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Autore: ChrisAndreini    03/06/2019    1 recensioni
Sei mesi dopo la morta di Rika, una ragazza chiamata Margo, con lo pseudonimo MC, entra nell'RFA tramite un hacker, scomparendo nel nulla poco prima del party.
Due anni dopo, una ragazza identica a lei entra nell'appartamento di Rika, e le sue amiche d'infanzia approcciano casualmente i membri dell'RFA.
Martha Campbell, tatuatrice eccentrica in America, torna in Corea per cercare la sorella scomparsa da due anni.
Monica Collins, giornalista idealista con più lavori che soldi, ha la carriera appesa al filo di un'intervista alla C&R.
Miriam Coppola, musicista di strada dalla testa calda, incontra per la prima volta il suo idolo.
Mindy Cooper, studentessa della Sky University dal cuore d'oro, molto più interessata alla cucina che al suo major, trova il coraggio di approcciare la sua cotta.
Megan Carson, atleta incoraggiante squalificata a causa di un imbroglio, cerca casa in Corea mentre indaga sulla scomparsa di una vecchia amica.
Mistiche coincidenze, o uno schema attentamente pianificato da un abile marionettista?
Che fine ha fatto Margo?
E riusciranno le MC ad aiutare l'RFA a trovare la pace nei loro cuori?
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Day 1

part 2

 

Le lezioni di Miriam erano finite, così come il club di cucina di Mindy, e le due amiche erano sull’autobus che avrebbe portato la prima in centro a suonare la chitarra e a cantare per racimolare qualche soldo, e la seconda a casa, dove l’aspettavano i genitori adottivi per un’attività pomeridiana in famiglia.

-Forse potrei fargli dei biscotti… ma gli piaceranno? Magari preferisce dei cupcakes. Dovrei indagare. Potrei chiederglielo con nonchalance, oppure fingere di fare un sondaggio per il club di cucina… sì! Potrei fare davvero un sondaggio, e mi segno la sua risposta. Chissà se gli piace cucinare. Potrei reclutarlo. Così potrei vederlo di più. Però non voglio forzarlo. Non sembra molto socievole. Forse non ha molti amici. Dovrei…- mentre attendeva la sua fermata, Mindy stava riflettendo a voce alta sul metodo migliore di approcciare quella che da più di un mese era la sua cotta, e Miriam fingeva di ascoltarla per non farla passare per matta davanti a tutti, annuendo e guardando l’amica seduta accanto a lei.

Le voleva davvero bene, ma quando attaccava a parlare non finiva più.

Cosa che in effetti faceva comodo a Miriam, che non amava troppo parlare e preferiva spesso ascoltare, anche perché la maggior parte delle parole che venivano fuori dalla sua bocca spesso erano cattiverie o frasi sarcastiche.

Distogliendo un attimo lo sguardo per controllare le fermate, però, lo sguardo di Miriam notò una figura che attirò del tutto la sua attenzione, e per la prima volta da parecchio tempo la bionda interruppe gli sproloqui di Mindy su quanti figli avrebbe voluto avere con Yoosung e i tredici diversi tipi di animali domestici con rispettivi nomi.

Perché infatti, poco davanti a loro, in piedi appoggiato ad una sbarra, e chino sul telefono tranquillo e sereno, c’era una visione che agli occhi di Miriam fu a dir poco celestiale.

-Mindy, Mindy…- chiamò l’amica, che rimase parecchio sorpresa dall’atteggiamento e dall’interruzione, e guardò il punto dall’amica indicato senza capire cosa la esaltasse tanto.

-Cosa c’è?- chiese a bassa voce, poi le venne un dubbio. -C’è tu sai chi nelle vicinanze?- e iniziò a guardarsi intorno senza vedere nessuno.

-No, non lo riconosci? È Zen!- Miriam lo indicò a bassa voce, cercando di non farsi notare dal suo attore di musical preferito da anni.

Mindy si illuminò, riconoscendolo a sua volta, nonostante non fosse una fan.

-Oh. Che fortuna. Dovresti chiedergli un autografo- la incoraggiò, ma Miriam non ne aveva la minima intenzione.

Non era timida, ma approcciare il suo mito in un autobus per chiedere un autografo o una foto le sembrava un insulto alla sua identità e una mancanza di rispetto e privacy nei confronti dell’attore.

Se un giorno lei fosse diventata famosa sicuramente non avrebbe  mai voluto folle di fan adoranti attorno, per una questione di spazio personale che a lei stava molto a cuore.

-No, no, non posso farlo. E poi è impegnato. Wow, è bello anche quando non è truccato- raramente Miriam aveva un’espressione distesa, e soprattutto estasiata, e Mindy sorrise intenerita.

Era davvero strano vederla così eccitata per qualcosa, soprattutto se quel qualcosa era un essere umano e un attore di musical.

-Va bene, lo farò io per te- la rossa si alzò dal suo posto e prese dalla borsa un quaderno e una penna.

-C_cosa?! No, aspetta!- Miriam arrossì di scatto, e cercò di fermarla, ma la determinazione di Mindy era davvero invidiabile, e alla fine, mentre si avvicinava a Zen, Miriam riuscì solo a coprirsi il più possibile per evitare che l’attore la vedesse.

Erano rare le occasioni in cui lei si imbarazzava, in cui non era sicura di sé e in cui si nascondeva, o comunque erano rare le occasioni in cui la sua insicurezza era evidente.

