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Autore: la luna nera    07/06/2019    4 recensioni
Firenze, si sa, è una delle capitali mondiali dell'arte e della cultura. Non è quindi raro che ospiti mostre ed eventi nei suoi innumerevoli edifici storici. A Palazzo Pitti ha da poco preso il via un'esposizione dedicata a Van Gogh che sembra indirizzata verso un grande successo di pubblico e critica. Ma qualcosa non va. Una misteriosa aggressione durante la notte ai danni di una guardia giurata rischia di mandare tutto all'aria e Laura non permetterà tanto facilmente al commissario Fiorini di bloccare l'omaggio al suo grande idolo Vincent Van Gogh.
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’orologio segnava le cinque del pomeriggio, Leonardo non aveva ricevuto nessuna risposta da parte di Laura, né un messaggio, eppure l’aveva chiamata un sacco di volte verso l’ora di pranzo. L’ultimo suo accesso a Whatsapp risaliva al giorno precedente, possibile che stesse ancora dormendo? Provò a contattarla di nuovo ma il suo telefono con ogni probabilità era spento. Decise quindi di recarsi di persona a casa sua, voleva sincerarsi che fosse tutto a posto, ma soprattutto voleva chiarire la situazione fra di loro dopo quanto accaduto al concerto.
Si avviò verso la strada in cui abitava la ragazza con una mano in tasca, sigaretta nell’altra mano ed occhiali da sole. Fumava quando era nervoso e infatti non si sentiva affatto tranquillo: quel prolungato silenzio non gli piaceva per niente. Citofonò un paio di volte senza ottenere risposta, provò a richiamarla sul cellulare senza successo. Scoprì poi dalla vicina di casa che Laura era scesa in tarda mattinata, ma non l’aveva sentita rientrare. Ringraziò la signora e riprese il cammino verso quel luogo. Aveva il maledetto sospetto che si fosse recata là dove non doveva, vale a dire Palazzo Pitti. Non fu un problema entrare, oramai lo conoscevano bene, ma anche lì non trovò la ragazza. Non era presente neanche la professoressa Gherardini, uno degli addetti alla sicurezza riferì che se n’era andata circa mezz’ora prima. Riferì anche che in tarda mattinata era venuta anche la curatrice Torricelli, era passata frettolosamente per le sale come a voler controllare che tutto fosse in ordine, poi si era chiusa nell’ufficio della Gherardini, dopodiché se n’era andata con una cartellina sottobraccio senza dire una sola parola. Ringraziò per le informazioni ed uscì. Estrasse per l’ennesima volta il telefono di tasca ed avviò la chiamata. Guardava con preoccupazione il nome Laura visualizzato sul display: Dove sei? Andiamo, rispondi per favore!
Niente. Per l’ennesima volta rispose la segreteria telefonica. Sbuffò mentre riponeva l’apparecchio in tasca, frugando nell’altra alla ricerca di accendino e pacchetto. Laura era sicuramente in giro per la città, ma dove? Voleva risolvere la situazione senza coinvolgere nessuno, per cui si incamminò senza una meta ben precisa mischiandosi fra la gente come uno fra tanti.
 
 


