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Autore: T612    07/06/2019    1 recensioni
Dal capitolo 8:
Devono aver urtato i cameramen perché viene perso il segnale, quando i televisori si risintonizzano segue un chiacchiericcio confuso che si placa con la notizia che nessuno voleva sentire… e i televisori esplodono, non si parla d’altro.
“...la diretta proseguirà per tutta la notte, man mano che giungeranno altre notizie. A tuttora, le nostre fonti ci confermano che pochi minuti fa, all’arrivo al Mercy Hospital, Capitan America è stato dichiarato morto.”
[Post-TWS - Civil War ComicVerse - "Captain America Collection" di Ed Brubaker - paring: canonico + WinterWidow]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
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25 dicembre 2017, Complesso degli Avengers, Upstate New York

 

Tony era intento a scartabellare file olografici e porre firme su documenti cartacei quando Sharon Carter aveva avuto la brillante idea di tendergli un agguato, scavalcando lo schienale del divano in corsa atterrando al suo fianco, allungando un braccio afferrandola per una spalla impedendole di rovinare a terra seguendo un istinto automatico.

-Certe volte mi sembra di aver a che fare con una bambina di dieci anni, ne sei consapevole vero? -esordisce scoccandole un’occhiata giudicante, trattenendo a fatica un sorriso sulle labbra. -Mi spieghi dove la trovi tutta questa energia?

-Tony è Natale. -commenta con logica ineccepibile.

-Appunto. -ribatte lapidario, tornando a posare gli occhi sui file olografici e i fogli inchiostrati.

-Giusto, dimenticavo che tu sei il Grinch.

-Non odio il Natale. -commenta sentendosi chiamato in causa, abbandonando nuovamente i documenti tornando a rivolgerle lo sguardo. -Odio la neve e il mese di dicembre in generale, non il Natale… ma ho di meglio da fare al momento.

-Tony, tu non hai mai perso due minuti del tuo tempo dietro alla burocrazia in vita tua, vorresti dirmi che dovevi metterti a firmare documenti proprio il giorno di Natale?! -esclama la donna esasperata sbuffando sonoramente. -Almeno si può sapere che stai combinando di così importante?

-Organizzo una veglia… manca un mese all’anniversario, mi servono i permessi prima di richiamare la folla a Central Park e vorrei inoltrare le pratiche il prima possibile. -la informa spiccio con tono di voce teso, spiando la reazione della cugina mettendola a conoscenza dei suoi piani.

-Oh… -commenta sorpresa, mentre uno scoppio di risa proveniente dalla sala comune riempie il silenzio creatosi salvandola, spingendo Sharon a ricacciare forzatamente indietro gli occhi lucidi schiarendosi la voce. -... è un’idea fantastica, ma credo che i documenti possano aspettare per un altro giorno, Tones. Siamo tutti di là a festeggiare, non commetti un peccato capitale se ti unisci a noi, sai?

-Non…

-Ascolta… l’abbiamo notata tutti la sedia vuota a capotavola, okay? Capisco perché tu sia fuggito a metà cena, ma sei ancora in tempo per il dolce… ti prego, vieni a lamentarti di quanto odi i canditi nel panettone, ti prego.

Tony ascolta le risa nella stanza accanto sorridendo appena, apprezzando infinitamente i tentativi di Sharon di renderlo partecipe ai festeggiamenti, sentendosi allo stesso tempo terribilmente tentato di mentire alla cugina pronunciandosi favorevole ai canditi unicamente per darle del filo da torcere, ma finendo per scrollare le spalle in segno di resa.

-Se volevi corrompermi dovevi chiamare in causa i regali, non la mia voglia di lamentarmi dei canditi… ti manda Pepper, vero? -indaga siglando le ultime pratiche ed iniziando a chiudere le finestre olografiche, interrogandosi se la sua dolce metà si fosse intestardita nuovamente a far rientrare le festività natalizie tra le sue grazie o se magari l’interruzione era dovuta esclusivamente alla intenzionale volontà di Sharon di rompergli le scatole.

-Io sono un semplice messaggero… e tu potresti sforzarti almeno un po’, solo per l’impegno che ci ha messo Pep nell’organizzare il tutto.