-Buongiorno! Tu sei Zen, giusto? Il famoso attore di musical?- Mindy, d’altro canto, si imbarazzava sempre ed era incerta su qualsiasi cosa… tranne quando si trattava di aiutare le sue amiche. In quel caso la sua sicurezza era superiore a quella di qualsiasi altro.

Era una delle cose che rendeva le due migliori amiche poli opposti ma perfettamente compatibili.

Zen si voltò verso di lei sorpreso, e tradì un sorriso onorato.

-Non direi famoso, ma sì, sono proprio io- rispose, con occhi brillanti.

-La mia amica è una sua grandissima fan, forse la numero 1. Ha visto praticamente ogni suo musical- Mindy indicò dietro di sé, e sentendosi osservata, Miriam si nascose maggiormente dietro la borsa, arrossendo completamente.

Zen guardò nella sua direzione, e ridacchiò.

-Ti prego, dammi del tu. Cosa posso fare per voi?- chiese facendo passare lo sguardo da Mindy allo zaino di Miriam, che fece spuntare gli occhi azzurri per un attimo incrociandoli con quelli rossi di Zen, per poi scomparire nuovamente.

Zen la trovò immensamente adorabile.

-Volevo chiederti un autografo. E ti chiederei anche una foto ma è inutile se la mia amica non smette di nascondersi- richiese Mindy, rivolgendosi in particolar modo a Miriam alla fine. La ragazza però scosse violentemente testa e borsa, e Mindy sospirò, e sollevò le spalle lasciando perdere.

Zen ridacchiò nuovamente tra sé, e firmò senza problemi il foglio.

-Grazie mille! Scusa il disturbo- Mindy gli sorrise raggiante, prese l’autografo e tornò al suo posto, porgendolo verso Miriam, che lo prese senza osare togliersi la borsa dalla faccia.

-Ci sta ancora guardando?- chiese all’amica.

-No- mentì lei, controllando il finestrino per vedere quanto mancava alla sua fermata.

Miriam tolse con circospezione la borsa da davanti al viso, ma Zen le stava ancora guardando, e le fece un saluto divertito, al quale lei rispose in tutta fretta nascondendosi subito dopo.

-Bugiarda!- si lamentò con l’amica.

-Suvvia, è stato molto gentile. Se è nell’industria puoi chiedergli aiuto per le tue canzoni- propose poi, riflettendo.

-Sei impazzita?! E poi è un attore, non un cantante o musicista. E sai quanto io faccia schifo a recitare. Siamo in due ambiti completamente diversi- obiettò lei.

Zen decise di lasciar perdere e si diresse verso l’uscita dell’autobus.

Miriam tirò un sospiro di sollievo e tolse la borsa dalla faccia, controllando poi l’autografo con occhi brillanti.

-È il tipo di Zekyll e White?- chiese Mindy, ricordando il musical che avevano visto insieme, due anni prima, quando Margo era scomparsa nel nulla e senza lasciare traccia.

Miriam annuì, sognante.

-La sua interpretazione è stata la più meravigliosa che io abbia mai visto, ha interpretato entrambi i ruoli con una passione e una flemma che mi ha davvero ricordato…- iniziò a decantarne le lodi Miriam, ma Mindy la interruppe, e non perché aveva già sentito quel discorso un centinaio di volte.

-Miriam, ma non era la tua fermata?- chiese, mentre le porte si chiudevano dopo aver fatto uscire Zen.

Miriam sgranò gli occhi e guardò fuori dal finestrino.

-Cavolo!- si alzò in fretta prendendo la borsa e la chitarra, ma era ormai troppo tardi.

A malapena trattenne un’imprecazione, e chiamò la fermata successiva, sbuffando sonoramente e preparandosi alla scarpinata.

-Hey, guarda il lato positivo, Zen è sceso proprio lì. Magari lo rivedi- cercò di tirarle su il morale Mindy.

-Io direi piuttosto che è ancora peggio. Ho già fatto abbastanza brutte figure davanti al mio mito per una vita intera!- obiettò pessimista Miriam. 

-Suvvia, sarà abituato alle fan. Pensa se ti sentisse cantare e suonare! Sarebbe fantastico!- provò nuovamente a farle vedere il bicchiere mezzo pieno, ma il bicchiere che rappresentava la vita di Miriam, dal punto di vista della ragazza, era completamente vuoto, senza traccia di gocce rimanenti, da quando i suoi genitori l’avevano abbandonata in un autogrill all’età di 5 anni.

-Se mi sentisse cantare e suonare sono disposta a seppellirmi direttamente nella mia tomba- disse caparbia. 

Mindy sospirò, scuotendo la testa, e Miriam si preparò ad uscire, salutandola velocemente e preparandosi alla scarpinata.

 

Martha riuscì a tornare all’appartamento solo alle quattro passate, dato che si era distratta parecchie volte mentre faceva la spesa pensando a Megan e rispondendo alle domande di routine di Jaehee, alcune delle quali l’avevano anche irritata parecchio, nonostante avesse cercato di non darlo a vedere.

Domande semplici, per certi versi, ma alcune comunque difficili per lei da rispondere: Nome, cognome, data di nascita, lavoro, gruppo sanguigno… situazione familiare.

La situazione familiare di Martha non era mai stata la migliore, e da due anni era anche peggio del solito. 

Sospirò mentre rientrava in casa.