Laura era seduta sulla balaustra di Ponte Vecchio rivolta verso ovest, con la schiena appoggiata al muro di una delle tante gioiellerie affacciate su uno dei monumenti simbolo di Firenze. A terra, vicino ai suoi piedi, stava la cartellina aperta. Teneva fra le mani un blocco da disegno le cui pagine erano piene di forme, linee, chiaroscuri. Girava quei fogli senza sosta e come individuava uno spazio vuoto, afferrava la matita da disegno, mettendosi a riempirlo con qualsiasi particolare le venisse in mente. Unico filo conduttore era la presenza di uccelli in volo, esattamente come in quella che universalmente era riconosciuta come l’ultima opera di Van Gogh, vale a dire Campo di grano con volo di corvi. Poi l’artista, secondo le cronache dell’epoca, si era tolto la vita.
Laura se ne stava col capo chino su quei fogli, concentrata sul disegno, tanto che non si era resa conto del tempo che passava, che il cielo da azzurro si era fatto arancio. Le sue palpebre parevano immobili, come se volessero evitare di chiudersi e privare gli occhi di contemplare per una frazione di secondo ciò che era stato fatto su quei fogli di carta. Così la trovò Leonardo, dopo una passeggiata dalla durata indefinita e dalla meta imprecisata. Il sole era piuttosto basso, lambiva i tetti della città con la sua luce calda, i cui raggi si tuffavano silenziosi nelle acque dell’Arno.
Si avvicinò a lei, visibilmente sollevato di averla trovata, ma non del tutto tranquillo poiché sembrava totalmente concentrata sul blocco da disegno tanto che non si era resa conto della sua presenza. Attese invano per qualche minuto, poi si vide costretto a chiamarla: sembrava si fosse svegliata dal sonno, tanto appariva strana e stralunata.
“Stai bene?” Si sedette accanto a lei con attenta preoccupazione.
“Sì, sto bene. Perché me lo chiedi?” Aprì gli occhi, fissandoli su di lui.
Fu allora che Leonardo notò l’iride di un colore diverso da quello che ricordava: Laura non aveva gli occhi celesti! “Dovevamo vederci oggi a pranzo e non avendo avuto tue notizie, mi sono preoccupato.” Mantenne la calma, era abituato a questo, sebbene quel segnale era estremamente inquietante.
“Ah già….” Si portò la mano alla fronte. “Cavolo, ecco di cosa mi ero dimenticata.” Lo guardò mortificata. “Sono uscita di casa in tarda mattinata e quando sono arrivata vicino a Palazzo Pitti improvvisamente non ricordavo più il motivo per cui ero in giro, così sono entrata alla mostra perché ero certa di dovermi recare lì, ma ora che mi ci fai pensare non era questo il mio programma.”
“Sei stata al museo?! Avevamo fatto un patto, te lo sei dimenticata?”
“Io lì ci lavoro! Non posso starne lontana!”
“Lascia tutto nelle mani della tua amica prof, manca poco alla chiusura e può tranquillamente gestire tutto lei. Prenditi qualche giorno di riposo, magari andiamo assieme da qualche parte.” La sua voce era calda e suadente.
“Cosa? Qualche giorno di riposo?! Stai scherzando?! Chi sei tu per dirmi cosa devo e non devo fare?!” Lei invece rispose in modo brusco.
“Avevamo fatto un patto, Laura! Io ti ho portato a quel concerto correndo rischi che neanche immagini e tu mi hai promesso che saresti stata alla larga da Van Gogh e da quella cavolo di mostra!”
“Tu mi hai estorto la promessa, sembravi uno sbirro ad interrogare un delinquente! Io non avrei mai accettato una cosa del genere! Non ti permetto di tenermi lontano da lui!”
“Ti rammento che io sono uno sbirro e sappi che sto solo cercando di proteggerti!”
“Da chi? Da Vincent? Ma fammi il piacere!” Scoppiò a ridere. “Tu sei geloso, ammettilo!” L’azzurro inquietante dei suoi occhi era sempre più intenso. “Ci siamo baciati, è vero, non so nemmeno come sia potuto accadere, ma questo non significa nulla. Almeno per me.” Si alzò, raccolse la cartellina con tutti i disegni realizzati e si allontanò a passo veloce.
“Ehi, dove credi di andare adesso?”
“Dall’unico uomo degno di me. Guarda.” Indicò il cielo infuocato del tramonto attraversato da uno stormo di uccelli. “E’ il segnale: lui ha dipinto dei corvi in volo sul campo di grano prima di raggiungere la serenità. Io ho disegnato delle rondini in volo sull’Arno ed ora è giunto il momento di congiungermi a lui.” Scappò a corsa, dileguandosi fra la folla. Leonardo tentò di rincorrerla senza successo. Qualcuno sembrava averlo scambiato per uno stalker che tormentava la sua vittima. Avvertì immediatamente i suoi uomini perché si attivassero nelle ricerche, ma nonostante gli innumerevoli sforzi quando rientrò a casa, a notte fonda, Laura non era ancora stata trovata.
 
