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Autore: HistoryFreak_91    10/07/2019    2 recensioni
6000 anni sono davvero un'infinità. Tante sono le vicende, gli eventi storici e non che si susseguono e Crowley ed Aziraphale erano nei paraggi per molti di essi.
Questa fanfiction ha la volontà di evidenziare alcuni momenti salienti delle vite delle due entità, cercando di essere il più possibile storicamente accurata (con alcuni cambiamenti per rendere più vivace ed anche più semplice la lettura) e soprattutto fedele ai due personaggi principali.
Gli avvenimenti saranno in ordine sparso. Potrebbero essere solo un paio di capitoli oppure una bella raccolta di numerose oneshot/flashfic/drabble.
Genere: Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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C'è un racconto che spesso non si trova sui libri di storia. È il racconto di come, il giorno di Natale del 1914, la guerra si fermò sul fronte delle Fiandre. Ed è anche la storia di come un angelo ed un demone riuscirono a compiere questa impresa usando solo la loro astuzia e forse un pizzico di magia.

 

La guerra era cominciata da mesi ed agli occhi comuni sembrava solo un'altra delle tante ma per Aziraphale era l’ennesimo spreco di vita umane. Aveva seguito il battaglione scozzese solo perché un committente belga gli aveva assicurato una preziosissima prima edizione del libro “Les Heures Nostre Dame A Lusage de Rome” del 1508 solo per scoprire che si trattava dell'ennesima truffa. Sconsolato e deluso, l'angelo si era ritirato con la comitiva inglese del battaglione e, quella sera della viglia del giorno di Natale, sedeva su di uno sgabello, riverso su una delle lettere/capitolo de “Il Vento tra i Salici” di Kenneth Graham, piccola e deliziosa prima edizione illustrata del 1908 che aveva fatto firmare il giorno stesso della pubblicazione, gli occhiali da lettura ben posti sulla punta del naso ed una lampada dalla luce soffusa sul tavolino improvvisato. Si era coperto per bene, con una lunga sciarpa con un patchwork di quadri di diversi colori stretta attorno al collo, ma dalla bocca usciva ogni tanto qualche nuvoletta di fumo. 

 

C'era calma fuori, una calma quasi irreale visti i recenti trascorsi, ma l’aria era tesa ed i soldati stavano con i fucili puntati nonostante l'ora, pronti a sparare a chiunque tentasse di recuperare i corpi dalla zona neutrale, tra le due trincee. L’angelo aveva approfittato di quel momento di stasi per starsene riparato in una cabina poco lontano dalla zona di guerra, riparato dal freddo pungente della neve che ricopriva il terreno fuori. Avrebbe volentieri bevuto una tazza di tè caldo, ora che ci pensava, e, finito il capitolo, si alzò per andarsela a preparare quando un sibilo lo fece trasalire.

 

“Psst! Ehi!” A sentire la voce familiare, l'angelo sbatté le palpebre e cercò la figura del demone per vederlo apparire dalle ombre dietro la finestra, il berretto tipico del battaglione scozzese che spiccava su tutto il resto con quella fascia con quel suo pattern a quadrettoni bianchi e rossi che attirava l'attenzione. Se non avesse riconosciuto la voce, a quest'ora l’angelo sarebbe morto di paura nel vedere la figura a malapena riconoscibile nell’ombra e che si aggirava con fare sospetto. “Aziraphale!” Il demone bussò sul vetro e l'angelo sospirò, posando la teiera sul tavolaccio ed aprendo la finestra cigolante.

 

“Crowley, cosa ci fai qui?” Gli chiese mentre l'altro incrociava le braccia sul davanzale. 

 

“Cosa ci faccio io? Cosa ci fai tu?” Rispose l'altro ma appena l'angelo aprì la bocca lo bloccò, affrettandosi a rispondere per primo: “Sono qui perché ho un piano.” Aziraphale rimase con la bocca ancora aperta per qualche istante prima di aggrottare la fronte, dimenticandosi di ciò che voleva dire e concentrandosi sulle parole del demone.

 

“Un piano? Che piano?” Domandò, piegandosi verso di lui che sorrise baldanzoso.

 

“È la vigilia di Natale.” Cominciò a spiegare ed Aziraphale sembrò ancora più perplesso.