Ripensare alla sua situazione familiare le aveva anche portato alla mente qualcosa che aveva seppellito con urgenza nel momento in cui aveva rivisto Megan. 

Voleva godersi la sua presenza dopo cinque anni. All’orfanotrofio era sempre stata la sua migliore amica. E aveva cercato di non pensare al vero motivo che l’aveva fatta tornare.

Margo.

Era sempre Margo.

Perché tutti preferivano Margo, a lei. 

E la consapevolezza che persino Megan, la sua migliore amica, la ragazza con cui aveva condiviso tutti i problemi infantili, avesse sempre preferito sua sorella, era per Martha fonte di una sofferenza che da parecchi anni cercava di seppellire, purtroppo senza particolare successo.

Per colpa di Megan aveva iniziato ad essere gelosa di sua sorella, e probabilmente era stato anche uno dei motivi per cui aveva deciso di non cercarla quando avevano litigato due anni prima, e ora doveva ritrovarla a tutti i costi, e di certo non per Megan o con il suo aiuto.

Doveva trovarla, proteggerla e non lasciarla andare mai più. Si era comportata da completa egoista per quegli anni, e voleva iniziare a diventare una sorella alla sua altezza.

Scosse la testa cercando di abbandonare il pensiero e concentrarsi sulla spesa, che cominciò a sistemare.

Non erano ancora le cinque quando una notifica la avvertì di una nuova chatroom.

Lanciò un’occhiata allo schermo per capire chi fosse. Se era Jumin non aveva intenzione di partecipare. Ancora ce l’aveva con lui per essersi presentato tardi all’incontro con Monica.

Quando però vide che Seven era l’unico presente nell’applicazione, decise di concedersi una pausa e di prendere il telefono. Magari voleva sapere perché ci aveva messo tanto a prendere le sue cose. In quel caso avrebbe dovuto spiegargli che Jaehee le aveva fatto un quarto grado, e che poteva chiedere a lei per confermare il suo alibi.

Seven però sembrava aver abbassato leggermente la guardia, o forse era solo stanco per via di tutto il lavoro che doveva fare.

 

707 è entrato nella conversazione

Woah, non sarà mica il famoso 707?!

707: Non sarà mica la famosa Martha?!

Come va il lavoro? Trovato informazioni piccanti su di me?

707: Ho trovato alcuni video niente male a dire il vero ;) 

A mia difesa posso dire che avevo bisogno di soldi

707: Cooosa?! Ma io stavo scherzando!!

LOL! Anche io. 

…forse ;)

707: Time out! Cerchiamo di tenere la conversazione PG-Yoosung 

Che sarebbe?

707: Per un pubblico di 12 anni

Ahahahahah, povero Yoosung

707: Vorrei che fosse qui, ho bisogno di sfogarmi su qualcuno e lui 

è sempre la vittima perfetta 

Lavoro duro?

707: Non ne hai idea. Sono staaaaaaancooooooo!

707: S

707: T

707: A

707: N

C

O

707: O

O

707: !

!

707: Lol, sei divertente!

Anche tu te la cavi in nonsense

707: Come è andata la spesa?

Lo vedi dalla telecamera

707: Tutte quelle patatine non ti fanno bene 

Ha parlato il salutista

707: Ma io ho un lavoro duro e pericoloso. È probabile che muoia 

giovane, quindi tanto vale mangiare male finché posso

Anche il mio lavoro è pericoloso, che ti credi.

707: Gasp! Stai forse rivelando di essere un agente sotto 

copertura?! E non una semplice tatuatrice?!

Nope, faccio solo tatuaggi, ma è parecchio pericoloso comunque

707: E come potrebbe essere pericoloso?

Sai chi si fa i tatuaggi? I criminali!!!

E i gangster

E i punk

E i ribelli quelli pericolosi.

Metti che faccio un segno sbagliato

BOOM!!!!!

Mi spediscono all’altro mondo in un attimo

Quindi posso mangiare tutte le patatine e la caramelle che voglio.

:P

707: Effettivamente vedendola da questo punto di vista.

707: Ma ora che lavori per noi devi essere in salute.

Ed io che pensavo che non avendo una madre mi sarei risparmiata 

almeno le prediche.

707: Ormai hai cinque genitori.

707: Sei se contiamo Yoosung.

707: Ma lui è ancora il piccolo di casa.

Povero Yoosung.

Hai ragione però.

707: Credo di dover andare, la mia cameriera potrebbe tornare da 

un momento all’altro.

707: Abbi cura di te.

E tu lavora sodo

Magari trovi quel video di cui parlavamo prima

;)

707: Oh, non mettermi in testa cattive idee.

707: E mangia bene

Potrei dirti la stessa cosa

A dopo

707: BOOOM! E sono fuori!

BOOOM! Sono fuori anche io!

707 è uscito dalla conversazione

Martha è uscita dalla conversazione

 

Martha si ritrovò a sorridere verso lo schermo. Seven era completamente folle, e lei era esattamente come lui.

Rilesse la conversazione e il sorriso le si congelò quando si rese conto di aver ampiamente flirtato con lui, e non poteva assolutamente permetterselo.

Spense lo schermo sperando non la disturbassero per un po’ e prese un pacchetto di patatine e un blocco da disegno che aveva recuperato a casa di Monica, decisa a sfogare i suoi pensieri tramite la sua vena artistica.

Un messaggio dal messenger però la irritò.

Possibile che fossero così attivi in quel messenger?!

Dopo aver visto il messaggio silenziò il telefono e si dedicò al disegno.