Tony sbuffa teatralmente, consapevole in cuor suo che Sharon aveva ragione… l’adorabile Virginia Potts sapeva quanto lui odiasse le feste natalizie dal primo giorno in cui l’aveva assunta –non che ci volesse un genio per comprenderne il motivo– ma da quando era riuscita ad accaparrarsi il titolo ufficiale come sua fidanzata, si era scelta come missione di vita quella di rendergli le festività natalizie quantomeno accettabili. Di solito lo trascinava in mezzo ai mercatini natalizi di qualche città europea, oppure proponeva una settimana bianca durante la quale poteva distrarsi e sfinirsi sulle piste da sci, e fin tanto che erano solo loro due riusciva anche ad accettare il Natale e i vuoti che comportava… ma quell’anno, per un motivo o per un altro, Pepper aveva esteso l’invito a tutti gli Avengers organizzando un cenone in piena regola al Complesso, peccando di ingenuità finendo per sottolineare il posto libero a capotavola e l’ennesimo vuoto ingombrante che il mese di dicembre si portava dietro come un marchio di fabbrica: il risultato era il suo stomaco che si era chiuso dopo la seconda portata, assecondando l’istinto che lo spingeva al darsi alla fuga.

-Avanti Iron Man, sotto l’albero ci sono i regali da scartare. Quest’anno che hai preso a Pepper? -lo riprende Sharon scuotendolo per un braccio spronandolo a darsi una mossa, fornendogli un incentivo iniziando ad impilare la documentazione varia abbandonata sul tavolo facendo cadere sul tappeto la scatolina di velluto che si nascondeva in mezzo alle cartelle, fissandola esterrefatta indicandogliela cercando il suo sguardo di conferma. -Non è quello che penso, non può esserlo… era nella tasca di Happy fino all’altro giorno!

-Non urlare. -la ammonisce tempestivo, raggiungendola con le ginocchia sul tappeto, tappandole la bocca con una mano. -Non lo so nemmeno io se le faccio la proposta stasera o entro Capodanno… ma l’intenzione c’è.

Sharon in tutta risposta gli morde l’interno del palmo, bloccando la sua lamentela di protesta gettandogli le braccia al collo.

-Sono felice per te, Tones… devo far finta di non sapere nulla, vero? So mantenerli i segreti, lo sai che so mant-...

-Shar, se escludiamo Happy, sei stata la prima a sapere dell’anello ancora nove anni fa, lo so che sai mantenere i segreti, fidati. -ridacchia districandosi dall’abbraccio soffocante, non completamente a suo agio nel ricevere certe dimostrazioni di affetto. -Volevo lasciare almeno un ricordo positivo a dicembre… ti viene in mente qualcosa di meglio?

-No, assolutamente no. -conferma restituendogli la scatolina in velluto rialzandosi da terra, porgendogli una mano per raccoglierlo dal tappeto. -Andiamo Grinch, gli altri ci aspettano.

-Non sono il Grinch… -tenta di ribattere, ma Sharon ride interrompendo a metà la sua obiezione, afferrandolo per un polso trascinandolo lungo il corridoio.

In fin dei conti il come lo chiami è davvero l’ultimo dei suoi problemi, Sharon ha recuperato il sorriso dopo un’infinità di tempo e, per essere dicembre, Tony si concede di pensare che il Natale non sia una festa poi così irrecuperabile.

 

***

 

25 gennaio 2018, Complesso degli Avengers, Upstate New York

 

Sharon ha in mano la pistola d’ordinanza quando avverte il primo sparo, scaricando il caricatore mezzo vuoto verso l’alto, esaurendo velocemente i colpi. Non le sono rimasti altri caricatori se non quelli alimentati ad I.C.E.R.1, ma poco importa perché la funzione è la stessa, sostituendolo nascondendo la luminescenza blu dei proiettili all’interno del calcio della pistola, per poi puntare di nuovo l’arma… ma quando il click della sicura scatta il suo cervello inserisce il pilota automatico senza che lei riesca a rendersene conto.

