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Autore: Adho_Bri    18/06/2019    11 recensioni
[Storia Interattiva a cura di _Bri_ e AdhoMu. Iscrizioni chiuse] SOSPESA
A.A.A. GIOCATORI CERCASI!
A te, baldo giovine o donzella, che hai sempre sognato di unirti alla tua squadra e difendere i colori della tua Casa, di volare insieme a Harry Potter e di sbaragliare Draco Malfoy (o viceversa) e, soprattutto, di lavorare fianco a fianco con i quattro migliori Capitani di sempre: fatti avanti senza più esitare, le selezioni sono aperte!
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cedric Diggory, Maghi fanfiction interattive, Marcus Flint, Oliver Wood/Baston, Roger Davies
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Capitolo.1 – Le Selezioni
 
 
[Dietro gli spogliatoi del Campo da Quidditch, sera del 7 settembre 1993]
 
- Incendio!
 
L’incantesimo pronunciato a bassa voce appiccò una vivida fiammella sulla punta della sigaretta protesa, dalla quale subito si librò un’eterea voluta di fumo. Con un gesto lento Ritchie Coote l’avvicinò alle labbra e inspirò avidamente, per poi rilasciare una vaporosa boccata accompagnata da un profondo sospiro di pura soddisfazione.
 
- Aaah. Ci voleva proprio.
 
- E io che mi ero illuso che l’aria estiva e l’assenza di impegni ti avrebbero fatto rinsavire... -
 
Jimmy Peakes, la schiena appoggiata alla parete esterna del casotto che ospitava gli spogliatoi, tirò su una gamba e puntò la pianta del piede sul muro. Ritchie non se la prese affatto: Jimmy diceva sempre così quando lo accompagnava giù a fumare di nascosto. Per nulla infastidito, gli rivolse quindi un sorriso rilassato e si schiarì la voce.
 
- Niente da fare. È un vizio, ormai.
 
- Ah, sì. Come del resto il caffè, la carta bianca, l’aria di mare...
 
- Mi risulta che quella piaccia anche a te, e a livelli ben più patologici dei miei. -
 
Jimmy si strinse nelle spalle e s’infilò le mani in tasca.
 
- Eccome – confermò. - Ma il mio livello di patologia non supererà mai...
 
- Vabbè, lasciamo perdere – lo interruppe Ritchie, per poi affrettarsi ad aggiungere: - e comunque, neanche una parola. Soprattutto con chi-sai-tu, ok?
 
- Tranquillo – lo rassicurò l’amico. – preferirei parlarne con Tu-Sai-Chi che con il Capitano, del tuo vizio riprovevole.
 
- Almeno fino alle selezioni.
 
- Almeno fino alle selezioni. Certo. Mica voglio un Baston sulla coscienza, io. È già piuttosto nervoso di suo, di questi tempi. -
 
I due Grifondoro rimasero in silenzio per qualche minuto: Ritchie a dare lente boccate come a volersi rifornire di nicotina in vista delle future ore di astinenza; Jimmy a strofinare sulla parete la suola di gomma delle scarpette da ginnastica e a rimestare nelle tasche della felpa, in cerca di chissà cosa.
 
- Che figata, comunque.
 
- Già.
 
- Non fraintendermi, eh – chiarì subito Ritchie, pur sapendo che con Jimmy non aveva alcun bisogno di giustificarsi. - Mi spiace un sacco che Fred e George non possano giocare. Però...
 
- Però è una figata potersi fare avanti – concordò l’amico, estraendo le mani di tasca e stringendole attorno ad una mazza immaginaria, con la quale colpí un ipotetico Bolide. – Sono sicuro che spaccheremo tutto, ai provini.
 
- Non troppo letteralmente, eh – ridacchiò Ritchie, che sapeva fin troppo bene quanto Jimmy fosse incline agli eccessi di entusiasmo. - A proposito: la data definitiva delle selezioni è il dieci, giusto?
 
- Così pare – annuì Jimmy - ma prima di risalire è meglio se diamo una controllata. La McGranitt non fa altro che posticiparli. -
 
Il compagno diede un’ultima boccata, fece evanescere la cicca e si tirò indietro il ciuffo di capelli scuri che gli ricadevano sugli occhi.
 
- Perfetto. Andiamo, allora – disse, avviandosi lungo il sentierino che faceva il giro del casotto. Staccatosi dal muro con un colpi di reni, Jimmy lo seguì.
Avevano fatto all’incirca una decina di passi, e già si apprestavano a doppiare l’ultimo angolo della costruzione, quando Ritchie si fermò di colpo. Jimmy, che procedeva di buon passo dietro di lui, gli andò a sbattere contro.
 
- Ma per Salazar porco, Coote!
 
- Sttttt! – lo zittì l’amico, facendogli cenno di tacere. Il fumo della sigaretta era ancora nell’aria e lui aveva dimenticato le mentine in dormitorio: non voleva certo farsi sorprendere intento in una così plateale attitudine antisalutista.
 
Jimmy e Ritchie si sporsero oltre l’angolo del casotto, sbirciandone con circospezione la facciata principale. Accanto alle porte degli spogliatoi, il fondo bianco del tabellone degli avvisi spiccava nella penombra.
 
- Mi venga un colpo se quella non è...
 
- Abbassa la voce, Peakes!
 
Ritchie strinse gli occhi per mettere a fuoco la silhouette femminile che, dopo aver pronunciato un paio di rapide paroline sommesse ed essersi guardata velocemente intorno, si accingeva a riporre in tasca la bacchetta magica e a fare ritorno sui suoi passi... e cioè esattamente nella loro direzione.
I due ragazzi si appiattirono dietro l’angolo e trattennero il respiro finché la figura non fu passata. La luce della luna si infrangeva sui suoi capelli, facendoli rifulgere come rivoli di oro pallido; dettaglio, questo, che non lasciava adito al minimo dubbio circa l’identità della visitatrice misteriosa.
 
- Mi chiedo – balbettò Ricthie, non appena ritenne saggio aprir bocca – che cosa diavolo stesse facendo ‘Aussie’ Spinnet quaggiù da sola, a quest’ora, ad armeggiare in gran segreto col tabellone.
- Semplice - Jimmy, altrettanto intrigato dallo strano comportamento della loro compagna di classe, si era avvicinato velocemente al pannello e aveva dato una sbirciata. - È venuta a cambiare la data delle selezioni.
 
- Cosa?! Ma perché mai Alicia avrebbe...
 
- E che cacchio ne so, amico. Ma ti dico una cosa – affermò Jimmy, dondolandosi sulle gambe – qui ornitorinco ci cova.
 
-Che battuta del cazzo – commentò sorridendo Ritchie, comunque convinto che l’amico avesse perfettamente ragione.
 
 
[Biblioteca, mezzogiorno del 14 settembre 1993]
 
A mezzogiorno e tre quarti esatti,
davanti allo scaffale S8188
del Reparto di Storia della Magia.
Non mancare.
 
Il messaggio che Astoria, avvalendosi dell’aiuto (probabilmente forzato) di un’oltreché immusonita Daphne, le aveva fatto recapitare quella mattina durante il rapido cambio dell’ora fra Trasfigurazione e Pozioni era stato diretto, conciso e assolutamente inatteso. Certo: in vista delle selezioni, che si sarebbero tenute l’indomani, le era più volte capitato di fermarsi a scambiare quattro chiacchiere con lei, ma non si era trattato di nulla di che e, soprattutto, di nulla che non potesse essere discusso alla luce del sole.
Ora, invece...
Mentre avanzava fra i ripiani gremiti di libri e pergamene che si accumulavano gli uni sugli altri fino a sparire, lassú in alto, in un’ombra indefinita, Gemma si guardò nervosamente intorno chiedendosi cosa mai volesse ancora da lei la più anziana delle sorelle Greengrass e, soprattutto, perché accidenti costei le avesse dato appuntamento proprio nel settore più spopolato della biblioteca.
 