Seven, dal canto suo, si ritrovò a perdere di vista il lavoro per guardarla più del dovuto disegnare.

Anche lui, come lei, si era reso conto di starsi aprendo un po’ troppo, soprattutto considerando che la conosceva da appena un giorno e non era ancora sicuro di potersi fidare di lei.

Scosse la testa e cercò di concentrarsi sul suo lavoro, pur mantenendo la finestra della telecamera aperta per darle uno sguardo ogni tanto anche solo di sfuggita.

-Stai lavorando?!- la voce tonante di Vanderwood lo fece sobbalzare, e si affrettò a scrivere codici vari per dare l’impressione di fare il suo lavoro.

-Miss Vanderwood, certamente. Sono sempre costantemente a lavoro!- si affrettò a mentire, con un sorriso che non prometteva niente di buono e di certo non fregò il collega.

-Sarà meglio che ti concentri, abbiamo una scadenza molto vicina e questo cliente non ama attendere. Non costringermi a tirare fuori il…- si interruppe di scatto, osservando la telecamera.

-Non ci sarà assolutamente bisogno di tirare fuori il teaser, ho il lavoro sotto controllo e mi sto davvero impegnan…- Seven non diede segno di essersi accorto della distrazione del collega, e continuò a difendersi e a rassicurarlo con parole ben poco credibili.

Vanderwood non lo ascoltò nemmeno, e lo interruppe indicando Martha, che nello schermo aveva appena finito le patatine e continuava a disegnare, in una posizione decisamente scomoda sul divano, che però sembrava funzionare per lei.

-Non sapevo che dovessimo spiare le sorelle Campbell. Hanno combinato qualcosa di strano?- chiese, facendo sobbalzare Seven.

-Come? Di cosa stai parlando?- il rosso sentì un brivido scorrergli lungo la spina dorsale.

-È Martha Campbell, per caso?- insistette Vanderwood, guardandola più da vicino -O è Margo?- 

-M…Martha. Ma come la conosci?- avevano dei precedenti? Come aveva fatto Seven a lasciarselo sfuggire. Aveva cercato ovunque ogni singola traccia di qualsiasi cosa. Era impossibile che fosse nei registri della sua agenzia e lui non lo avesse scoperto!

-Immaginavo. Dagli occhiali. Sono state uno dei miei primi casi. Hanno cercato di infiltrarsi nell’archivio dell’agenzia. Se la sono cavata per il rotto della cuffia. Sicuramente ha aiutato il fatto che avevano solo dodici anni. Hanno archiviato il caso, era tutto sul cartaceo per una questione di privacy. Ma a me non sono mai piaciute. Soprattutto Margo. Quella ragazza ha qualcosa che non va. Perché stai osservando la sorella?- chiese Vanderwood dopo aver fornito una breve spiegazione.

Seven era completamente congelato. Quella ragazza… una hacker? Come poteva essergli sfuggito? E se Margo fosse stata la cattiva fin da subito? E Martha era sua complice?

Aveva bisogno di riflettere. E non ne aveva il tempo.

-Non è nulla, Vanderwood. Hanno altri precedenti?- chiese.

-Non che io sappia. La donna che le ha aiutate ha detto che cercavano semplicemente informazioni sui loro genitori- 

Seven tirò un sospiro di sollievo. Forse era solo un caso isolato. Forse non doveva preoccuparsi.

Era il caso però che la osservasse bene, e che chiamasse V per informarlo e decidere insieme cosa fare.

 

Miriam era in strada a cantare e suonare da qualche ora, ed era piuttosto stanca. Ma non poteva ancora fermarsi.

Il suo obiettivo quotidiano era sempre di almeno 30000 won, ma per il momento ne aveva raccolti solo 25200, e non poteva permettersi di averne meno, soprattutto ora che Martha le aveva abbandonate e non aiutava a pagare l’affitto quel mese.

In realtà Monica non le imponeva una tariffa da rispettare, e l’avrebbe probabilmente fatta rimanere anche se non le avesse pagato la camera, ma Miriam ci teneva. Monica faceva già due lavori e un impegno nei weekend di volontariato, e a malapena riusciva ad arrivare a fine mese, Miriam voleva aiutarla per quanto potesse, e non aveva la minima intenzione di non contribuire al massimo delle sue possibilità.

Dopo aver cantato un paio di canzoni in coreano senza chitarra, approfittò della gente che si faceva meno numerosa per prendere un po’ fiato, che per lei significava prendere la chitarra e suonare un pezzo suo in inglese.

Si sedette sul muretto, la accordò un po’ meglio e cantò. Un brano melodico, semplice e intenso sull’abbandono e la solitudine, certa che nessuno la stesse ascoltando.

Purtroppo quando cantava quel tipo di canzoni aveva sempre l’abitudine di chiudere gli occhi, perciò non si rese conto della persona che passò di lì e si fermò ad ascoltare.

L’ultima persona che avrebbe voluto che ascoltasse il suo brano originale.

L’ultima persona che avrebbe voluto la sentisse cantare.

In effetti, l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in generale dopo la pessima figuraccia fatta poche ore prima.

Zen, il suo attore preferito, aveva finito un meeting con un importante regista su un nuovo ruolo, e si stava tranquillamente dirigendo alla fermata dell’autobus, che caso voleva fosse proprio nella direzione dove Miriam stava suonando.