Si volta verso Steve, correndogli incontro per aiutarlo… ma invece di allungare una mano per rimetterlo in piedi, gli punta la pistola contro e fa fuoco.

-Sharon, l’ambulanza, vai!

Riconosce Bucky quando la afferra per le spalle richiamandola indietro, precipitandosi a terra da Steve tamponando la ferita sull’addome pretendendo a gran voce un’ambulanza, in una mescolanza di grida e panico che la disorientano.

-Sharon… sei così bella che mi togli il respiro…

 

Sharon sobbalza spalancando gli occhi sulla camera vuota, strofinandosi gli occhi scacciando i residui di quell’incubo che ogni tanto tornava a darle il tormento accorciando drasticamente le sue ore di sonno.

Cerca le lancette dell’orologio appurando che sia ancora notte fonda, realizzando che è ufficialmente un anno che l’altra metà del suo letto è vuota, scuotendo energicamente la testa cancellando i nuovi fotogrammi che vanno a sommarsi alle immagini vecchie, viste e rivissute troppe volte da risultarle ormai tutte uguali.

Si rigira tra le lenzuola calmando il respiro, addormentandosi nel giro di mezz’ora, precipitando in un confortevole sonno senza sogni.

Quando riapre gli occhi sul soffitto illuminato dal sole si trascina lenta in quella routine consolidata negli ultimi mesi, vestendosi e scendendo nella sala comune preparandosi il caffè con una zolletta di zucchero ed un goccio di latte, scomparendo in palestra massacrandosi con l’allenamento.

Salta il pranzo, non che sia la prima volta, nessuno va a cercarla e lei continua diligente a picchiare il sacco da boxe concentrandosi sull’attività fisica eclissando quella mentale… si sorprende che Sam o gli altri rispettino effettivamente le sue direttive impartite per quel giorno, sollevando i pugni e sfasciandosi le mani solo quando il promemoria nel cellulare risuona nitido nel silenzio della palestra, informandola che se vuole farsi una doccia e rendersi presentabile per raggiungere gli altri alla veglia deve darsi una mossa… si rassegna al fatto che raggiungerà Central Park in ritardo, ma Tony le ha assicurato che dopotutto lei può permetterselo, che se vuole può anche starsene a casa ed ignorare la cosa.

Avere carta bianca senza temere un giudizio dall’estero la rassicura, spendendo più tempo del necessario sotto il getto dell’acqua calda, rassegnata al ritardo ma ancora motivata a raggiungere il parco, scegliendo con cura i vestiti, svuotando la borsa per portarsi dietro lo stretto necessario.

Sfila la pistola d’ordinanza dalla borsa controllando la quantità di colpi in canna per automatismo… non le serve di certo un’arma carica alla veglia commemorativa, lasciando scomparire la luminescenza blu del proiettili I.C.E.R. all’interno del calcio della pistola con uno scatto deciso.

Si blocca interdetta, sfilando il caricatore osservandolo meglio, mentre i fotogrammi della notte appena trascorsa si sommano alle immagini reali… ha sparato a Steve con un proiettile I.C.E.R., era un dettaglio fondamentale che il suo cervello aveva eliminato insieme a tutto il resto.

La rivelazione la sconvolge spiazzandola e Sharon ora è in ritardo catastrofico, sentendo l’urgente bisogno di raggiungere Central Park come se ne andasse della sua vita.

Infila le scarpe alla velocità della luce agguantando la borsa al volo, correndo nel garage con le chiavi dell’auto in mano, raggiungendo Manhattan con il piede premuto di cattiveria sull'acceleratore, mentre la morsa speranzosa allo stomaco aumenta esponenzialmente mentre macina chilometri su chilometri raggiungendo la destinazione. Sgomita tra la folla con fare agitato, notando in sordina la quantità esorbitante di gente che si è radunata alla veglia, ignorando la voce di Maria Hill che spende qualche parola gentile in memoria di Steve dall’alto del palchetto al centro del parco, intercettando la nuca del cugino a qualche fila di distanza da lei.

-Tony! -urla richiamando la sua attenzione sbracciandosi, mentre gli Avengers le aprono la strada per raggiungere velocemente il cugino, attirando lo sguardo curioso di Pepper, Sam, James e Natasha quando finalmente li raggiunge concedendosi di riprendere fiato per la prima volta da quando ha lasciato il Complesso.