- S8186... 8187... OH! -
 
Lo strilletto di sorpresa di Gemma riverberò nitidamente nell’aria, per poi essere assorbito dalla coltre di vecchie pagine polverose che la circondavano. Contemporaneamente, due paia di occhi scuri si puntarono su di lei.
 
- Ehilá, Farley. -
 
Sophie Roper, una sua compagna di Casa del sesto anno, le rivolse un veloce sorriso di saluto. In piedi accanto all’esile corpicino della ragazza, Gemma riconobbe l’imponente figura di Millicent Bulstrode, una corpulenta studentessa di qualche anno più giovane di loro con cui lei non aveva mai parlato.
 
- Ciao... -
 
Gemma salutò entrambe; poi, a voce bassissima e guardandosi scrupolosamente intorno, soggiunse:
- A-anche voi... ?
 
- Appuntamento top-secret – confermò prontamente Sophie, mentre al suo fianco Millicent annuiva energicamente. – Pare proprio che la nostra cara Greengrass abbia in mente qualcosa.
 
- Oh, bene... E Astoria dov’è, a proposito? -
 
Con un brusco cenno del capo la più giovane le indicò, oltre il corridoio delimitato dalle scansie, l’imboccatura delle scaffalature contrassegnate dal codice BGRM, da cui proveniva un brusio sommesso.
 
- È laggiù, che confabula con qualcuno...
 
- Oh.
 
- Non sappiamo di chi si tratti – precisò Millicent con la faccia di una a cui, comunque, la cosa non faceva né caldo né freddo. Era sempre stata una tipa pragmatica, la Bulstrode.
Non ci volle molto, comunque, affinché il mistero venisse svelato.
Dopo una manciata di minuti trascorsi in silenzio, infatti, le tre ragazze videro che Astoria aveva abbandonato il suo cantuccio e si avvicinava a piccoli passi alla loro postazione, seguita da una sagoma mastodontica che, pur torreggiando alle sue spalle, si manteneva scrupolosamente in ombra.
 
- Montague?! -
 
Millicent sgranò gli occhi stupefatta, sforzandosi di mettere a fuoco il viso del ragazzo che rimaneva celato dalla penombra generata dalle sue stesse membra, tanto colossali da schermare i rari fasci di luce che penetravano a fatica nella biblioteca.
 
- In persona, piccoletta – le rispose lui senza battere ciglio.
 
- Che cosa accidenti vuoi, tu? – lo incalzò sgarbatamente Sophie, che era subito scattata sulla difensiva. I cinque anni di convivenza forzata a lezione e in Sala Comune le avevano insegnato che il nuovo arrivato era una persona tutt’altro che affabile e, men che meno, affidabile. – Sei qui in qualità di tirapiedi di Flint?
 
- Io non tiro i piedi di nessuno – ringhiò lui, torvo.
 
- Calma, ragazzi, calma – intervenne Astoria sorridendo soavemente e sollevando le mani come a voler sedare gli animi. – Montague è dei nostri. Non è vero, Kain?
 
- Non potresti chiamarmi con l’altro nome? ‘Kain’ mi fa cagare.
 
- Ah, sì. Non è vero, Craig?
 
- Mi riferivo a Graham. Eccheccavolo.
 
- Ma che cosa ci posso fare, io, - lo rimbeccò Astoria, un po’scocciata - se i tuoi genitori hanno voluto strafare?! -
Lui sbuffò, annoiato. L’intenso aroma di sigaretta che emanava dalla sua divisa scolastica si insinuò con prepotenza nelle narici di Gemma, che tossicchiò infastidita.
 
- Francamente, Astoria – azzardò la ragazza, visibilmente a disagio – non so se... -
 
Al suo bisbigliare si sovrapposero subito quello sdegnato di Sophie e quello niente affatto discreto di Millicent, mentre la Greengrass tentava invano di ristabilire l’ordine. Montague, in piedi accanto a loro, stette ad osservarle in silenzio finché non ne ebbe abbastanza.
 
- Eccheccazzo – borbottò infine il ragazzo, insofferente. – La smettiamo, voialtre? O volete dare adito al soprannome affibbiatovi da Flint? -
 
Le quattro compagne gli rivolsero un’occhiataccia sincronizzata.
 
- E quale sarebbe, scusa? – sibilò Sophie, stringendo gli occhi e sentendosi prudere la bacchetta dalla voglia di affatturarlo. I tipi come Montague, facinorosi e guerrafondai per definizione, le davano prepotentemente sui nervi.
 
- “Il pollaio” – le rispose lui con un’alzata di spalle e sprizzando strafottenza da tutti i pori.
 
- Che cosa?! – Millicent era a dir poco infuriata. – Quel brutto stronzo! – esclamò, facendo scrocchiare rabbiosamente le nocche della mani e lasciando presagire che, con le dita, avrebbe volentieri fatto scricchiolare anche il collo di Flint.
 
- Sentite, fatine – il tono di voce di Montague era calmo, piatto e decisamente cospiratorio. – Io non ho tutto il giorno.
 
- Fatina sarà tua ma...
 
- Ragazze, ragazze – Astoria si affrettò a riprendere la parola e a fare cenno a Sophie di riporre la bacchetta. Nei grandi occhi scuri della ragazza brillava una luce fiera e determinata, capace di mitigare l’irritazione della compagna. – Non dovrò certo ricordarvi che domani ci sono le selezioni...
 
- E con ciò? – Millicent scrollò le spalle e si grattò una chiappa. – Tanto siamo già dentro, si sa. -
 
Gemma e Sophie si affrettarono a concordare. Il professor Silente era stato chiaro: la componente femminile doveva essere presente in squadra, il che significava che almeno tre di loro (nessun’altra studentessa di Serpeverde si era dimostrata minimamente intenzionata a partecipare ai provini) potevano già considerarsi a posto.
 
- Non proprio – le corresse però il ragazzo, facendole ammutolire all’unisono.
 
- Esatto – aggiunse velocemente Astoria – Perché vedete: Flint ha presentato un ricorso in Presidenza. Kain... ehm, Graham l’ha scoperto e, molto gentilmente, me l’ha riferito. -
 
Nonostante conoscesse Flint da ben sette anni e, quindi, fosse perfettamente a conoscenza della sua proverbiale bastardaggine, Gemma era perplessa.
 
- Un ricorso? – chiese un po’esitante, seriamente indecisa se abbattersi o indignarsi.
 
- Già – convenne lui, piegando il labbro in una smorfia affilata. – I Magiavvocati del signor Malfoy sono riusciti a dimostrare che, così facendo, Silente stava potenzialmente pregiudicando la nostra Casa. Flint si è fatto promettere che, se i precedenti membri della squadra sapranno dimostrarsi superiori a voialtre fanciulle, il posto verrà loro restituito. -
 
- Brutto maiale – ringhiò Millicent, digrignando i denti. Nel vederla così inferocita Gemma pensò che, se disgraziatamente si fosse trovato nei paraggi, Flint si sarebbe beccato una bella ripassata. E poco importava che il Capitano fosse un tipo inflessibile e temuto da tutti per la sua freddezza e per i suoi metodi poco ortodossi: in quel momento, Millicent aveva tutta l’aria di essere capace di farlo a pezzettini.
Sul resto del gruppetto calò un silenzio costernato, rotto poco dopo da un bisbigliare secco.
 
