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Autore: HistoryFreak_91    06/07/2019    2 recensioni
6000 anni sono davvero un'infinità. Tante sono le vicende, gli eventi storici e non che si susseguono e Crowley ed Aziraphale erano nei paraggi per molti di essi.
Questa fanfiction ha la volontà di evidenziare alcuni momenti salienti delle vite delle due entità, cercando di essere il più possibile storicamente accurata (con alcuni cambiamenti per rendere più vivace ed anche più semplice la lettura) e soprattutto fedele ai due personaggi principali.
Gli avvenimenti saranno in ordine sparso. Potrebbero essere solo un paio di capitoli oppure una bella raccolta di numerose oneshot/flashfic/drabble.
Genere: Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Crowley stava riposando sul divanetto del piccolo cottage fuori dalla città nel quale si era stabilito negli ultimi anni. Era una notte scura e minacciava pioggia. Era da un po' che il demone non usciva e passava le sue giornate a fare una cosa che aveva imparato dagli umani: dormire. Il tempo così passava più veloce e quel secolo, che si stava rivelando sempre più noioso, scorreva via in un baleno. 

 

Quella sera non era diversa da tutte le altre: cieli scuri, silenzio, il fuoco acceso nel focolare, non tanto per scaldarsi ma perché gli piaceva vederlo scoppiettare, gli dava una sensazione di calma, di familiarità. Era tutto normale almeno fino a quando la porta non sussultò, colpita diverse volte da un pugno insistente. Crowley corrugò la fronte sbuffando: chi diamine poteva essere a quell'ora? Anzi no, chi diamine poteva essere punto e basta? Nessuno lo visitava, nessuno lo conosceva, a nessuno importava di lui come a lui non importava di nessuno. Avrebbe voluto controllare dalla finestra ma sapeva che l’oscurità gli avrebbe impedito di vedere l’agitato uomo alla porta che continuava a bussare ad intervalli regolari. Gli avrebbe voluto urlare di andarsene, dire che non c'era nessuno in casa, ma si rese conto che sarebbe stato controproducente. Così, come per premiare tanta insistenza, Crowley si arrese e raggiunse l'entrata del suo domicilio, aprendola per rivelare un angelo scosso da spasmi incontrollabili.

 

“Aziraphale?” Lo riconobbe immediatamente. Che ci faceva lì a quell'ora? E perché tremava come una foglia?

 

“Perché?” Lo sentì singhiozzare e gli avrebbe risposto che stava per chiedergli la stessa cosa ma il tono disperato dell’altro gli impedì di proferire alcunché. L'angelo alzò lo sguardo, mostrando gli occhi gonfi e rossi di pianto che fecero sussultare il cuore del povero demone. “Perché non fa niente?” Crowley era distratto dalla voce spezzata dell’uomo davanti a lui e ci volle una grandissima forza di volontà per riuscire finalmente a comprendere le parole che gli erano state proferite.

 

“Chi non fa niente?” Domandò, corrugando la fronte e cercando gli occhi dell’angelo che aveva nuovamente abbassato il capo, torturando le mani portate al petto. 

 

“Ho chiesto loro di aiutarli, di fare qualcosa.” Parlava in modo frenetico, Crowley a malapena riusciva a capire il senso di ciò che l’angelo diceva; era troppo distratto dal movimento delle sue spalle, su e giù, affannate come se non avesse più fiato in corpo. “Niente.” L'angelo fissò di scatto gli occhi verde-azzurro in quelli gialli del demone che dimenticò improvvisamente di respirare: sembrava così indifeso, lì, in quel momento, davanti a lui, un demone. Possibile che non avesse amici migliori da cui andare? “Mi hanno detto di non fare niente.” Riprese l’angelo e Crowley dovette costringersi a tornare a concentrarsi sulla sua voce, perso in quegli occhi così espressivi, così buoni, cosi fragili. Ci volle qualche istante ma finalmente Crowley digerì le parole dell'altro e si scosse, risvegliandosi.

 

“Entra.” Lo fece accomodare ed Aziraphale non se lo fece ripetere due volte. Si fece largo nella piccola stanza, guardandosi distrattamente attorno, appena notando l'arredamento minimalista ma decisamente ordinato ed accogliente. Crowley gli indicò il divanetto e si diresse verso una piccola bottega prendendo del vino e dei boccali. Verso due tazze piene e ne offrì una all'angelo che gli fece un cenno di ringraziamento, portandosi il liquido alle labbra con mani tremanti. Crowley non sapeva che cosa dire: si sedette accanto a lui, a qualche palmo di distanza, e l'osservò sorseggiare la sua bevanda come se fosse il suo ultimo appiglio. Avrebbe voluto confortarlo ma sapeva benissimo di non essere la persona giusta per un compito del genere. Si morse le pareti della bocca in maniera nervosa, aspettando che fosse l'angelo a riprendere il discorso.