 



 
Il suono del telefono squarciò il silenzio della notte. Fiorini sobbalzò svegliandosi di soprassalto, aveva dormito forse mezz’ora, crollando sul divano quando il sonno lo aveva vinto. Afferrò l’apparecchio e rispose immediatamente riconoscendo il numero del commissariato: ascoltò in silenzio ciò che gli stavano riferendo, mentre il suo respiro si faceva sempre più debole. Chiuse la telefonata, afferrò la giacca, le chiavi dell’auto e partì come un tornado dirigendosi verso Palazzo Pitti.
“Salve commissario.” Uno degli agenti già sul posto si avvicinò a lui salutandolo. “La situazione è molto delicata, venga.” Lo accompagnò all’ingresso, dove si trovava una delle tre guardie giurate in servizio.
“Dove sono i suoi colleghi?” Fiorini esigeva un quadro completo della situazione.
“Sono all’interno, commissario.” Rispose Bianchini. “Hanno messo al sicuro i quadri giusto in tempo mentre io e un paio dei suoi uomini bloccavamo la ragazza. Pensi che voleva dipingere sopra a tutte quelle opere, sosteneva di esserne l’autore e in quanto tale nessuno poteva impedirglielo. I miei colleghi le hanno chiuse in una stanza blindata nel seminterrato, mentre la Torricelli dovrebbe trovarsi in una delle sale della mostra.”
“Ottimo lavoro, signori.” Nel frattempo anche gli altri due vigilantes li avevano raggiunti. “Portatemi da lei.” Poi si rivolse ai suoi uomini. “Voi chiamate l’ispettore Esposito e ditegli di raggiungermi immediatamente.” Ed entrò nel corridoio a passo svelto fino ad arrivare alla sala dove si trovava Laura. Era viva, per fortuna, ma aveva un aspetto da brividi: passino i capelli estremamente disordinati, passino i piedi nudi e le maniche della maglia arrotolate in malo modo, ma il suo volto era quanto di più inquietante potesse immaginare. Quegli occhi erano dannatamente azzurri, proprio come Van Gogh li aveva, due profonde occhiaie le scavavano le guance più del dovuto, scorse qua e là dei graffi, la sua bocca era piegata in una smorfia di disgusto e disappunto, ma il peggio consisteva in una lieve peluria simile a barba dal color rame che, ne era certo, stava iniziando a spuntarle sul volto.
“Laura, stai tranquilla, sistemeremo ogni cosa, va bene?” Si avvicinò con estrema cautela.
“Ah, mancavi giusto tu! Che diavolo vuoi?”
“Sono venuto perché qui c’è qualcosa che non va, non è così?” Adesso l’uomo doveva tacere e lasciare spazio al commissario.
“Direi proprio di sì!” Si mise dritta davanti a lui, puntandogli gli occhi addosso con aria di sfida. “Questi stronzi hanno osato togliere tutta la mia arte immortale dalle pareti. Io devo terminare quei lavori, così come sono fanno schifo! Schifooo!!” Muoveva le braccia disordinatamente. “Io devo modificarli, tu mi capisci, vero? Io ne sono l’autore e sono io che decido del loro destino.” Si appoggiò alla parete, colpita da un lieve capogiro.
“Ascolta…..ehm… forse è meglio uscire da questo palazzo, vuoi?” Fece per aiutarla a rimettersi in piedi sorreggendola, per tutta risposta ricevette un forte spintone.
“Non mi toccare tu!! Stammi lontano!!” Iniziò a respirare con affanno e ad emettere qualche ringhio. “Tu hai fatto una cosa ignobile, hai tentato di allontanarmi da lei, ma io e lei siamo destinati a stare uniti per l’eternità tramite l’arte che è eterna.” Vaneggiava apertamente. “Lei è l’arte ed io sono l’arte e l’arte è me! Nessuno lo ha mai compreso veramente, mi reputano un pazzo schizzato e tu…tu!! Tu sei come tutti gli altri! Mi vuoi portare in manicomio, ammettilo! Io sono l’arte e l’arte è libera, tu non devi neanche pensare a sbattermi fra i pazzi che io non sono pazzo!!!” Cadde all’indietro, sbattendo la testa a terra e perdendo i sensi.
Fiorini si avvicinò immediatamente per accertarsi delle sue condizioni: il polso era debole così come il respiro. “Dobbiamo portarla via.” Aveva notato che poco prima le sue frasi erano espresse al maschile e non al femminile, segno che l’entità nel suo corpo stava prendendo sempre più forza e controllo di lei. “Mister Van Gogh, non le permetterò di fare questo a Laura.”
“Attenzione commissa’!”
Si girò appena in tempo per evitare di essere colpito da un estintore lanciatogli contro da una mano invisibile. “Grazie Esposito….” Se l’era vista brutta, l’arrivo del buon ispettore era stato quanto mai provvidenziale.
“Maronn…. Ccà è nu maciell…” Vide la scena: sulla parete erano visibili i danni provocati dall’impatto dell’estintore destinato a Fiorini. “Fuori ci stanno pure un paio di giornalisti, chist’vogliono sapere che sta succedendo.”
“Li mandi tutti a fanculo. Ora c’è altro da fare: chiami immediatamente don Gastone, non m’importa se sono le cinque del mattino o se deve pregare quando spunta il sole, lo voglio qui prima di subito!”
 



