Fandom:
MacGyver
(2016)
Rating:
Giallo
Personaggi/Pairing:
Team
Phoenix, MacDalton, OCs
Tipologia:
Long-fic
Genere:
Drammatico,
hurt/comfort, romantico
Disclaimer:
Personaggi,
luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da
cui ho elaborato
la seguente storia, non mi appartengono.
Note: Dedicata a Mairasophia.
UNDERNEATH
CAPITOLO 4
I'M SAFE WHEN I'M WITH YOU
I'm breathing in
I'm innocent
It's like my heart's on fire again
When
I'm with you – Citizen Way
Quando
Riley e Wilt uscirono nel
corridoio, si aspettarono di avere notevoli difficoltà nel
rintracciare la loro
Direttrice; non si sarebbero mai aspettati, tuttavia, di trovarla con
tale
facilità, seduta nella sala d’attesa del pronto
soccorso, con in mano l’ultima
scultura di graffette che Mac aveva fatto all’ultimo briefing
prima di partire
per quella missione che l’aveva quasi strappato a tutti loro.
Matty
si rigirava tra le mani la
piccola spirale che era il simbolo della casa farmaceutica che erano
stati
chiamati a investigare e di cui nessuno dei due agenti più
giovani ricordava il
nome, con lo sguardo perso nel vuoto e l’espressione triste,
non l’avevano mai
vista in quelle condizioni.
Nervosamente,
Wilt si avvicinò a
lei e tirò fuori dalla tasca un pacchetto di fazzoletti
prima di darglielo; lei
lo accettò senza dire niente, senza neppure alzare lo
sguardo, ed entrambi
finsero di non vederne le lacrime che scivolavano giù dai
suoi occhi: meritava
di poter piangere senza che nessuno la guardasse, di sfogarsi come
meglio
credeva opportuno.
Se
avesse avuto bisogno, loro
sarebbero stati lì, come la famiglia che erano.
“Ho
sempre pensato che Dalton e
Mac sarebbero stati una bella coppia.” disse lei dal nulla:
“Il loro rapporto
era troppo stretto e, all’inizio, ero convinta che Jack
rovinasse tutto come al
suo solito.” confessò con tono monocorde.
“Guardi
il lato positivo, Matty.
Almeno non è Nikki.” rise Riley: “Che
c’è? L’ho incontrata una volta e ne ho
sentito parlare in tutte le maniere, preferisco Jack al fianco di Mac
che
quella tizia.” aggiunse lei, vedendo l’espressione
perplessa di Bozer al suo
fianco.
“Almeno
Jack sappiamo che non
permetterebbe mai a Mac di venir crivellato di colpi e abbandonato ad
affogare
in un lago.” concordò Wilt, tremando al pensiero.
“Dalton ha sentito
il Biondino bussare dalla
propria bara anche sotto sedativi talmente forti da abbattere un
elefante.”
Matty ebbe un fremito al ricordo della scena: “Fossi sua
madre, non vorrei
nessun altro al fianco di mio figlio.”
L’impatto
di quell’affermazione
mozzò il fiato in gola ai due agenti davanti a lei mentre
gli occhi di Wilt si
riempirono di lacrime al pensiero della propria madre, madre che ancora
non
sapeva che il ragazzo che reputava un figlio al pari del suo bambino
biologico
era ancora vivo.
“D-Dovrei
chiamare mia madre…”
mormorò Wilt, abbassando lo sguardo: “A-Adesso che
Mac può parlare…”
“Se
vuoi, posso restare con te
mentre la chiami. Non mi dà fastidio.” si
offrì Riley prima di abbracciarlo: “E
se davvero vogliono sposarsi, probabilmente la conoscerò di
persona molto
presto. Non credo che Mac non la inviti.”
I
tre restarono in silenzio per
qualche minuto, con i pensieri che turbinavano nelle loro menti con la
violenza
di un tornado in Texas.