- C’è una cosa che non capisco – Sophie si guardò attorno con astio e aggrottò la fronte, contrariata, per poi rivolgersi al suo controverso compagno di classe. – Che cosa diavolo ci guadagni, tu, ad avercelo raccontato? -
 
- Diciamo che ho i miei piani – buttò lì lui, laconico.
 
– Piani? – Sophie lo fissava torva, più sospettosa che mai.
 
-  Affari miei. Va bene, Roper? – soffiò lui, guadagnandosi in risposta un gestaccio malcelato.
Le ragazze si guardarono l’un l’altra, dubbiose; Astoria invece sorrideva, gli occhi attraversati da un tremito lievemente febbrile. A giudicare dalla sua espressione vittoriosa, si sarebbe detto che la Greengrass tenesse in tasca una pepita d’oro dalla caratura particolarmente alta.
 
- Ma... ma come facciamo a sapere che possiamo fidarci di lui? – chiese timidamente Gemma, sforzandosi di mantenere le falangi lontane dalla bocca per evitare di divorarsi le unghie dal nervosismo. Se, da una parte, i tipi maneschi e tendenzialmente ambigui come Montague non le erano mai piaciuti granché, dall’altra (per la bacchetta di Salazar!) la prospettiva di frustrare a dovere quel bellimbusto di Flint, dopo sei anni di convivenza indigesta, l’ingolosiva assai.
 
- Beh, per esempio – le rispose Montague, mettendo su la sua espressione più sprezzante - ammettendo che, se non ci fosse da fidarsi, non mi lascerei sfuggire che Bletchley si concentra sempre sull’anello di sinistra, che Pucey è daltonico e non vede bene gli avversari vestiti di grigio e che Vaisey soffre di rinite allergica e non sopporta l’essenza di violetta nel raggio di un chilometro.
 
- Ah. – commentò Millicent, seriamente impressionata da cotanta, sfacciata voltagabbanaggine. - E Warrington, già che ci siamo? -
 
Le labbra di Graham si contrassero in un sorriso truce.
 
- Ah, a Clide ci penso io, tranquille.
 
 
 [Torre di Grifondoro, dormitori maschili del VII anno, tarda serata del 14 settembre 1993]
 
- Che cosa intendi dire esattamente, Baston?
 
Neil finì tranquillamente di sorbire la sua sacrosanta tisana alle erbe e posò tazza e piattino sul comodino. Un istante dopo un elfo domestico del Castello si materializzò accanto a lui e, con una riverenza, gli chiese:
- Desidera dell’altra tisana, signorino Randall?
 
- Grazie, no – rispose lui, facendo cenno alla creatura di essere a posto così. – Ritira pure anche la teiera, Floffy.
L’elfo eseguì.
Neil si volse nuovamente verso Oliver, che interruppe per un secondo il suo furioso frugare nel baule alla ricerca del suo fischietto preferito (quel benedetto oggetto sembrava non trovarsi da nessuna parte, per Godric).
 
- Intendo dire che sotto sotto, effettivamente, capisco che tu non abbia voglia di partecipare ai provini – buttò lì il Capitano, falsamente indifferente. – Del resto, con i bravi concorrenti che sicuramente si presenteranno, non ti andrà certo di fare una figura barbina... -
 
Neil lo fissò, impassibile.
- Si dà il caso, invece – disse poi, scandendo bene le parole – che avevo giusto intenzione di farmi vivo.
 
- Oh, ma davvero? -
 
Baston era davvero un asso della tattica, si disse Neil, che prediligeva comportarsi da bastian contrario. Quel maledetto non gli lasciava scelta, accidenti a lui.
 
- Conta pure su di me.
 
- Oh, benissimo – gli rispose quello, sinceramente contento. Neil Randall era davvero bravo sulla scopa, e insieme ad Alicia e Angelina (che, a quanto pareva, aveva ottenuto il beneplacito dei Medimaghi) avrebbe fatto faville. – Mi risollevi il morale, amico. Non scherzo.
 
- Tu però toglimi una curiosità, Oliver – gli domandò Neil, a mo’di risposta. -  Perché mai hai posticipato di tanto i provini? Non è da te.
 
- Oh, ma non sono stato io, infatti – rispose Oliver, tirando su la testa oltre il bordo del baule. – Tutta colpa della McGranitt, quella procrastinatrice quadrettata... oh, beh – aggiunse poi, girando all’insù le maniche corte della sua maglietta bianca un po’troppo stretta - nulla di personale contro gli onorevoli higlanders, ovviamente...
 
- Figurati – replicò Neil, con una smorfia sarcastica. - Tutto il contrario semmai, dico bene? Del resto, se così non fosse, non staresti tanto in botta per il forfait della Bell...
 
- Fatti i fatti tuoi, Randall – mugugnò Oliver, cupo, mentre l’altro, che adorava l’altrui disagio, tossicchiava divertito. – Dicevo: la McGranitt...
 
- Ma non è stata lei, a cambiare gli orari.
 
I due ragazzi si voltarono verso la porta d’entrata, coordinati come un sol uomo. Dalla soglia, una zazzera rossa perfettamente riconoscibile preannunciò l’arrivo di Percy Weasley.
 
- Come dici, Perce?
 
- Ci ho appena parlato io – rispose il terzogenito Weasley, facendo levitare fino al suo letto una cassa contenente un centinaio di rotoli di pergamena ordinatamente stoccati. – Riunione dei Capiscuola, sapete.
 
- Davvero interessante – bofonchiò Neil, granitico.
 
- Già – annuì Percy aggiustandosi gli occhiali cerchiati di corno, che gli erano scivolati giù lungo il naso. – In ogni caso, la professoressa si è lamentata dei tuoi continui cambi di programma, Ol. Lei avrebbe voluto la squadra bella e che pronta già il cinque, vedi un po’tu.
 
- Ma non sono stato io! – protestò Oliver, punto sul vivo. – Anch’io avrei voluto porre fine quanto prima a questo supplizio!
 
- Davvero strano – commentò Percy, pensoso. – Beh, ragazzi. Io mi ritiro. Buonanotte. -
 
Oliver si intrufolò a sua volta nel suo baldacchino e tirò le tende. Neil, dal canto suo, aveva già fatto scendere le cortine senza salutare nessuno; dal suo angolo proveniva il suono di un lieve russare.
Una volta solo, Oliver non si seppe trattenere. Dopo aver frugato sotto al cuscino, tirò fuori una fotografia scattata il giugno precedente.
 
- Lumos! -
 
Bionda e luminosa come una spiga di grano Alicia Spinnet sorrideva, fiancheggiata dai gemelli Weasley; sulla destra, Angelina strizzava l’occhio al fotografo mentre Harry, seduto ai piedi dei compagni, faceva ‘ciao’ con la mano. Oliver guardò se stesso, intento ad incrociare le braccia con fare soddisfatto mentre, accanto a lui, una figuretta minuta dai grandi occhi celesti posava affettuosamente la guancia sul suo gomito.
“Dove accidenti ti sei cacciata, Katie?”
 
 
[Campo da Quidditch, mattina del 15 settembre 1993]
 
- Ecco a te, sono sette galeoni. –
 
- Sette galeoni? Ma… ma io ne ho solo cinque, non potremmo per una volta… -
 
Kevin Entwhistle sfoderò il suo sorriso migliore, il suo pezzo forte. Con naturalezza strappò via dalle mani del povero Grifondoro la pergamena appena consegnata.
 
- Nessun problema, ripassa quando rimedi gli altri due. Ti consiglio di fare un giro fra quel gruppetto di Serpeverde che bazzica nel chiostro, pare facciano dei prestiti con un tasso d’interesse assolutamente vantaggioso. Oh ma chi si vede, Capitano! -
 
Kevin dette le spalle al grifondoro il quale, sconfortato, si trascinò lontano dal campo di Quidditch mentre Roger, vestito della sua divisa, s’avvicinava all’amico.
 
