Fandom:
MacGyver
(2016)
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
Team
Phoenix, MacDalton
Tipologia:
Long-fic
Genere:
Drammatico,
hurt/comfort, romantico
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono.
Note: Dedicata a Mairasophia e Dida.
UNDERNEATH
CAPITOLO 3
I'M NEVER TOO MUCH FOR YOU TO TAKE
Nobody knows me like you do
No need for walls, you see right through
Every hurt, every scar, every secret you just love me
When I'm with you – Citizen Way
Quando
Gregor Lancelot entrò nella sala medica del Nido quella
mattina, la trovò
deserta, tranne che per una giovane internista intenta a sistemare le
cartelle
cliniche davanti a una tazza fumante di caffè appena fatto.
Perplesso,
posò la propria valigetta sulla poltrona più
vicina e la avvicinò mentre puliva
gli occhiali bagnati per la pioggia torrenziale: "Buongiorno,
Angelica." disse lui con tono amichevole, "Oggi è tutto
tranquillo,
che succede?" domandò l'uomo.
La
giovane internista si voltò di scatto, con gli occhi
sgranati, evidentemente
spaventata dal suo arrivo improvviso – il medico
notò che aveva un paio di
AirPod nelle orecchie, non poteva averlo sentito entrare – e
subito scattò in
piedi: "M-Mi scusi! Non mi ero accorta di lei, dottore!"
esclamò lei,
sistemandosi il camice.
Lancelot
la rassicurò con un gesto della mano e le sorrise: "Non
c'è problema, è un
lavoro parecchio noioso da fare. Ma dove sono tutti? Non sapevo che la
Direttrice avesse dato la giornata libera."
Visibilmente
a disagio, la giovane si voltò verso la brocca termica
più vicina per versare
una tazza di caffè al dottore, nel tentativo di tenersi
occupata: "Non
l'ha contattata?"
"No,
altrimenti sarei rimasto a casa a riposare, il volo di ritorno da
Anchorage è
stato più turbolento del previsto e sono tornato soltanto
stamattina alle 3.
Peraltro, le linee telefoniche in Alaska sono state fuori uso per
cinque
giorni. C'è qualche problema?"
Angelica
Bates si morse il labbro inferiore mentre versava il liquido scuro
nella tazza
preferita di Lancelot – era una normalissima mug di ceramica
ma con un piccolo
cavaliere in armatura splendente disegnato sulla parte anteriore, un
regalo dei
suoi colleghi – prima di passargliela: "Io non so come
dirglielo,
dottore…" la voce bassa e triste mise in allarme l'uomo, che
la scrutava
con espressione preoccupata da dietro gli occhiali cerchiati di
metallo,
"S-Sono sicura che la Direttrice abbia cercato di avvertirla ma che
tutta
la confusione degli ultimi giorni le abbia fatto scordare del suo
rientro oggi,
accidenti…"
"Figliola,
calmati." Con mano ferma, Gregor afferrò le spalle
dell'internista e la
bloccò sul posto, puntando gli occhi grigi nei suoi azzurri:
"Spiegati con
calma, ti ascolterò."
Il
linguaggio del corpo della donna davanti a lui era inconfondibile: era
il
linguaggio di chi doveva veicolare qualche notizia spiacevole senza
esserne
emotivamente in grado.
"Cinque
giorni fa… l'agente M e la sua squadra sono tornati da una
missione di routine.
Sembrava tutto normale, la dottoressa Castillo ha preso in carico i
feriti e se
n'è occupata. All'improvviso, l'agente M è
entrato in arresto cardiaco e n-non
sono riusciti a rianimarlo, n-neppure con l'epinefrina. S-Se
n'è andato
all'improvviso, nel giro di un paio d'ore. M-Mi dispiace, dottor
Lancelot, s-so
quanto era affezionato all'agente M e n-non avrei voluto essere io a
dirglielo
ma…"
Angelica
vide il colore abbandonare il volto del suo superiore, come se stesse
per
svenire, ed era pronta ad afferrarlo al volo quando all'improvviso
suonò
l'allarme: la luce rossa sopra la porta iniziò a lampeggiare
mentre il segnale
sonoro indicava l'arrivo di un mezzo di soccorso urgente.