“Sono
contenta che Mac mi reputi
degna di accompagnarlo all’altare.” disse Matty,
rompendo all’improvviso il
silenzio: “Sono onorata del suo affetto e del fatto che mi
reputi una parte della
sua famiglia, per me è lo stesso… Ma ho firmato
io i documenti di morte… Ho
dovuto firmare io un pezzo di carta maledetto che diceva che era
deceduto. E
questo non riesco a concepirlo ancora adesso, non riesco a concepire
come si
possa essere arrivati a tanto.”.
“Come
è andato l’interrogatorio?”
chiese Bozer.
“Castillo
ha cantato come un
uccellino ubriaco. Era disperata, pare che qualcuno l’abbia
contattata
minacciandola di uccidere il suo vecchio padre che vive ancora in
Spagna con l’altra
figlia se non avesse seguito le istruzioni. Ma non mi interessa, ad
essere
sincera. Avrebbe potuto parlarne con Lancelot in forma privata, il
quale
avrebbe inviato un allarme cifrato direttamente alla mia casella di
posta e in
pochissime ore avremmo risolto il problema. E invece abbiamo dovuto
affrontare
una perdita incommensurabile, sul piano lavorativo e familiare, abbiamo
dovuto
seppellire Mac e l’abbiamo visto riemergere dalla sua bara.
Tutto questo non è
perdonabile.”
“P-Pensa
che ci sia di mezzo l’Organizzazione?”
“O
loro oppure è una vendetta di
qualche amico della Thornton. E se fosse l’ultimo caso, vi
prometto sulla tomba
di mio padre che gliela farò pagare. La farò
pentire di essere nata e di aver
anche solo lontanamente pensato di toccare uno di voi.”
Riley
e Bozer annuirono.
“Finirà
mai tutto questo? O
dovremmo guardarci costantemente le spalle per la paura che qualcuno
colpisca
uno di noi?” si chiese Davis con un sospiro.
“Non
lo so, e non mi interessa perché
vi prometto questo, ragazzi. È guerra aperta, nessuno si
avvicinerà mai più a
uno di voi, non se posso impedirlo. Siamo una famiglia, e voglio che
sia molto
chiaro. Se qualcuno prova a colpirvi, non vivrà abbastanza a
lungo per
raccontarlo. Anderson e i suoi sono furibondi e non penso di aver mai
visto
Lancelot più sul piede di guerra, questa Fondazione
è in grado di mettere tutte
le proprie risorse a disposizione per proteggere uno dei suoi e voi
tutti lo
siete.” Matty indicò i due giovani davanti a
sé con estrema serietà in viso: “Non
sto scherzando, Wilt, Riley. Mac sarà anche il mio Biondino
ma voi siete
ugualmente figli miei. E una madre protegge sempre i propri
ragazzi.”
Le
parole della Direttrice
costrinsero i due ragazzi a scambiarsi alcuni fazzoletti per asciugarsi
gli
occhi.
“Ora
andiamo, abbiamo del lavoro
da fare.”
§§§
Era
ormai tarda sera del giorno
successivo al suo arrivo al Nido quando finalmente tolsero a Mac la
maschera
per l'ossigeno e la sostituirono con una cannula nasale ed era quasi
mezzanotte
quando Jack, attento ai tubi della flebo, si issò sul
materasso e si posizionò
con la schiena contro il muro per tenere il proprio partner tra le
braccia e
fargli da cuscino.
Cullandolo come se fosse stato un cucciolo, Dalton gli massaggiava le
spalle e
alternava baci tra i capelli e sul collo, trattenendo al contempo la
commozione
di quei momenti: Mac era lì con lui, vivo e vegeto, e poteva
rilassarsi, presto
l'avrebbero dimesso e sarebbero potuti tornare a casa.
Appisolato per i farmaci che gli venivano pompati nel corpo e che
agivano per
ripulire il suo corpo dal cocktail a base di tetradotossina che
l’aveva
paralizzato – e ancora debole per le lunghe giornate
trascorse senza cibo né
acqua – l'agente più giovane era abbandonato
contro il petto di Jack e avvolto nel
plaid che Riley gli aveva portato quella mattina, uno di quelli che
risiedevano
nell'armadio a muro dell'appartamento di Jack e che, seppur in parte,
ne
portavano ancora l'odore.