-Calma Shar, che succede? -chiede Tony apprensivo afferrandola per le spalle, cercando di infonderle un po’ di calma attraverso quel semplice contatto.

-Ti prego dimmi che l’hai sepolto nell’Artico.

-Cosa?

-Steve, Tony. Ti prego dimmi che mi hai dato retta… che alla fine l’hai davvero sepolto nell’Artico e che la bara ad Arlington è vuota… dimmi che ho ragione… perché non mi sbaglio, vero? -chiede con agitazione crescente, mentre gli occhi lucidi le annebbiano la vista, timorosa di credere a quell’ultima flebile speranza che le è rimasta.

-Aspetta, cosa?! -esclama James attirando l’attenzione dei presenti, mentre Natasha lo blocca per un braccio impedendogli di assalire Stark puntando alla sua gola. -Tu hai portato la salma di Steve dove?!

-Nell’Artico. -conferma Tony con un filo di voce, ricambiando timoroso lo sguardo fulminante che i compagni d’armi gli stanno rivolgendo uno dopo l’altro con astio crescente.

-Possibile che tu decida sempre a nome di tutti? -interviene Sam con tono di voce stranamente pacato, virando nell’adirato nel giro di qualche secondo. -Vorresti illuminarci sul perché diavolo ce l’hai tenuto nascosto?!

-Se dovete incolpare qualcuno biasimate me, è stata una mia idea. -interviene Sharon richiamandoli tutti all’ordine, ottenendo un silenzio immediato perché se c’era una persona che poteva effettivamente decidere di cosa farne del presunto cadavere di Steve Rogers era lei. -Comunque non ha nessunissima importanza, anzi… è sepolto nell’Artico!

-Shar... io continuo a non capire… -la blocca Tony per le spalle, incapace di elaborare le sue lacrime di gioia e preso in contropiede dal suo inaspettato ottimismo euforico.

-Gli ho sparato con un I.C.E.R., Tones! Un I.C.E.R.1! -esclama attirando lo sguardo offeso o indignato di qualche sconosciuto nelle loro vicinanze ma non se ne cura, concentrata unicamente nel diffondere ed alimentare anche nei compagni quella fiammella che aveva fortunatamente ancora motivo di esistere. -Ho usato i proiettili dell’ultima miscela speciale, la stessa che ha utilizzato Fury a Washington quasi quattro anni fa… non avevo altri proiettili, ho improvvisato…

-L’ultima miscela speciale? -chiede conferma Tony iniziando a collegare i dettagli, mentre il cervello ingrana le ultime informazione portandolo ad un passo dal comprendere il suo stesso filo di pensieri. -Rallenta il battito del cuore ad una pulsazione minima al minuto… l’effetto svanisce nel giro di 72 ore…

-Ma se non ho fatto male i conti, hai messo Steve in criostasi dopo le prime 36. -lo interrompe Sharon confermando fiduciosa, mentre Tony si lascia andare all’impeto della rivelazione, stritolandola in un abbraccio sotto lo sguardo confuso dei presenti.

-Oh mio Dio… -Tony si lascia sfuggire le parole dalle labbra insieme ad un sospiro di sollievo, mentre Sharon gli stringe le braccia al collo inzuppandogli il cappotto di lacrime liberatorie.

-Pensate di fornire una spiegazione anche a noi comuni mortali? -interviene Natasha confusa, l’unica che fino a quel momento non si era lasciata andare a nessuna esternazione emotiva, attendendo una chiara conferma dei fatti per poi muoversi di conseguenza.

-L’aldilà ha le porte girevoli, Nat2. -commenta Tony con un sorriso sulle labbra che mal si sposa con il contesto in cui si trovano. -Steve ha semplicemente continuato a dormire per tutto questo tempo.

Anche a distanza di ore, “Oh mio Dio” sembrano le uniche tre parole che tutti loro sono in grado di proferire.