I
due si guardarono negli occhi per qualche secondo, poi Lancelot
estrasse dalla
tasca un paio di guanti in lattice per indossarli mentre l'internista
prelevava
i propri guanti monouso da un cassetto, assieme a una mascherina;
Gregor non
disse nulla, aveva la mente confusa e piena di pensieri, ma
cercò di
allontanarli per occuparsi al meglio del ferito in arrivo: avrebbe
avuto tempo
per elaborare il lutto della morte dell'agente M.
Con
Angelica che lo tallonava, l'uomo uscì dalla sala medica a
passo svelto e,
percorsi i corridoi che conosceva come le sue tasche, arrivò
infine al triage;
tuttavia, una volta sulla soglia, si paralizzò mentre il suo
sguardo incrociava
quello esausto e sconvolto di Jack Dalton, che stringeva con forza la
mano di
Angus MacGyver disteso sulla barella con la mascherina dell'ossigeno
sul viso.
Quando
medico e agente si videro, per Jack fu come se fosse apparsa una
divinità tale
era il sollievo sul suo volto mentre per Gregor fu un momento surreale;
dietro
di sé, sentì l'internista sussultare –
poteva quasi vederla portarsi le mani
alla bocca per coprire un singhiozzo – ma la sua attenzione
era tutta per il
giovane che aveva bisogno di lui.
In
due falcate, Lancelot avvicinò la barella e si
chinò su Mac: "Stupido
ragazzo, in che guaio ti sei infilato questa volta?" mormorò
con l'ombra
di un sorriso sul volto mentre prendeva i battiti con le dita, "Agente
Dalton, mi spiegherà dopo quello che è successo
nei dettagli, ora ho solo
bisogno di sapere le sue attuali condizioni." aggiunse lui dopo aver
alzato lo sguardo sull'ex Delta.
"E-Era
nella sua bara, l'ho sentito bussare e l'ho tirato fuori. Non riesce a
muoversi
e respira a fatica.", la medesima fatica che Jack stava facendo per
reggersi dignitosamente in piedi, notò il dottore senza dire
alcunché; al
contrario, gli rivolse un sorriso rassicurante mentre faceva cenno agli
altri
di spingere la barella fino al letto più vicino: "Ho bisogno
di fare
alcune analisi, preleveremo dei campioni di sangue e resterà
sotto ossigeno
fino a quando non riterrò opportuno. Agente Dalton, se la
vedo allontanarsi di
mezzo centimetro da quella sedia," così dicendo, Lancelot ne
indicò una,
proprio lì accanto, "Suggerirò caldamente alla
Direttrice di toglierla dal
servizio attivo fino alla pensione. Resti lì e tenga
tranquillo il nostro
ragazzo."
Con
gli occhi lucidi e l'espressione riconoscente, Jack fu svelto ad
obbedire e,
per le ore seguenti, mentre Angelica e Lancelot facevano il loro
lavoro, lui
era rimasto accanto a Mac, con la mano del più giovane
stretta nella sua, a
sussurrargli parole rassicuranti ogniqualvolta questi ne avesse avuto
bisogno;
quando infine il medico tornò con i risultati definitivi,
Mac si era
addormentato con Jack che gli accarezzava i capelli.