Il
Nido era tranquillo, Lancelot era
passato da poco a controllare i progressi di Mac e, soddisfatto, si era
ritirato in sala medica a leggere alcuni rapporti in compagnia di
Angelica; per
quanto riguardava i pazienti, Angus era l'unico; era senza dubbio la
situazione
migliore per avere un po' della privacy di cui avevano bisogno dopo
quello che
avevano passato.
Certo,
non che il personale medico e
gli agenti non sapessero di loro, Jack sospettava che perfino il suo
team
tattico, Anderson in testa, avesse in ballo parecchie scommesse sul
loro conto,
ma sapeva come la pensava Mac sul farsi vedere indifeso e sofferente ed
era
determinato a prendersi cura di lui senza pubblico di sorta.
"Ehi,
piccolo." La voce di
Dalton era bassa ma affettuosa: "So che ancora non puoi mangiare cibi
solidi, almeno finché l'effetto paralizzante non se ne va
del tutto, ma Boz ha
portato un thermos di tè caldo, fa bene alle tue corde
vocali."
Mac si mosse nel dormiveglia ma non aprì gli occhi:
respirava, notò Jack non
senza un sospiro di sollievo, perciò doveva trattarsi
semplicemente di testardaggine
nell'ignorare la proposta; perciò, con un sorriso, l'uomo si
sistemò meglio con
la schiena contro la testiera del letto e aggiustò la
stretta sul corpo del
partner, ne accarezzò il polso col pollice e gli
posò un bacio sul collo,
sorridendo nel sentirlo fremere e abbandonarsi ancora di
più: "Shh, sono
qui, Mac… E non me ne vado." aggiunse con un sorriso
malinconico mentre il
suo sguardo si posava sull'anello della proposta, "E lo stesso vale per
te, non ti lascerò andare via prima che sui tuoi documenti
non sia segnato
Dalton come cognome da sposato. E neppure dopo, in realtà."
Rimasero
così per qualche minuto
quando, all'improvviso, Mac ebbe uno scatto, per cui quasi
sgusciò dalla presa
di Jack sul suo corpo.
Piegato
in due e svegliato di botto dal
sonno, Mac si allungò a stringere con la poca forza che
aveva nelle mani il
polpaccio sinistro mentre, al contempo, mugolava per il dolore; seppur
preso di
sorpresa, Jack fu svelto a posargli una mano rassicurante tra le
scapole mentre
con il braccio gli cingeva il petto per tenerlo sollevato e non
permettergli di
strappare i fili.
"Ehi,
Mac, che succede?"
chiese lui con tono il più possibile controllato: non
sarebbe servito a niente
farsi prendere dal panico, avrebbe soltanto agitato di più
il suo partner.
partner che, alzato lo sguardo con un rantolo di dolore, lo
guardò con occhi
lucidi: "C-Crampo..." riuscì a dire tra gli spasmi.
In
un attimo, Jack scivolò giù dal
letto e lo spinse all'indietro, contro i cuscini che aveva sprimacciato
per
farlo stare più comodo, prima di posare entrambe le mani sul
polpaccio
incriminato e muovere lentamente le dita in un lento massaggio,
accompagnato da
basse parole di conforto.
"Shh,
adesso passa. Respira a
fondo, ci penso io… Rilassa i muscoli."
Quando
infine lo spasmo scemò,
lasciando Mac prostrato e con le guance solcate dalle lacrime, Jack
fece il
giro del letto e si issò nuovamente sul materasso, ma questa
volta non restò
seduto; sistemato il più giovane tra le proprie braccia, lo
fece poggiare
contro il suo petto, stringendolo da dietro e continuando a mormorargli
qualcosa all'orecchio per calmarlo e rassicurarlo.
Restarono
sdraiati così per parecchi
minuti, fino a quando Angus non si fu del tutto abbandonato sul
materasso e non
si fu lasciato avvolgere nel plaid che era caduto per metà
dal letto:
"Credo che sia una cosa buona quello spasmo, piccolo." disse Jack a
bassa voce mentre gli accarezzava i capelli sudati, "Vuol dire che i
muscoli delle tue gambe stanno tornando alla normalità."
"L-Lo
so... Ma fa male."
replicò lui, mettendo su quel broncio infantile che soltanto
Jack poteva vedere.
