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Autore: Io_amo_Freezer    12/07/2019    1 recensioni
Monkey D. Luffy è un ragazzo di diciannove anni, ma con la testa, troppo, tra le nuvole ed un cuore grande e ricolmo di innocenza. Purtroppo si porta alle spalle un grande segreto e dentro un profondo dolore che continua a tormentarlo senza sosta.
Tornare nella sua città natale gli sembra la cosa migliore per cullarsi nella tranquillità e nella pace, ma lo sarà davvero con quello che sta passando?
E se sulla sua strada incontrasse un gruppo di amici ed uno spadaccino leali e molto speciali? Riusciranno a salvarlo dai suoi incubi? In una città invisibile, lasciata indietro e dimenticata; tra nemici e nuove conoscenze, qui, Luffy si ritroverà ad affrontare un po' di avventure e molte e più distrazioni. Ma il suo sogno lo chiama, riuscirà a liberarsi dai suoi fantasmi per tornare a seguirlo?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: ASL, Donquijote Doflamingo, Monkey D. Rufy, Roronoa Zoro
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Corsi veloce senza sosta tra le strade della città, ignorando il rumore del battito incessante e ripetitivo che producevano i miei sandali appena toccavano il suolo, cercando solo di fuggire al più presto dal grosso e panzone uomo vestito in un camice bianco e con un grande e, altrettanto, bianco cappello da chef sul capo che cercava di acchiapparmi, ma la sua condizione fisica lo costrinse a rallentare un po', lasciandosi sopraffare da me: un giovane e arzillo ragazzo che nella mia corsa rischiai perfino di investire una ragazza con in mano due buste piene di vestiti, dai lunghi e mossi capelli arancioni che danzavano nel vento e due occhi profondi dello stesso colore.
-Sta più attento!- protestò indignata con un gesto secco del capo che fece smuovere delicatamente i suoi luminosi e vibranti capelli sulle sue spalle, continuando poi per la sua strada. Borbottai un lieve "Scusa.", imbronciato per la sua reazione prima di tornare a quella corsa sfrenata, mentre sentì il padrone della locanda lamentarsi con la ragazza in questione per essersi fatta sfuggire me nonostante le sue avvertenze urlate a squarciagola, ma lei non mi sembrò molto dispiaciuta della cosa, anzi continuò imperterrita per la sua strada.
Lo osservai piegato sulle ginocchia tra gli affanni e, ridacchiando, gli mostrai una bella linguaccia, per poi svoltare e alzare lo sguardo al cielo, allungando le braccia elastiche come la gomma. E mi aggrappai alle tegole per poi lanciarmi come una molla sopra di esse, e subito atterrare, ma non mi aspettavo certo che sopra quel tetto stesse riposando una persona, a cui inevitabilmente piombai addosso, rischiando anche di farla cadere fuori da quel poco spazio disponibile, mentre il locandiere, nel perdermi di vista, aveva cambiato strada. Sospirai, sollevato di non essere finito nelle sue grinfie, mentre tornai a guardare il bello addormentato che non si aspettava certo un risveglio tanto brusco quanto inatteso intanto che si issò sulle braccia, alzandosi col busto e mettendosi seduto con me a cavalcioni sopra le sue gambe lasciate distese.
 
 
-Scusa.- esclamò frettoloso, ma con un grande sorriso appena constatò di non essere più seguito, rilassandosi senza spostarsi dal povero malcapitato, alias me.
-E quindi.. -commentai piano, cercando di elaborare quella buffa situazione -Tu saresti...?- chiesi con mio solito tono brusco e distaccato, aspettando risposta mentre lo studiai con uno sguardo serio, come mio solito, abituato a non abbassare mai la guardia, osservando la sua chioma corvina sventolare al vento con dolcezza. Non era troppo muscolo, constatai, ma nemmeno poco da come si poteva notare dagli addominali tonici lasciati scoperti e attorniati da una cicatrice a forma di X sul petto che sembrava come fatta da una bruciatura. L'altezza, non potevo definirla al momento, ma indossava una camicia rossa, sbottonata e a tre quarti di maniche che sventolava piano dalla base. Scendendo con lo sguardo osservai le bermuda azzurre con una fascia gialla e lunga usata come cinta, con l'estremità che calava fuori, lasciandosi cullare dal vento, libera, per poi notare, guardandolo nei suoi grandi e profondi occhi come due pozzi neri la cicatrice sotto quello sinistro, a due punti. Ho trovato uno scapestrato, non feci a meno di ipotizzare nei miei pensieri. 