Quando la ragazza finì di suonare, sorridendo tra sé e accarezzando leggermente la chitarra compagna di molte avventure, per poco non la fece cadere quando sentì un lieve applauso.

E quando sollevò lo sguardo e lo incrociò con quello di Zen, poteva giurare di essere appena morta. Lì, sul posto. All’improvviso.

-Z…Z…Zen?!- chiese con un filo di voce.

-Sei davvero molto brava. Non conosco l’inglese, ma trasmetti davvero molte emozioni- si complimentò, lasciandole una grossa offerta.

-Oh… grazie. Grazie mille- Miriam era convinta di essere arrossita più del necessario, e si odiò per questo. Odiava apparire fragile.

-Ma non è il genere che pratico di solito. Sono molto brava anche nel k-pop, nel rock e in generi più ritmati. Stavo solo riposando un po’ la voce- ci tenne a sottolineare, cercando di riacquistare sicurezza. Non era una brava attrice, ma se la cavava bene nel fingere di essere sicura di sé.

Zen sorrise divertito, e lanciò un’occhiata alla borsa della ragazza, con un lampo di consapevolezza negli occhi.

-Ah, lo immagino- si guardò un attimo l’orologio e poi tornò a guardarla. -Accetti richieste?- chiese poi, incrociando le braccia come a prepararsi a rimanere un altro po’ ad ascoltarla.

-Beh, se non sono troppo commerciali e sono nel mio repertorio ben vasto le accetto senza problemi- Miriam si impose di fingere che lì davanti ci fosse qualcun altro, qualsiasi altra persona, ma il risultato uscì più sbruffone di quanto lei avrebbe voluto.

Beh, di certo era molto meglio che apparire coma le fangirl sfegatata che effettivamente era.

-Canzoni di musical ne fai?- indagò Zen, con un sorriso malizioso, facendole capire che l’aveva completamente riconosciuta.

Miriam cercò di ignorare il rossore che le era palesemente risalito alle guance per l’imbarazzo, e continuò a mantenere il suo aplomb. 

-Beh… sì, qualche canzone. Solo i musical belli però. E se devi chiedermi qualcosa di sentimentale sappi che la mia politica di lavoro in strada prevede che dopo una canzone deprimente devo farne almeno una allegra e ritmata- lo mise al corrente, posando la chitarra.

-Ho abbastanza tempo prima che passi il mio autobus. Che ne dici di Machine? Da…-

-Cube World- concluse lei, senza trattenere la sua conoscenza -Va bene, per questa volta posso anche accontentarti. Anche se non ho la base su disco- prese nuovamente la chitarra. Conosceva quella canzone a memoria, così come molte altre, ma era un po’ arrugginita.

Fece qualche prova per essere sicura di ricordare bene gli accordi.

-Comunque sei migliorato parecchio da quel musical. La passione è la stessa ma alcune parti erano un po’ cringe- disse senza guardarlo, facendolo ridacchiare imbarazzato.

-Sì, beh… non mi piace rivedere i vecchi musical, ma le canzoni di Cube World erano davvero belle, le ricordo ancora tutte a memoria- ammise Zen, facendo conversazione e apprezzando parecchio l’onestà della ragazza.

Dopo qualche prova, la bionda attaccò con il pezzo, e una volta cominciato a cantare, ogni traccia di insicurezza sparì, e nel suo elemento diede il meglio di sé come se l’uomo davanti a lei fosse uno dei tanti del solito pubblico di sconosciuti che la circondava ogni giorno.

Una canzone, una semplice canzone di poco più di tre minuti, bastò a rivoltare completamente la situazione.

Miriam si sbloccò, e Zen fu completamente catturato nella rete della musica trasmessa dalla ragazza.

Appena concluso il pezzo, Zen ci mise qualche secondo a riprendersi.

-Wow- commentò, cercando di ricomporsi -Se dovessero fare il remake proporrò te al mio posto- aggiunse, facendo un’occhiolino alla ragazza, che alzò gli occhi al cielo con un risolino. 

-Non conviene. Probabilmente nel canto e nel ballo ti supero, lo ammetto, ma non so recitare- ammise.

-Scommetto che te la caveresti, e sicuramente saresti meno cringe di quanto fossi io sette anni fa- insistette Zen, facendo arrossire leggermente la ragazza, che però cercò di non dargliela vinta.

-Dubito, ma è bello che qualcuno riconosca il mio talento canoro- cercò di cambiare argomento e tornare alla musica.

Zen seguì il flusso.

-So quanto è difficile. Posso chiedere un’altra canzone?- 

Miriam annuì.

Ne fece altre due, una da un altro musical che conosceva come le sue tasche, e la seconda k-pop di cui aveva la base che ballò con una coreografia davvero coinvolgente.

Zen le lanciò una mancia davvero lauta, completamente rapito.

-Sei sempre da queste parti?- indagò, appena finita la seconda canzone, approfittando di una pausa della cantante che decise di bere un po’ d’acqua.

-Vuoi diventare il mio stalker personale?- lo provocò Miriam, facendogli alzare le mani in un’esagerata interpretazione da colpevole.

-Potresti avermi beccato. Ma una ragazza così carina e così talentuosa non voglio lasciarmela sfuggire- le fece un occhiolino, e Miriam dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non dargli il suo numero di telefono e saltargli addosso implorandolo di chiamarla al più presto.

Non era più una facile, e glielo avrebbe dimostrato.