L'uomo
sorrise e fece cenno a Dalton di restare seduto, si sarebbe avvicinato
lui;
difatti, presa una sedia, si accomodò accanto all'agente con
la cartellina in
mano: "L'agente M starà bene." lo prevenne con un sorriso,
"Le
analisi hanno evidenziato uno strano mix chimico nel suo sangue, a base
di
tetradotossina. È un veleno a rapido assorbimento, induce
paralisi di tutte le
funzioni vitali, del respiro e del battito cardiaco. Normalmente
è
letale," Gregor alzò la mano per fermare Jack, che sembrava
già pronto a
scattare alla ricerca dei responsabili, "Ma questo mix è
particolare,
doveva soltanto paralizzarlo e farlo passare per morto. Le motivazioni
ancora
non le sappiamo ma sono sicuro che la Direttrice sarà ben
contenta di fare
ricerche."
Jack
annuì, incapace di parlare, e si limitò invece a
continuare ad accarezzare la
fronte di Mac addormentato: era stato cambiato e ora indossava un ben
più
comodo pigiama mentre i suoi vestiti erano stati piegati e messi in un
armadietto con il suo nome; il coltellino, che Jack aveva infilato
nella tasca
dei pantaloni del compagno prima che la bara fosse stata chiusa,
riposava nella
mano libera di Jack assieme al sacchettino di velluto bordeaux che
ospitava,
oltre all'anello di fidanzamento, anche le dog tag dello Specialista
MacGyver.
A
Lancelot si strinse il cuore.
"Agente
Dalton, so che per lei sono stati giorni difficili e dolorosi, e sono
mortificato di non essere stato qui quando più ne avevate
bisogno. Ma sappia
che, se ne vuole parlare, ha qui un amico pronto ad ascoltarla. Tutti
noi qui
al Nido vogliamo bene all'agente M, diavolo, praticamente tutta la
Fondazione
ammira e ha a cuore il benessere dell'agente M, nonostante sia una
persona
difficile," a Lancelot scappò una bassa risata: "e un
paziente ancora
più complicato. Le prometto che andremo in fondo a questa
storia.".
Jack
annuì e, se anche non riusciva a parlare per il groppo in
gola che gli mozzava
il fiato, Gregor capì lo stesso: "Se vuole piangere, le
assicuro che io
non dirò niente a nessuno. Non fa bene trattenere troppo le
lacrime.".
I
minuti successivi trascorsero nel silenzio mentre, di tanto in tanto,
un
singhiozzo eruttava dal petto dell'agente anziano mentre Lancelot, con
fare
amichevole, gli passava dei fazzoletti per asciugarsi gli occhi.
Il
Nido era deserto, anche Angelica era andata a casa – dopo
aver strappato la
promessa al suo superiore di venir chiamata in caso di bisogno
– perciò Jack
poté sfogarsi, con Lancelot quale unico testimone delle sue
lacrime, e gentile
custode delle stesse.
Quando
infine Dalton non ebbe più energie per piangere ancora,
Gregor tirò fuori dalla
propria tasca una bottiglietta d'acqua ancora chiusa e gliela
passò: "Beva
piano e poi vada a sciacquarsi il viso. Io resterò qui con
lui."
In
tutto, l'assenza dell'uomo non durò che una manciata di
minuti ma, quando
rientrò nella stanza, Jack sembrava un'altra persona e il
suo sguardo era
tornato quello fiammeggiante di sempre, il che soddisfò
Lancelot; alzatosi
dalla sedia, il medico strinse con calore la mano tesa dell'ex Dalton e
gli
sorrise: "Andrà tutto bene, l'agente M è forte e
presto potrà tornare non
solo a parlare ma anche a fare tutte le sue pazzie armato di graffette.
Io vado
a parlare con la direttrice, ho il sentore che mi stia aspettando
appostata in
ufficio." rise, "Le porterò i risultati delle analisi e
vedremo di
beccare il responsabile di questa brutta situazione. Lei può
restare quanto
vuole, se vuole dormire un po', ha parecchi letti a sua disposizione."
"Non
so come ringraziarla, dottore."
"Non
deve, Dalton. L'agente M è come un figlio per me, e quale
padre non si
occuperebbe del proprio ragazzo?"
§§§
"Direttrice
Webber, che sorpresa. Vedo che si è messa comoda."