 

“Sì, e dunque?” Domandò apprensivo. 

 

“È la scusa perfetta per un cessate il fuoco.” Crowley non stava più nella pelle, quasi scalpitava per la trepidazione. Aziraphale, dal conto suo, continuava a guardarlo perplesso.

 

“Non ti seguo.” Gli disse quando questi non continuò il suo discorso. Il demone alzò gli occhi al cielo ma non perse il sorriso malizioso.

 

“Andiamo, angelo!” Sbottò, continuando a saltellare sul posto creando dei vuoti nella neve. “Tregua non ufficiale, diserzione, fine dei giochi.”

 

“La sai che non funziona così, vero?” Aziraphale credette di cominciare a capire ma seguire il filo logico del demone non era mai semplice. Crowley lo ignorò.

 

“Ascolta, sono giorni che si sparano addosso senza combinare niente.” Si decise ad essere più diretto, smettendo di zampettare e portandosi un po' in avanti con il corpo. “Non dirmi che sono solo io a pensare che abbiano bisogno di una lezione.” Aziraphale rimase pensieroso per qualche istante: il demone aveva un modo strano di vedere le cose e, soprattutto, di comunicarle; però, nonostante tutto, ogni tanto aveva dei piani che si potevano allineare con quelli di un angelo.

 

“Se per lezione intendi una tregua, allora sono d'accordo.” Rispose infatti questi, mettendo insieme le idee.

 

“Chiamala come vuoi.” Tagliò corto il demone e sulle labbra dell'angelo spuntò un sorriso intenerito che Crowley decise di ignorare, voltando lo sguardo per nascondersi a quegli occhi adorabili. “Lo faccio solo per esacerbare gli spiriti e metterli gli uni contro gli altri.” Aziraphale sorrise ancora di più, specialmente dopo il modo inusuale in cui Crowley si era espresso.

 

“Non credo che…” Cominciò a parlare, cercando di controbattere, ma il demone sbottò.

 

“Aziraphale, me la dai una mano ad allontanare Guerra sì o no?” Arrivò finalmente al punto il demone ed Aziraphale sembrò dimenticarsi delle sue motivazioni. Il suo sguardo si fece nuovamente serio, quasi cupo.

 

“Guerra?” Ripeté il nome del Cavaliere dell'Apocalisse e sentì un brivido accapponargli la pelle.

 

“Sì, Guerra, è per questo che siamo qui, no?” Sbuffò Crowley con fare ovvio per poi sospirare: “Ascolta, lascia stare il perché, trovati le tue ragioni, ma ho bisogno del tuo aiuto per andare a far fare una passeggiata a Guerra e lasciare in pa… lasciarmi in pace di seminare caos a modo mio.” Aziraphale sembrò pensarci su per qualche istante mentre Crowley lo osservava con occhi pieni di speranza: sapeva che il suo angelo sapeva essere ottuso quando voleva, ma a volte era davvero troppo e lui non poteva permettersi di esporsi più di così, ne andava del suo orgoglio di demone. 

 

Ci volle un po' ma alla fine Aziraphale annuì.

 

“Non sono d'accordo sul seminare caos…” Cominciò a dire e Crowley alzò gli occhi al cielo: come poteva un uomo così intelligente essere anche così stupido? “Però allontanare Guerra per un po' mi sembra una buona idea.” Gli occhi del demone si illuminarono. 

 

“Fantastico!” Esclamò e si arrampicò sulla finestra, scavalcandola e poi battendo le mani fra loro per pulirsele dalla polvere. “Da dove cominciamo?” 

 

“Non avevi un piano?” Aziraphale piegò il capo da un lato, perplesso.

 

“Ah, sì, giusto, il piano.” Annuì Crowley e l'angelo aspettò che continuasse a parlare per poi ricevere solo: “Il mio piano era averti dalla mia parte. Al resto non ci ho ancora pensato.” Aziraphale non seppe cosa rispondere. Prese un gran respiro e poi si portò una mano al mento per pensare.

 

“Mmh…” Cominciò a camminare avanti ed indietro ed il demone osservò ogni suo passo con un gran sorriso stampato in volto e gli occhi che, da dietro le lenti, ridevano piene d'aspettative. D’improvviso, l'angelo si fermò: “Il fronte orientale!”