 

***

 

18 febbraio 2018, Complesso degli Avengers, Upstate New York

 

Ad una settimana dalla rivelazione di Sharon, lo SHIELD aveva fornito una intera equipe a Stark per recuperare Steve dalla sua tomba fatta di ghiaccio e l'ingegnere aveva velocemente battuto in ritirata per fuggire dai loro sguardi giudicanti.

Se da una parte erano felici che Tony e Sharon avevano avuto la brillante idea di seppellire la salma di Steve nell’Artico, dall’altra Sam li guardava ancora entrambi in cagnesco lamentandosi per non essere stato informato dello spostamento, mentre Natasha si limitava a fulminarli da giorni ogni volta che le capitavano a tiro, a differenza di James che aveva accolto la notizia con reticente fiducia… aspettava un elettrocardiogramma prima di abbandonarsi in balia della speranza, nonostante il responso praticamente assicurato decantato da Tony ogni volta che gli fornivano un occasione per vantarsene.

James non vuole crederci nemmeno quando lo informano che dopo una settimana e mezzo di ricerche hanno ritrovato la capsula criogenica, quando una volta scoperchiata la teca i medici erano riusciti a percepire il lievissimo battito cardiaco del Capitano sotto le loro dita.

Continua a rifiutarsi di alimentare la speranza nonostante abbiano scongelato il corpo, collegando Steve ad una infinità di flebo, cannule e macchinari per rimetterlo in sesto, restio a dar credito anche a quell’agognato elettrocardiogramma che attendeva come conferma, che rompe il silenzio con bip sempre più regolari con il trascorrere dei giorni.

James vuole salvare il poco di mente che gli è rimasta rifiutandosi di credere al colorito roseo e sano del volto di Steve, ai suoi polmoni che funzionano senza cannula dell’ossigeno, all’assenza del tanfo pestilenziale dei cadaveri in putrefazione ripescati dall’acqua… perché se inizia a crederci, che suo fratello ha semplicemente dormito e di conseguenza lui può far finta che l’ultimo anno non si sia mai verificato, la speranza mal riposta potrebbe seriamente ucciderlo.

James inizia a pensare che ci sia qualcosa di sbagliato in lui, che non è normale porre tutta quella resistenza fagocitando paranoie malsane con infinito cinismo, che ormai potrebbe anche concedersi di alimentare quella flebile speranza come fanno tutti gli altri… sforzandosi di restare indifferente al fatto che Sam sta ringraziando il cielo, l’universo, la medicina e la testardaggine incoerente di Tony Stark a gran voce con il sorriso sulle labbra, a Sharon che aveva ormai messo radici al capezzale del letto del fratello lenendo le proprie colpe aspettando che Steve riaprisse gli occhi sul mondo, tormentando Stark e Banner ogni qualvolta che trafficavano con le flebo e i dosaggi dei farmaci una volta trasferito Steve dall’ospedale all’ala medica del Complesso. Perfino Natasha, che era la persona più scettica che lui conoscesse, si era rassegnata ad accettare il miracolo istituendo dei turni di veglia con Sharon.

James aveva deposto le armi di fronte alla realtà dei fatti quando Natasha aveva guidato la sua mano a forza verso la giugulare di Steve, percependo il rombo del battito cardiaco sotto le sue dita che andava a tempo con i bip dei monitor… era stato in quel momento che la reticenza si era tramutata in foga apprensiva, perdonando tutte le omissioni, lasciando spazio all’unica domanda che valeva davvero la pena porre: se Steve era vivo, perché non si svegliava?

Tony gli aveva spiegato che il siero rilasciato dalle pallottole era stato pensato per mettere a K.O. Hulk, che di conseguenza l’organismo di Steve, per quanto potenziato, impiegava comunque il triplo del tempo necessario a smaltirlo, senza contare che il congelamento era entrato in contrasto rendendo imprecisi i calcoli per valutare in quanto tempo si sarebbe dovuto risvegliare… erano arrivati al punto che non potevano far altro che aspettare, mentre James ormai pretendeva un posto in prima fila per quando il fratello avrebbe riaperto gli occhi sul mondo, perché dopo essersi concesso di rischiare e sperare in quella possibilità inconcepibile pretendeva nel modo più assoluto che Steve si risvegliasse.