- Ancora con i tuoi traffici di compiti? Non ti smentisci mai Vinnie! - I due batterono il cinque e subito dopo Kevin passò un braccio intorno alla spalla di Roger e con lui s’avviò verso un angolo del campo:
 
- Che vuoi farci bro, di qualcosa bisognerà pur vivere. – Kevin dette una rapida occhiata a una fila di streghe dai capelli rossi che, mestamente, s’allontanavano sconsolate dal campo; per Kevin fu inevitabile scoppiare a ridere: - Allora era vero quanto ho sentito sulla selezione! Dimmi un po’, quante non sono della nostra casa e quante, invece, non riescono nemmeno a salire su una scopa giocattolo? -
 
- Più di quante immagini amigo. – Roger sospirò, - Mi è dispiaciuto mandarle via, sai quanto detesti far soffrire delle fanciulle.  Ma forse ho trovato quella giusta, che la maestosa Priscilla sia sempre lodata. -
 
- Amen. E chi sarebbe mai la fortunata? - chiese Kevin, con il piglio curioso che lo distingueva.
 
-Alt, prima voglio sapere per quale motivo il figliol prodigo torna all’ovile: il tuo corso di cinemagia è stato un fiasco come mi aspettavo? -
 
Il volto di Kevin si imbrunì: - la magica arte non è per tutti… l’ho capito troppo tardi, - sospirò teatralmente prima di proseguire - la maggior parte di quelli che si sono iscritti lo hanno fatto solo per guadagnare qualche punto extrascolastico… non conoscevano nemmeno la citazione del mio tatuaggio! -
 
Prima che Roger potesse impedirglielo, Kevin tirò su la maglia mostrando la scritta rossa “May the Force be with you” che gli attraversava il petto.
 
- E quindi sei tornato. Grandioso!
 
- Un anno sabbatico da Quidditch mi è bastato…mi dedicherò al magicinema quando qualcuno sarà in grado di apprezzare il mio estro. Ma tornando a noi… mi parlavi di una rossa che l’ha fatta franca. -
 
Roger si fermò dietro la linea di demarcazione del campo ed indicò, soddisfatto, una strega che fluttuava in aria con maestria, mentre scagliava bolidi a destra e a manca. Kevin strizzò gli occhi per mettere a fuoco il soggetto indicato da Roger. Subito dopo infilò le mani fra i capelli decolorati:
 
- Mandy Brocklehurst?! Ma quella è tutta svampita. Stento a credere sia in grado di reggersi dritta più di cinque minuti su quella…quella…ma dai, andiamo! Una Bluebottle?! Siamo seri?!
 
- Malfidato… dovresti riporre più fiducia nel tuo capitano; la ragazza ha tutte le qualità che ci servono: - Roger prese a numerare con le dita - è agile, ha un lancio micidiale e ha i capelli rossi, non potevo desiderare di più! -
 
Dall’alto Mandy lanciò un’occhiata ai due corvonero che confabulavano osservandola; d’istinto agitò una mano per salutarli, distrazione che la fece impattare con un ragazzo che fluttuava sulla sua scopa con la leggiadria di una fatina. L’impatto lo fece sussultare, ma si limitò a lanciare un’occhiata di superiorità a Mandy, la quale invece barcollò pericolosamente, ma che alla fine riuscì a risalire sulla sua scopa.
 
- Non solo Mandy, ci mancava Stephen Cornfoot! - La voce di Vinnie era incrinata da un pietoso flusso – Quello mi odia, Rog. –
 
Roger strizzò la spalla dinoccolata dell’amico: - magari tu evita di agitarti tanto in sua presenza, così potremo sperare di portare a termine un allenamento senza omicidi. -
 
- Lo sai che non mi so contenere. Comunque questa formazione mi sembra una punizione nei miei confronti. -
 
-Por favor, tio! Vedrai che andrà tutto bene! Tu ri-la-ssa-ti, ok? –
 
Kevin fece un altro sospiro, prima di tornare a guardare in alto: proprio in quel momento Cho stava puntando dritto all’anello centrale, che venne prontamente coperto da una strega dalle curve pronunciate. Quella, coperta dal turbinio di capelli biondi, respinse la pluffa con vigore e quella semplice parata le fece incrinare il viso morbido in un sorriso di soddisfazione.
 
-Beh? Che ne dici, è ora di farti un giretto o pensi ti riammetterei in squadra ad occhi chiusi?-
 
Vinnie spalancò appena la bocca e guardò Roger con tanto d’occhi:
 
-Ma lo sai che non c’è bisogno, sono uno dei migliori!-
 
-Rinfrescami la memoria, bro. - Lo scimmiottò Roger, prima di spingerlo verso il campo.
 
*
 
Morag scostò i capelli dal viso e i grandi occhi chiari si fecero sottili: osservò con attenzione il ragazzo che si stava innalzando in volo e che puntava con rapidità verso la pluffa, strappandola via a Lisa Turpin con nonchalance. La strega non riuscì a reprimere l’ennesimo sorriso di soddisfazione: non le era mai andata particolarmente a genio la strega, in quanto Lisa si era dimostrata una buona amica di Cho Chang e lei detestava Cho, dalla prima volta in cui ci aveva avuto a che fare. Concentrata, Morag si mise in posizione pronta a parare il colpo di pluffa del mago il quale, lesto come un razzo, volava in picchiata verso di lei.
 
*
 
Mandy non era ancora certa sarebbe entrata nella squadra, perciò aveva deciso di impiegare ogni briciolo di energia per mettercela tutta. Già non partiva avvantaggiata, con tutte le voci che giravano sul suo conto riguardo alla scarsità di collegamenti sinapsici presenti nel suo cervello, per questo pensava che avrebbero sfruttato ogni piccolo segnale di debolezza, pur di non ammetterla. Kevin Entwhistle le era sempre stato simpatico, ma non avrebbe di certo fatto un sconto al ragazzo per questo; appena vide che il finto biondo si era impossessato della pluffa, Mandy strinse la mazza e colpì il bolide con tutta la forza che aveva, indirizzandolo verso la traiettoria di Kevin. Forse aveva osato troppo, però.
 
*
 
Vinnie teneva stretta la pluffa sotto il braccio sinistro. Se il Capitano aveva intenzione di mettere alla prova le sue capacità, lo avrebbe accontentato; con un sorriso sghembo in viso si avvicinava sempre più agli anelli, pronto a scagliare la pluffa ben distante dalla presa di Morag. Proprio quando stava per farcela, con la coda dell’occhio intravide uno dei bolidi sfrecciare verso di lui e ci mancò poco a procurarsi l’ennesima frattura in campo: Vinnie piegò la schiena all’indietro e l’aria tagliente del bolide in azione gli solleticò il naso; un solo secondo di ritardo e quello se lo sarebbe portato via di netto, pensò sollevato.
 
- Argh!!! -
 
- Oh cazzo, Cho! -
 
*
 
Nonostante Mandy Brocklehurst si fosse scaraventata su di lui poco prima, dando mostra di una goffaggine quasi unica, Stephen sembrava non averci fatto caso: il suo obiettivo era recuperare il boccino che era stato lanciato in aria per metterlo alla prova, questa volta da solo. Non era stato ovviamente l’unico a presentarsi ai provini per coprire il ruolo di cercatore, ma Stephen Cornfoot aveva messo all’angolo gli altri pretendenti cercatori in men che non si dica. Per confermarsi titolare della squadra, non gli mancava che impossessarsi un’altra volta del boccino in minuti sessanta. Un gioco da ragazzi, pensò fra sé e sé. Un luccichio dorato catturò la sua attenzione e quello lo fece virare prontamente a destra, laddove il boccino sbatteva frenetico le alucce, come lo stesse attendendo. Stephen indirizzò la scopa nella direzione dell’agognata sfera, che chiuse fra le dita sottili una manciata di secondi dopo. Soddisfatto accennò un vago sorriso e stava per mostrare il boccino a Roger Davies, quando un urlo, seguito da un tonfo sordo, lo distrasse.
 
