Capitolo dodicesimo
On se croise sans se lancer un
regard (un regard)
Je n’sais quoi dire quand on m’fait la remarque (la remarque)
Notre entourage tente de nous raisonner (raisonner)
Je pense qu’il est temps de se retrouver (retrouver)
Et j’ai tenté d’te haïr mais la colère est partie
Les bons souvenirs l’emportent sur la haine et la rancœur
I forgive you, you know not what you have done
Ohh I, I forgive you, now it’s time for me to move on
Ohh I, I forgive you, you did not see right from wrong
Ohh I, and I love you, always in my heart you’ll live on
You’ll live on
You’ll live on…
(“Je te pardonne/ I forgive you”
Maitre Gims ft. Sia)
Mentre tutti scappavano il più lontano possibile dalla
Cattedrale, tre persone vi erano invece entrate: si trattava di Sandro
Botticelli, Angelo Poliziano e un medico. Poliziano era presente alla
cerimonia, aveva visto tutto e, invece di scappare, aveva deciso di andare a
cercare un dottore per medicare Lorenzo e Giuliano, nel caso fossero stati
feriti. Sul sagrato aveva incontrato Sandro, gli aveva spiegato la situazione e
insieme erano andati in cerca di un dottore.
Adesso erano di ritorno ed entrambi tirarono un sospiro
di sollievo vedendo che sia Lorenzo sia Giuliano stavano in piedi, sulle loro
gambe; questo significava che non avevano subito ferite gravi. Tuttavia, per
sicurezza, Angelo e Sandro condussero il dottore dagli amici, che si trovavano
ancora davanti all’altare, fronteggiando Antonio e Jacopo.
“Lorenzo, Giuliano, state bene? Siamo andati a chiamare
un medico, lasciate che vi esamini” disse Sandro, notando il graffio sulla gola
di Lorenzo e la manica tagliata del farsetto di Giuliano.
Lorenzo, però, si voltò verso di loro fissandoli con uno
sguardo strano.
“Non adesso, vi prego. Io e mio fratello stiamo bene e le
nostre piccole ferite possono aspettare” disse, in un tono di voce che gli
amici non gli avevano mai sentito. “Portate piuttosto il dottore in sagrestia,
là ci sono Francesco e Guglielmo con le loro mogli e anche mia madre, Clarice e
Francesco Nori, che si è fatto colpire al mio posto. Forse il medico potrà fare
qualcosa.”
Sandro e Angelo si scambiarono uno sguardo perplesso, poi
decisero di obbedire.
Quando i tre si furono allontanati verso la sagrestia,
Lorenzo si rivolse nuovamente verso Antonio e Jacopo.
Il suo sguardo non prometteva nulla di buono.
Si era sentito tradito.
Sarebbe potuto morire, peggio ancora, sarebbero potuti
morire entrambi, lui e Giuliano.
Nori era ferito gravemente, forse era già morto.
Antonio pensava ancora che fosse possibile la pace tra le
loro due stramaledette famiglie?
Dove viveva, sulla Luna?
Antonio lesse tutto questo negli occhi di Lorenzo e capì
che non sarebbe stato facile convincerlo, non sarebbe stato facile per niente.
Quello era il momento della verità.
Antonio provava un dolore acuto al fianco e sentiva il
sangue impregnare la parte del mantello che vi teneva premuta contro, ma sapeva
di non poter cedere. Doveva parlare a Lorenzo e scagionare Messer Pazzi, fosse
anche l’ultima cosa che faceva nella sua vita.
Doveva proteggere l’uomo che amava.
Jacopo stava un passo indietro e non aveva aperto bocca,
forse ricordandosi finalmente di avere una coscienza pure lui: era
insolitamente dimesso, teneva lo sguardo a terra e aveva una chiara espressione
di vergogna dipinta sul volto. Insomma, si sentiva una merda e in tutta onestà
non gli si poteva dar torto…
“Cos’è questa storia, dunque, Jacopo? Chi erano quei
sicari e quanto ne sapete voi?” domandò brusco Lorenzo all’uomo. Sì, certo,
aveva visto che lui e Francesco erano intervenuti e li avevano uccisi e poteva
anche credere che il giovane Pazzi non ne sapesse niente, ma per quanto
riguardava Jacopo… beh, la sua espressione raccontava tutta un’altra storia.