Avevano fissato dei nuovi turni, in un costante via vai di gente dall’ala medica agli alloggi al piano di sopra, trascinandosi in una attesa esasperante che pregavano tutti si interrompesse presto.

James aspetta l’alba con lo sguardo puntato verso la vetrata, seduto sul materasso con la schiena appoggiata alla pediera del letto, le gambe di sbieco di fianco al corpo di Steve e i piedi scalzi che penzolano nel vuoto mentre esegue diligente il proprio turno di guardia. Si era preso le notti, non avrebbe dormito comunque, tanto valeva impegnare le ore di sonno perse in qualcosa di utile, concedendo a Sharon un meritato riposo su una superficie un po’ più comoda di una poltrona di pelle sformata, ascoltando i rumori amplificati dal silenzio scandito dai ronzii dei macchinari. Di solito dava il cambio a Natasha verso mezzanotte inoltrata, intercettando un bacio prima di vederla sparire oltre le porte a vetri quelle volte che non tentava di fargli compagnia appisolandosi sulla poltrona di pelle di fianco al letto, distraendosi nelle notti solitarie drizzando le orecchie percependo il frusciare del vento tra le foglie fuori dalla finestra, i passi felpati in cucina dei compagni insonni, il rumore lieve del fischio del bollitore e il borbottio della moka del caffè che smorzava la monotonia alle prime luci dell’alba.

Le notti si trascinavano sempre lente, illudendolo che gli anni andati persi in quella caccia al topo che Steve aveva intrapreso nel suoi confronti, potessero azzerarsi comparando i suoi giorni trascorsi a vegliare il fratello con pazienza esasperata… quando Steve aveva dato i primi veri segnali di vita, James aveva fatto finta di niente, scambiandoli per gli ennesimi spasmi muscolari che lo illudevano ogni volta di un risveglio mancato, ricredendosi quando l’aveva sentito articolare un suono rauco e sommesso che assomigliava terribilmente a “Buck”.

Steve aveva aperto gli occhi ricambiando il suo sguardo, mentre James lo fissava paralizzato con lo sguardo coperto da un velo liquido sospettando di avere le allucinazioni, mentre il fratello si rischiara la voce con un rumore inequivocabile ed un sorriso radioso dipinto sulle labbra.

-Sei davvero qui? -lo sente chiedere annuendo in risposta, mentre una parte del suo cervello gli suggerisce che la conversazione dovrebbe svolgersi al contrario, come se si fossero scambiati le battute di un tacito copione già scritto, ma scoprendosi incapace di articolare nessun suono trattenendo a stento le lacrime che minacciano pericolosamente di sgorgare.

-Quante stupidaggini hai fatto mentre non c’ero? -chiede Steve con vena canzonaria, dandogli un leggero colpetto al ginocchio con la mano più vicina alla sua gamba.

-Troppe per un anno solo. -ride stando allo scherzo con voce inframmezzata, dominando l’impulso di abbracciarlo gettandogli le braccia al collo, ripiegando nel stringergli la caviglia più vicina con la mano destra. -Bentornato nel mondo dei vivi, fratello… ci sei mancato da morire.





 

Note:

  1. I.C.E.R. = Incapacitating Cartridge Emitting Railguns. Progetto d’ingegneria e biochimica sviluppato dallo SHIELD derivato dal siero Extremis. È un fucile tranquillante personalizzato che permette di fermare qualcuno senza ucciderlo. I proiettili, con forte potere di arresto, si rompono sotto il tessuto sottocutaneo e rilasciano una piccola quantità di dendrotossina concentrata, inabilitando il bersaglio abbastanza a lungo da essere protetti e senza effetti collaterali dannosi. Ovviamente dal 2013 (quando sono stati creati) i proiettili hanno avuto infinite evoluzioni, non escludo una sperimentazione con il siero usato da Fury in TWS per fingere la sua morte.

  2. “L’aldilà, nell’universo Marvel, ha le porte girevoli.” -cit. Stan Lee



 

Commento dalla regia:

E con questa nota speranzosa vi annuncio che siamo in dirittura d’arrivo, a settimana prossima con l’ultimo capitolo!

_T

   
 
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