Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: Teo5Astor    05/06/2019    20 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
19 – L’uccello che condivide le ali
 
 
 
27 giugno (quater)
 
«Apriamo il notiziario di oggi, venerdì 27 giugno, con la grande vittoria di ieri sera della nazionale giapponese contro la Corea del Sud» sento esclamare dalla presentatrice del telegiornale che sta guardando Goku, non appena faccio capolino in salotto dopo essere stato svegliato proprio da lui.
Resto impietrito accanto al divano.
«Quella ragazza è un portento» sbiascico, con gli occhi sgranati. «O un vero Demone peggio del Demone di Laplace…».
«Fratellone?! Stai bene?!» mi chiede Goku, allibito.
«È come… è come se fosse stata tutta una simulazione del futuro?!» farfuglio, fissando il volto incredulo di mio fratello.
«Uhm… Goku non capisce niente…».
«Lo so, non preoccuparti!» sorrido, correndo in camera per recuperare il cellulare. Lo prendo in mano, proprio mentre comincia a vibrare. Sorrido un po’ di più. È Lazuli.
«Ciao Là!»
«Cos’hai combinato, imbecille?!»
«Non sei contenta? Siamo tornati indietro di tre settimane, non dovremo più fingere di esserci lasciati!»
«Ti ricordo che non ci siamo ancora messi insieme».
«Giusto, hai ragione tu, mia regina!»
«Rad?»
«Sì?»
«Sono felice. Sei stato bravo. Ora preparo il bento che ti avevo promesso, ci vediamo in pausa pranzo nella solita aula delle altre volte».
«Non vedo l’ora, Là. Non vedo davvero l’ora».
«Però se ti trovo ancora con quella primina a cavalcioni sopra di te come l’ultima volta, sappi che ti ammazzo».
 