 
 
Il prete arrivò dopo circa venti minuti, portava con sé il solito libriccino ed un Crocifisso dal legno visibilmente usurato.
“Padre, perdoni l’ora ma qui la situazione è preoccupante.”
“Che sta succedendo? Perché la ragazza è svenuta?”
“E’ caduta all’indietro, si è sbilanciata più del dovuto mentre diceva cose sull’arte, sul fatto che volessi chiuderla in manicomio…. Farneticava cose assurde, ma la cosa peggiore è che parlava al maschile.”
“Mhm. Sai se ha avuto qualche contatto significativo con Van Gogh?”
“Non ne ho la certezza, ma credo gli abbia quasi dichiarato il suo amore.”
“Accidenti, questa non ci voleva. Il tocco dell’artista ha raggiunto il suo cuore, spero non la sua anima. E’ un fenomeno che colpisce chi venera in modo spropositato un personaggio trapassato. Quell’anima inquieta si è infiltrata in lei, la sta facendo sua e la sta trascinando verso di sé.”
“Eh, no! Ne ho già vista morire una, questa volta non permetterò a niente e nessuno di portarmi via anche lei!” La prese fra le braccia. “Padre, la prego, faccia quello che deve fare.”
“Il tocco di Vincent può essere letale, ti prende e ti trascina via senza che tu te ne renda conto.” Don Gastone si inginocchiò, aprì il libretto ed iniziò a recitare le Litanie dei Santi. Laura aprì gli occhi, realizzò di trovarsi fra le braccia di Leonardo ed immediatamente iniziò ad agitarsi, dare segnali di disgusto poiché era infastidita dal contatto con lui. “Via! Via queste luride mani! Non osare toccarmi, schifoso che non sei altro!” Con una mossa ed una forza sovrumane sferrò due calci nello stomaco all’uomo che fu scaraventato con violenza ad alcuni metri di distanza. Poi, barcollando per alcuni istanti, si alzò in piedi e mosse qualche passo verso il prete che stava ancora recitando preghiere. Fiorini stava sempre a terra, teneva le mani sullo stomaco, non riusciva ad alzarsi, bloccato dal dolore e dal fiato corto. Don Gastone si era reso conto della situazione, ma appariva sereno e tranquillo, aveva ogni cosa sotto controllo e sapeva perfettamente cosa fare.
“Fermatevi Vincent, fratello in Cristo!” Tese il braccio verso di lui, nella mano teneva il Crocifisso, glielo pose davanti bloccando Laura e l’entità in lei all’istante. “Fermatevi, ve lo chiedo nel Nome del Signore.”
“Anche tu, prete cattolico, mi vuoi sbattere fra i pazzi? Anche tu vuoi bloccare la mia arte? Non sai che è un dono di Dio? Nessuno lo capisce a fondo! Mi ritengono un pazzo, uno squilibrato, un fallito! Io non sono così, io sono un artistaaaaa…..!”
“Certo che lo so, fratello. Lo so io e lo sa Laura, ma vi prego di lasciarla libera. Lei non vi ha mai mancato rispetto, vi venera come meritate, ha organizzato una mostra per rendervi omaggio e non è giusto farle passare questi guai, non credete, maestro?”
“Lei è mia, me lo ha dichiarato ed io voglio vivere con lei, dentro di lei, essere una cosa sola con lei.”
“Ebbene, fratello…” Sempre tenendo quel Crocifisso proteso verso la ragazza, mosse qualche piccolo passo sotto lo sguardo attento e preoccupato di Fiorini. “Questo non è possibile, poiché l’Onnipotente vi ha già chiamato a sé anni or sono. Voi dovete accettare il fatto che il vostro corpo adesso è polvere e solo la vostra anima e la vostra arte sono immortali. Lasciatevi andare alla misericordia di Dio e Lui vi donerà la pace perché possiate essere felice in eterno. Lasciate la ragazza, ve ne prego, maestro. Lei appartiene al presente.”