 

“Il fronte orientale?” Ripeté Crowley, non collegando immediatamente ma sentendosi subito entusiasmare dalla prontezza con la quale l'angelo aveva trovato una soluzione.

 

“Il fronte orientale.” Annuì questi sicuro, donando a Crowley uno di quegli sguardi per il quale il demone sentiva una parte d'Inferno sciogliersi dentro di lui, come se fosse stato benedetto. “È enorme, immenso.” Continuò a spiegare Aziraphale e Crowley dovette fare un grande sforzo per starlo a sentire invece di farsi distrarre dai suoi sentimenti. “Vaste pianure, acquitrini, foreste… se la mandiamo lì, ci vorranno mesi prima che trovi qualcuno da istigare alla violenza.” Crowley sembrò pensarci su un istante: certo, il fronte orientale era ampio, amplissimo, ma era anche il luogo in cui Guerra aveva cominciato; in che modo avrebbero potuto convincerla a tornarci? 

 

“Ma come faremo a convincerla?” Domandò infatti ad alta voce ma l'angelo sembrò avere una risposta pronta anche per quello.

 

“Le diremo che hanno intenzione di stipulare una pace, che la guerra è finita su quel fronte e, se finisce su quel fronte, certamente finirà presto anche qui.” Spiegò infatti con semplicità e le labbra del demone si stesero ancora di più in un sorriso orgoglioso e, per natura, malefico.

 

“Geniale!” Rimbalzò su se stesso e non diede all'angelo il tempo di gongolare che ricominciò a scavalcare la finestra. Aziraphale lo guardò perplesso. “Beh, allora? Che aspetti? Andiamo!”

 

“Andiamo?” Aziraphale non sapeva su cosa essere più confuso: sul fatto che il demone non avesse inforcato la porta o sul perché dovesse andare anche lui. 

 

“Il piano è il tuo, no?” Continuò l'altro prima che l'angelo potesse porre alcuna di queste domande e questi, stupito, batté più volte le palpebre.

 

“E quindi?” Chiese, tremando un po': stare vicino a Guerra, o ad alcuno dei quattro Cavalieri, non gli piaceva neanche un po'.

 

“Sei tu che ci devi andare a parlare.” Gli rispose l'altro, come se fosse ovvio. “Non vorrai che mi prenda tutto il merito.”

 

“Mmh…” Ragionò per qualche istante Aziraphale: non gli piaceva essere spinto così; l'idea della tregua non era stata sua, era Crowley che se ne doveva prendere la responsabilità. Eppure il demone non aveva tutti i torti e, a pensarci bene, c’era il rischio che incappasse in qualche problema con i capi di Giù se si fosse sparsa voce che fosse stato la mente di una tregua spontanea tra le truppe stanziate nelle Fiandre a solo pochi mesi dall'inizio di una guerra che si sperava portasse tante vittime corrotte nell'esercito degli Inferi. Cosi, fatti questi ragionamenti, l'angelo sospirò e si arrese.

 

“D'accordo.” Sentenziò, chiudendosi per bene il cappotto. “Lo farò io.” Crowley seguì i suoi movimenti con un sorriso mentre l'angelo si avvicinava alla porta d'ingresso. “E comunque la prossima volta usa questa.”

 

“Nah.” Fece spallucce il demone. “Sto bene cosi, grazie.”

 

Dopo essersi ricongiunti all'esterno della cabina, angelo e demone andarono a cercare il Cavaliere, camminando l'uno accanto all’altro. La notte era scura, anche perché avere troppe luminarie avrebbe attirato l'attenzione, oltre che di altri soldati a terra, delle forze aeree. Le due entità camminavano a tentoni nella notte, la luce della luna che si rispecchiava nel sottile strato di neve a far loro da guida.