 

“Continuando di questo passo, la popolazione sarà dimezzata.” Disse l'angelo tutt’un tratto, tirando su col naso. Crowley prese un profondo respiro. L'idea del ratto infetto non era stata sua, non ci aveva avuto niente a che fare. Era tutto un piano dei colleghi di Giù con l'aiuto di Pestilenza ed a lui era stato solo dato il semplice compito di liberare il ratto infetto sulla superficie e, si sa, ad un ordine diretto dell'Inferno, soprattutto se comandato da uno dei Cavalieri dell'Apocalisse in persona, non si può dire di no. Aveva fatto ciò che gli era stato chiesto ma non poteva negare di aver sperato fino all'ultimo che la creatura morisse prima di provocare alcun danno. Purtroppo i piani degli Inferi erano ben escogitati ed il ratto aveva fatto esattamente (se non di più) ciò che gli era stato richiesto ed ora la popolazione europea era in rapido declino da due anni e persino Londra, adesso, era stata colpita dalla pestilenza rendendola una città invivibile. Le esaltazione dei cadaveri, i fumi dei corpi, la scarsa igiene facevano sì che la malattia si estendesse ancora più lontano ed ancora più velocemente. E Dio non voleva fare niente. Crowley non era sorpreso: erano secoli che Dio aveva cessato di interessarsi direttamente agli umani, abbandonandoli alle sole cure dei suoi angeli e tra quelli il povero Aziraphale che ancora non riusciva a capacitarsene. Se Crowley aveva capito da tempo che egli era solo, Aziraphale sembrava non volersi rendere conto della situazione e chi era Crowley per rovinare il suo castello di carta? Lo avrebbe odiato se gli avesse raccontato la verità e Crowley non era disposto a perdere la compagnia dell'unica persona su quella Terra che lo trattava ancora con confidenza, con gentilezza persino, senza chiedere  nulla in cambio. 

 

Crowley osservò il suo compagno di bevute, riempiendogli il boccale ogni volta che lo vedeva mezzo vuoto. Parlava adesso, Aziraphale; parlava veloce, trascinando un po' le parole per via dell'ebrezza, ma almeno aveva messo fine a quel silenzio assordante.

 

“… e tutti quei bambini.” Stava lamentando ora l'angelo, la testa che dondolava come se fosse troppo pesante da tenere dritta sul collo. “Tutte quelle persone che non vedranno il mondo, che non scopriranno la meravigliosa creazione di Dio, come questo vino.” Crowley avrebbe sorriso a quell'ultima frase ma si era perso nuovamente nei suoi pensieri alle prime parole dell'angelo: a Crowley piaceva il mondo; gli piaceva il mondo e tutte le sue sorprese. Il solo pensiero di non essere partecipe testimone di quelle sorprese lo rattristava. Sentì una fitta al cuore e si affrettò ad ingurgitare il resto del contenuto della sua tazza come per spazzare via quella spiacevole sensazione. 

 

Aziraphale, dal canto suo, aveva abbandonato la coppa vuota insieme alla bottiglia dopo essersi assicurato che non fosse rimasta neanche una goccia di liquido. Crowley lo guardò con un mezzo sorriso prima di incupirsi di nuovo quando l'altro infilò le dita nei riccioli, nascondendo il viso, piegato sulle ginocchia. Il demone inghiottì dolorosamente ed alzò una mano per posarla delicatamente sulla schiena dell'angelo cercando di dargli conforto.

 

“Andrà tutto bene.” Disse con un tono un po' strascicato, un po' per la sbornia, un altro po' perché non erano parole tipiche di un demone quelle che stava proferendo. Aziraphale aveva infatti alzato lo sguardo e l'osservava pieno di meraviglia mentre l'altro fissava il vuoto davanti a sé cercando di evitare il contatto diretto con quegli splendidi occhi, anche se la sua mano riposava ancora sulla spalla dell'amico. “Gli umani sono degli scaltri bastardi. Sono sopravvissuti quanto me e te. Supereranno anche questa.” E qui il demone sorrise, quel sorriso beffardo che gli era così congeniale, così tipico. I suoi occhi incrociarono quelli dell’angelo che, per la prima volta quella sera, si sentì riempire di nuova, vitale speranza. 

Aziraphale tirò su col naso e si asciugò gli occhi con i lembi della camicia. Prese a respirare lentamente, riottenendo il controllo di sé stesso.

 

“Hai ragione.” Disse infine, mettendosi a sedere eretto mentre la mano di Crowley lasciava la sua spalla ma il suo sguardo continuava a fissarlo incuriosito da quel suo rinsavire improvviso. “Sono certo che Dio ha un piano anche per questo.” A quelle parole Crowley alzò gli occhi al cielo mentre l’angelo ripuliva le vene dall'alcol.

 

“Certo, angelo, è ineffabile.” Crowley era sarcastico ed aveva lanciato le braccia in aria a mo’ di resa ma l’angelo sembrò non cogliere lo sprezzo nella voce dell'altro e si alzò in piedi, sistemandosi i vestiti per bene. 

 

“Esatto.” Annuì, dirigendosi a lunghi passi verso la porta. Il demone corrucciò la fronte e, con uno scatto, si mise in ginocchio sul divanetto.

 

“Dove pensi di andare, ora!?” Domandò all’angelo con il tono di uno che ne aveva avuto davvero abbastanza degli umori dell'altro. 

 

“Forse non posso salvarli tutti…” Fu la risposta dell'angelo che, con una mano già alla maniglia della porta, si voltò verso l'altro con un sorriso colmo di speranza, facendogli stringere il cuore in una morsa letale. “… ma farò del mio meglio per salvarne il più possibile.” E detto questo inforcò l’uscita diretto verso la città, pronto a fare del suo meglio, convinto che questo non fosse che l'ennesimo tassello nel piano del Signore. 

 

Crowley si sentì improvvisamente molto, molto solo. Si abbandonò sullo schienale del divanetto e sospirò, controllando che il suo boccale fosse vuoto. Fece una smorfia di disappunto nel vederne il fondo per poi sorridere amaramente, alzando gli occhi verso la porta dalla quale Aziraphale era scomparso.

 

“Fai del tuo meglio, angelo.”

 
   
 
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