“Lo so bene, ma la farò appartenere al passato.” La leggera peluria sul volto di Laura si stava facendo più spessa ed evidente. “I corvi in volo sul campo di grano: e poi fu il nulla. Rondini in volo sull’Arno: e poi sarà il nulla.” Prese a correre per le sale del museo, Fiorini si alzò in piedi di scatto e la rincorse, dando l’allarme ai presenti di bloccare uscite, finestre e qualsiasi via di fuga. Grazie alla collaborazione di tutti, riuscì a circoscriverla in un angolo cieco e dopo una breve ma intensa colluttazione riuscì a bloccarle le mani dietro la schiena. “Padre, la prego, cacci via questa entità, che non so quanto potrò resistere!”
Sfogliò rapidamente il libretto fino a cercare ciò che voleva, poi prese a recitare delle preghiere in latino, bisbigliando e facendo di tanto in tanto Segni della Croce con il Crocifisso che stringeva con fermezza nella mano destra. Poi lo posò sulla fronte della ragazza, pareva paralizzata. “Maestro, fratello Vincent, tornate fra le braccia di Dio, lasciate che la vostra arte immortale non sia offuscata dal rancore. Rammentate che per uno che non vi apprezza ce ne sono cento che vi adorano. Non permettete all’odio di vincere!” Poggiò il Crocifisso sul libretto chiuso, poi con il pollice della mano destra fece dei segni sulla fronte, sulle labbra e sul cuore della ragazza. “Riposate in pace, maestro, ritrovate la serenità che meritate. Non seguite più questa giovane, siate benedetto, fratello. Così sia. Amen.”
Laura cadde a terra come peso morto, trascinando anche Leonardo. Era tutto finito. Stranamente don Gastone non appariva distrutto, tutt’altro: fu lui a chiamare i soccorsi perché portassero i due in ospedale per accertamenti. Fiorini era stremato. “Grazie padre....” Era distrutto ma felice divedere che quell’orrenda peluria sul viso di Laura stava pian piano scomparendo.
“Una cosa da nulla, figliolo. Era solo un’anima smarrita da ricondurre verso la pace eterna. Aveva seguito la grande scia di emozioni prodotta da Laura. Sei stato bravo a proteggerla, hai fatto il tuo dovere sin dove hai potuto. Bravo.”
Attese che entrambi fossero caricati sulle ambulanze, poi ripose in tasca il libretto ed il Crocifisso avviandosi verso la chiesa con la solita serenità sul volto.
 
 






 
 
 
Buon Venerdì a tutti!
E’ finita. Adesso è finita sul serio e il maestro Van Gogh ha fatto ritorno là dove doveva stare grazie all’intervento di don Gastone. Questi ha effettuato una sorta di esorcismo sulla ragazza che era posseduta dallo spirito dell’artista. Di solito tali pratiche liberano le vittime dal demonio, ma qui ho optato per una cosa più soft. Spero di aver reso bene la scena e di avervi trasmesso un pizzico di tensione.
Per dovere di cronaca, l’opera citata (Campo di grano con volo di corvi) è considerata l’ultima realizzata da Vincent. Questi è morto suicida il 29 luglio 1890 ad Auvers-sur-Oise a seguito delle ferite riportate da un colpo di arma da fuoco sparato da lui stesso due giorni prima. Aveva 37 anni.
 
 
Non voglio occupare oltre il vostro tempo, vi do appuntamento al prossimo capitolo che devo ancora terminare di scrivere e controllare, per cui non garantisco l’aggiornamento per la prossima settimana, ma ci proverò. Ancora grazie a tutti per essere giunti sin qui e buon fine settimana.
 
Un abbraccio
La Luna Nera
  
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