Alla fine delle lezioni mattutine mi dirigo a tutta velocità verso la classe dove mi ero già dato appuntamento con Lazuli e dove mi ero dichiarato le prime due volte che ho vissuto questa giornata. La stessa aula dove, nel terzo loop temporale, Lunch mi è franata addosso davanti agli occhi di Wolf, prima, e della mia senpai preferita, poi.
Questa volta, la quarta, sarà quella buona?!
Quando apro la porta trovo Lazuli già seduta, che guarda il mare fuori dalla finestra. Ha già unito due banchi uno davanti all’altro e apparecchiato, con il bento preparato da lei.
«Ho preferito arrivare per prima stavolta» mi dice freddamente, senza voltarsi. «Volevo controllare che non ci fosse quella primina in mezzo ai piedi».
«Sai, non me n’è mai fregato molto di quello che pensasse la gente di me, ma sono felice che siamo tornati indietro di tre settimane e che non dovrò fingere di stare con Lunch» le rispondo, sedendomi davanti a lei. «Mi pesava tantissimo non poter essere noi stessi alla luce del sole e anche il fatto che tutti pensassero che mi fossi già trovato un’altra per sostituirti, prima di rimettermi con te».
«Guarda che io e te non stiamo insieme» risponde, gelida, voltandosi finalmente verso di me. Accenna un sorriso, mentre si sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Ma sappi che sono felice anch’io che questa cosa resterà solo un nostro ricordo, che non dovremo condividerlo con nessuno a parte quella primina dall’innamoramento facile».
«Mi stai dicendo che sei gelosa?» la provoco, sorridendole sghembo.
«Ti sto dicendo che se provi anche solo lontanamente a pensare di poter fare un’altra volta una cosa del genere finiresti molto male» sbotta, alzandosi di scatto e afferrando la mia cravatta. Mi tira verso di sé, a pochi centimetri dal suo volto, mentre mi incenerisce col suo sguardo di ghiaccio. «Chiaro?» aggiunge, prima di spingermi di nuovo contro la mia sedia e tornare a sedersi, ricomponendosi come se nulla fosse successo.
«C-certo, mia suprema regina» farfuglio, allentandomi il nodo della cravatta. «L’unica cosa che mi fa soffrire è che dovrai andare di nuovo a Kagoshima a girare quel telefilm».
«Ne avrei fatto a meno anch’io, ma almeno potrò fare un lavoro migliore conoscendo già bene il copione e le richieste del regista» spiega, aprendo la confezione fucsia del suo bento. «Però tu mi devi telefonare sempre come nell’altro anello temporale, ok?» aggiunge, fingendo indifferenza e distogliendo lo sguardo dal mio.
«Certo, Là» le dico, prendendole delicatamente il mento tra indice e pollice per farla voltare verso di me. «Tu guarda sempre il cielo quando sentirai la mia mancanza, perché lo starò facendo di sicuro anch’io».
«O-ok…» risponde in un sussurro, arrossendo leggermente.
«Perché se guardiamo entrambi lo stesso cielo, non siamo poi così lontani. Giusto?» aggiungo, incatenando i miei occhi nei suoi.
«S-sì…» mi dice, ed è dolcissima. Sembra così indifesa.
«Sei adorabile quando fai così, lo sai?» le sorrido, accarezzandole i capelli.
«E tu… tu sei uno stupido!» ribatte, irritata e decisamente rossa in faccia. Spinge via la mia mano e incrocia le braccia sotto il seno, tornando a guardare fuori dalla finestra. «Sarà meglio che sfrutterai questa occasione anche per fare decentemente gli esami di metà semestre stavolta!» sbotta. «Sai già la domande, visto che immagino saranno le stesse. Quindi ti farò studiare come dico io e persino un asino come te potrà prendere il massimo dei voti per una volta!»
«Addirittura il massimo?!» sbuffo. «Ok che so già le domande, però…».
«”Però” un corno!» mi interrompe, alzando il tono della voce e tornando a guardarmi dritta negl’occhi. «A meno che tu non preferisca che io faccia l’università con qualcun altro» aggiunge, mentre un lieve ghigno le si dipinge sul volto.
«Questo mai!» ghigno a mia volta.
«Allora mangia, invece di parlare sempre per niente» ribatte, afferrando le sue bacchette e indicando la scatola che aveva già preparato davanti a me.
«Ti amo, Là» le dico a bruciapelo, non appena apro la confezione azzurra del bento che ha fatto per me. «Mettiamoci insieme, ti va?»
Lei mi guarda negli occhi distrattamente per un istante, prima di prendere un pezzo di tofu con le bacchette e portarselo alla bocca. Si volta alla sua sinistra, osserva il mare dalla finestra. Arrossisce leggermente. La adoro. Oggi come ieri, sì. Oggi più di ieri. Non mi dispiace certo rivivere in loop i momenti passati insieme a lei.
«Mi ignori, Là?»
«È un mese intero che me lo ripeti, anzi, di più, considerando quest’ultimo loop. Ormai non mi fa più lo stesso effetto di prima» mi gela, senza voltarsi. O almeno, mi aveva gelato la prima volta. Lo sa anche lei, immagino, però vedo che sta giocando a seguire lo stesso copione delle altre volte. «Non mi provoca più il batticuore di quel giorno nel campo di calcio».
«Capisco. Quindi è un “no”, giusto?» sospiro mestamente. «A quanto pare dovrò cercarmi un nuovo amore…».
«Ehi! A-aspetta!» farfuglia Lazuli, sgranando gli occhi e piantandoli nei miei. Si alza di scatto facendo cadere la sedia alle sue spalle. «Da adesso ti devi impegnare, però. Non mi accontento più della dichiarazione che mi hai già fatto l’ultima volta, quella dei quadrifogli. E nemmeno della prima, anche se erano belle tutte e due» aggiunge, con un lieve ghigno dipinto sul volto. Si risiede e mi sorride, aspettando la mia prossima mossa. «E comunque non dire mai più certe cose, nemmeno per scherzo. O ti faccio fuori».
Le sorrido a mia volta, prima di guardare il mare e poi, soprattutto, il cielo. Vedo due gabbiani che volano insieme verso l’orizzonte.
«Ehi, Là, ti ricordi quando ti ho detto che avrei sempre voluto volare, ma che mi sono anche sempre sentito come un uccello con una sola ala?»
«S-sì…» esclama, facendo cadere le bacchette sulla tovaglietta e sgranando leggermente gli occhi. Mi volto verso di lei e glieli vedo brillare. Avevo già notato che, per qualche motivo, questa storia l’aveva colpita quando l’avevo accennata. «Avevi detto che da quando mi hai conosciuta, in qualche modo, ti sembra di poter volare finalmente. Anche con una sola ala».
«Giusto. E lo sai come faccio a volare anche con una sola ala?» le dico.
«Sì» mi risponde, mentre i suoi occhi improvvisamente diventano lucidi.
«Come fai a saperlo?» le chiedo, stupito. Mi ero preparato una storia da raccontarle, per stupirla, ma forse la conosce già. Strano, di solito non la sa mai nessuno questa storia che avevo letto su un libro da bambino e che mi è sempre rimasta impressa.
«Lo so e basta» sussurra. Sembra commossa, è stranissimo vederla così. «Lo so perché io sono come te. Anch’io mi sono sempre sentita come un uccello con una sola ala, fin da quando ero una bambina».
«Avevi anche tu quel libro?!» le chiedo, mentre il cuore comincia a battermi all’impazzata e un vortice di emozioni mi salgono dallo stomaco fino alla gola.