*
 
Va bene: Cho non le era mai stata simpatica, ma da qui a vederla precipitare a terra come un sacco di patate, colpevole il micidiale lancio del bolide da parte di Mandy, era esagerato. Morag abbandonò la porta e sfrecciò, assieme agli altri giocatori in campo, verso il punto in cui era caduta Cho Chang. La cacciatrice, tramortita dal volo notevole, fu portata immediatamente in infermeria.
 
- Lisa, vai con lei per piacere. – disse con premura Roger, che osservava in preda all’ansia la sua amica trasportata via, che sembrava più di là che di qua.
 
- Mi spiace… io non mi sono resa conto! – Un’agitata Mandy ciondolava da un piede all’altro, mentre passava fra le mani un brutto gingillo a forma di coccinella (sembrava più uno scarafaggio, non fosse per il tipico colore rosso costellato di sette punti neri).
 
- Tranquilla Brocklehurst, Cho si rimetterà, lo fa sempre. Non sarà un colpo di Bolide a fermarla. – Poi Roger improvvisamente sorrise in direzione della strega: - A proposito, gran bel colpo! -
 
Gratificata dalle parole di Roger, Mandy assunse una sfumatura di vivido rosso che risaltò le lentiggini di cui la pelle era ben fornita, dimenticando per altro di aver probabilmente ucciso la povera Cho.
 
- Forza gente, non perdiamoci d’animo, bisogna andare avanti! – Roger batté le mani con allegria ritrovata e i suoi occhi scuri finirono su un bel ragazzo non troppo alto ma dall’aria elegante, rimasto in panchina fino a quel momento ma che a seguito del fattaccio accaduto alla Chang era corso in soccorso.
 
- Preparati guapo, prendi il posto di Cho, abbiamo bisogno di te adesso! -
 
Il mago non se lo lasciò ripetere due volte: con estrema cura estrasse dalle tasche della divisa un paio di guanti che infilò con accortezza, dette una rapida sistemata ai capelli e senza aggiungere nulla recuperò la sua scopa, sulla quale montò con un gesto posato e calcolato.
Nonostante fossero ancora scossi, chi più chi meno, i giocatori si innalzarono in volo e tornarono a giocare. Tutti tranne Vinnie che sotto lo sguardo curioso di Roger, aveva preso a contare le persone presenti in squadra.
Poi una risata fragorosa uscì dalla bocca.
 
- Che stai facendo? -
 
Perpetuando nella sua risata sguaiata, Kevin si aggrappò al braccio di Roger:
 
- Se le cose dovessero rimanere così, sono sicuro che Flint andrà fuori di testa!
 
- Quale altro bel pettegolezzo mi nascondi, amigo? -
 
Il Cacciatore assunse la sua espressione più furbetta, puntç i grandi occhi verdi in quelli di Roger e cominciò a bisbigliare con circospezione, mentre di tanto in tanto si lanciava intorno occhiate guardinghe:
 
- Pare che le ragazze di Serpeverde, capitanate da quella bomba della Greengrass senior, abbiano messo su un piano per far si che la squadra acquisti la “quota rosa” in buona misura. Non vorrei sbagliare e non ho idea di come abbiano fatto, ma credo siano ben quattro le giocatrici, a fronte di tre soli maschietti.
 
- Uh uh! Succoso questo pettegolezzo… Marcus morirà di dolore! Comunque non riesco a capire cosa c’entri con noi. –
 
- E te lo spiego subito, bro: se Cho rimane fuori dalla squadra, avremo solo tre ragazze in campo… meno di Serpeverde! Sono abbastanza certo che anche Diggory e Baston siano in inferiorità numerica rispetto alle donzelle! -
 
Kevin ridacchiò malefico ancora un po’, poi la sua risata si spense quando notò che lo sguardo di Roger sembrava perso nel vuoto.
 
- Emh, Capitano… hai capito? -
 
Roger sbatté le palpebre ripetutamente, prima di tornare a dedicare attenzione a Kevin:
 
- Ma se Cho rimane fuori… non avrò più la mia giocatrice mora… devo trovare una soluzione quanto prima. -
 
 
[Campo da Quidditch, pomeriggio del 15 settembre 1993]
 
Una corsa come quella, Katie probabilmente non l’aveva mai affrontata in vita sua, nemmeno nelle più dure giornate di allenamento prima di salire sulla scopa. Ma quella volta il destino si era messo in mezzo e la strega non poteva permettersi di perdere un solo secondo.
 
- Dannate… passaporte… intercontinentali! – masticava fra sé, fra un ansito e l’altro, - Possibile mai che… non ne vada… bene una… -
 
Già, perché prima di poter accedere al gate per la passaporta, Katie Bell era stata perquisita neanche fosse una terrorista (lei poi, tanto giovane, con quegli occhioni da cerbiatta, come fuorilegge sarebbe stata davvero poco credibile); una volta superati i controlli un mago dal grugno di un pastore caucasico l’aveva informata che avrebbe dovuto aspettare l’accesso alla passaporta delle undici, visto che si era creato un sovraffollamento causato dai controlli a tappeto. Una volta stretta la maledetta lavatrice (un attrezzo babbano utile a lavar vestiti) ed essere rientrata finalmente in patria, aveva giusto fatto in tempo ad infilare la divisa e correre alla volta di Hogwarts. Ma arrivata all’ingresso Gazza e la sua stupida gatta avevano cominciato a tirare su rogne. Risultato? Nonostante tutti gli sforzi che la sua amica Alicia aveva fatto per rimandare le selezioni di Grifondoro, all’insaputa della squadra e del Capitano stesso, Katie stava rischiando davvero di fare tardi.
Più si avvicinava al campo, maggiore era l’ansia che sentiva avanzare dentro di lei; il cuore batteva all’impazzata e se si fosse fermata, probabilmente sarebbe stramazzata al suolo senza ritegno. Mentre procedeva lo sguardo limpido collimò con delle ombre scure che tagliavano il cielo oltre le nuvole, ma Katie non si soffermò a rimuginare su quel dettaglio: doveva farcela a tutti i costi.
 
*
 
- Johnson, prenditi una pausa! -
 
Oliver tirò un urlo nei confronti della strega, la quale era letteralmente scappata dalle cure oppressive dei suoi specialisti e, testarda come un ippogrifo, si era catapultata in campo. Ma nonostante gli sforzi e la buona volontà era evidente che le sue condizioni fisiche non le avrebbero permesso di giocare. Amareggiata e arrabbiata più che mai, Angelina cacciò uno strillo e planò verso il basso, lanciò la scopa e andò a sedersi in panchina.
Oliver era sempre più agitato. Era vero, validi elementi si erano presentati, ma sembrava che qualcuno avesse lanciato contro Grifondoro una fattura malevola, perché laddove un problema sembrava risolversi, un altro andava invece ad aggiungersi. Così Neil, Ritchie e Jimmy erano dentro, ma Angelina non dava buone speranze e stava per lasciare vuoto uno spazio vitale. Abbacchiato e immusolito, Oliver Baston passò una mano sul viso, prima di rivolgersi ad un paio di streghe già pronte al suo fianco. Avvoltoi pronti a fiondarsi sulla carcassa di Angelina Johnson, pensò Oliver; ma cos’altro avrebbe potuto fare, se non sostituire una delle sue migliori giocatrici, che purtroppo verteva in pessime condizioni? Proprio mentre una delle due brunette, inforcata la scopa, sfrecciava alla volta della pluffa, quest’ultima le venne strappata via con un colpo deciso.
Oliver boccheggiò, annaspò, impallidì e poi arrossì, davanti all’uragano Bell che con la grinta di una leonessa andò a mettere a segno un punto da campioni.
E i punti divennero due, poi tre, alla faccia di quella ragazzetta pronta a soffiarle il posto.
Il Capitano non riusciva a staccare gli occhi da Katie Bell, che a lui si era presentata come un miracolo, l’epifania in cui non aveva più riposto speranza.
Era tornata, niente poteva più andare storto.
 