“Lorenzo, adesso ascoltami bene” intervenne Antonio,
ponendosi ancora meglio davanti a Jacopo. “Ti avevo già parlato di quello che
avevano in mente il Papa e suo nipote Riario, ricordi? Il loro complotto per
assassinarvi e prendere il potere a Firenze è andato avanti e si è ingigantito,
coinvolgendo sempre più persone… non soltanto Salviati, ma anche, come avete
visto, Maffei di Volterra e addirittura i Priori Vespucci e Bandini!”
Le parole di Antonio colpirono più Jacopo che Lorenzo:
possibile che quel ragazzino avesse saputo tutto
fin dal principio e lui non se ne fosse accorto? Quanto era stato bravo a
dissimulare, a fingere?
E, soprattutto, se sapeva ogni cosa, perché non aveva
cercato di fermarlo?
Quella era la domanda da un milione di fiorini d’oro…
“Sì, me ne avevi parlato, ma avevi anche giurato che
Jacopo Pazzi non era coinvolto, eppure adesso siamo qui e non mi sembra proprio
il ritratto dell’innocenza. Vuoi cambiare versione, Antonio?” ribatté Lorenzo,
in un tono duro che l’amico non gli aveva mai sentito… ma è anche vero che non
capita tutti i giorni di rischiare di essere sgozzato alla Messa di Pasqua, per
cui si può capire che fosse un tantino
alterato.
“Io non ho niente da cambiare. Messer Pazzi non è mai
stato coinvolto in questa congiura” affermò il ragazzo con veemenza. Magari, se
lo diceva abbastanza spesso, potevano anche crederci tutti, perfino lui. “Non
hai visto? E’ stato proprio Messer Pazzi a salvare Giuliano e te, aiutato da
Francesco.”
“Era fin troppo pronto a intervenire, come se sapesse molto
più di quanto tu voglia far credere, Antonio. E poi lui e Francesco hanno
ucciso tutti i sicari, molto comodo, no? Visto che avrebbero potuto parlare…”
“Io non ti riconosco più, Lorenzo!” esclamò Antonio. “Mi
hai sempre appoggiato quando parlavo di pace tra la tua famiglia e quella dei
Pazzi e adesso…”
“Pace? Pace? La chiami pace, questa? E’ solo per un caso
se io e Giuliano siamo vivi!”
“Siete vivi perché Messer Pazzi e Francesco sono accorsi
per salvarvi” insisté Antonio, testardo. “Invece di perdere tempo ad accusare
un innocente, dovresti preoccuparti
di ben altro. I soldati del Papa sono in città, Salviati e Montesecco
tenteranno di occupare il Palazzo dei Priori e l’esercito di Riario potrebbe
arrivare a Firenze da un momento all’altro!”
“Ma senti questa… sempre meglio” mormorò Giuliano,
indignato.
“Molto bene, Antonio, ci occuperemo di tutto, ma continuo
a chiedermi come facevi tu a sapere tutte queste cose, se, come affermi, Pazzi
non ne sapeva niente” replicò Lorenzo. Tutti continuavano a parlare di Jacopo
come se non fosse lì presente, ma andava bene così, perché non avrebbe saputo
davvero cosa rispondere. Veniva a sapere adesso che Antonio era al corrente di
tutto, non solo della congiura ma anche del tentativo di prendere la città… e
lo vedeva difendere disperatamente una posizione indifendibile come la sua.
Sinceramente, si sentiva sempre di più una merda.
Antonio si sentì afferrare dall’angoscia, mentre il
dolore al fianco si faceva più forte e la vista iniziava ad annebbiarglisi. Le
cose non stavano andando come aveva sperato e lui doveva sbrigarsi, non poteva
permettersi di perdere i sensi prima di aver convinto Lorenzo.