-Il mio nome è Luffy!- esclama festoso -Tu, invece?- domanda di rimando, incuriosito dal nuovo conoscente.
-Zoro.- affermai secco, cercando di scrollarmelo di dosso, riuscendoci per poi esclamare -Perché quel tipo ti seguiva?- riferendomi al barista. Lo osservai alzare le spalle con nonchalance e con altrettanto tono di sufficienza affermare:
-Non ho pagato il conto.- e si mise a ridere, come se ciò fosse una cosa del tutto normale.
-D'accordo.- borbottai, lievemente sbigottito, alzandomi per sistemarmi la fascia vermiglia legata ai jeans verdi, stirandomi con le mani la casacca bianca e sistemandomi la bandana nera legata al mio bicipite un po' sgualcita, scendendo giù a terra e tenendo sempre d'occhio il ragazzino che, saltando, iniziò a seguirmi con le braccia dietro la testa, ed un volto spensierato in faccia. Mi fermai di scatto, irritato, voltandomi -Cosa vuoi?- sbotto, alzando un sopracciglio in attesa di una risposta, notando che non fosse alto come me, bensì arrivava, sì e no, al mio petto.
-Niente, ma in giro c'è ancora il locandiere. Quindi devo fare la strada lunga.- e rise ancora, senza fermarsi e sorpassandomi, evitando troppe pretese.
-Come mai non ti ho mai visto da queste parti?- oso chiedere al ragazzo che prese, da dietro, il suo cappello di paglia solo per rimetterselo in testa.
-Sono qui da poco. Con l'esattezza sono nato qui ed ora ci sono tornato. Tu?- afferma schietto, non facendo a meno di sorridere in un modo tanto ingenuo e innocente, come solo un bambino potrebbe fare.
-Nato e vivo qui, ma a volte parto perché sono il quarterback della squadra di football e che presto vincerà le nazionali.- ghigno, fiero di me e della mia squadra -Perché sei tornato?- gli chiesi poi, voltandomi di lato verso di lui che continuava a guardarmi felice, ormai al mio fianco, ma appena pronunciai tali parole quel sorriso si spense di botto.
-Io..- borbotta un attimo, come del tutto perso e con uno sguardo sconnesso, mentre abbassò il capo per coprirsi gli occhi con il cappello; assottigliai lo sguardo, pentendomi per quella domanda, forse troppo azzardata. Ma lui riprese fiato, rialzò la testa e, rispondendo deciso e sincero, con un lieve tono di pacata innocenza, affermò: -Sono qui per una vacanza.- ridacchiò poi, lasciandomi scettico per quel cambio di umore improvviso, però mi tranquillizzai, toccando con le dita i manici delle mie fidate katana come per reggerci il braccio, come facevo sempre. 
Sbuffai e alzai il capo, osservando la luce del giorno impossessarsi dei miei occhi, e lasciai alle mie pupille di godersi quel beato cielo azzurro, con qualche nuvoletta attaccata sopra.
-Okay. Ma se non paghi, dubito mangerai ancora.- esclamai ad un tratto, pacato, lasciandolo spaventato.
-Non dire così! Come faccio senza cibo!- e fece la faccia tipica del quadro di Munch, e con quel viso; non seppi spiegarmi come o perché, ma un sorriso sfuggì dalle mie labbra. Quel ragazzo era così bizzarro.
-Come mai non paghi? Sei venuto qui da solo, senza i tuoi.. è per questo?- osservai curioso.
-Non ho mai conosciuto i miei, in realtà. A parte mio nonno... Però lui lavora sempre in Marina, quindi lo vedo poco.- spiegò con sufficienza -Ma ho un po' di soldi messi da parte.- tenne a precisare, sempre con quell'entusiasmo fanciullesco che, a quanto mi pareva, lo caratterizzava.