«S-sì…» sorride. «Sei la prima persona con cui parlo che conosce questa storia, quando ero piccola gli altri bambini mi prendevano in giro e dicevano che me l’ero inventata. Col tempo ho smesso anche di chiedere se qualcuno la conoscesse» aggiunge, con gli occhi sempre più lucidi e un sorriso sempre più ampio. «Mia mamma, un giorno, mi ha anche buttato via quel libro illustrato. Diceva che ero diventata grande, ma io non l’ho mai dimenticato».
«È vero, anch’io non ho mai incontrato nessuno che conoscesse quel libro. Ma dovrei avercelo ancora da qualche parte, nella casa vecchia, però» le spiego. Un po’ mi sto commovendo anch’io, cazzo! «Allora non c’è bisogno che te la racconti, immagino» le sorrido.
«No, raccontamela» mi dice, allungando la mano improvvisamente e afferrando la mia. Intreccia le sue dita intorno alle mie. «Per favore, Rad» mi sorride, e credo di non averla mai vista così bella come in questo momento.
Il suo sguardo, in questo preciso istante, mi confonde e mi fa battere il cuore. Mi fa sciogliere. Mi fa sentire parte di lei.
«La leggenda narra che esiste un uccello che non è capace di volare, ma che sogna il cielo fin da quando è nato. Gli uccelli di questa specie sono molto rari, nascono con una sola ala» comincio a raccontare, mentre Lazuli mi stringe più forte la mano. «Vivono da soli, nascosti, cercando di sopravvivere senza poter volare. Vivono sognando quel cielo dove vedono gli altri uccelli, così simili a loro, potersi librare senza problemi. Soffrono, non c’è nulla che gli venga regalato nella loro vita. Si sentono diversi, esclusi. Eppure non mollano, vanno avanti per la loro strada piena di ostacoli da superare, continuando a sognare il cielo. Quel cielo che non sanno se riusciranno mai a raggiungere».
Mi interrompo, perché vedo una lacrima scendere leggera sulla guancia di Lazuli mentre sorride. Gliela asciugo, senza rendermi conto che ne sta scendendo una anche a me. E anch’io sto sorridendo. Sono proprio un coglione. Un cazzo di sentimentale, come dice Vegeta. Però so che posso essere me stesso davanti a lei. Solo davanti a lei.
«Questa è la storia del Jian, “l’uccello che condivide le ali”» riprendo, ripensando a quel vecchio libro illustrato che leggevo sempre da bambino e di cui nessun altro aveva mai conosciuto l’esistenza. Proprio la stessa cosa che è successa a Lazuli. «Il Jian, quando nasce e mentre lotta ogni giorno per sopravvivere, non sa ancora che un particolare destino scorre nelle sue vene. Un destino speciale» continuo, senza potermi staccare dai magnetici occhi di ghiaccio di Lazuli. «Il Jian, quando finalmente incontra un altro raro esemplare della sua stessa specie ma di sesso opposto al suo, si rende conto che lui, così com’è, è una creatura incompleta. Un uccello che non potrà mai spiccare il volo. La stessa cosa la capisce anche l’altro esemplare. Entrambi, però, capiscono improvvisamente anche che non è vero che non potranno mai volare insieme agli altri uccelli che li hanno sempre guardati dall’alto. Che saranno anche incompleti, ma che sono soprattutto speciali».
«Il Jian, “l’uccello che condivide le ali”» mi interrompe Lazuli, con un tono di voce così dolce che non mi sembra neanche il suo. «Una specie dotata di una sola ala. Se il maschio e la femmina non si appoggiano l’uno all’altra non sono in grado di volare. Ma, quando lo fanno, riescono a librarsi molto più in alto di qualsiasi altra specie di uccelli».
«Una volta arrivati nel cielo, vicino alla nuvole, si rendono conto che ci sono anche altre coppie di Jian che volano, solo che, visti dal basso, sembravano dei comuni uccelli. Le loro teste sono talmente vicine da apparire un’unica entità da lontano» riprendo io. «I due Jian, realizzano che quello che avevano sempre sognato era anche sempre stato davvero possibile. Perché “l’uccello che condivide le ali” è, soprattutto, una creatura speciale. Unica».
Mi interrompo, e asciugo di nuovo una lacrime scesa sul volto sorridente e meraviglioso di Lazuli. L’ho già vista piangere, ma non l’ho mai vista così. È… è semplicemente meravigliosa.
«Sono creature incomplete, tuttavia il loro modo di vivere, io… beh, io l’ho sempre trovato…» continuo, guardando negli occhi Lazuli.
«… stupendo» aggiungo, rendendomi conto che la sua voce si è sovrapposta alla mia. Abbiamo completato la frase insieme.
Lazuli si alza, senza dire una parola, e viene verso di me. Mi alzo anch’io, e quasi non faccio in tempo a rendermi conto di avere le sue braccia intorno al collo.
Mi bacia. Mi bacia e mi toglie il fiato.
Un bacio dal sapore dolcissimo e allo stesso tempo salato dalle lacrime che scorrono libere sui nostri volti.
Mi sento una cosa sola con lei, ed è una sensazione impagabile.
È un bacio intenso, che brucia passione e amore. Uno di quei baci che fanno battere davvero il cuore.
La stringo sui fianchi e la incollo a me, perché vorrei davvero che non finisse mai questo momento.
Vorrei volare nel cielo con lei, e vorrei farlo per sempre.
«Rad» sussurra Lazuli, appoggiando la testa alla mia. «Allora, secondo te, noi due potremo volare via, insieme?»
«Certo, Là. E potremo volare ogni volta che vorrai» le rispondo dolcemente. «E per quanto tempo vorrai».
«Mettiamoci insieme, Rad!» esclama, sorridendo felice. «Stavolta sul serio, però».
«Non chiedo altro, Là» le rispondo, mentre sento il petto letteralmente esplodere sotto le mie profonde cicatrici. La tiro a me e la bacio di nuovo, perché sento di non poterne fare a meno.
Perché da adesso, io e Lazuli Eighteen siamo ufficialmente una coppia.
«Ti amo, Là» le dico, quando finalmente riusciamo a staccarci l’uno dall’altra.
«Io… io…» farfuglia lei, arrossendo leggermente e distogliendo lo sguardo dal mio. È così tenera quando si imbarazza. Ci siamo baciati fino ad un attimo fa, eppure si intimidisce nel provare a dirmi quello che prova. Ha un carattere fantastico, e si vede che i sentimenti per lei non sono un gioco. Che sono roba seria.
«Stai forse cercando di dirmi quello che provi per me?» le chiedo, accarezzandole i capelli.
«B-beh, tanto a chi vuoi che interessi?! Non è evidente?!» farfuglia, offesa, scostando la testa per allontanare la mia mano.
«A me interessa» le sorrido.
«Vuoi… vuoi proprio saperlo a tutti i costi?» mi chiede timidamente, tornando a guardarmi negl’occhi. Sta di nuovo arrossendo, e il suo volto è di una bellezza e di una tenerezza che mi spiazzano e mi emozionano allo stesso tempo.
«Sì…» sussurro, deglutendo il nulla, perso nel suo sguardo di ghiaccio.
Mi afferra per la cravatta e mi tira a sé, baciandomi di nuovo. Togliendomi di nuovo il fiato.
«Ti amo, Rad» mi dice in un sussurro, prima di spingermi indietro mollando la presa, accennando un ghigno dei suoi. «Ma non montarti troppo la testa, adesso».
 