 
[Sala Comune di Tassorosso, sera del 15 settembre 1993]
 
La volta a botte della Sala Comune non faceva altro che amplificare il più immane frastuono che quelle povere mura avessero mai assorbito.
Di ritorno dalla sua sortita in Presidenza, Cedric addocchiò i compagni di squadra che, riuniti a capannello nei pressi del caminetto, ci davano dentro con i festeggiamenti.
Il ragazzo sorrise, assai compiaciuto: strano a dirsi (ma assolutamente vero) la previsione di Heidi si era magicamente avverata ed ora, a provini conclusi, Tassorosso poteva finalmente contare su una squadra i cui membri si erano immediatamente amalgamati, quasi che avessero trascorso gli ultimi dieci anni a giocare insieme.
“Selezione assolutamente per-fet-ta” sogghignò Cedric, rigirandosi fra le dita le spillette nuove di zecca da consegnare ai suoi prodi giocatori. La professoressa Sprite gliele aveva consegnate all’apice dell’euforia, con tanto di abbraccio degno di un Platano Picchiatore, sotto gli occhi allegri del Preside, quelli sospettosi di Minerva McGranitt, quelli leggermente apprensivi di Filius Vitious e quelli assolutamente disgustati di Severus Piton.
“Reazioni pienamente giustificate, quelle dei Direttori” gongolò il ragazzo, avvicinandosi velocemente ai compagni. Perché era inutile negarlo: quell’anno, la squadra di Tassorosso era praticamente inarrivabile. ‘Perfettamente bilanciata’ l’avrebbe definita, adottando il suo consueto gergo pozionistico, quell’adorabile maestrina di Heidi; maestrina che però forse, in quel momento, si stava dando un po’troppo da fare nello spillare Burrobirra da un bariletto sospetto posizionato accanto a lei, precedentemente fornito dal Frate Grasso ai membri della squadra.
Comodamente affondati nei cuscini di soffici divanetti color senape, Justin e gli altri giocatori vociavano e ridevano rumorosamente. Il Principino del Pettegolezzo teneva banco, profondendosi come suo solito in una serie di ghiotte dicerie rese ancor più enfatiche dall’assunzione di un discreto quantitativo di liquido ambrato, zelosamente fornitogli da una premurosa ragazza bruna dall’aria furbetta che si affaccendava nei paraggi.
 
- E Kevin mi ha detto.. oh, grazie mille, Maxi... – stava dicendo Justin, sforzandosi di mantenere un minimo di aplomb ma fallendo miseramente nell’intento, da tanto era su di giri.
 
- Io?! – si stupì uno dei presenti, un ragazzo dalla pelle bruna e vellutata e dal sorriso luminoso - Io non ti ho detto niente!
 
- No, non tu, Kevin... sto parlando di Kevin Entwhistle, di Corvonero... mi ha detto che Flint l’ha presa malissimo...
 
- E ci credo – s’intromise Barry Summers, facendo ondeggiare pericolosamente la sua caraffa di Burrobirra, che produsse una serie di schizzi tanto alti da battezzare indecorosamente i presenti – Quattro ragazze in squadra, proprio a lui che non ne voleva neanche una...
 
- Mentre ai Grifondoro – aggiunse una ragazza dai capelli lunghi e mossi e dalle guance rosate che rispondeva al nome di Megan Jones – Silente ha concesso di averne solo due... -
 
La nuova Battitrice, com’era universalmente risaputo, Marcus Flint non lo poteva vedere neanche in foto.
 
- Già: “in via del tutto eccezionale”, hanno detto poi – Kevin Withby assunse un’aria alla “ma guarda un po’che strano”, scatenando l’ilarità generale. – Mi sorprende solo che il Preside non abbia attribuito loro una decina di punti, già che c’era! -
 
I compagni si scompisciarono dalle risate, finché uno strilletto si sovrappose al brusio.
 
- Ceddy! -
 
Alla vista di Cedric che si avvicinava, la vivace vivandiera brunetta aveva abbandonato prontamente il prode Finch-Fletchley e si era appropinquata saltellando al Capitano per gettargli le braccia al collo. Avendo condiviso con lei ben cinque anni di studi ad Hogwarts, Cedric sapeva molto bene con chi aveva a che fare. Ciò, tuttavia, non gli impedì di alzare gli occhi al cielo quando lei lo tirò giù a forza per baciarlo a stampo.
 
- Per fortuna che sei arrivato, Ced – commentò allegramente Heidi, mimando un brindisi con la sua caraffa di Burrobirra – Maxine ci ha già sbaciucchiati tutti quanti ripetutamente, più e più volte. Abbiamo già le labbra screpolate, e il Campionato ha ancora da iniziare!
 
- Non che io me ne lamenti, eh – precisò Kevin tutto allegro, facendo baluginare il sorriso bianchissimo in perfetto contrasto con la pelle color del cacao. – Bisognerà pure festeggiare a dovere, dico bene?
 
- Carino e saggio come sei, Mr. Sweet Brownie – gli rispose Maxine, profondendosi in una gaia giravolta che fece scoppiare a ridere i compagni – mi chiedo quanto ci metteranno ad accalappiarti! -
 
L’interpellato le fece una liguaccia scherzosa (non aveva mai amato i soprannomi, ma a un tesoro come Maxi si perdonava tutto), mentre Cedric la guardava con affetto.
Maxine O’Flaherty era certamente rumorosa, esibizionista, immorale e svergognata, ma era anche una pasta di ragazza, una col cuore al posto giusto, sempre allegra e ottimista. “La prodigalità” soleva ripetergli quando lui le faceva notare i suoi eccessi di libertinaggio “è la qualità perfetta per noi eredi di Tosca, fieri rappresentanti dell’elemento Terra”.
Certo: quando quella mattina l’aveva vista scendere in campo avviluppata in quella sua assai impropria tutina di pelle di girilacco, tanto attillata da potervisi specchiare e corredata dalla scritta “Femme Fatale”, ancheggiando e spedendo in giro baci come una diva del cinema un po’lasciva, Cedric si era chiesto come avrebbe fatto a mantenere concentrati i giocatori (non solo i suoi, effettivamente, ma anche quelli delle altre squadre).
Il provino, però, gli aveva rivelato una grata sorpresa. Maxine era brava, ci sapeva veramente fare con le Pluffe e aveva dato prova di grande affiatamento sia con Heidi che con Kevin. Cosicché, alla fine, uno dei posti di Cacciatrice le era stato assegnato.
 
- Modestia a parte – aveva commentato la ragazza, spingendo indietro la testa e cacciando fuori una risata contagiosa – io, nella caccia, non me la cavo affatto male.
 
