Film > Le 5 Leggende
Segui la storia  |       
Autore: Roiben    04/07/2019    0 recensioni
Qui si narra di avventure e tribolazioni occorse all’Uomo Nero, e del suo fatale incontrar la Dea della Notte, dopo del quale nulla mai sarà più come fu.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- Sophìa -

 

Quando ricompaiono, il sole è basso all’orizzonte e ormai in procinto di lasciare il posto a una sera che si prospetta tiepida e profumata di erbe aromatiche. Pitch, molto lontano dal pensiero di poter apprezzare il cambio di scena e l’amenità del luogo, sibila e socchiude gli occhi, schermandosi con una mano mentre va alla ricerca di un posto riparato nel quale potersi rifugiare fino all’imbrunire.

 

«Scusa» soffia Arawn, osservando con rammarico il disagio dello spirito. «Ho pensato solo ad allontanarci dai guai. Temo di aver del tutto dimenticato di tenere traccia dei movimenti del sole» prova a spiegare a sua discolpa.

 

Pitch, quasi accecato dal riverbero, annaspa trascinandosi a fatica dietro alcuni arbusti di quello che, almeno a giudicare dall’odore, ritiene essere lauro, e una volta guadagnata la penombra trae uno stentato sospiro di sollievo, poi soffia uno sbuffo annoiato mentre il leopardo, che nel frattempo doveva essersi avvicinato a lui, gli solletica il collo con le lunghe vibrisse per controllarne le condizioni.

 

«Siamo ancora interi. Di certo questo si può considerare un fatto positivo» si limita a commentare asciutto e poco incline a portare avanti una conversazione.

 

«Sì, è così» conferma Arawn a bassa voce, nel tentativo di non aggravare le sofferenze dello spirito.

 

Sposta lo sguardo sul leopardo e con esso ne segue i movimenti mentre questi si acciambella al fianco dell’Uomo Nero. Scuote la testa, ma accenna comunque un piccolo sorriso divertito.

 

«Posso arrischiare ad allontanarmi qualche momento? Vorrei dare un’occhiata ai paraggi per cercare di capire in che luogo ci troviamo. Noto che comunque disponi di un’ottima sentinella» scherza.

 

Un cupo borbottio risponde alla sua proposta e, ancora una volta, Arawn è indeciso se esso provenga dal felino oppure dallo spirito oscuro.

 

«Preferirei, in tutta franchezza, se evitassi di insultare oltre la mia intelligenza, signore dell’Annwn» replica Pitch con una strana calma che mal si concilia con le parole appena pronunciate. «Sono perfettamente in grado di comprendere quando  la mia compagnia non è apprezzata, pertanto so bene quanto la mia presenza non sia di tuo gradimento».

 

 «Non ho detto questo» si difende Arawn, un lieve allarme percepibile nella sua voce appena traballante.

 

«Non lo hai detto, è vero» ammette Pitch. «È possibile che tu non ne sia al corrente, ne convengo; per questo motivo vorrei informarti che posso avvertire le tue paure, le tue insicurezze e perfino il tuo disprezzo. Sono peculiarità che fanno parte integrante del mio bagaglio di spirito oscuro» fa notare con tono piatto e incolore.

 

«Questo non è…»

 

Stringe le labbra in una smorfia contrita, incapace di portare a termine la frase. Era in procinto di protestare che le affermazioni dello spirito non rispondevano al vero, ma ciò sarebbe equivalso a mentire. Sospira, si preme i palmi sugli occhi e fa scorrere le dita fra i capelli, che ora sono come fili d’argento brillanti agli ultimi raggi di sole.

 

«Mi dispiace. Sono stato ingiusto» si rammarica. «Non mi hai mai fatto alcun torto e non avevo il diritto di giudicarti in modo negativo sull’unica base di… sciocchi preconcetti».

 

«Posso ben immaginare che avresti gradito, accanto, qualcuno di più idoneo» pondera, le palpebre abbassate a dar sollievo agli occhi affaticati.

 

«Sì… No! Ah, dèi, ti detesto» sbotta Arawn, seccato oltre ogni dire per la propria incapacità di venire a patti con quella faccenda incresciosa.

 

Bizzarramente, le labbra di Pitch si piegano in un lieve sorriso indulgente. «Lieto di saperlo».

 

Arawn rimane un lungo istante a bocca aperta, allucinato e incredulo. «Stai scherzando? Ho appena finito di insultarti (di nuovo). Come può, questo, renderti lieto?».