 

Non fu troppo difficile trovare Guerra: la donna, in piedi sulla cima di un pendio, stava accanto alla sua moto militare, una Norton WD16H che lei stessa aveva tinto di rosso, con il casco sotto il braccio ed un lungo cappotto di pelle. Nonostante la poca luce, i suoi capelli color sangue erano accesi come un faro nella notte, un faro che indicava solo pericolo senza via di scampo. Osservava compiaciuta il massacro dei giorni addietro, i corpi lasciati abbandonati nella terra di nessuno poiché i soldati, inesperti e particolarmente nervosi, erano pronti a sparare anche prima di controllare che non si trattasse di un'unità medica, rendendo impossibile il reperimento e seppellimento dei cadaveri. Tutta quella alacrità era alimentata proprio da Guerra che, notando un soldato scozzese che era uscito dal suo riparo, utilizzò la sua influenza per fargli sparare a vista da un ragazzo tedesco che stava di guardia. Due colpi e poi un tonfo. A completare il tutto, la risata del Cavaliere dell'Apocalisse che si divertiva con quel gioco spietato.

 

“Già amo il ventesimo secolo.” Parlò tra sé, senza rendersi conto che qualcuno le si stava avvicinando alle spalle.  

 

“Ehm…” La voce flebile di Aziraphale disturbò la contemplazione di Guerra che si volse infastidita per vedere arrivare l’angelo paffutello che si faceva strada impacciato tra le neve. La donna corrugò la fronte e portò le mani ai fianchi, in attesa. Dal suo nascondiglio dietro una jeep, Crowley ingoiò una densa massa di saliva nervosa. Aziraphale si fece coraggio: “Ha sentito la novità?” Domandò senza fare troppi convenevoli. 

 

“Mh?” Guerra piegò la testa da un lato, perplessa. “Che novità?” Aziraphale quasi non riusciva a respirare: ce la puoi fare, si disse, stringendo le mani dietro la schiena.

 

“Il fronte orientale…” Cominciò e si sentì fulminare dallo sguardo ora attento del Cavaliere. “Ecco, sì… la guerra è finita.” Sentì del sudore freddo cospargergli la fronte. “Stanno firmando un trattato di pace a… uhm… Trakai.” Si scusò internamente con la Lituania ma era l'unica cosa che gli era venuta in mente.

 

“Trakai?” Ripeté Guerra, chiedendosi da quanto non fosse stata da quelle parti.

 

“Sì, Trakai.” Continuò l'angelo, cercando di suonare convinto. “Quindi, uhm…” Cercò le parole per continuare. “Beh, penso che adesso sia tutto finito.” Guerra lo fissò con sospetto: qualcosa non andava, se lo sentiva. Eppure non capiva che cosa fosse.  

 

“Perché dovrei crederti?” L'improvvisa domanda, detta con quel tono minaccioso, fece gelare ancora di più Aziraphale, come se fosse possibile con quel freddo che c'era. 

 

“Perché? Uhm…” Sentendo balbettare l'angelo, Crowley trattenne il respiro: forse non era stata una buona idea mandare lui in prima fila. Il demone cominciò ad entrare nel panico e cercò di pensare a qualcosa in fretta, quando l'angelo parlò: “P-Perché sono un angelo.” Disse e Crowley spalancò gli occhi: ma certo! “E gli angeli non possono mentire.” La voce gli tremava e temette davvero che Guerra se ne accorgesse perché ci fu una lunga pausa durante la quale la donna lo scrutò dalla testa ai piedi con quelle fessure strette che aveva per occhi. Aziraphale rimase immobile dov'era, come una statua, e così fece Crowley che si era completamente dimenticato di respirare. D'improvviso, Guerra fece un movimento subitaneo e l’angelo serrò gli occhi, pronto ad una qualche ritorsione fisica. 

 

Passarono dei secondi interminabili e poi Guerra parlò:

“Va bene.” Disse e l’angelo aprì una palpebra per vederla  sistemarsi il casco sulla testa e chiudere per bene il cappotto. “Ma vedremo se è davvero finita.” Sorrise, le labbra rosse che mostravano i perfetti denti bianchi. Aziraphale tremò di paura ma rimase imperterrito dov'era: ce la doveva fare. “Bel lavoro, angelo.” Rise Guerra soddisfatta. “Grazie a te potrò divertirmi ancora per un po'.” E detto questo salì sulla sua Norton WD16H e sfrecciò via, seguendo il selciato fangoso, scomparendo nella notte. Aziraphale rimase immobile per quelli che gli sembrarono momenti interminabili: le mani ancora gli tremavano e non era certo di avere più le gambe attaccate al corpo tanto che non se le sentiva più.