Con
tono divertito, Lancelot richiuse la porta dell'ufficio dietro di
sé mentre
Matty, seduta sul divano, beveva lunghe sorsate di caffè
caldo dalla tazza che
si era portata dietro dalla Fondazione: intenta a consultare alcuni
rapporti,
la donna fece un cenno all'uomo, che la raggiunse prima di accomodarsi
sulla
poltrona di fronte a lei.
"Dottore,
immagino che abbia delle notizie per me."
"Sì,
signora. L'agente M sta bene e sta riposando con l'agente Dalton
accanto a sé,
le ho portato i risultati delle analisi."
Matty
prese dalle mani il plico di fogli e, in cambio, gli diede una seconda
tazza di
caffè bollente: "Sospetti?"
"Un
paio. E non mi piace l'idea. Per questo motivo, vorrei che fosse lei a
occuparsi in prima persona delle indagini, altrimenti penso di non
essere
abbastanza lucido per non fare qualcosa di cui potrei pentirmi."
"Pensa
che io abbia questa lucidità?"
"Mettiamola
così, ha sicuramente più risorse di me per
nascondere un cadavere."
Con
un sorriso soddisfatto, la direttrice consultò i fogli nelle
proprie mani, li
lesse con attenzione e, a ogni parola che scivolava sotto i suoi occhi,
sentì
lo stomaco contorcersi per la rabbia e la frustrazione: capiva a cosa
si stava
riferendo Lancelot ma non riusciva ad accettarlo, non dopo la storia
del suo
predecessore e delle azioni dannose nei confronti dei suoi ragazzi.
Una
volta conclusa la lettura, si lasciò sprofondare nel divano:
"Come diavolo
abbiamo fatto a non accorgercene?" chiese lei con un filo di voce,
"Certamente eravamo sconvolti per la morte dell'agente MacGyver ma il
dubbio doveva venirci, anche solo quando abbiamo trovato il…
corpo già vestito
per la cerimonia. Avremmo dovuto accorgerci che l'autopsia non era
stata
effettuata come da mia esplicita richiesta."
Gregor
annuì con un sospiro: "E sono stato io a insistere
perché Carmen… La
dottoressa Castillo mi sostituisse mentre ero fuori città.
Pensavo, la reputavo
una collega in gamba e adatta a occuparsi del Nido per qualche giorno."
"Non
è colpa sua, Lancelot." Il tono di Matty era fermo:
"Farò delle
indagini sulla dottoressa Castillo, troveremo chi l'ha spinta a farlo e
lo
consegneremo alle autorità esattamente come lei. In questo
momento, la squadra
di Anderson sta effettuando l'arresto e la porteranno direttamente alla
Fondazione per l'interrogatorio. Hanno insistito per occuparsene loro."
"La
squadra tattica di Dean Anderson? Non è quella che
normalmente ha come
comandante l'agente Dalton?"
"Hanno
detto che è un favore personale per lui. Non mi stupirei di
trovare la signora
Castillo con qualche frattura."
I
due si scambiarono una risata, poi Lancelot si alzò
stiracchiandosi: "Devo
tornare di là per assicurarmi che i livelli di ossigeno nel
sangue dell'agente
M salgano regolarmente. Resti pure quanto vuole, Direttrice. La mia
scorta
segreta di caffè l'ha già trovata, in fondo."
§§§
Venne
infine il mattino, dopo una notte passata praticamente in bianco, e con
lei un
primo spiraglio di sole in quella tempesta che temevano li avrebbe
travolti.
Jack,
che non si era allontanato un attimo dal letto del partner, ne aveva
pazientemente
ripulito il viso dalle lacrime che ogni tanto cadevano dagli occhi del
più
giovane, l'aveva tenuto abbracciato ogniqualvolta un incubo lo
tormentava, gli
aveva accarezzato il polso con un movimento costante e rilassante.