-Mi offendi. Io sono stupenda, non solo carina. Posso avere solo il meglio, e devo decidere se tu rispondi ai requisiti- si sedette sul muretto per prendersi una pausa, dato che ballare l’aveva un po’ stancata, e Zen le si appoggiò poco distante.

-Suvvia, credo di essere incredibilmente bello, non pensi sia un buon punto di partenza?- continuò a scherzare lui.

Miriam gli prese il mento tra le mani e fece per osservarlo bene.

-Beh, non c’è male. Potrei anche darti una possibilità. Ma per rispondere alla tua domanda. Mi alterno tra questa via, il parco e Nameless road, solitamente quest’ultima quando ho voglia di pagnotte pesciotte- lo informò, per poi sistemare i soldi guadagnati e rimettere la chitarra nell’apposito contenitore. Aveva guadagnato abbastanza e doveva studiare.

-Sai, vicino a casa mia c’è un tizio che distribuisce ottime pagnotte pesciotte- la informò Zen in tono casuale.

-Fantastico. Puoi portarmele domani al parco, allora- con un occhiolino, Miriam prese la borsa e la chitarra e si avviò verso la fermata dell’autobus.

E questa volta, troppo concentrato sul nuovo incontro e troppo esaltato all’idea di rivedere la cantante, fu Zen a perdere traccia del tempo e a perdere il passaggio a casa.

Ma non se ne rammaricò minimamente.

Non sentiva un’adrenalina così da quando Margo era entrata nella chatroom, e per un breve momento aveva pensato che poteva anche non rimanere single ancora a lungo.

Forse lei poteva essere la ragazza giusta.

Zen si maledisse mentalmente quando si rese conto che non le aveva chiesto neanche il nome.

 

Verso le sette, Monica si stava mordendo la labbra così forte che le ferite quasi onnipresenti su di esse si stavano riaprendo e sanguinando, ma era abituata. La sua bocca era piena zeppa di ferite autoinflitte, per via di tutte quelle volte che avrebbe con piacere risposto o si sarebbe lamentata di qualcosa, ma si tratteneva per non fare scenate, perché non aveva abbastanza potere o semplicemente per non creare polemiche inutili.

In quel momento, con Megan che si lamentava come fosse colpa sua della scomparsa di Margo e le stranezze di Martha, cercava solo di lasciarla sfogare il più in fretta possibile, e sperava finisse presto, dato che doveva lavorare all’intervista alla C&R, cercando nel frattempo di non pensare troppo alla miriade di sensazioni che l’avevano assalita rivedendolo dopo tutti questi anni. Ovviamente lui non aveva dato segno di riconoscerla. Ma era normale, erano passati otto anni. Anche lei aveva finto di non ricordarlo, anche se era esattamente come l’aveva conosciuto. Lo stesso sguardo di ghiaccio, lo stesso aspetto formale e la stessa aria da riccone pieno di sé che però non si avvicinava minimamente alla sua vera personalità. Chissà se in quegli anni aveva imparato a mangiare un hamburger? Monica scosse la testa cercando di non pensarci. Era solo un lavoro, e una volta finito Jumin Han sarebbe nuovamente scomparso dalla sua vita. 

E Megan che si lamentava a tutto spiano, la scomparsa di Martha e tutto il resto non rendevano il lavoro certamente più semplice.

Rilesse quello che aveva scritto e si accorse che aveva inavvertitamente mischiato il discorso di Megan con i suoi pensieri. Sospirando cancellò tutto, e si voltò verso Megan, decisa ad ascoltarla, non potendo fare altro.

Pregava che qualche presenza divina intervenisse per toglierla da quel supplizio, ma arrivò qualcosa che somigliava più ad un intervento demoniaco.

Infatti Miriam rientrò in casa, per la prima volta da anni con il sorriso, canticchiando a bocca chiusa la melodia della canzone di un musical di Zen, e ansiosa di mettere al sicuro l’autografo del suo attore preferito e raccontare a Monica del suo straordinario pomeriggio.

Ma purtroppo la sua allegria non era mai destinata a durare. Infatti, non appena aprì la porta annunciando la sua presenza con un rumoroso -Non crederai mai a quello che ho vissuto oggi!- il suo buonumore sparì tanto velocemente quanto era arrivato. 

Monica non riuscì neanche ad aprire la bocca per anticiparla, che lei aveva già iniziato a sclerare.

-Che cavolo ci fa lei qui?!- esclamò con enfasi, indicando Megan, che fermò i suoi sproloqui per voltarsi in direzione della bionda, e per fortuna ebbe l’accortezza di apparire a disagio e dispiaciuta.

Miriam non l’aveva affatto perdonata per averle abbandonate, e Monica la conosceva abbastanza bene da sapere che non lo avrebbe fatto tanto presto.

-È appena arrivata in città. E questa notte resterà qui- rispose Monica in tono mite, cercando appoggio e sperando che Miriam non sollevasse un polverone. 

Miriam però non guardava lei, e la sua empatia era molto meno sviluppata rispetto a quella di Monica. La sua rabbia superava ogni altra emozione, soprattutto se proveniva da abbandono.

-No! Assolutamente no! Io non dormo sotto lo stesso tetto di una traditrice!- si lamentò, alzando la voce sempre di più, e gettando lo zaino da una parte quasi preparandosi a una battaglia all’ultimo sangue.

-Miriam, mi dispiace di essere sparita, ma…- provò a giustificarsi Megan, ma la ragazza non aveva la minima intenzione di starla a sentire. Era troppo testarda e troppo arrabbiata.