 

“Ce l'hai fatta!” Crowley raggiunse l’angelo con un sorriso e questi tirò finalmente un sospiro di sollievo, sentendo che era veramente fatta.

 

“Ho temuto di mori… essere spiacevolmente discorporato, per un istante.” Ammise, liberando le dita che aveva tenuto incrociate per tutto il dialogo con Guerra, una tecnica per mentire che aveva imparato dagli umani.

 

“Anch'io, angelo.” Ammise Crowley ma con un sorriso mitigatore. Aziraphale lo guardò come per cercare un po' di incoraggiamento e poi si volse ad osservare il punto nel quale Guerra era scomparsa.

 

“Quanto pensi che impiegherà ad arrivare a Trakai?” Domandò, sinceramente dispiaciuto e preoccupato per chiunque sarebbe entrato in contatto con lei.

 

“Oh, molto più di quanto pensa.” Sorrise compiaciuto il demone: aveva miracolosamente rimosso o spostato tutte le insegne nel giro di miglia e miglia, rendendo praticamente impossibile il percorso al Cavaliere dell'Apocalisse. Aziraphale non capì ed avrebbe voluto indagare ma un suono improvviso interruppe il flusso dei suoi pensieri.

 

“Mh?’ La voce dell'angelo incuriosì anche Crowley che cominciò a sentire a sua volta la melodia che aveva catturato le orecchie dell’altro.

 

“Musica?” Notò il demone e l'angelo annuì. Rimasero ad ascoltare e riconobbero le parole di un canto popolare natalizio in lingua inglese. “Ma tu pensa un po'.” Incrociò le braccia Crowley, cercando di mascherare il ghigno che gli stava nascendo in viso. Dal canto suo, Aziraphale sorrise sbalordito ma non fece in tempo ad aprir bocca che notò qualcosa di strano nei versi.

 

“Tedesco?” Riuscì a capire qualcuna delle parole e si voltò a guardare Crowley che condivise il suo sguardo. Senza pensarci troppo, le due entità si apprestarono a raggiungere una pendio vicino poco più alto delle trincee e guardarono giù: gli scozzesi, da un lato, avevano estratto le cornamuse che utilizzavano in guerra ed avevano iniziato ad accompagnare i canti ai quali rispondevano i tedeschi nella loro lingua. Dal canto loro, questi avevano inoltre cominciato ad adornare i bordi della loro trincea con delle candele che illuminavano la notte come tante piccole stelle. 

 

Aziraphale osservò la scena con gli occhi che brillavano di meraviglia mentre l’espressione di Crowley sembrava rimanere impassibile ma, dietro le scure lenti, il suo sguardo si era intenerito, sorridente e soddisfatto.

 

“Curiosi gli umani, eh?” Commentò scherzoso ed Aziraphale arricciò il naso nel suo sorriso. 

 

“È la magia del Natale.” Alle parole dell'angelo, il demone si sentì rabbrividire.

 

“Ugh, angelo.” Commentò, facendo un verso come se stesse per vomitare. “A volte sei davvero sdolcinato.” Aziraphale non si fece toccare da quelle parole, anzi, le prese quasi come un complimento e ridacchiò di gusto. Crowley lo guardò ammaliato e prese un profondo respiro rassegnato. Si voltò nuovamente verso i soldati che adesso avevano smesso di cantare, creando un innaturale silenzio in un'area solitamente così piena di rumori. 

 

Aziraphale non disse una parola ancora per un po', godendosi quella pace e quel calore che gli aveva preso tutto il petto. Gli umani gli avevano dato un'idea.

 

“Pensi di poter rimandare il caos e la distruzione a domani, mio caro?” Chiese d'un tratto al demone che spalancò gli occhi e si voltò a fissarlo solo per trovarsi quelle iridi verde-azzurre sorridergli fiduciose. Crowley deglutì a fatica e sentì la lingua intorpidirsi. Certo che a volte Aziraphale sapeva essere davvero convincente, pensò e rilassò un poco la mandibola.

 

“Che devo fare con te, angelo?” Alzò gli occhi e le mani al cielo, fingendosi esasperato, ma Aziraphale non sembrò infastidirsi. “D'accordo.” Il demone voltò il viso dall'altro lato, cercando inutilmente di nascondere il suo tenero sorriso. “Ma solo per questa notte.”