 

«Non apprezzo le menzogne, quand’anche celate da omissioni. Non hai idea di quanto sia arduo sostenere la dualità di coloro che pretendono di esserti amici, mostrando al contrario chiaramente, con i propri sentimenti negativi, quanto falsi riescano a essere» spiega pragmatico.

 

Arawn lo fissa sgomento e ingoia uno scomodo bolo di saliva. «Tu hai… Hai sempre saputo?» soffia a disagio più che mai.

 

«Evidentemente» conferma Pitch senza scomporsi affatto.

 

«Ma… hai comunque deciso di aiutarmi» contesta incredulo.

 

«Lo sai, ammiro la tua innata capacità di sottolineare l’ovvio» replica per tutta risposta con acuto sarcasmo.

 

Arawn sbuffa, facendo vibrare le narici. «Non sei esattamente un campione di simpatia» recrimina seccato.

 

Pitch fa spallucce, poco toccato da quel commento. «Non ho mai sostenuto né preteso di esserlo, in verità, e nessuno mai se lo è aspettato da me».

 

«Perché?» insiste Arawn, deciso ad avere una risposta che possa definirsi tale.

 

«Diamine, è ovvio: sono l’Uomo Nero; mi nutro di paura, non di risate» borbotta piccato e un filo offeso.

 

Con una solenne occhiata esasperata, Arawn si avvicina, mettendo in guardia con i suoi movimenti indesiderati il leopardo che, per tutta risposta, affila lo sguardo e lo tiene attentamente sotto tiro, sfoderando gli artigli.

 

«No, non questo. Voglio sapere per quale motivo hai deciso di venire in mio soccorso e tirarmi fuori da quel posto».

 

«Mi servivi» si limita a rispondere Pitch, quasi con candore.

 

«Non è una risposta!» sbotta Arawn alterato.

 

Pitch arrischia a sollevare le palpebre, sperando che la luce sia ora abbastanza fioca da non creargli fastidi e, quando nota che così è, indirizza uno sguardo indagatore all’altro.

 

«Lo è, invece. Mi rendo conto che non sia il genere di risposta che ti aspettavi, ma non ne otterrai di migliori, non da me».

 

«Sei una brutta persona» sibila, fissandolo truce.

 

«Ne convengo».

 

Arawn assottiglia le labbra, contrariato. Vorrebbe insultarlo, di nuovo, ma sa che questo non lo aiuterebbe in alcun modo né lo renderebbe migliore dell’altro; pertanto desiste dai suoi propositi bellicosi e trae un lento respiro per calmarsi. In fondo non può nemmeno fargliene una colpa: si tratta pur sempre della sua natura, che concorre a indirizzare le sue azioni.

 

«Stai di nuovo avendo brutti pensieri» lo avverte di buon grado Pitch.

 

Arawn sobbalza impreparato e lo scruta guardingo e sospettoso. «Sai anche di che genere?» indaga nervoso.

 

«No, non lo so. Ciò di cui sono a conoscenza è che si tratta di pensieri di natura maligna e che, per buona misura, sono indirizzati al sottoscritto. Il resto è affar tuo».

 

Si sente confuso, e un poco sfiduciato. «È difficile» mormora fra sé.

 

«Che cosa?» si informa lo spirito con un pizzico di curiosità.

 

«Trovare il modo per convivere senza…»

 

«Ricoprirmi di insulti?» offre volenteroso.

 

«Farti del male» corregge in un soffio.

 

«Ah, capisco. Temo non sia una possibilità praticabile. E comunque sono ampiamente avvezzo a certi trattamenti, tanto che è ben difficile, oramai, colpirmi a morte».

 

Arawn rimane muto di fronte alle parole e all’atteggiamento dello spirito, e segretamente si sente grato di non doversi trovare al suo posto, perché in tutta onestà non crede che saprebbe sopportarlo per più di qualche misero giorno senza perdere il senno.

 

*

 

Il cielo, poco prima rosato, vira rapidamente al viola e all’indaco. Pitch inspira l’aria tiepida e profumata e si scosta dal ruvido appoggio del suo precario riparo, rimettendosi in piedi e scrutandosi attorno con curiosità.

 

«Oso supporre tu ci abbia condotti sulle coste del Mediterraneo» mormora rivolto a un ancora sconvolto Arawn.

 

«Cosa te le fa presupporre?».