Al
suo risveglio, Mac l'aveva trovato accanto a sé, a mantenere
la promessa che
gli aveva fatto solo poche ore prima: non l'avrebbe lasciato solo,
né ora né mai.
E
ora, toccava al più giovane fare qualcosa per lui.
Quello
che, fino a pochi secondi prima, a Jack era sembrato solo un rantolo
infastidito e frustrato da parte di Mac, ben presto diventò
un suono via via
più articolato ad ogni tentativo di Angus. Che stesse...?
"Mac,
stai cercando di dirmi qualcosa?"
Questi
sbatté due volte le palpebre - ormai era diventato il loro
modo di comunicare
preferito - e riprese i propri tentativi.
Per
tutta risposta, Dalton gli prese con delicatezza la mano e la strinse
in
supporto: "Puoi farcela, so che puoi farcela." disse con tutta la
fiducia di cui era capace, "Non lasciarti sconfiggere. Puoi ancora
sbattere in faccia a quei bastardi quanto sei in gamba."
Stranamente,
le parole dell'uomo più anziano erano simili a quelle che
aveva pronunciato
prima che Mac... morisse.
Per
l'ennesima volta, il ragazzo aprì la bocca e finalmente
uscì un suono
intellegibile, che somigliava a una G dura, poi una R...
A
poco a poco, Mac riuscì a completare la sua prima parola dal
giorno in cui
l'avevano perduto e l'aveva pronunciata guardando Jack negli occhi:
"G-Grazie...".
Era
una voce roca e stridula, diversa da quella che tutti ricordavano, ma
per Jack
era il suono più bello della sua vita.
Con
le lacrime agli occhi, si gettò su Mac e lo strinse,
abbracciandolo con tutta
la propria forza e singhiozzando allo stesso tempo: non aveva
intenzione di
nascondere quello che provava, il sollievo, la gioia che minacciava di
fargli
esplodere il cuore... Aveva perso il suo migliore amico, l'aveva
ritrovato, la
dignità era un sacrificio che non gli importava di fare.
"Mi
sei mancato, chiacchierone." mormorò Dalton con il viso
nell'incavo del
collo del compagno: "Non vedevo l'ora di sentirti di nuovo blaterare a
caso di fisica e chimica anche se non ci capisco un'acca."
Esausto
anche da quel piccolo atto, Mac si lasciò sprofondare nel
materasso e si godette
la presenza rassicurante di Jack che non stava un attimo zitto, ma a
lui non
importava granché: vederlo felice, finalmente, era
sufficiente. Ci sarebbe
voluto ancora del tempo, ma erano insieme e avrebbero vinto anche
quella sfida.
Improvvisamente,
Angus si sentì più fiducioso che mai e, malgrado
la stanchezza, cercò di
pronunciare un'altra parola.
"R-Res-sti?"
"Se
resto? Mi devono arrestare per strapparmi da questa stanza."
Rassicurato,
Mac riuscì a produrre un sorriso sbilenco che
riempì il cuore di Jack di gioia
e sollievo mentre posava un bacio sulle sue labbra screpolate: "Ne
usciremo anche da questa storia. Non è la cosa
più strana che abbiamo
affrontato, piccolo."
"G-Già."
"Stai
già cercando di rifarti, eh? Ma non ti affaticare o Matty mi
uccide. Dovrebbero
anzi essere già qui."
"Dalton
chiama, la Direttrice risponde."
La
voce del loro superiore fece voltare di scatto Jack, che la vide sulla
porta
con Boz e Riles alle spalle, entrambi cercavano di vedere se Mac fosse
sveglio:
"È bello vederti, Matty. E Mac ha qualcosa da farvi vedere.".
Facendo
loro spazio, l'agente più anziano permise loro di
avvicinarsi al letto dove Mac
era disteso: "C-
Ciao…"
rantolò nel vederli.
"Ha
iniziato a parlare poco fa." spiegò Jack ai loro sguardi
confusi e
commossi: "Strano che faccia simili progressi solo in tua presenza."