Scendo le scale per tornare verso la mia classe, barcollando da quanto mi sembra di essere sulle nuvole. Credo di non essere mai stato felice come in questo momento. Ho il profumo di Lazuli ancora addosso e il suo sapore dentro di me, ma soprattutto per la prima volta mi ha addirittura detto che mi ama. E ci siamo messi insieme, questa volta per davvero. Senza loop, senza cazzate.
«Mi spiace, ma non posso mettermi con te».
Una voce che conosco bene mi riporta coi piedi per terra e mi fa anche accennare un sorriso. Intravedo Lunch insieme a Yamcha Wolf, che deve essersi appena dichiarato a lei.
«Non hai già un ragazzo, giusto?» ribatte lui, offeso, con la schiena appoggiata al muro e le mani in tasca.
«Giusto».
«Allora ti piace già qualcuno?!»
«Sì, e pensa che è talmente un cavernicolo che usa a  malapena il cellulare!» sorride Lunch, mentre mi allontano senza farmi vedere.
Mi fermo in corridoio e, pochi secondi dopo, vedo passarmi davanti Wolf a testa bassa. Mi guarda per un istante, prima di tirare dritto, scurissimo in volto. Non ci conosciamo in questa linea temporale, del resto. E gli è anche andata bene, visto come l’avevo ridotto in stazione!
«Chi sarebbe il cavernicolo, scusa?» domando a Lunch, quando compare anche lei davanti ai miei occhi. Faccio l’indifferente, appoggiato al muro con le mani intrecciate dietro la nuca.
«Non ricordo di aver fatto il tuo nome!» arrossisce lei, coi pugni chiusi appoggiati ai fianchi. «Piuttosto, vedi di assumerti le tue responsabilità, senpai!»
«Responsabilità?!»
«Certo, ora Lucy-chan e le altre mi odieranno, quindi verrò isolata dal resto della classe!»
«Non verrai isolata. Mai ti vuole bene e la stessa Lucy non prova niente di serio per Wolf, appena se ne renderà conto verrà lei a cercarti. Fidati del tuo senpai» provo a rassicurarla.
«Imbranata come sono, invece, resterò isolata…» sospira, abbassando lo sguardo.
«Smettila, non sei un’imbranata» le dico, sollevandole gli angoli della bocca con le mie dita come aveva fatto Videl con me due anni fa in spiaggia. «Te lo ricordi? Chi ride è più forte, no?» aggiungo, facendole l’occhiolino. «E comunque non capisco perché devi dire che dovrei assumermi le mie responsabilità. Non c’entro nulla in tutte queste paranoie che ti tiri».
«C’entri eccome! È tutta colpa tua!» sbotta, spostando con una manata le mie dita dalla sua bocca, continuando a sorridere, però.
«Per quale motivo?» sbuffo.
«Perché sei stato tu a farmi diventare una donna!» esclama, facendo brillare i suoi occhi nocciola e fissandoli nei miei.
«Credo di aver capito cosa intendi, ma ti è uscita una cosa sconcissima, lo sai?» le sorrido sghembo.
«Perché devi fare sempre il cretino anche se ti parlo seriamente?!» ringhia Lunch, irritata, stringendo i pugni e diventando al contempo paonazza.
«Beh, in ogni caso quello che conta è che resterò tuo amico qualunque cosa accada, ok?» la rassicuro di nuovo. «Quindi non devi preoccuparti di rimanere sola».
«Guarda che sono io a concederti il privilegio di essere mio amico» sibila, guardandomi di sottecchi, prima di sciogliersi in un sorriso sincero e meraviglioso che mi fa capire che tutto andrà per il meglio. Anche per lei, non solo per me e Lazuli.
 