 

“Grazie.” Quello dell'angelo fu un sussurro ma accarezzò il corpo del demone fin dentro l'anima, se una ne aveva. Crowley cercò di ricomporsi e di voltarsi verso Aziraphale ma questi si era già mosso e si stava avvicinando di più verso i soldati. Il demone lo guardò fare e d'improvviso si sentì la voce di un uomo cantare forte e chiaro un canto tradizionale in latino. Crowley si voltò e vide che si trattava di un soldato tedesco che, sporgendo dalla trincea con le mani alzate, si rivolgeva verso inglesi e francesi in segno di pace. Crowley guardò Aziraphale che sorrideva soddisfatto. 

 

Pochi istanti dopo, il suono delle cornamuse iniziò ad accompagnare il canto ed i soldati scozzesi si mostrarono, spuntando come funghi da dietro le loro barricate. I francesi rimanevano dov'erano, terrorizzati. Tutt'un tratto, il soldato tedesco prese a scavalcare la trincea. Alcuni fucili puntarono su di lui ma non ci furono colpi. L'uomo prese uno dei piccoli alberi di Natale adornato da candele con i quali i tedeschi avevano decorato la propria linea di battaglia, mise piede nella terra di nessuno e cominciò ad approcciare il nemico, fermandosi a metà strada e piantando ivi l’alberello. Ci furono alcuni istanti di silenzio e tensione; poi il comandante scozzese superò la sua linea e raggiunse il soldato tedesco. 

 

Aziraphale e Crowley osservarono da lontano la scena di come il capitano tedesco raggiunse quello inglese ed iniziasse le trattative per una tregua. Videro il comandante francese far abbassare i fucili ai suoi ad aggiungersi alla coalizione, risentendosi di non essere stato invitato. 

 

Lentamente e con un po' di cautela, altri soldati si riversarono nella terra di nessuno. Un collezionista di bottoni inglese si avvicinò ad uno dei ragazzi tedeschi, indicando la sua giacca decorata. I due non si capivano così l’inglese prese un coltellino che fece indietreggiare tutti gli astanti ma il ragazzo li rassicurò con un gesto, facendo capire loro che non voleva fare del male. Con delicatezza, staccò alcuni bottoni dalla giacca del tedesco e poi fece altrettanto con i suoi e glieli offrì. Il soldato ci pensò un istante e poi accettò.

 

Doni di questo tipo vennero scambiati tra tutti i presenti. I tedeschi offrivano del cioccolato, i francesi del vino, gli scozzesi il whiskey e sigarette. Cominciarono a scambiarsi foto delle persone che amavano. Anche senza riuscire a comunicare, crearono dei legami con i gesti, i sorrisi, quelle poche parole che tutti conoscevano: “Danke", “Yes", “Monsieur"; poche ma essenziali parole che permettevano a quegli uomini di condividere un po' degli uni e degli altri.

 

A mezzanotte ci fu una predica detta in latino per celebrare la nascita di Cristo. Vi parteciparono anche gli ebrei, anche solo per sentirsi parte di quel momento di calore umano unico ed irripetibile con uomini che fino a qualche ora prima si erano sparati addosso senza conoscere i propri nomi né essersi mai guardati negli occhi. Ed ora eccoli lì, seduti uno accanto all'altro nella neve, mischiati, che si davano calore con i reciproci corpi in quella fredda notte invernale.

 

Quando la messa fu finita, ci fu un istante di silenzio, poi il bagliore di un bengala. Dapprima Aziraphale si chiese se fosse andato storto qualcosa ma presto capì che gli umani stavano usando i loro razzi per festeggiare, sparandosi a  mo' di fuochi d’artificio. Era una vista curiosa ma, a modo suo, piacevole. Le luci dei fuochi si rispecchiavano negli occhiali di Crowley che, anche se non l'avrebbe mai ammesso, si stava godendo quella notte di Natale in compagnia del suo migliore amico, dopo aver sentito di aver fatto qualcosa di buo… ehm, utile… ehm… di aver fatto qualcosa in quella giornata. Abbassò gli occhi ed incontrò lo sguardo incantato dai fuochi di Aziraphale: splendido, pensò ma non disse nulla.