-No! Stai zitta! Non puoi permetterti di tornare nelle nostre vite come se non fosse successo nulla! Monica, devi scegliere: io o lei!- per la prima volta dall’inizio della conversazione si girò a guardare la sua protettrice, e il suo sguardo si fece meno spigoloso.

Monica si mordeva il labbro così forte che iniziò a sgorgare sangue lungo il mento. 

-Ti prego, Miriam. Solo per questa notte- la supplicò, a voce bassa.

Miriam sbuffò, poi sospirò.

-Solo per oggi!- cedette infine, fulminando un’ultima volta Megan con lo sguardo, prendendo i won guadagnati e posandoli sulla scrivania accanto a Monica mentre si dirigeva in camera sua, chiudendosi dentro.

Monica si asciugò con un fazzoletto il sangue, e sospirò rassegnata.

-È andata meglio di quanto mi aspettassi- commentò poi, prendendo i soldi e tornando al suo computer.

-Megan, provo a convincerla per il futuro, ma…- aggiunse poi, senza guardarla.

-Tranquilla Monica. Domani cerco una nuova sistemazione. Devo trovare Margo. Avete tutte le ragioni del mondo per odiarmi- ammise, sedendosi e fissandosi i lacci delle scarpe.

-Non ti odiamo. Ci sei mancata però. Ma so che avevi bisogno di allontanarti. Va tutto bene, Megan- si girò un attimo per sorriderle incoraggiante.

-Ora scusami, ma devo assolutamente almeno finire l’incipit dell’articolo. Il mio lavoro ne dipende abbastanza- tornò al computer.

-Il tuo capo è un mostro- commentò Megan, quasi tra sé.

-La vita di un’impiegata- Monica alzò le spalle.

-Perché lavori ancora lì?- insistette l’atleta.

-Non ho altra scelta, devo pagare l’affitto- spiegò brevemente Monica.

-Tu dovresti essere una scrittrice. Secondo me se provassi a fare una raccolta di tutte le storie che scrivevi quando eravamo piccole…- provò a consigliarle, ma Monica non aveva tempo per pensare ai “Se”, e doveva davvero scrivere quell’articolo.

-…non me lo pubblicherebbero mai. Non ho raccomandazioni, non ho tempo di revisionare decine di storie e alla fine è una situazione temporanea. Ho tutto sotto controllo, Megan. Per il momento lavoro continuerò a lavorare lì, ma prima o poi scriverò. Devo solo raggiungere una certa stabilità economica- le spiegò, cercando di apparire tranquilla ma tradendo una nota di impazienza.

Megan se ne accorse.

-Se c’è qualcuno che può fare tutto quella sei tu. Magari potresti farti aiutare da Monday Clyde- propose poi, in un sussurro.

-Ho smesso di chiedere aiuto a Monday Clyde- Monica scosse la testa con decisione, e tornò al suo computer.

-Capisco. Vado in camera e inizio a fare le mie ricerche- la informò. Monica annuì solamente, già concentrata sull’articolo.

 

Dopo cena, Martha stava per morire dalla noia. Non sapeva proprio come avrebbe resistito tutti quei giorni nell’appartamento senza nulla da fare tranne parlare con possibili invitati tramite email. Aveva anche controllato la TV, ma era staccata, e non voleva mostrare quanto era brava nei lavori meccanici, anche se probabilmente l’avrebbe fatto lo stesso prima o poi, bloccata in quella gabbia ad alta tecnologia e piena di telecamere.

Aveva disegnato, aveva provato vari vestiti e vari stili strani. Aveva giocato con il telefono per due ore e aveva cenato con un hamburger molto economico, e ora era a testa in giù sul divano aspettando che qualcuno entrasse nella chatroom, perché anche se esageravano era l’attività più divertente.

Purtroppo si addormentò prima che questo accadesse, in una posizione talmente buffa che Seven, osservandola per vedere se stava bene, quasi scoppiò a ridere allertando Vanderwood, e fu anche quasi tentato di chiamarla e svegliarla per evitare che il giorno dopo avesse una grande emicrania.

Decise però di lasciar perdere. Sembrava un angelo, un angelo dal look trash, tatuato e dai capelli rosa pastello ma sempre un angelo.

Aveva sentito V riguardo al suo passato, ma il capo dell’RFA aveva detto che era meglio se la tenevano d’occhio senza farle capire che sapevano dei suoi precedenti, e Seven era d’accordo, anche se tutta la situazione non lo convinceva per niente.

Scosse la testa, e tornò a lavoro. Ormai era nell’associazione, doveva farsene una ragione.

Anche se non riusciva a non pensare a quanto fosse diverso il suo approccio da quello meraviglioso, comprensivo e incoraggiante di Margo.

Non credeva che fosse una brutta cosa, in realtà, ma più conosceva Martha ed entrava nella sua vita privata cercando di carpire informazioni che mai era riuscito a trovare con Margo, più si chiedeva quanto effettivamente conoscesse la ragazza che due anni prima era entrata nella loro chatroom.

E non era ancora del tutto certo, nonostante tutto, che non fossero la stessa persona.