Jack
scosse la testa con una risatina:
"Presto tornerai a correre in giro e a dare del filo da torcere a
questo
vecchietto."
"Ho
una predilezione per quelli
più vecchi di me, lo sai." ed eccola, la sfacciataggine di
Mac, quella che
l'aveva reso famoso tra gli agenti della Fondazione come attaccabrighe,
ma che
Jack aveva imparato a rispettare prima e ad amare poi.
Qualche
istante dopo, tuttavia, il
giovane agente sentì il proprio respiro velocizzarsi mentre
una sensazione di
gelo gli attanagliava lo stomaco; ma non era solo, Jack era al suo
fianco,
pronto a reagire e lo fece a modo suo, in quella maniera
così intima e amorevole
che l'ex Delta riservava soltanto a lui.
"Shhh,
Mac... Va tutto bene."
Jack gli accarezzò la fronte, sull'attaccatura del ponte del
naso, con un
movimento circolare delle dita, lento e costante. Bravo, respira
così. Piano e
profondamente."
"J-Jack...
Non capisco che
succede…"
"Shh, io non me ne vado. Appena ti sei calmato un po', chiamo Lancelot.
Non mi allontano, te lo prometto. Lo chiamo con il cellulare."
Mac
annuì piano e strinse la mano di
Jack con una forza inusitata, ma all'ex Delta non importava se gli
faceva male:
aveva bisogno di lui, non si sarebbe tirato indietro per alcun motivo.
Quando
infine Mac si fu calmato, e
questa volta definitivamente, era madido di sudore e tremava per il
freddo.
Dopo
avergli messo il plaid addosso,
Jack infilò le mani sotto di esso e gli accarezzò
il petto prima di chinarsi
sul suo orecchio: "Ti aiuto a cambiare la casacca del pigiama."
Esausto,
Mac annuì e chiuse gli occhi:
sentì le mani di Jack percorrergli il corpo e sollevargli la
parte superiore
del pigiama ma se, normalmente, si sarebbe trattato di un gesto molto
intimo e
sensuale, in quel momento era qualcosa di affettuoso e pieno di amore e
rispetto, qualcosa a cui Mac poteva abbandonarsi senza pensieri: Jack
non si
sarebbe mai approfittato di un suo stato di debolezza per ferirlo o
prendersi
qualcosa che non era in grado di dare in quel momento.
Dopo
averlo asciugato con una pezza di
morbido cotone, Jack lo aiutò a indossare una casacca pulita
e asciutta e,
quando finì, gli scostò un ciuffo di capelli
dalla fronte per asciugare anche
questa.
Completamente
senza forze, Mac lo
lasciò fare.
Infine,
Mac sentì la mano di Jack
stringere piano la sua: "Sono proprio qui accanto, piccolo. Chiamo
Lancelot."
"Non
è necessario, agente Dalton,
ho visto le letture dell'ECG dalla sala medica e sono venuto appena
possibile."
Gregor
era apparso sulla soglia della
stanza con un sorriso paterno e un piccolo carrello dietro di
sé spinto da
Angelica: "Angelica, cara. Portalo dentro, poi ci penso io al resto."
aggiunse il medico mentre indossava i guanti di lattice.
Con
un cenno del capo, la giovane
internista salutò Mac e Jack, spinse dentro il carrello, e
sparì nel corridoio.
"Allora,
agente M. So che non è
particolarmente amante delle procedure mediche, ma vedrà che
ce la sbrigheremo
in fretta." sorrise l'uomo, mostrando le mani vuote: "Non
farò
punture." promise lui.
Ancora
debole per il crampo prima e
l'attacco dopo, Mac annuì e restò sospeso a
metà tra il sonno e la veglia
mentre Jack e Lancelot parlavano sommessamente e l'agente
più anziano - senza
interrompere il contatto con la sua mano - spiegava cosa fosse accaduto.
"O-Ora
sto bene." mormorò Mac
con uno sforzo sovrumano.
"Sicuramente
si sentirà meglio,
agente M. Ma il nostro scopo è farla stare bene, non un po'
meglio."
qualcosa, nel tono di Lancelot, fece ricordare a Mac suo nonno e
soprattutto
Papà Bozer.