Nelle tre settimane successive, tutti gli avvenimenti che avevamo vissuto io, Lazuli e Lunch si sono verificati di nuovo, nonostante in questa linea temporale non abbia dovuto fingere di lasciare la mia ragazza e mentire davanti all’intera scuola insieme a una primina.
Lunch ha cominciato a lavorare al “Kame House”, Lazuli ha girato lo spot delle cicche e ha regalato a Goku la maglietta, conquistandosi la sua fiducia e vincendo la sua diffidenza. È andata poi a Kagoshima per girare il suo telefilm e ci siamo sentiti sempre al telefono. Quando è tornata mi ha aiutato a studiare vestita da coniglietta e anche stavolta ho provato ad andare oltre al bacio con lei, ma ci ha pensato ancora Goku a interromperci sul più bello nonostante mi fossi raccomandato con lui di tenere a digiuno Balzar quella sera. Ho anche fatto imbarazzare di nuovo Bulma nel laboratorio di scienze con Vegeta e mi sono dovuto sorbire la scenata di Marion.
Ho persino preso il massimo dei voti agli esami di fine semestre, visto che le domande erano le stesse. Lazuli non mi ha dato molta soddisfazione per questo, ma si vedeva che era soddisfatta e forse anche sollevata vedendo più vicino per me il traguardo di poter fare la stessa università che frequenterà lei. 
Sono contento di aver rivissuto queste tre settimane insieme a Lazuli, anche se ammetto che è stata dura per entrambi separarci ancora una volta per una settimana durante le riprese del telefilm. Ma è una cosa con cui impareremo a convivere, visto che è il suo lavoro e si vede che è felice nel mondo dello spettacolo.
Sono felice anch’io, perché non c’è cosa più bella nel vedere la felicità dipinta sul volto della persona che ami.
 