 

Finiti i festeggiamenti, era ormai notte tarda ed i soldati si costrinsero a tornare nelle proprie trincee. Nessuno aveva nell'animo il desiderio di combattere l’indomani. Avevano le facce spente, pensierose e si rannicchiarono gli uni vicini agli altri, coprendosi insieme. Aziraphale, che non si voleva perdere niente di quella serata, li osservò e pensò che doveva essere bello, stare insieme abbracciati. A quel pensiero arrossì e nascose il viso, timoroso che Crowley lo potesse notare. Perché fosse in imbarazzo, poi, non lo capiva neanche lui. C'era così tanto amore nell'aria, così tanta solidarietà che l’angelo si sentiva estatico. Sistemato il cappotto, si fece spazio nella neve e si sedette, gli occhi brillanti fissi sulla scena. Crowley lo guardò dalla testa ai piedi e rifletté per qualche secondo per poi sedersi accanto a lui. Aziraphale seguì i suoi movimenti con un po' di curiosità ma decise di non dire niente e piuttosto gli sorrise: era sempre felice di averlo in sua compagnia.

 

Crowley ed Aziraphale stettero lì seduti, l'uno accanto all’altro, fino al mattino. Alle prime luci dell'alba i soldati si svegliarono senza alcuna intenzione di riprendere le ostilità. Dopo qualche esitazione, i tre comandanti dei reggimenti scozzese, francese e tedesco si incontrarono ancora una volta per pattuire una continuazione della tregua: vollero approfittare della gelata della notte precedente per seppellire i corpi ancora insepolti nella terra di nessuno. Mentre ciò avveniva in rigorosa austerità, i soldati delle varie fazioni continuarono a scambiarsi oggetti e parole a vicenda. Finirono con il sedersi insieme, dopo essersi occupati dei loro compagni, per mangiare e passare un po' di tempo a condividere quel che potevano. Un soldato britannico stava persino tagliando i capelli ad uno tedesco.

 

“Tutta questa pace mi annoia.” Commentò Crowley dopo qualche ora, portandosi le mani dietro la nuca e dondolandosi. Aziraphale rise, non prendendolo sul serio.

 

“Sembrano aver seppellito l'ascia di guerra.” Annuì con il capo e l'ombra di Crowley lo coprì. L'angelo alzò lo sguardo per vedere il compagno stagliarsi contro il sole con qualcosa di rotondo in mano.

 

“Non per molto.” Ghignò e per un secondo Aziraphale sembrò preoccupato prima che il demone si voltasse verso degli uomini che chiacchieravano ai pendii della pendenza sulla quale avevano seduto e berciasse: “Ehi, crucchi!” Fece cadere il pallone a terra e vi si appoggiò con il piede, l’attenzione di soldati tedeschi e scozzesi catturata allo stesso modo. “Vediamo come ve la cavate a pallone.” Calciò quindi la sfera contro i soldati ed uno di loro l'afferrò, guardandola per un istante prima di alzare il viso con un sorriso divertito.

 

Scozzesi e tedeschi si divisero in due squadre scombinate e cominciarono a giocare. Aziraphale, prima un po' teso, tirò un sospiro di sollievo ed il suo sguardo tenero aleggiò su Crowley che coordinava l'offensiva con gli altri soldati britannici. L'angelo si sforzò di trattenere quel sorriso speciale che gli voleva scappare dalle labbra ogni volta che Crowley diventava così accattivante e, a modo suo, affascinante. L’angelo arricciò il naso a quei pensieri e si morse le labbra, alzando gli occhi al cielo per poi abbassarli subito, imbarazzato. Il suo sguardo si posò di nuovo sui soldati e le loro grida divertite. Aziraphale sorrise di nuovo, adesso in modo più tiepido, si strinse nel cappotto e si rannicchiò al suo posto ad osservare la partita, gli occhi sognanti ed il cuore che gli faceva male. 

 

Le due fazioni giocarono a lungo su di un campo a improvvisato e mal definito ma non importava: il bello era nel gettarsi dietro tutto il male e passare qualche istante felice. 

 

Quando la partita terminò, Crowley tornò a sedersi accanto all'angelo che lo accolse con un sorriso.

 

“Non sono poi tanto diversi da noi.” Commentò il demone dopo aver ripreso un po' di fiato, sorprendendo Aziraphale. 

