Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: justquintessentiallymeita    11/06/2019    1 recensioni
Quando l’organizzazione criminale internazionale, TITAN, ruba con successo un arsenale di missili con i loro codici di lancio criptati, scatta il Codice Blu. Tocca all'agente Levi Ackerman, una spia superiore alle altre, e alla ricercatrice Hanji Zoe, una delle prime autorità nell'organizzazione, a fermare questa catastrofe globale sul nascere.
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Lei abbassò i suoi occhiali, sbattendo eccessivamente i suoi occhi castani. «Questo vuol dire che ho-» alzò un sopracciglio. «una licenza scientifica?»
«No. Ma ho la licenza di uccidere. Non farmi venire voglia di usarla.»

{Levihan | Hanji Zoe/Levi Ackerman | Accenni ad altri pairing |Traduzione | Spy Thriller AU!}
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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License to science (and kill)

Capitolo 2

Originale


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just_quintessentially_me è un'autrice straniera e a gestire questo account è la persona che traduce le sue storie con il consenso dell'autrice originale, come ho scritto nelle bio. La storia originale quindi appartiene a lei mentre i personaggi ad Hajime Isayama. Come ben sapete l’inglese ha delle strutture diverse dall’italiano quindi la traduzione non è letterale, anche se cercherò di rimanere il più fedele possibile al testo. Sono solo una traduttrice amatoriale e se qualcosa non vi convince, ditemelo pure. Ci vediamo nelle note sotto! Buona lettura.
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«Ci sono domande?»
Il raccoglitore si capovolse, chiuso. Lei alzò lo sguardo in attesa.
Levi era seduto di fronte a lei. A parer suo, dopo aver sopportato la sua spiegazione di tre ore sulla TITAN, l’uomo sembrava solo leggermente annoiato. Quando lei si era esercitata davanti ai suoi gatti, Sawney e Bean, si erano addormentati entrambi nel giro di cinque minuti. Tuttavia quello potrebbe essere effettivamente successo perché loro erano, per l’appunto, dei gatti.
Con una gamba accavallata sull’altra e il mento sostenuto dal suo pugno, lui sbatté le palpebre.
Lei provò di nuovo a chiederglielo. «Levi? Hai capito tutto?»
Muovendo le spalle, Levi si raddrizzò sul suo sedile. «Sì.»
«Perché non hai detto niente?»
«Non avevo alcuna domanda.»
«Normalmente non lavori con un collega, vero?» disse Hanji, infilando il fascicolo troppo pieno nella sua borsa.
«Questa è la tua prima missione sul campo?»
Levi stava completamente ignorando la domanda, allora. Tuttavia lei suppose che la risposta fosse “no”.
Levi era stato nell’agenzia quasi quanto lei. Non che Hanji lo tenesse esattamente sotto controllo, ma non aveva mai neanche sentito che lui avesse lavorato con qualcun altro. Infatti, guardando anche solo il suo abbigliamento, ovvero, pantaloni attillati, una stirata e abbottonata camicia bianca, con una giacca scura e brillanti scarpe, si capiva che come agente lui fosse efficiente, attraente, e che i suoi metodi fossero raffinati. Sul campo, completava una missione dopo l’altra – non importava la difficoltà – senza fallire.
Lui non lavorava spesso con altri colleghi, lei immaginò, perché non ce n’erano tanti che potevano stargli dietro.
«Quattrocchi. Ho chiesto, è la prima volta che lavori sul campo?»
«Non hai risposto alla mia domanda, per cui io non rispondo alla tua.» alzò le spalle lei, schietta.
Inclinando la testa, Levi sospirò. «Di solito no.»
«Come pensavo.»
«Allora perché-»
«No, non penso di essere mai stata sul campo.» Poi si fermò, riflettendo. Salvo che lei considerasse… «Be’, c’è stata quella volta in cui pensavano che un gruppo di terroristi stesse accumulando delle armi nelle fogne. Io sono scesa per prendere dei campioni di-»
«No.»
Lei sorrise, appoggiandosi sul suo sedile. «Mi sa proprio di no, allora. Dovrai mostrarmi i trucchi del mestiere!»
«Non c’è nessun trucco da rivelare. O sai che cavolo stai facendo, o non lo sai.»
Se il suo sguardo piatto era un’indicazione, lei sapeva bene a quale categoria tra le due Hanji appartenesse.
«Meno male che imparo alla svelta.»
Scuotendo la testa, lui guardò fuori dal finestrino. «Gli agenti che non sanno cosa fare sul campo, muoiono sul campo.» Si fermò, mentre guardava il mare di nuvole sotto di loro. Quando prese di nuovo parola, parlò più a se stesso che a lei. «A che diavolo stava pensando Erwin.»
«Stava pensando che in questa missione ti servissi.»
Girandosi dall’altra parte del finestrino, il suo sguardo incontrò quello di Hanji. Questa volta, non contestò.
Perché era vero.
Erwin aveva la rara ma funzionale abilità di separare la logica dalle emozioni. Lei non dubitava che lui avesse considerato sia la sua inesperienza sul campo sia il pericolo a cui ciò esponeva entrambi. Ma l’aveva mandata con lui comunque. Per il semplice fatto che il suo essere lì rendesse più probabile il successo della missione.
Levi conosceva Erwin tanto quanto lei. Sicuramente lui l’aveva capito.
Levi incrociò nuovamente le gambe con un sospiro. «Quando saremo fuori, solo per una volta, fa’ come ti dico.»
Lei lo rassicurò con un sorriso. «Certo.»
Lui non lo ricambiò.
►▼◄
 