 
18 luglio
 
«Capisco…» sospira Bulma, mentre armeggia con una provetta nel laboratorio di scienze dopo che le ho raccontato tutta questa incredibile vicenda. Ho aspettato apposta l’ultimo giorno di scuola prima della pausa estiva per dirle tutto, proprio perché con oggi terminano le giornate che abbiamo già vissuto nel precedente anello temporale. È la quinta volta che rivivo il 18 luglio, ma questa non è nemmeno lontanamente paragonabile alle altre. È tutto diverso, è tutto dannatamente perfetto.
«Tutto a un tratto, la ragazza che cercava di integrarsi tenendo sott’occhio i segnali sociali è diventata capace di predire il futuro come il Demone di Laplace» riprende, mentre scorgo dalla finestra proprio Lunch passeggiare in cortile insieme a Mai e altre due loro compagne di classe che non conosco. Sorride serena, e strappa un sorriso anche a me. Non è rimasta sola, sapevo che avrei potuto contare su Mai da quando l’ho conosciuta nel precedente anello temporale. Come so per certo che prima o poi anche Lucy e le altre torneranno da Lunch.
«Bulma, dimmi una cosa» scuoto la testa lentamente, osservando Lunch che si allontana con le sue nuove amiche. «Perché, tra sette miliardi di persone, sono stato proprio io ad essere risucchiato in questo fenomeno?»
«Correlazione quantistica. Non credi, Son-kun?» risponde senza guardarmi, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, scrivendo dei dati su un’etichetta.
«Secondo te io posso avere anche solo una vaga idea di cosa sia questa “correlazione quantistica”?!» sbuffo, appoggiando la schiena al muro, rassegnato.
Bulma si volta in mia direzione e mi scruta coi suoi occhi azzurri come se fossi un analfabeta, sistemandosi gli occhiali sul naso con un dito e respirando profondamente.
«Si tratta di un fenomeno secondo cui due particelle non interagenti tra loro e poste a una distanza qualsiasi possono scambiarsi istantaneamente informazioni e muoversi allo stesso modo» sospira, quasi scocciata dalla mia ignoranza.
«In pratica stai dicendo che prima io e Lunch e poi io e Lazuli ci saremmo correlati e avremmo agito in sincronia?»
«Proprio così».
«E come sarebbe avvenuta questa correlazione?»
«Prima di tutto, ricordati che siamo anche nel campo della Sindrome della Pubertà. Tu l’hai già affrontata e l’hai anche sconfitta per conto di Eighteen-senpai, quindi è come se fossi più resistente ai suoi effetti rispetto alle persone comuni. Inoltre, non sottovalutare il fatto che quella primina si sia innamorata di te. Probabilmente l’avevi già colpita prima, per qualche assurdo motivo» risponde Bulma, guardandomi fisso. «Per quanto riguarda la correlazione quantistica, questa si verifica dopo che due particelle collidono. Ti sei per caso scontrato con quella primina di recente? Non ti chiederò invece se ti sei per caso “scontrato” anche con Eighteen-senpai… povera ragazza…» sospira, scuotendo leggermente la testa.
«Non vuoi sapere i dettagli delle mie prodezze amatorie con Lazuli?» ribatto, sollevando ritmicamente le sopracciglia.
«Son-kun, piantala» sbuffa Bulma, riprendendo a osservare le sue provette piene di strani liquidi che gorgogliano.
«Comunque, per quanto riguarda Lunch, una volta mi ha dato un calcio nel culo. Dici che basta come collisione?»
Bulma smette di prestare attenzione ai suoi esperimenti e torna a guardarmi, serissima.
«Son-kun» mi dice. «Girati».
«Eh?!» farfuglio, mentre eseguo il suo ordine.
«Ora facciamo un esperimento, voglio vedere se le particelle collidono abbastanza» aggiunge, prima di tirarmi una poderosa pedata nel sedere che mi fa quasi cadere contro il muro.
 