Era
la voce di un padre.
Per
un attimo, il cuore di Mac gli si
fermò nel petto e una lacrima minacciò di uscire
assieme a un singhiozzo ma
l'ancora che era la mano di Jack lo tenne calmo mentre Lancelot
continuava la
propria visita e annotava la pressione e i battiti cardiaci.
"Buone
notizie, è stato un
semplice attacco di ansia." annunciò Gregor prima di frugare
nel carrello:
"Probabilmente scatenato dagli ultimi avvenimenti, il crampo e lo
spavento
che si è preso ha solo esacerbato la reazione del suo corpo.
Ora, so che non
ama molto i calmanti ma non protesti, deve riposare per poter essere
dimesso; visto
che qui ho gli stessi poteri della Direttrice Webber, ordino all'agente
Dalton
di restare qui per motivi di sicurezza." aggiunse l’uomo,
iniettando una
fiala di ansiolitico nel tubo della flebo.
Jack
annuì e strinse più forte la mano
di Mac prima di portarsela alle labbra e baciarla: “Visto?
Anche il medico ha
detto che posso restare. Dal momento che è un ordine, mi
tocca obbedire.” sorrise
lui; Lancelot scoppiò a ridere mentre misurava la
temperatura di Mac con un
termometro elettronico, “Sarebbe la prima volta.”
replicò l’uomo, “Non faccia
quella faccia, agente. Sa benissimo che è
così.” Gregor aveva un’espressione
divertita, non guardava Jack direttamente in viso ma sapeva cosa stesse
pensando.
Non
si diventa il primario del Nido per
niente.
“Abbiamo
finito, figliolo.” concluse Lancelot,
scompigliando i capelli di Mac con fare paterno: “Riposa
ancora un po’, con il
passare dei giorni starai sempre meglio. E Ruth ha promesso di inviarti
dei
biscotti fatti in casa.”.
Mac
sorrise appena al pensiero degli
shortbread di Ruth Fawcett-Lancelot, la moglie di Gregor, una donna
minuta, con
una folta foresta di capelli candidi come la neve sulla testa e una
passione
smodata per Castore e Polluce, i suoi due corgi nonché
acerrimi nemici di
Gregor: tanto amavano la loro padrona quanto ringhiavano contro il
marito di
lei.
Spesso,
Gregor arrivava al lavoro
borbottando che i due “filoncini di pane su zampe”
gli avevano ringhiato contro
prima di uscire e lui li aveva minacciati di trasformarli in toast per
la
colazione, e la cosa aveva sempre fatto ridere Mac e il resto della
Fondazione,
dove i pettegolezzi sui corgi di Lancelot rivaleggiavano in
celebrità con le
scommesse della squadra di Anderson.
“C-Ci
conto.” disse Angus, prima di
addormentarsi.
Un
secondo dopo, Jack era di nuovo
seduto sul letto con Mac disteso tra le sue braccia, e Lancelot sorrise
con
malinconia nel vederlo così affettuoso, così
pronto a prendersi cura di Angus
anche a costo della propria salute: Gregor aveva imparato a voler bene
a tutti
gli agenti della Fondazione ma doveva ammettere di avere un debole per
l’agente
M.
Con
una mano posata sulla spalla di
Jack, il dottore lo costrinse ad alzare lo sguardo: “Se vi
serve qualcosa, sono
in sala medica. Si occupi di lui, ma cerchi di dormire un po’
anche lei.”
“Lo
farò. Grazie, Gregor.”
“Potrà
ringraziarmi quando io e Ruth
riceveremo l’invito al vostro matrimonio.”
“Sarete
i primi dopo Matty, promesso.”
§§§
Il
giorno successivo, il risveglio fu diverso: quando cominciò
a riemergere dalle
nebbie del sonno, infatti, Mac sentì una nuova energia
percorrergli i muscoli
e, se anche era ancora assonnato, non poté negare di
riuscire a respirare
meglio, senza sentirsi il petto pressato sotto una macina.