L’aereo s’inclinò per atterrare quando il sole sorgeva all’orizzonte. Hanji guardava con le palpebre pesanti come le nuvole si dividevano e come la città di Belgrado, che si espandeva alla sola vista, si apriva sotto di loro. La città, un affollato insieme di quartieri e torreggianti paesaggi urbani, sembrava un dipinto fatto con gli acquarelli; il sole che sorgeva l’aveva bagnata nelle vibranti tonalità del rosa e del giallo.
Mentre lei guardava, con la testa appoggiata al finestrino, gli edifici s’ingrandivano e poteva vedere le prime macchine, mentre strascicavano come delle formiche attraverso gli edifici squadrati. Era la prima volta che vedeva Belgrado, a dire il vero, quella era assolutamente la prima volta che metteva piede nella parte di territorio dell’ex Jugoslavia. Viaggiare non era un privilegio che il suo lavoro poteva permettersi.
Prima di atterrare e prima che lei si affrettasse in giro per l’aeroporto con una borsa in spalla e una valigia a rotelle che trascinava dietro di lei, era riuscita a liberarsi dell’iniziale mal d’aereo. Era stata obbligata a farlo: Levi era pronto a lasciarla indietro.
Lei stette sulle punte dei piedi, sforzandosi di tener d’occhio l’uomo più basso. Oppresso solo dal compatto borsone, lui si muoveva senza sforzo tra la folla.
Quando finalmente era riuscita a raggiungerlo, la sua oscillante borsa colpì la spalla di Levi. Lei cominciò ad ansimare. «Santo cielo, Levi. Ti muovi come un velocissimo scoiattolo.»
Levi roteò gli occhi verso di lei. «Non riesci a starmi dietro perché hai portato troppo schifo. Ti avevo detto di viaggiare leggera.»
Come aveva fatto lui. Ma be’ – che cosa significava leggera? Era un termine così relativo. «Ah, ma come si fa a scegliere cosa prendere? Fuori in una regione straniera, a rubare dei codici di lancio – non si può capire cosa potrebbe tornare utile!»
Lui sibilò, guardando per una volta da entrambi i lati. «Non puoi dire cagate del genere all’interno di un aeroporto.»
Giusto. Lei abbassò la voce fino a farla diventare un bisbiglio. «Inoltre, io e Moblit abbiamo trascorso le ultime settimane a perfezionare dei nuovi gadget. Dovevo portarli con me.»
Mentre parlava, loro camminarono attraverso alle porte scorrevoli. Il marciapiede fuori era pieno di persone di fretta. Malgrado la folla, Hanji stese le mani, prendendosi un momento per respirare in quell’aria frizzante.
«Ciao, Belgrado!»
Un pesante uomo si fece strada accanto a lei, mentre Hanji si accigliò alle sue spalle quando questo passò.     
Levi guardò dietro di lui. «Mi ero dimenticato di quanto tu faccia schifo a essere discreta.» 
«Non siamo tutte fighe spie che vanno in giro per il mondo. È la prima volta che sono qui. Non posso farci nulla! Sono eccitata!» Lei allungò poi il collo, cercando di dare un’occhiata alla città.
«Andiamo.» Mentre lui affrontava la folla, parlò alle sue spalle. «Il quartier generale ha ordinato una macchina?»
«Ho fatto sì che il mio team si occupasse appositamente della nostra sistemazione.»
L’ultima parte della folla si diradò rivelando un lucente, brillante veicolo che aspettava ostentatamente sul marciapiede.
Levi si fermò subito dopo. «Quella è… una Ferrari?»
Lei sorrise. «Ho detto a Nifa di darci una macchina veloce. Nel caso ci sia un inseguimento ad alta velocità o simili.»