 

“Oh?” Si risvegliò dai suoi pensieri questi, voltandosi a guardare Crowley e trovando lo spigoloso profilo del demone fisso verso gli uomini che brindavano lì innanzi. Aziraphale poté notare una scintilla di entusiasmo negli occhi del demone, così vicino che poteva scrutare oltre le lenti nere. 

 

“Li hanno buttati in questa situazione e detto loro che sono nemici giurati." Spiegò il demone, voltandosi a guardare l'angelo che lo ascoltava incuriosito. “Ma non hanno assolutamente voglia di combattersi.” Aziraphale colse un briciolo di dispiacere nell'espressione del demone che, prendendo un profondo respiro, tornò a guardare la situazione tutta attorno. Aziraphale rimase in silenzio per qualche istante, pensieroso. Sapeva benissimo cosa Crowley intendeva… e cosa provava.

 

“Ma quando la tregua sarà finita, torneranno ad essere nemici mortali.” Disse infine e Crowley si irrigidì, corrucciando la fronte.

 

“Ma non deve essere così per noi.” Ribatté, puntando gli occhi penetranti sull’angelo che si sentì trafiggere il petto da parte a parte. Avrebbe voluto dirgli tante cose, rispondere con tanti ragionamenti razionali ma avrebbero portato solo ad una discussione infinita su argomenti che entrambi conoscevano alla perfezione e su cui avevano discusso per millenni; ma dall'altro lato avrebbe tanto voluto dire il contrario di ciò che la sua mente si ostinava a ripetergli, martellante ed ingombrante, molto più crudele di qualunque punizione il Paradiso gli avrebbe mai potuto infierire. Racchiuso in questi pensieri, l’angelo impiegò un po' per rispondere. Sotto lo sguardo insistente di Crowley, chinò lo sguardo e poi lo rialzò verso gli uomini attorno a lui, quegli uomini così simili a loro, quegli uomini che non volevano combattere ma vivere solo la loro vita in pace.

 

“Forse.” Fu un soffio ma un soffio che sferzava come una bufera. Crowley rimase immobile, con il fiato sospeso per qualche istante. Fissando imperterrito l'angelo al suo fianco, rifletté a lungo su ciò che aveva detto, su quell'unica parola, e su cosa significava per loro. E fu così decise di non infierire. Riprendendo fiato, rilassò i muscoli e spostò nuovamente lo sguardo davanti a sé, il sole tiepido che bagnava la coltre nevosa e l’aria fresca che spazzava via l'odore acre dei morti.

 

La guerra sarebbe ricominciata presto, non era possibile continuare quell'insubordinazione a lungo, non senza gravi ripercussioni. Ma quella notte di Natale aveva cambiato tante cose: molti dei soldati che si erano conosciuti quel giorno e che sopravvissero alle atrocità della Prima Guerra Mondiale rimasero amici ed ognuno di loro portò sempre nel cuore il miracolo avvenuto in quella notte di Natale del 1914.

 

Note dell'Autore:

  1. Questa oneshot è ispirata al film “Joyeaux Noël" (2005) di Christian Carion, a sua volta ispirata al libro “Batailles de Flandres et d'Artois 1914-1919" di Yves Buffetaut, ed in particolare al capitolo "L'incroyable de Noël de 1914".

  2. Trakai è una città lituana composta principalmente da laghi e dunque un luogo inospitale per una guerra. È però una città storica adatta alle trattative di pace. La guerra sul fronte orientale andò in stallo nel 1914 per via dell’inverno. Ricominciò il 31 gennaio con scarsi risultati. Si può qui collocare l'arrivo di Guerra, fino ad allora beffata dallo scherzetto di Crowley.

  3. Gli aneddoti sull'incontro tra i soldati sono tratti da “Bullets and Billets" di Bruce Bairnsfather.

    Edit. Sono recentemente entrata in possesso dello Script Book della serie televisiva ed ho scoperto che, dopo la richiesta d'Acqua Santa del 1862, Crowley ed Aziraphale non si sono visti fino all'episodio canonico del 1941. Ora, eliminare il capitolo dopo averci lavorato così tanto mi dispiacerebbe, dunque lo lascerò assieme a questo piccolo edit. Grazie della comprensione e della pazienza. 

   
 
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