 

«La vegetazione predominante, innanzitutto. In secondo luogo la conformazione del terreno. Per ultimo il clima temperato» spiega con pazienza. Avanza di qualche passo, mentre i suoi occhi sensibili scorgono i contorni delle alture sulle quali si trovano in quel momento e, dietro una di queste, scorge lo scintillio degli ultimi dardi solari riflettersi su di una vasta superficie lucida. «Ah, non siamo poi così distanti dalla costa, dopo tutto. Osserva» esclama, indicando al compagno l’orizzonte lontano.

 

«Quello è il mare?» sussurra Arawn, suo malgrado intrigato dalla prospettiva. «Sembra allettante, visto da qui».

 

«Suppongo di sì. Mi auguro solo che quelle non siano le coste dell’Iberia» elucubra Pitch.

 

«Come mai?» si incuriosisce Arawn.

 

Pitch lo fissa di traverso e scuote il capo, desolato. «Dovresti provare a tenerti maggiormente aggiornato sui movimenti del mondo dei mortali. Per lo meno seguire la direzione presa dalle guerre degli umani, non fosse altro che per non incapparvi giusto nel mezzo nel momento meno opportuno».

 

«Oh» si limita a commentare Arawn, interdetto e vagamente impensierito. Poi, d’un tratto, nota che lo spirito ha assunto un’espressione un poco più triste e decide quindi di arrischiarsi a indagare. «Cosa accade ora? Qualche problema?».

 

Pitch, ripescato dai suoi pensieri, si riscuote e torna con l’attenzione al momento presente. «No, o quanto meno lo spero. Semplicemente riflettevo su un fatto cui avevo smesso di prestare attenzione fino a poco fa».

 

«Ovvero?» insiste, incoraggiato dal non essere ancora stato ammonito da qualche sguardo assassino.

 

«Non so se sia anche il tuo caso, ma da parte mia avevo una meta nel momento in cui malauguratamente mi sono imbattuto nei cacciatori di Nemain, e si dà il caso che quella meta fosse…». La sua voce sfuma mentre solleva lo sguardo sul cielo ormai scuro, in una direzione ben precisa dal lato opposto rispetto al mare. Sospira. «Lontana. Decisamente lontana da qui» soffia, suo malgrado deluso e sconfortato dalla presa di coscienza.

 

Arawn abbassa lo sguardo e sospira a sua volta. «No, io… non ne avevo idea. Se… lo desideri, posso provare a riportarti sul sentiero giusto» tituba preoccupato.

 

Pitch sbuffa una piccola risata affatto divertita. «No, non puoi».

 

«Cosa? Io… Sì, certo che posso, se…».

 

«Continui a farlo: mi parli come se fossi uno sciocco sprovveduto. Pensi non sappia che hai usato i tuoi poteri per portarci lontani da quel luogo solo in virtù del fatto che l’unica alternativa non poteva che essere la sconfitta? Ho avvertito il tuo dolore nel farlo, e attraverso il tuo quello di questo mondo. Non puoi rifarlo, non per scopi futili come quelli che ti proponevi poco fa, in ogni caso».

 

Le labbra di Arawn sono strettamente serrate, e non sa se ciò che sta trattenendo sia la rabbia oppure il dolore. Ciò che invece sa è che inghiottirà la propria lingua un boccone per volta prima di permettersi il lusso di pronunciare un altro, inutile insulto contro quel dannato spirito oscuro. E poi, all’improvviso, il sentimento che lo ha atterrito fino a un momento prima evapora nel nulla, lasciandolo svuotato di tutto tranne che di vergogna quando un pensiero sfiora la sua mente confusa: tutti i suoi sforzi sono inutili, perché lui ne ha di certo già compreso le intenzioni inespresse. Gli è sufficiente un fugace sguardo alla sbilenca smorfia sulle labbra dello spirito per averne conferma e sentirsi un perfetto idiota.

 

«Non potresti, non so… spegnere quella parte della mente che ti permette di ricevere questo genere di informazioni?» tenta, sentendosi sempre più sciocco.

 

Pitch sfarfalla le ciglia, perplesso. «Potrei prestarti una delle mie spade. Se mi stacchi la testa sono certo che risolverai il tuo problema».

 

Le gote di Arawn si accendono di porpora. «Dèi, quanto ti odio» borbotta.

 

In quella Pitch si ritrova a sorridere, e non è un riso di scherno, né una smorfia sarcastica; accompagna una sensazione in parte piacevole. Scuote il capo, confuso suo malgrado, e torna con lo sguardo su Arawn.