Lui sembrava esaurito. «Uno, sai che gli inseguimenti ad alta velocità ci sono solo nei film, vero? E due, il tuo team ci ha dato la macchina meno adatta fra tutte quando si lavora sotto copertura.»
Lei mosse la mano con sprezzo mentre apriva il portabagagli. «Questa è l’Europa. Tutti guidano belle macchine.»
Lui guardò visibilmente una sporca Volkswagen che aveva scelto quell’esatto momento per passare.
Dopo aver lasciato cadere la borsa nel portabagagli, lui girò intorno alla macchina con veloci falcate. «Guido io.»
Dopo aver schiacciato le altre borse, lei riuscì a far entrare a forza il suo borsone pieno zeppo. Il portabagagli si chiuse con un click, resistendo ai bagagli fin troppo pieni con un debole cigolio.
Quando lei scivolò sul sedile del passeggero, Levi stava facendo scorrere un set di chiavi dal parasole.
Lei a malapena ebbe il tempo di mettere la cintura di sicurezza prima che loro stessero già partendo, mentre gli pneumatici stridevano sul marciapiede. Il motore vibrò, cercando con forza di accelerare mentre loro si spostavano nel lento traffico. Lei notò il modo in cui il suo pollice scorreva sul volante in pelle con apprezzamento.
«Dopo tutte quelle proteste, guarda chi si sta divertendo con la macchina sportiva!» 
Un angolo delle sue labbra si alzò. «Quel che è fatto, è fatto. Tanto vale goderselo.»
«Disse il tizio che guida la Ferrari. La prossima volta, guido io.»
«In che hotel hanno prenotato la stanza? Ci servirà un po’ di tempo per esaminare la disposizione della struttura dove tengono i codici e sistemare il nostro piano.»
«Umh…» mormorò lei mentre frugava nello zaino ai suoi piedi. Moblit l’aveva preparato. Quindi doveva esserci per forza un fascicolo con dentro, da qualche parte, la prenotazione dell’hotel. Alla fine le sue dita si chiusero sopra una lucida cartella. Spingendo giù un kit di pronto soccorso, un maglione extra e una torcia elettrica, Hanji riuscì a tirarlo fuori dallo zaino.
Inumidendo il suo dito, sfogliò le carte al suo interno. «Ecco qui. Sembra che hanno prenotato al… Metropol Palace Belgrade.»
Lui fece una leggera risata. «Ovviamente.» Il motore andava su di giri mentre Levi aggirava un lento camion.
L’hotel raffigurato era un torreggiante muro di finestre. Un cortile platealmente acceso si stagliava davanti. «È bello?
»
«Diciamo così.»
        
Note dell'autrice:
La prossima volta: le nostre spie preferite si infiltrano nella struttura di ricerca della TITAN! Tutto sembra andare bene e secondo il piano… oppure no.

Note della traduttrice:
Faccio schifo, vero? Aggiorno dopo praticamente un anno e parecchi mesi. Non so che dire, senonché mi vergogno, terribilmente. Tuttavia sono tornata, e sono pronta ad andare avanti, imperterrita, con questa traduzione. La storia originale è completa, quindi non avrò problemi a riguardo. Adesso ci sono le vacanze estive, e mi impegnerò, nonostante i problemi personali – che mi hanno bloccata – ci siano, a tradurre il più possibile e a portarvi quanto posso. Non vi garantisco aggiornamenti il più presto possibile, ma con maggior frequenza, sì. Per voi, per l’autrice, per questa magnifica storia. Perciò... look foward to it!
Grazie per aver letto fino a qui.
Annabeth_Granger1.

 
   
 
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