Non ci fu bisogno di insistere: Cedric ne era più che convinto. Altroché.
Stessa soddisfazione gli era stata data dall’altro nuovo Cacciatore, Withby. In quel momento, impegnato in un chiacchiericcio fitto fitto con Heidi e col neo-Portiere Barry Summers, Kevin aveva tutta l’aria di divertirsi un mondo – e del resto, l’atmosfera di festeggiamenti che impregnava l’aria gliene dava senz’altro adito. Altrettanto solare di Maxi, Kevin era un tipo a postissimo: positivo, simpatico (lo si sarebbe ritenuto perfetto nel ruolo di “sollevatore di morale delle truppe”) e arguto, nonché lavoratore indefesso.
“Un legittimo Tassorosso” lo definì fra sé e sé Cedric, contentissimo di poter fare affidamento sul carattere spumeggiante di Kevin, nonché sull’abilità dimostrata dal compagno più giovane quando si trovava a cavallo di una scopa.
 
- ...e ancora non vi ho detto la cosa più succulenta... -
 
Justin non si conteneva: i compagni, stretti intorno a lui in fremente attesa, pendevano dalle sue labbra.
 
- La sua Vice sarà una femmina! – sbraitò Justin, trionfante, subito sommerso da un fioccare di risate e di “Noooo!”, “Davveeeero?!”, “Incredibile” e una valanga di altri commenti simili.
 
- Non è possibile!... -
 
Barry sembrava sul punto di volersi mettere a rotolare, forse in preda all’ilarità, o forse per il fatto di avere un po’ecceduto nei festeggiamenti. Il cappuccio della felpa verde recante il logo dorato dei Kenmare Kestrels gli era caduto sugli occhi lasciando intravedere solo la bocca del ragazzo, piegata in un sorriso a trentadue denti. Avendo frequentato con Flint ben sei anni di lezioni di Incantesimi e di Trasfigurazione, ed essendo stato costretto a sorbirsi più di una battutina sprezzante da parte del Capitano Serpeverde, Barry aveva i suoi buoni motivi per gioire nel saperlo contrariato.
 
Non. È. Possibile. – ripeté, boccheggiante.
 
- E invece sì – replicò Justin, profondendosi in un gesto plateale che sparse Burrobirra ai quattro angoli della Sala Comune. – Sentite qua: a selezioni concluse, già piuttosto scornato, Flint ha chiamato Montague e gli ha detto: “Tu, in qualità di Vice...”
 
- C’era da aspettarselo, che scegliesse lui – osservò Megan, disgustata. – Che prevedibile simpaticone, quel Flint.
 
- Sì, infatti. Montague, però, l’ha preso in contropiede – continuò Justin, chinandosi in avanti per avvicinare il viso al crocchio di amici e spettegolare meglio – e gli ha risposto che lui non fa il Vice di nessuno, suggerendo poi di indire una votazione...
 
- Gran bel manzo comunque, quel Montague – divagò Maxine, beccandosi una gomitatina lieve che però, essendole stata somministrata da un tipo robusto come Barry, la fece quasi cadere dal divano.
 
- Non far sfigurare l’onorata Terra dei Trifogli – l’ammonì bonariamente il neo-Portiere e suo quasi-connazionale.
 
- Tu bada alla tua, di Irlanda, che alla reputazione di quella del Nord ci penso io – ribatté sorridendo la ragazza, massaggiandosi voluttuosamente la spalla.
 
- Ah, siete messi bene allora – commentò Barry, poco convinto.
 
- Oh, puoi scommetterci, tesoro!
 
- Comunque – continuò Justin, come se nulla fosse - pare che Draco Malfoy si sia subito offerto come Vice, ma ovviamente non l’ha cagato nessuno...
 
- Ma che linguaggio, Principino! – lo schernì Heidi, rubizza.
 
- E Malfoy ha mugugnato un qualcosa sul fatto che ‘suo padre ne sarebbe stato informato’... ma sta di fatto, comunque, che alla fin fine le ragazze si sono coalizzate e hanno eletto nientepopodimeno che la Roper! -
 
A quella rivelazione, il gruppetto di Tassorosso esplose definitivamente, in una sgangherata ed ululante ghignata collettiva.
 
- Davvero spassoso, Justin – anche Cedric rise di gusto, sinceramente divertito nell’immaginare Flint incazzato come una biscia. – Senti – ansimò poi, rivolgendosi ad una delle compagne – ti posso rubare un minuto, Megan? -
 
La Jones, piuttosto accaldata per la sessione di risate e per la bevutina fuori programma, annuì, si tirò su con un salto e seguì Cedric dall’altro lato della Sala.
 
- Dopo di te – le disse il ragazzo, indicandole un tavolino libero. Lei sedette con un lieve sbuffo e rimase in attesa che il Capitano, accomodatosi a sua volta, prendesse la parola.
 
- Tu lo sai, vero, che oggi mi hai fatto un gran regalo? – esordì Cedric, senza dilungarsi in trascurabili preamboli.
Megan se ne rimase zitta. Non sapeva cosa rispondere; era un po’imbarazzata. Lui, però, si accorse del suo disagio e le sorrise gentilmente.
 
- Volevo ringraziarti per aver partecipato alle selezioni. Sono molto contento di averti in squadra, sai. -
 
Megan si mordicchiò il lato interno della bocca, indecisa.
 
- È che ho pensato... – mugugnò infine, a mo’ di risposta – che fosse giunta l’ora, ecco tutto. -
 
Cedric le rivolse un’occhiata di pura allegria.
- Senti, Megan – le disse, giocherellando con un piccolo oggetto che teneva fra le mani e che Megan non riusciva a vedere. – Io sono figlio unico, quindi certe dinamiche fra fratelli non le posso capire. Ma credimi se ti dico che lei, ad ogni santo inizio di stagione, si lagnava del fatto di non poter contare sul tuo talento. -
 
La ragazza si lasciò sfuggire una risatina ironica.
 
- Ma figuriamoci se Gwen...
- A te non lo avrebbe mai detto, ovviamente. Però ascolta – la interruppe lui, scuotendo la testa. – da quanto tempo sono in squadra, io?
 
- Questo è il quinto anno.
 
- Brava. E durante gli ultimi quattro, come sai, sono stato capitanato da Gwenog, tua sorella. La quale (e qui mi limito a riassumere quanto mi è stato confidato personalmente) avrebbe fatto carte false, per averti come battitrice. E come darle torto, del resto? Anch’io ti ho vista giocare, qualche volta: so quanto vali. -
 
Megan strinse le labbra. In circostanze normali, non avrebbe creduto ad una sola parola di quanto le veniva detto. Il fatto che il suo interlocutore fosse Cedric Diggory, però, cambiava completamente le cose. Perché Cedric – e su questo, chiunque avrebbe potuto mettere una mano sul fuoco -  non era né un falso né un adulatore.
 
- Ti ringrazio, Capitano – mormorò infine la ragazza, guardandolo con gratitudine.
 
- Niente ringraziamenti – decretò lui, spingendo verso di lei il piccolo oggetto che teneva fra le dita. – Accetta questo, piuttosto. Ne ho parlato con Heidi ed entrambi siamo convinti che spetti a te. Soprattutto alla luce della tua performance di oggi. -
 
Incuriosita, Megan tese la mano sul piano di legno del tavolinetto.
 