 

«Ebbene, non desideravi forse dare un’occhiata nei dintorni? Se non ti crea problemi potrei accompagnarti, così che si possa farci un’idea più chiara e precisa sul luogo in cui siamo capitati» avanza propositivo.

 

Arawn sbuffa ma annuisce. «D’accordo. Ti seguo, fai strada» accetta.

 

*

 

L’odore salmastro dell’acqua marina si fa sempre più marcato e presto giungono anche a udirne il sommesso sciabordio. Oramai il cielo è scuro, di un blu profondo che presto diverrà nero insondabile, come scura è anche l’acqua che più che scorgere odono davanti a loro. Non c’è dubbio, pertanto, che abbiano infine raggiunto la costa. Si tratta per lo più di rocce spigolose e frastagliate; la vegetazione è del tutto scomparsa e non rimangono che alghe essiccate e acqua spumeggiante.

 

«Non ha l’aspetto di un luogo pericoloso» azzarda Arawn, fermo alle spalle dello spirito e intento nell’improbabile tentativo di scorgere qualche dettaglio in più di ciò che si trova di fronte ai suoi occhi.

 

«In effetti no. A prima vista sembra essere disabitato. Ma è quasi notte, dopo tutto; non è da escludere che gli umani si siano semplicemente ritirati nelle loro abitazioni più accoste all’entroterra» soppesa Pitch, lasciando vagare gli occhi sulla volta celeste punteggiata di stelle sempre più vivide e brillanti.

 

Uno sciaguattare d’acqua e un piccolo ringhio borbottato informano i due che il leopardo è evidentemente impegnato in un’infruttuosa caccia tra i flutti. Lo spirito oscuro avanza di qualche passo leggero fino a raggiungere il punto in cui il felino ancora mugola deluso e con il pelo infradiciato. Con un leggero sbuffo divertito si accosta al leopardo e sfiora il retro delle sue morbide orecchie con i polpastrelli.

 

«Scostati un momento, vuoi?» sussurra gentile.

 

Mentre Arawn socchiude gli occhi cercando di distinguere i movimenti di Pitch, quest’ultimo estrae una lama dal suo fodero, la mantiene un lungo momento sospesa nell’aria e infine la fa saettare poco oltre la superficie dell’acqua. Un istante dopo, quando la punta acuminata torna fuori, un guizzo d’argento la segue. Arawn sgrana gli occhi mentre il guizzo precipita con un lieve tonfo sugli scogli, dibattendosi e contorcendosi; poi il leopardo gli si avventa contro e affonda le fauci nel corpo freddo e scivoloso del pesce.

 

Pitch rinfodera la spada e si siede sul bordo di una roccia che ancora mantiene un poco del calore accumulato durante la lunga giornata di sole da poco conclusa. Inspira piano la brezza profumata e osserva con tranquillità il leopardo terminare con minuziosa accuratezza il proprio pasto tanto a lungo desiderato.

 

«Hai riflettuto su come chiamarla?» si fa strada nei suoi pensieri la voce pacata di Arawn.

 

Scuote la testa. «Non ancora. Hai forse qualche buona idea?» si informa.

 

Sta giocando, questo lo sa bene. È uno spirito oscuro, per di più con alle spalle una cospicua quantità di nemici. Non crede affatto di potersi permettere il lusso di farsi accompagnare nel suo peregrinare da una creatura vivente, seppur in grado di difendersi in maniera più che accettabile.

 

«Mi domandavo… che ne pensi di Sophìa?» propone Arawn.

 

Si volta lentamente alle proprie spalle, scrutando nel buio il riflesso delle lontane stelle negli occhi perlescenti della divinità. «È un nome piuttosto importante per un gatto» pondera indeciso.

 

Avverte il sorriso sulle labbra di Arawn senza il reale bisogno di scorgerlo con gli occhi. «Forse. Ma non puoi negare che non si tratti di un gatto qualsiasi» considera.

 

«Questo è vero» ammette Pitch. «Molto bene: vada per Sophìa» decide, avvertendo un ignoto pizzicore al petto. Quando il leopardo termina il pasto, si rimette in piedi e le fa segno di avvicinarsi, poi le si inginocchia accanto, accarezzando il morbido pelo lungo il collo. «Cosa ne dici? Ti garba, Sophìa?» mormora in tono dolce, guadagnandosi un gorgoglio di fusa dall’interessata.


  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Le 5 Leggende / Vai alla pagina dell'autore: Roiben