Dopo la cerimonia di chiusura faccio un giro in città con Lazuli, ed è meraviglioso pensare a tutto quello che abbiamo passato per arrivare fin qui. Penso agli altri 18 luglio che ho passato al mare oppure al tempio con Lunch, per non parlare di quando ci eravamo appena conosciuti e ho rischiato di perderla, dimenticandomi di lei.
Abbiamo anche fatto la spesa insieme, perché Lazuli si è offerta di cucinare a casa mia stasera. È tutto così bello nella sua semplicità che mi sembra di sognare.
Sorrido, mentre comincia a piovere e tiro fuori l’ombrello dallo zaino. Sapevo che avrebbe piovuto a quest’ora, e mi piace che Lazuli si stringa a me mentre camminiamo sotto un unico ombrello. Mi prende sottobraccio e accenna un sorriso, mentre il suo profumo fresco mi riempie i polmoni e i suoi occhi di ghiaccio mi fanno battere il cuore più forte.
Camminiamo, stretti l’uno all’altra, con il rumore della pioggia come sottofondo. Aveva ragione Videl quando me l’ha detto due anni fa: anche il rumore della pioggia può essere una canzone bellissima.
«Non vedo l’ora di vederti col grembiule» dico a Lazuli, quando abbiamo ormai raggiunto il nostro quartiere.
«Non lo metto mai quando cucino» ribatte, lapidaria.
«Ma come?!» piagnucolo.
«Ok, ok. Ho capito…» sbuffa, accennando un sorriso. «Mi troveresti carina col grembiule?»
«Forse carina non è il termine esatto» le sorrido sghembo. «Diciamo che ti troverei figa, Là. Magari con un grembiule e niente sotto».
«Sei un porco, Rad» risponde, gelida. «P-però mi fa piacere…» aggiunge sottovoce, arrossendo lievemente e distogliendo lo sguardo dal mio. «Se non ti comporti bene guarda che ti metto i lassativi nel cibo» mi minaccia.
«Uffa, scherzavo!» rido.
«Lo so che eri serio, porco che non sei altro» sorride lei, dandomi un improvviso bacio a fior di labbra che fa aumentare i mie battiti vertiginosamente, proprio mentre arriviamo in prossimità della portineria di casa mia.
Notiamo una ragazzina che potrebbe frequentare all’incirca la prima media in divisa scolastica girata di spalle e coperta da un ombrello, china su uno scatolone di cartone accanto alla scalinata d’ingresso.
«È successo qualcosa?» le chiede Lazuli, guardando nello scatolone.
«Qualcuno ha abbandonato un gattino qui» risponde la ragazzina, senza voltarsi, ma permettendoci di vedere un cucciolo di gatto grigio dal pelo corto tutto bagnato. Sembra piuttosto deperito, oltre che infreddolito.
Mi guardo intorno, ma non c’è nessuno. È chiaro che qualche pezzo di merda l’ha abbandonato qui da qualche ora.
«Tienimi l’ombrello, Là, per favore» dico, mentre mi accuccio accanto alla ragazzina per osservare meglio il gatto. Lazuli ha gli occhi lucidi e stringe i pugni per la rabbia, anche lei ama molto gli animali.
«Per il momento lo porto su in casa da me» spiego alla ragazzina, prendendo il braccio il gattino tremante e fradicio.
«In realtà pensavo di adottarlo io» risponde.
«Allora ti lascio il mio numero, chiamami più tardi che intanto lo asciugo e gli do qualcosa da mangiare» le dico, accarezzando la testa del gattino. «Mi chiamo Radish Son» aggiungo, guardandola in faccia per la prima volta e sorridendole. Sgrano gli occhi, mentre sono costretto ad appoggiare una mano sull’asfalto bagnato per non cadere.
Occhi blu, codini neri. Lo stesso sorriso.
«Io mi chiamo Videl Satan, piacere di conoscerti!»
 