Con
gli occhi ancora chiusi e avvolto dal calore del plaid che era
diventato parte
integrante della sua biancheria da letto, il giovane agente
concentrò la
propria attenzione sugli arti: gli dolevano un po’ ma
riusciva a muovere le
dita dei piedi senza troppi problemi.
Un
raggio di sole lo colpì in viso e gli fece aggrottare le
sopracciglia
infastidito, costringendolo a muovere la testa per allontanarsi.
“Mac?
Sei sveglio, piccolo?”
La
voce di Jack lo colse di sorpresa nella stanza che lui aveva ritenuto
vuota –
non aveva percepito la presenza di Jack alle sue spalle e aveva pensato
fosse
andato in bagno o a farsi una meritata doccia – ma
l’istinto lo portò a
sorridere mentre sollevava le palpebre trattenendo a stento uno
sbadiglio:
davanti ai suoi occhi, si materializzò
l’espressione speranzosa del suo
partner.
Questi,
chinò su di lui, gli afferrò la mano e Mac
poté vederne gli occhi pieni di
lacrime non piante e parole non dette ma veicolate comunque con i gesti
di
infinito amore per lui; e tanta, ma tanta trepidazione.
“Ehi,
ben svegliato. Come ti senti?”
Un
altro sorriso gli uscì spontaneo dal cuore, fiorendo sulle
sue labbra;
inclinando la testa di lato e osservandolo con aria assonnata ma
serena, il più
giovane ricambiò la stretta sulle proprie dita e fu una
presa salda, forte,
viva.
Mentre
Jack lo guardava sbalordito, incapace di andare al di là del
proprio groppo in
gola, Mac allungò l’altra mano per posarla sulla
guancia del fidanzato e la
coprì con il palmo della stessa: “Credo
bene.”, la voce era bassa ma non
c’erano balbettii, nessuna difficoltà.
Solo
Mac.
“Ti
fa male da qualche parte?”
“Jack…”
“Sì?”
“Sto
bene, davvero. E mi dispiace per quello che avete passato, mi dispiace
davvero
tanto, non so come scusarmi, io- “
Quella
piccola riunione di cuori allo sbaraglio venne interrotta da Jack
stesso il
quale, infilate le braccia sotto la schiena del compagno, lo
sollevò fino a che
le loro labbra non furono a pochi millimetri di distanza; quando si
staccarono
per riprendere fiato, Mac aveva le guance rosse ma sorrideva con una
piccola lacrima
che gli scivolava lungo la guancia: “Non chiedermi scusa per
essere… Non
chiedermi scusa. Non è colpa tua. Hai capito?”
Per
sottolineare la propria determinazione, Dalton posò la
propria fronte su quella
di Mac e lo guardò negli occhi, con tale
intensità che la presa sulla mano del
più anziano si rafforzò, rispecchiando la
tempesta emotiva che squassava il
cuore di Angus.
“Dalton,
devo ricordarti che Mac è ancora convalescente e che fare
sesso in ospedale è
contrario al regolamento, oltre che alla decenza?”
Con
uno sbuffo infastidito, Jack depositò di nuovo il fidanzato
sul letto con
estrema cura e si voltò per affrontare il loro capo;
quest’ultima, tuttavia, lo
ignorò e attraversò la stanza a passo svelto per
raggiungere il letto.
Mac
le sorrise e lei ricambiò: “Ehi, Biondino. Questa
volta ci hai fatto davvero
spaventare.” disse lei con tono quasi materno mentre gli
accarezzava i ciuffi
biondi spettinati, “Però è bello
vederti sveglio. E questa volta davvero, non
balbettante e praticamente l’ombra di te stesso.”.
L’agente
annuì e puntò i propri grandi occhi azzurri nei
suoi scuri: “La tetradotossina
fa schifo.” dichiarò lui, guadagnandosi una risata
da parte di Matty, risata
che prese la forma di un singulto strozzato prima che lei,
all’improvviso, gli
gettasse le braccia al collo per stringerlo.
