaori pensò, per un terrorizzante attimo, che sarebbe passata dal paradiso all’inferno, perché lui ne avrebbe approfittato per allontanarsi.
Invece Ryo, non solo non fece nulla di tutto ciò, ma, trovandosi finalmente libero, le tuffò le dita di una mano tra i corti capelli fulvi, per impedirle di staccarsi da lui; l’altra rimase, casualmente e spontaneamente, ben piazzata sul fondoschiena della ragazza, mentre continuava a baciarla fino a farle girare la testa.
Era molto meglio di quanto Kaori avrebbe mai potuto immaginare; o sognare! Lo abbracciò stretto, senza chiedersi cosa sarebbe accaduto poi, afferrando l’attimo e assaporando la magia di quel bacio fino all’ultima stilla.
Quando riuscirono a mettere qualche centimetro tra i loro volti, Ryo continuò a tenerla stretta contro di sé, in modo quasi convulso, e Kaori si rannicchiò in quell’abbraccio, persa nel contatto con la sua pelle, senza più sentire nemmeno la pioggia violenta che continuava a scrosciare, inzuppandoli.
− Allora? Era rischioso, era folle, era inutile… e il cuore? Che ti ha detto?
− Mi ha urlato: “Provaci!”
− E…?
− E… io gli ho obbedito. E ho fatto bene. Non voglio nemmeno immaginare il resto della mia vita senza di te, Sugar.
Quella frase, a Ryo, uscì così, di botto, sincera e spontanea come mai lui era stato in tutta la sua vita.
E Kaori, a quel punto, fu travolta da un’ondata di sollievo, orgoglio e amore.
E seppe di aver vinto.
− Ogni tanto ci ho pensato, di andarmene davvero. Ma non sono mai riuscita a farlo, maledetto te, delinquente, farabutto! – esclamò, a metà tra la felicità e la rassegnazione, battendogli debolmente, per quanto glielo consentiva la stretta di lui, qualche pugno sul petto.
La risposta di Ryo fu un altro bacio, e poi un altro, e un altro ancora. Baci che sapevano di temporale estivo, di dolcezza, di passione repressa troppo a lungo.
− Non pensarci mai più, nemmeno di striscio. Il tuo posto è qui: con me.
− Stai andando benino, Saeba – sussurrò Kaori, frugandogli lo sguardo scuro − Ma non mi dispiacerebbe qualcosa di più esplicito. Puoi farcela – lo esortò birichina, incurante della pioggia che continuava a scrosciare.
− Se no? Non prenderai mica ancora a martellate il piccolo Ryo, adesso che sai cosa prova per te? – fece lui, con l’espressione da cucciolo.
− Mmh, cominciamo ad esserci – concesse Kaori − Ma… qualcosa di più serio e maturo non è possibile averlo?
− Proprio… adesso adesso? Perché fa freddo e siamo fradici… se rimaniamo qui a baciarci ci prenderemo una polmonite! – si lamentò lo sweeper.
− Da quando in qua, baciarsi fa prendere la polmonite? – disse Kaori, con scherzosa innocenza.
“…baciarsi fa prendere la polmonite”? Kaori! Fino a prova contraria, mi risulta che sono io, quello con la vena stupida!
−  Ahaha! Diciamo che la felicità mi fa sragionare... P-per ora mi a-accontento, perché hai ragione s-su tutti i f-f-fronti! – rise Kaori, rendendosi conto che i denti cominciavano a batterle, staccandosi da lui e stringendosi le braccia, non prima di aver inconsapevolmente regalato a Ryo la fugace visione del suo seno, pieno e sodo, sottolineato dalla maglietta fradicia.
Urgeva correre ai ripari: il vento freddo e l’acqua avrebbero potuto davvero farla ammalare! Ma soprattutto, si disse Ryo, non avevano alcun effetto calmante sul suo amichetto del piano di sotto!
Raccattò rapidamente il lenzuolo fradicio e ormai sporco, finito a terra, e lo gettò nella bacinella con il resto del bucato.
− Che ne fai di questa roba? – le chiese, pratico.
− Ma chi s-se ne im-importa? Lasciala lì, tanto è t-tutto da r-rilavare… 
− Stai morendo di freddo, Sugar. È ora di tornare in casa – sentenziò lo sweeper, con un sorriso compiaciuto, prima di sollevarla tra le braccia.
La ragazza gli passò le sue intorno al collo, permettendosi di stampargli un paio di baci sulla pelle fredda della guancia, mentre Ryo la portava giù per le scale, finalmente al riparo dalla pioggia battente.
 
 
> Continua…




 
 
  
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