- Oh, per Pagù-il-Tasso-favorito-di-Tosca!... -
 
Cedric ridacchiò alla vista dell’espressione meravigliata della ragazza. Sul palmo della mano di Megan, la spilletta di Vice-Capitana riverberò in un gaio brillìo di lacca giallonera.
Una volta conclusa la loro mini riunione, i due ragazzi procedettero a ritroso fino a ricongiungersi al gruppetto.
La Burrobirra ormai era finita; Justin sedeva in stato catatonico sul divanetto, intento a fissare il vuoto con un risolino compiaciuto sulle labbra mentre Kevin, poco lontano, raccontava animatamente al Frate Grasso la trama del film-cult babbano Ghostbusters, ridendo alla vista dell’espressione atterrita del fantasma. Di Maxine neanche l’ombra: quella malandrina doveva essersi infrattata con qualcuno, come suo solito.
Cedric salutò Megan, che uscì dalla Sala Comune per andarsene a letto, e sedette accanto a Barry che, in quel momento, stava spiegando ad un’interessatissima Heidi come prendersi cura del trifoglio smeraldo, una preziosissima pianta magica che la sua famiglia coltivava da generazioni.
 
- Il Trifolium Smaragdus è oro puro, per i pozionisti! – stava commentando Heidi, in puro visibilio.
Barry annuiva, soddisfattissimo; e Cedric sorrise, nel vederlo così sciolto ed entusiasta, proprio lui che spesso, nonostante il carattere gioviale, tendeva a ritrarsi nelle sue insicurezze.
“Davvero ben assemblati” si ripetè il Capitano, già prefigurando se stesso in procinto di sollevare l’ambita Coppa. “Come gli ingredienti di una pozione.... e non di una pozione qualsiasi: come quelli della Felix Felicis, per Tosca!”

 
[Sala Comune di Grifondoro, sera del 15 settembre 1993]

La Sala Comune di Grifondoro vibrava per i festeggiamenti in atto. Oliver si sentiva felice come un bambino al parco giochi anzi, se possibile ancora di più: finalmente la squadra si era formata e nonostante i preamboli affatto rassicuranti, come l’estromissione di Angelina per cause di forza maggiore, poteva dirsi decisamente soddisfatto di come fossero andate le selezioni. I nuovi membri della squadra si erano rivelati più che validi e il ritorno di Katie (oh, Katie! Quanto mi hai fatto penare?) avevano evitato l’imminente crollo nervoso. Insomma: andava tutto bene.
O almeno fino al momento in cui, con aria funerea, Ritchie non aveva fatto il proprio ingresso nella sala.
 
- Mi chiedevo che fine avesse fatto il nostro nuovo Battitore! – disse allegro Oliver vedendolo entrare, mentre ondeggiava nella mano un succo al mirtillo rigorosamente analcolico. I veri giocatori di Quidditch si tenevano lontani da tutto ciò che poteva risultare invalidante per le performance sportive. Comunque il sorriso che Oliver si aspettava di veder spuntare sul viso dell’amico e collega di squadra, non arrivò.
Nella testa del Capitano risuonò un campanellino fastidioso: qualcosa non andava, ne era certo.
 
- Ti devo… ecco, ti devo parlare. -
 
- Non dirmi che ci hai ripensato! – Oliver scattò in piedi, spargendo buona quantità del succo violaceo tutto intorno a lui – Ti prego Ritchie, non farmi questo… non ora che tutto sembra andare bene. Ti assicuro non potrei reggerlo, mai e poi mai. Cosa faremo ora?! -
 
L’attenzione di tutti i festeggianti venne catalizzata dall’agitato Capitano, cui reazione spropositata portò ad un silenzio spesso e palpabile. Ritchie tossicchiò, grattò la testa e trovato coraggio fece un passo avanti.
 
- L’incidente di Harry Potter… non vanno bene le cose. -
 
- Sta male? Deve rimanere in infermeria? Parla! -
 
Ritchie cercò conforto nello sguardo degli altri giocatori prima di tornare a puntare gli occhi scuri in quelli di Oliver – Peggio. Molto peggio amico. –
 
- Non immagino ci sia nulla di peggio che arrivare alla prima giornata di allenamento senza il nostro Cercatore.- borbottò Oliver il quale, con enorme sforzo, tentava di non dare mostra dell’ansia che lo stava divorando dall’interno. Di fatto poco dopo l’arrivo di Katie in campo, proprio mentre Harry Potter in fase dimostrativa stava per catturare il boccino, una coppia di Dissennatori si era avventata su di lui, facendolo svenire ad un’altezza considerevole. Se l’abile bacchetta di Neil non fosse intervenuta in soccorso del ragazzo, probabilmente Harry avrebbe fatto davvero una brutta fine.
 
- Va bene, basta tergiversare, - Ritchie pose le mani sulle spalle di Oliver, probabilmente per evitare che la sua ira si riversasse sugli altri – Harry è fuori. Out. Il Preside ha deciso che vista la situazione Dissennatori sarebbe troppo rischioso farlo giocare. Mi spiace Capitano, ma Potter non potrà rientrare in squadra. -
 
Chi sussultò, chi imprecò, chi si allontanò con cautela dall’area immediatamente vicina ad Oliver Baston. Katie Bell portò una mano alla bocca e ricercò con lo sguardo Alicia, cercando in lei complicità. Intanto il labbro superiore di Oliver aveva cominciato a tremare in maniera ambigua; gran brutto segno, quello lì.
 
- Sono certo riusciremo a trovare una soluzione… - Tentò Ritchie, anche se nemmeno lui credeva alle proprie parole; senza un valido Cercatore come Potter, potevano sognarsi la vittoria di Campionato. Li avrebbero stracciati.
 
- Ammutinamento! - Questa fu l’unica parola che uscì dalla bocca tremolante di Oliver.
 
- Forza e coraggio, maaate! – La voce dal forte accento australiano attirò l’attenzione di tutti. Alicia si era fatta avanti e con fare sereno e pratico, continuò – Abbiamo già una soluzione. -
 
Gli occhi sgranati di Oliver puntarono su Alicia – No che non l’abbiamo… è finita! Dovremo rinunciare… Godric supremo, cosa ho fatto per meritarmi questo? –
 
Intanto Alicia si era avvicinata ad uno scricciolo di ragazza dai corti capelli rossi, che s’era rannicchiata su di una poltrona imprecando fra i denti. Fu sulla sua spalla che Alicia poggiò la mano.
 
- Abbiamo Demelza: chi meglio di lei per sostituire Harry? -
 
- COSA?! –Esclamarono all’unisono la riserva cercatrice, Demelza Robins, ed il Capitano in carica, Oliver Baston.
 


Finalmente ci siamo! Ciao a tutti lettori e partecipanti, non avete idea di quanto siamo elettrizzate per la pubblicazione di questo primo capitolo, che è andato a presentare tutti i vostri personaggi (e alcuni dei nostri).
Ci dispiace molto per non aver potuto selezionare tutti quelli che ci avete mandato e siamo disponibili, qualora qualcuno di voi sentisse il bisogno di chiederci spiegazioni, di fornirvele in privato.
Per il resto le squadre sono formate: abbiamo le figurine, abbiamo una tabella con i vostri personaggi e con i nostri che abbiamo aggiunto in corso d’opera ed in tutto sono ben 28 (sette per squadra). Una marea, ma ce la faremo!
Non vediamo l’ora di sapere la vostra opinione a riguardo. Per ora vi lasciamo con un dilemma e una prima votazione:
 
Dilemma: Cho si riprenderà dal brutto colpo infertole da Mandy, oppure dovrà essere sostituita?
 
Votazione: la prima partita di campionato si avvicina e, come da prassi, vedrà schierati Grifondoro contro Serpeverde. Chi si aggiudicherà la vittoria? Questo sarete voi a deciderlo, votando IN PRIVATO (ci raccomandiamo) per l’una o per l’altra squadra. Ovviamente chiediamo a voi tutti di votare, non solo a chi partecipa con giocatori Serpeverde o Grifondoro, altrimenti che gusto ci sarebbe?

Un abbraccio a tutti/e! A&B
 
 
   
 
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