“Va bene, cosa vuoi sentirmi dire? Che Messer Pazzi era
coinvolto? Che, magari, è stato lui a organizzare tutto il complotto? E’ questo
che vuoi, Lorenzo? Vuoi trovare qualcuno da punire? Se è questo che vuoi, posso
accontentarti” adesso il ragazzo era veramente allo stremo delle forze e la
situazione disperata non lo aiutava. Eppure non avrebbe permesso che Messer
Pazzi fosse arrestato, magari malmenato dalle guardie e infine… no, non lo
voleva nemmeno pensare!
“Se vuoi dei colpevoli da punire, allora facci arrestare,
Lorenzo, ma facci arrestare entrambi.
Perché tutto quello che Messer Pazzi sapeva, lo sapevo anch’io e, se lui deve
essere punito per aver avallato questo complotto, io sono colpevole quanto lui
e devo essere punito come lui, perché anch’io sapevo tutto e non ho detto
niente, non ho fatto niente per fermare i congiurati” riprese Antonio, e adesso
il suo sguardo bruciava Lorenzo. “Se Messer Pazzi deve essere giudicato per
alto tradimento, lo stesso vale per me. Tutto quello che vorrai fare a lui,
dovrai farlo prima a me.”
Le parole disperate di Antonio toccarono il cuore di
Lorenzo.
Il suo giovane amico era disposto a tutto pur di
proteggere Jacopo Pazzi, perfino a farsi processare e giustiziare per alto
tradimento.
Questo andava ben oltre i suoi ingenui tentativi di
cercare la pace e l’armonia tra Medici e Pazzi. Antonio era cresciuto, maturato
e adesso era pronto a morire pur di salvare quell’uomo.
E, in fondo, Jacopo e Francesco avevano veramente
aggredito e ucciso i sicari che attentavano alla loro vita… Jacopo avrebbe
anche potuto far finta di niente, intervenire solo per difendere Antonio e
lasciare che Bandini e Vespucci colpissero Giuliano. Sarebbe stato proprio nel
suo stile…
Invece non era andata così.
E adesso? Cosa avrebbe fatto Jacopo Pazzi? Se lo avesse
risparmiato per affetto verso Antonio, avrebbe potuto fidarsi di lui o avrebbe
dovuto aspettarsi un altro complotto?
Perché Antonio aveva ragione: non avrebbe potuto usare
due pesi e due misure, se avesse fatto arrestare Pazzi per tradimento, avrebbe
dovuto fare lo stesso con il giovane. E, a quel punto, cosa sarebbe accaduto?
Come avrebbe reagito Clarice? E Francesco e Guglielmo?
Poteva essere lui, Lorenzo, a mettere la parola fine a una faida che durava da fin
troppi anni. Lì e in quel momento. Poteva fare il passo decisivo verso la pace.
Gli parve di sentire la voce della nonna, Contessina, che
sul letto di morte gli sussurrava di ricercare sempre la pace, di non cedere
alle vendette, di pensare al bene di Firenze… (no, non sentiva le voci, nonostante fosse ancora
piuttosto traumatizzato dall’accaduto). Lei aveva creduto in lui, aveva sempre
pensato che sarebbe stato lui l’uomo che avrebbe portato finalmente la pace e
la prosperità a Firenze. E le parole di Antonio erano così simili a quelle di
sua nonna: gli insegnamenti e i saggi consigli di Contessina sembravano
riecheggiare nella voce del suo giovane amico.
“Messer Jacopo, potrei anche pensare che non era vostra
intenzione arrivare a questo, che non eravate d’accordo con i piani di Papa Sisto
e di Riario, che non avreste mai voluto vedere una guerra civile a Firenze”
iniziò Lorenzo, rivolgendosi all’uomo.
“Ed è così. Tutto quello che ho fatto, l’ho sempre fatto
per il bene di Firenze: non tollererei mai che venisse sfregiata dalle violenze
o occupata da eserciti stranieri” disse Jacopo, parlando per la prima volta… e
riconosciamogli che, in quello che aveva detto, era stato sincero.