Con
uno sguardo di intesa scambiato d’istinto, Jack si
spostò verso il muro e, con
un ultimo sorriso, lasciò la stanza mentre Mac, ancora tra
le braccia della
direttrice, ne ricambiava goffamente la stretta; la porta venne chiusa
con
cautela, dando loro la privacy di cui avevano bisogno, e Angus
sentì la donna
rilassarsi di poco prima di rompere il contatto: “Biondino,
fammi un altro
scherzo del genere e riporto in vigore l’embargo sulle
graffette.”
“Minacce
di un certo livello.”
“Mac…”
“Scusami,
Matty.”
“Dico
davvero,” la donna si accomodò sulla sedia che era
diventata ormai
un’estensione di Jack: “Non voglio più
dover firmare un documento che mi dice
che sei morto, non voglio neppure più pensare
all’eventualità, dannazione.”;
visibilmente esausta, Matty si pinzò il ponte del naso e lo
premette
ripetutamente come per allontanare un’emicrania in arrivo
prima di riportare lo
sguardo sul suo agente, “Sei importante, Mac, non solo per la
Fondazione ma
soprattutto per me, per questa famiglia.”
proseguì, indicando con la mano la
foto incorniciata posizionata sul comodino, la stessa che Bozer aveva
portato da
casa per decorare la stanza.
Una
foto semplice, la rappresentazione di una famiglia felice e unita le
cui
braccia erano strette gli uni attorno agli altri, in un intrico di arti
e
vestiti colorati in una serata d’estate sulla terrazza;
scattata con un
complicato sistema di autoscatto che Mac aveva creato, “Ma
non bastava un
bastone per selfie?” aveva detto Riley con un sorriso
esasperato, era stata
stampata il giorno dopo e non era un mistero per nessuno il fatto che
Matty ne
avesse una copia sulla propria scrivania, accanto a quella dei suoi
genitori.
Bozer
e Riley erano seduti sulla balaustra di legno, si indicavano
vicendevolmente
ridendo per qualche battuta stupida mentre Matty, appoggiata alle gambe
dell’hacker, teneva in mano un bicchiere di scotch; Jill, al
suo fianco,
sorrideva timidamente, mentre al centro del gruppo, Jack e Mac ce la
stavano
mettendo tutta per fare le espressioni più stupide mai viste.
Era
una foto semplice, ma proprio quella sua semplicità la
rendeva speciale.
“Sei
importante per tutti noi, Angus MacGyver e no, non fare quella
faccia.” lo
rimproverò lei vedendolo roteare gli occhi: “So
che odi che si usi il tuo nome
completo ma voglio rinforzare il concetto. Abbiamo bisogno di te, Jack
ha
bisogno di te. Hai un dovere, agente MacGyver: quello di restare in
vita e
renderlo felice così come lui ha giurato di rendere felice
te.”
Con
la gola chiusa dal magone, Mac annuì, sentendo una
sensazione di calore
sprigionarsi dal suo petto e propagarsi in tutto il corpo: era
l’amore che le
persone attorno a lui gli riservavano e, nonostante fosse poco esperto
di
simili dinamiche, si disse che forse poteva fidarsi, che quello che
provavano
era autentico, che erano davvero al suo fianco e che lo sarebbero
sempre stati.
“Ora
ricomponiamoci, o Dalton non la finirà più di
prenderci in giro e non voglio
dover spedire il tuo futuro marito in missione in Antartide.”
Mac
scoppiò a ridere e accettò il fazzoletto che
Matty gli passava: “Di solito non
sono così emotivo.” borbottò il
giovane, “Dev’essere la tetradotossina.”
“Sicuramente,
Biondino. È noto, in fondo, che le neurotossine, oltre a
paralizzarti e a
portarti alla morte, ti mandano fuori di testa come gli ormoni durante
il ciclo
mestruale. Rassegnati, hai dei sentimenti.”
“Allora
li ha anche lei, Matty.”
“Per
quanto non voglia ammetterlo, sì. Li ho. Ma se la notizia
esce da questa
stanza, davvero nascondo tutte le graffette della Fondazione.”
Con
il cuore più leggero, entrambi scoppiarono a ridere: ci
sarebbe stato ancora
molto da fare perché Mac recuperasse del tutto ma erano
sulla buona strada.
La
tempesta era ormai lontana e c’era soltanto il sole davanti a
loro.