Tomorrow is another day
And you won’t have to hide away
You’ll be a man, boy!
But for now it’s time to run, it’s time to run!
Woodkid - Run boy run
And you won’t have to hide away
You’ll be a man, boy!
But for now it’s time to run, it’s time to run!
Woodkid - Run boy run
«Mmmh, profumino di Mezzosangue aromatizzato al sale, dovresti essere... saporita.» disse, mentre proseguiva a passo placido, non senza una certa baldanza. Xenia – così si chiamava – cercò a tentoni la daga nello stivale destro, il cui arto era ancora impigliato nella radice.
«Oh merda.» fu il commento infelice, quando si rese conto di faticare a levarsi dall'impiccio della radice.
«Ehi tu, lavati i denti!» cercò di intimare al gigante, il cui fetido alito pestilenziale stava cominciando a raggiungerla. Aveva un retrogusto dolciastro, quello che si associa alla carne umana in decomposizione. Cercò di sfoderare un sorriso beffardo, mentre strattonava il piede. Al terzo tentativo riuscì a liberarlo, ma una fitta lancinante salì dalla caviglia fino al ginocchio e la fece imprecare a bassa voce. «Perdonami, mamma...» bofonchiò, preparandosi all'Elisio, mentre il Lestrigone tendeva le braccia irsute verso di lei. Chiuse gli occhi.
Blake stava pattugliando il perimetro a capo di un manipolo eterogeneo di figli di Ermes e di Apollo, cui si aggiungeva Trevon – il suo satiro metallaro preferito. Tutti gli altri sarebbero potuti andare con i fratellastri della propria casa, ma i figli dei tre Pezzi Grossi scarseggiavano esattamente come qualche anno prima. Specialmente Ade sembrava poco propenso a tradire Persefone. Così, dopo che Nico di Angelo aveva lasciato il Campo, ormai maggiorenne, l'estate precedente, il quattordicenne Blake si era trovato da solo a inizio estate nella capanna numero 13. Quindi ogni volta che gli servivano dei compagni si rivolgeva a chi fosse disponibile e stavolta gli era proprio andata male: le gemelle Lee – figlie di Ermes – stavano bisticciando da quando erano partiti, mentre il figlio di Apollo, Aaron, non faceva che ricordargli che la prossima volta lo avrebbe battuto nel tiro con l'arco.
«Pfft...» sbuffò il ragazzino, alzando le spalle. Aaron era più grande di lui di un anno, ma questo non lo aveva mai intimorito. Solo Nico riusciva a farlo tacere, ma ormai non sarebbe tornato. Trevon mise una mano sulla spalla del corvino, arrestandone il cammino. Annusò l'aria un'altra volta in via precauzionale, poi fece segno agli altri di zittirsi. «Era ora.» sussurrò tra i denti Blake. Trevon fu scosso da un fremito. «C'è puzza di mostro e odore di mezzosangue.» avvertì. Persino le gemelle ammutolirono.
«Forse dovremmo andare a chiamare Sophie, è tra i nostri guerrieri migliori» suggerì una delle gemelle, Sheila, chiamando in causa la nuova guida della casa di Atena.
«Sì e intanto chi è là fuori tirerà le cuoia e poi Chirone darà la colpa a me.» commentò Blake e, senza degnare gli altri di uno sguardo per controllare che gli coprissero le spalle, si tuffò nella selva, fuori dalla barriera. Erano ben lontani dall'ingresso principale e non si poteva sperare nell'aiuto di Argo. Forse Peleo, ma non si può contare su un drago nella sua ora del pisolino post-pranzo. La prima cosa che vide fu il Lestrigone: li aveva studiati, certo, ma non se li aspettava così massicci; non particolarmente alti né – con ogni probabilità – intelligenti, ma ricchi di massa muscolare. Eppure, sapeva di giocare in vantaggio, quando fece roteare la sua lancia nera di ferro dello Stige: la sua sola vista intimoriva i mostri più piccoli e faceva esitare quelli più grandi. Anche questa volta funzionò: il gigante fece istintivamente un passo indietro, arrestandosi. Fu tutto quello che gli serviva; sentire la tensione dei muscoli di tutto l'arto superiore destro fu un piacere, specie quando la lancia, quasi un'estensione del suo braccio, finì dritta nel pancione del mostro. Allo stesso tempo, un paio di frecce di Aaron filarono veloci a centrare entrambi gli occhi.
«Era uno di quelli piccoli» disse appena ansante, ancora rivolto verso il mostro che si polverizzava, con una nota di noia nella voce.
Fece un passo indietro e inciampò in qualcosa che si lamentò con un flebile «Ehi tu, fa già abbastanza male così!»
Abbassando gli occhi si rese conto di essere inciampato in una ragazzina e non in una radice. Aveva la pelle abbronzata e dorata dal sole, ma si intuiva comunque dal pallore malsano che stava per vomitare.
«Non ci provare a rimettere qui, magari addosso a me» protestò il giovane, avvicinandosi poi alla gamba in cui era inciampato per controllarla.
«Ti fa male? Puoi muoverla?» domandò, ma prima che la ragazzina potesse dargli una risposta, Aaron si era avvicinato e aveva posato le mani sulla caviglia, il tempo di un battito di ciglia, per diagnosticare «Non è rotta, solo una brutta slogatura. Per fortuna non siamo lontani dal campo» le sorrise «Ti ci porto io» e così dicendo raccolse la semidea ancora sotto shock, tenendola tra le braccia, mentre Blake si dava da fare per ispezionare la zona. Trovò la daga e lo zainetto color cobalto, la ripose lì dentro e lanciò il tutto a Demi, l'altra figlia di Ermes.
«Non sono un facchino, portalo tu nana» mugugnò, guadagnandosi un'occhiata torva.
Poi Demi fece spallucce – probabilmente pensando a quale scherzo giocargli come vendetta – e mise in spalla lo zaino. Quando il figlio di Ade levò lo sguardo notò un luccichio e poi il simbolo di Poseidone che si dissolveva in una nuvola di vapore.
«Abbiamo una nuova Testa d'Alghe!» esclamò, per la prima volta con un sorriso sbilenco, avviandosi per ultimo al seguito della pattuglia.
___________________________________________________ANGOLO AUTRICE___________________________________________________
Rieccomi qui a scrivere! Per chi non mi conoscesse sono Lucrezia, un'universitaria disperata alle prese con la facoltà di Medicina. Mi è sempre piaciuto scrivere e le fanfiction sono il mio modo per sfogarmi. Questa l'avevo iniziata un sacco di tempo fa', spero che possa intrigarvi. Per quanto riguarda la fanfic potteriana che ho in corso, ho ripreso a scrivere quindi aspettatevi che la riprenda!