 

2 anni prima

 

V: Sono felice che la giornata sia andata bene

V: Ho visto dalle precedenti chatroom che vai già parecchio d’accordo con gli altri membri, ne sono felice

È stato uno splendido primo giorno, 

sono tutti gentili e accoglienti

Vorrei ringraziarti ancora per l’opportunità

V: Sono io a doverti ringraziare per la tua disponibilità

V: Mi dispiace che la situazione sia così strana e che siamo ancora un po’ cauti nei tuoi confronti

Non preoccuparti, lo capisco benissimo

Spero che in futuro riusciremo ad andare sempre più d’accordo e 

che organizzeremo uno splendido party

V: Ne sono convinto

V: Se hai bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiedere

Ti ringrazio, V

Credo che adesso andrò a dormire, è stata una giornata piena

V: Certamente, buonanotte Margo

Buonanotte

Margo è uscita dalla conversazione

 

Margo sospirò, mentre spegneva il telefono sperando con tutto il cuore che V non la chiamasse. Cercava di essere gentile con tutti, ma era oltremodo impossibile per lei parlare con V e con 707, o Seven, come si faceva chiamare.

Gli ricordavano troppo due persone da cui aveva cercato in tutti i modi di allontanarsi: Rachel, la donna che per anni aveva considerato una madre, e Martha. Le due persone che amava di più, e le due persone che aveva ferito e che l’avevano ferita maggiormente.

Sospirò, cercando di seppellire in fondo alla mente i pensieri negativi che stavano risalendo insieme ad un leggero mal di testa. Non poteva permettersi di aveva una mentalità negativa, in quel momento. Aveva una missione da compiere, una missione che solo la positiva Margo poteva compiere.

Il quieto bussare alla porta attirò l’attenzione della ragazza, distogliendola dai sui pensieri.

-Avanti- 

-Buonasera, Margo. Come va?- chiese Ray, entrando leggermente incerto nella stanza.

Margo posò il telefono da un lato e sorrise caldamente, alzandosi e avvicinandosi alla nuova figura.

-Ray, sono felicissima di vederti. Va tutto bene. La camera è un sogno e la cena era ottima. Il gioco è molto interessante per il momento. I personaggi sono davvero realistici. A te come va? Il lavoro procede bene? Se hai bisogno di aiuto puoi chiedere a me. Non ho molto da fare qui dentro- si propose, incoraggiante.

Ray arrossì leggermente a quella gentilezza e a quel sorriso così buono.

-Oh, no, sei l’ospite d’onore. Non possiamo farti lavorare. Posso portarti qualcos’altro da fare però, se vuoi- le propose, cercando di mantenersi sicuro di sé.

-Non serve, non preoccuparti. Sono solo poco abituata e non fare nulla per aiutare qualcuno così a lungo- ammise, un po’ imbarazzata, giocherellando con una ciocca di capelli.

-Mi stai aiutando a testare il gioco, è il migliore aiuto che potessi darmi- la rassicurò Ray.

Il sorriso di Margo si allargò, così come il rossore sulle guance del ragazzo.

-Grazie, Ray. Anche se credo che sia più tu ad aiutare me. Non avevo nessun posto dove andare, dopotutto- si avvicinò ancora e gli prese la mano con dolcezza. Un semplice gesto per dimostrare al massimo la sua gratitudine.

-Oh, beh, prego… cioè, grazie a te… cioè, ci aiutiamo a vicenda… cercherò di lavorare di più e fare di meglio- Ray si scansò, il cuore che batteva furiosamente.

-No, aspetta, non intendevo…-

-Ora scusami, devo andare. Sono passato solo per vedere se stavi bene. Ci vediamo domani- iniziò ad indietreggiare.

-Va bene. Buon lavoro, e assicurati di riposare e mangiare adeguatamente- lo salutò lei.

-Eh… sì. Anche tu. Buona notte- la salutò lui velocemente prima di uscire.

Margo lo considerava immensamente dolce e carino.

Ed estremamente triste.

Si guardò la mano con la quale aveva stretto quella del suo interlocutore, con sguardo triste.

Problemi con il contatto fisico. O forse era solo molto imbarazzato.

Margo sperava davvero che tornasse più spesso, era difficile capirlo appieno se lo vedeva raramente.

Perché, a dirla tutta, il suo scopo era aiutarlo, certo, ma non con il messenger.

Lei voleva aiutarlo nella vita vera. Renderlo più sicuro, salvarlo da qualsiasi fosse quello strano posto che urlava pericolo da ogni parte. Aiutarlo a superare qualsiasi trauma passato lo avesse portato ad essere così spaventato dal mondo.

Perché era questo lo scopo della sua vita: aiutare gli altri.

Per quanto pericolosa potesse essere la situazione.

-Andrà tutto bene- si ripetè, con sicurezza.

Non aveva mai fallito dopotutto. 

E se le cose non fossero andate bene, c’era sempre il piano M pronto all’azione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

*Mette timidamente il capitolo sperando che nessuno si accorga che è una settimana in ritardo*

Ma sì, nessuno se ne sarà accorto, ne sono certa.

Nessuno ha letto lo scorso capitolo dopotutto.

Beh, quasi nessuno.

Comunque consiglio a chiunque leggerà questo capitolo che ha letto lo scorso capitolo prima che io aggiornassi questo di andarsi a rileggere il vecchio capitolo, solo la parte di Jumin e Monica, perché l’ho cambiata.

Tutto qui.

La prossima domenica sarò puntuale con l’aggiornamento del giorno 2 parte 1 e spero davvero che qualcuno leggerà, anche se non ci dovrei sperare più di tanto.

Un bacione e alla prossima :-*

   
 
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