 
 
 
 
 
Note: cosa dite, è stato abbastanza grande il colpo di scena finale?!
In effetti l’ultima riga fa quasi passare in secondo piano tutto ciò che di imprevisto e meraviglioso è successo in questo capitolo. L’imprevisto è che Lunch crea un ultimo loop clamoroso e riavvolge il nastro, prima di affrontare Yamcha e assumersi le sue responsabilità.
Meraviglioso è invece, secondo me, il modo in cui Rad e Là riescono finalmente a mettersi insieme. Ve lo ricordate quando si erano messi insieme inutilmente nei primi due loop annullati da Lunch? Era il capitolo 9 e ora siamo al 19, è stata dura ma ce l’hanno fatta!
Spero vi sia piaciuta la storia del Jian e in generale la scena della dichiarazione, addirittura alla fine è Lazuli a chiedere a Rad di mettersi insieme. Cosa ne pensate allora di questo uccello che condivide le ali? Se conoscete Darling in the Franxx avrete notato che è una storia che ho preso da lì, ho voluto fare questo omaggio a una serie che ho amato come poche altre tra quelle uscite di recente e in generale tra tutte quelle che ho visto.
La narrazione si interrompe ancora una volta in quel maledetto 18 luglio, vissuto per la quinta volta da Rad e nemmeno stavolta tranquillo a giudicare da quello che accade nelle ultime righe. Il 18 luglio in omaggio di C18, perché no?
Ma è una ragazzina di prima media o è Videl Satan quella che compare sotto casa di Radish con un gattino? Cosa sta succedendo?
Avete idee per il nome del nuovo gatto?
 
Bene, ringrazio anche stavolta chi sta continuando a leggere questa long e chi ha entusiasmo e curiosità nel farlo, quando me lo fate sapere non potete che rendermi davvero felice. Amo particolarmente questa storia e sapere che continua a piacervi anche dopo quattro mesi di pubblicazione per me è emozionante e anche appagante, quindi grazie di cuore! Un grazie speciale va a chi mi lascia sempre il suo parere, che per me è fondamentale, e a chi vorrà farlo stavolta dato la svolta pesante che ha preso la storia con la chiusura della saga di Lunch. Aspetto con ansia anche il verdetto di chi di solito non lascia recensioni, ne sarei curioso e anche onorato. In ogni caso, grazie mille anche a chi legge e apprezza in silenzio.
 
Allora, come detto, da adesso entriamo in una nuova saga. Chi sarà la protagonista adesso? Questa misteriosa e strana Videl? O magari Bulma? Non dimenticatevi di Bulma e Vegeta perché… perché non mi ricordo! ;-)
Quindi occhio al prossimo capitolo, di mercoledì prossimo, che si intitola “Doppi”. Cosa vorrà dire?
E, a proposito di Vegeta, occhio al capitolo finale della minilong Mythos che pubblicherò venerdì e che si intitolerà “Per sempre”!
Ci vediamo presto e viva l’estate che finalmente è arrivata!
 
Teo
   
 
Leggi le 20 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Teo5Astor