Matty voleva suonare sardonica ma la sua voce la tradiva.
Sapeva
che la semplice presenza di Dalton faceva più miracoli per
Mac di qualunque
altra cosa.
"Ehi,
fratellino. Come stai?" chiese Riley con le lacrime agli occhi mentre
gli
accarezzava la fronte: "Ci hai fatto spaventare così
tanto… ma non è colpa
tua… siamo contenti che tu stia bene…
Diavolo… sto dicendo una marea di
cavolate…" Wilt bofonchiava frasi sconnesse mentre stringeva
la mano di
Mac per assicurarsi che il suo migliore amico fosse davvero
lì e non fosse
un'allucinazione dovuta al trauma di averlo dovuto quasi seppellire.
Mac
in risposta la strinse piano: "G-Grazie." ripeté con un filo
di voce.
"È
ancora molto debole, ragazzi. Ma vedrete che presto
ricomincerà a staccarci le
orecchie a suon di chiacchiere." rise Dalton, la cui mano era ancora
stretta a quella libera di Mac: "Non vedo l'ora di rimproverarti
perché
parli troppo, Biondino." sorrise Matty, "Sarà il giorno
più bello
della mia vita.".
Circondato
da tutto quell'amore, da tutto quel calore che gli arrivava fino alla
punta dei
piedi, Mac non riuscì a trattenere i singhiozzi.
Jack
lo lasciò fare, continuando a sorridergli con tutto l'amore
che provava per
lui.
"Sfogati,
non tenerti tutto dentro, piccolo. Ci siamo noi qui, un paio di lacrime
non ci
fanno paura.".
"Abbiano
pianto anche noi, Mac. Tanto..." confessò Riley: "Ma
ora… ora non
devi preoccuparti."
"Già.
E ho ancora una cosa da aggiungere. E voglio che loro siano presenti.
Che la
nostra famiglia sia presente." così dicendo, Jack
tirò fuori dalla tasca
un sacchettino di velluto con mano tremante: "L-L'ho dovuto togliere
quando... Quando… beh, l'ho dovuto togliere. E ora, torna al
suo legittimo
proprietario." nella mano dell'uomo apparve il piccolo e semplice
anello
d'argento a forma di graffetta che Jack gli aveva regalato la sera
prima di…
Con
infinita cura, Dalton glielo rimise al dito e lo baciò piano
sul dorso della
mano mentre Matty e i due agenti più giovani restavano senza
parole:
"G-Glielo chiesi la s-sera prima..." confessò Jack con un
sorriso:
"V-Volevamo dirvelo il giorno d-dopo ma…"
"Stupido…
sei un deficiente…" singhiozzò Riley prima di
gettargli le braccia al
collo: "Non sapevo che volessi dirglielo..."
Bozer
si era avvicinato al suo migliore amico e gli aveva stretto
l'avambraccio con
la mano: "Sono disponibile a fare da testimone. Soltanto per te,
fratello."
"A-Accetto.
Solo se Matty mi accompagnerà all'altare."
Matty
che, fino a quel momento era rimasta in silenzio.
Matty
che, voltandosi, era uscita in silenzio dalla porta.
Riley
e Wilt si scambiarono un'occhiata: "Andiamo noi." disse la ragazza
con lo zaino sulle spalle, "Ripassiamo dopo a trovarvi."; prima di
uscire, però, lei tirò fuori un plaid rosso e lo
consegnò a Jack: "Come mi
avevi chiesto." aggiunse con un sorriso.
Plaid
con il quale l'uomo avvolse Mac, l'infinita cura nei suoi gesti era
palpabile,
prima di posargli l'ennesimo ma non ultimo bacio sulla fronte: "Ora
dormi,
al tuo risveglio mi troverai qui."
"M-Matty?"
"Vedrai
che le passerà, è solo un po' sopraffatta da
tutto. La prossima volta che
glielo chiederai, vedrai che accetterà."