“Poiché siamo d’accordo almeno su questo punto, io potrei
essere disposto a dimenticare gli odi e i rancori che ci hanno diviso per tanto
tempo, se voi faceste lo stesso” riprese il giovane Medici. “La mia famiglia
non ha mai odiato la vostra, abbiamo accolto con gioia Francesco e Guglielmo
nella nostra casa. Voi continuerete a odiarci e a tramare contro di noi, Messer
Jacopo?”
L’uomo scosse il capo. E non era solo una risposta di
convenienza, la sua. Quando aveva visto Vespucci e Bandini colpire Antonio,
aveva compreso qualcosa che non era ancora riuscito a capire fino a quel
momento.
Il potere, l’eliminazione dei Medici, il prestigio, non
avrebbero più avuto alcun significato per lui se avesse perduto quel ragazzino
che gli aveva illuminato la vita con la sua allegria e il suo affetto.
Niente valeva la perdita di Antonio.
E niente valeva la distruzione di Firenze.
“No” rispose semplicemente. “Oggi ho compreso il mio
errore, ho compreso tante cose. Firenze deve essere unita, i miei nemici non
sono i Medici… sono quelli là fuori, che vogliono strapparci la nostra città.”
“Ah, ora è diventata la nostra città?” fece Giuliano, che pareva aver ritrovato il suo
spirito caustico. “E noi dovremmo fidarci delle parole di uno che…”
“Basta così” lo fermò Lorenzo. Poi fece un passo verso
Jacopo e gli tese la mano. “Non voglio sapere se e quanto eravate coinvolto
nella congiura. Siete disposto ad agire insieme
a me per difendere Firenze?”
“Lo giuro, davanti a questo altare, davanti alla Croce di
Cristo, non agirò mai più contro i Medici e…”
“Allora la cosa finisce qui e ora. Non ne parleremo mai
più” tagliò corto Lorenzo, tendendo ancora la mano a Jacopo, nonostante una
certa espressione nauseata da parte di Giuliano… Jacopo prese e strinse la mano
che Lorenzo gli tendeva (roba da brividi, ragazzi!).
“L’inimicizia tra le nostre famiglie e tutto quello che c’è
stato finisce qui e ora” ribadì Lorenzo.
“Finisce qui e ora” ripeté Jacopo.
L’emozione, il dolore e il sangue perduto sopraffecero
Antonio che, con un lamento, cadde a terra.
Lorenzo, Giuliano, ma soprattutto Jacopo, furono subito
accanto a lui. L’uomo lo prese tra le braccia e si accorse della ferita al
fianco, del mantello intriso di sangue… Antonio era stato ferito da Vespucci,
ma non aveva detto niente perché era troppo impegnato a difendere lui da qualunque accusa.
Cosa aveva mai fatto per meritarsi quel ragazzo? Per
meritare il suo amore e la sua devozione?
Niente, Jacopo lo sapeva bene. Anzi, tutto ciò che era
accaduto era colpa sua, anche se Lorenzo aveva fatto finta di credere che non
fosse così.
Dio, prenditi la
mia Banca, il potere, il prestigio, il buon nome della mia famiglia… non voglio
più niente, ma non portarti via Antonio,
fu l’unico pensiero che attraversò la mente di Pazzi.
Strinse il ragazzo tra le braccia, cercò di tamponare la
ferita anche con il suo mantello, mentre Lorenzo e Giuliano si affrettavano
verso la sagrestia a chiamare quel dottore che adesso sembrava così
provvidenziale.
“Antonio, resta con me, resta con me” gli disse, a bassa
voce, tenendolo stretto, avvolgendolo nel suo abbraccio come per proteggerlo. “Resta
con me, lo hai promesso, hai promesso che non mi avresti mai lasciato, mai.”
Il ragazzo aprì gli occhi e si sforzò di sorridere
debolmente.
“Io non vi lascerò mai, Messer Pazzi… non ora, non così…
non ora che ho visto finalmente… la pace…” mormorò.
Mentre il dottore accorreva presso Antonio, seguito da
Lorenzo e Giuliano, il cuore di Jacopo Pazzi sperimentava il più grande
terrore, vuoto e dolore di tutta la sua vita.
Non poteva perdere Antonio.
Tutto, ma non quello.
Fine capitolo
dodicesimo