-Molto bene, io sono arrivato.- affermai poi, davanti ad una piccola villa dove accanto risiedeva un dojo: quello di mio padre. Sbuffo, leggermente stanco prima di voltarmi ancora verso Luffy -Forse ci vedremo in giro. A presto.- e avviandomi dentro, dandogli le spalle; con un braccio alzato per salutarlo nonostante non lo stessi guardando in faccia, lo sentì allontanarsi a passi lenti, senza fretta, dopo aver ricambiato il proprio saluto con un grande "Ciao!".
 
 
Mi misi a ridere, felice di aver fatto la sua conoscenza. Lo trovavo così simpatico e speravo di rincontrarlo molto presto, ma in breve tempo sospirai mogio, ripensando alla sua domanda del perché ero tornato qui, abbassando le spalle e cercando di concentrarmi su tutto tranne che i ricordi. Sorrisi ironico, ero tornato nel luogo dove c'erano solo ricordi e mi aspettavo di dimenticare, o meglio, abituarmi a conviverci. Ma qualcosa mi aveva detto di doverci tornare, e avevo pensato fosse il posto giusto per riprendersi. Forse avevo sbagliato. Borbottando cercai di scrollarmi di dosso la tristezza, ricominciando a correre per tornare a casa vedendo il sole ormai svanire tra le montagne, mentre arrivai più in fretta del previsto, guardando l'edificio con malinconia, a pochi passi dal monte Corbo. Aprì il cancello che separava il vialetto da quella grande casa di legno e, riprendendo dal prato la mia valigia nera che avevo abbandonato senza troppe pretese quando ero arrivato quella mattina, mi incamminai verso l'ingresso, spingendo la porta con fatica, chiusa ormai da anni. Entrai in casa, osservando l'interno inclinai il capo con noia; era tutto buio e pieno di polvere ed io non ero il tipo da mettermi a fare pulizia. Purtroppo mi toccava. Abbassai le spalle, stanco; avvicinandomi alle finestre le aprì, e per prima cosa alzai di poco le tapparelle, lasciando filtrare, oltre all'aria fresca, la poca luce in modo da rendere la casa più accogliente di come si prospettava ad occhio. Tolsi poi i lenzuoli da tutti i mobili che sembravano come nuovi, facendo volare enormi polveroni nell'aria, nonostante tutto il tempo abbandonati lì e sorrisi nel constatare che era proprio come me la ricordavo. Passai l'aspirapolvere e completai spazzando con molta fatica e quasi allagai la casa con detersivo e acqua, ma riuscì per miracolo nel mio dovere senza troppi danni, lasciando asciugare ed evitando di guardare qualche quadretto di famiglia sopra i mobili e sulle mensole, abbassandoli di faccia a terra prima di spaparanzarmi sul divano, iniziando a smanettare sul telefono e riposando un attimo.
Aprii un occhio e guardando il telefono sopra il mio petto mi resi conto che erano già le 23:00. Senza preavviso mi ero addormentato, ma non c'era da biasimarsi: il viaggio era stato molto lungo. Alzandomi indolenzito, con l'odore di pulito e del profumo dolce delle rose del prodotto per i pavimenti sotto al naso mi diressi verso l'interruttore, accendendo la luce che il nonno si era assicurato giorni fa di rimettere in quella casa, conscio del mio arrivo imminente. Mi stropicciai un occhio e sbuffai. 
-Mi annoio a morte, cosa posso fare?- borbottai con voce impastata, tra me e me.
Scrollando il capo mi diressi fuori, sbadigliando sonoramente e venendo travolto da una folata di vento fresca che mi scompigliò i capelli, intorpidendomi le guance e facendo volare dietro di me il cappello che mi restò legato solo grazie alla corda che mi attorniava il collo. Sorrisi e mi diedi la spinta, correndo il più veloce possibile; ripresomi dal colpo di sonno, verso il centro della città illuminata da lampioni e vetrate di negozi che mozzavano il fiato. 
-E tu chi saresti, sgorbio?- ringhiò un ragazzo biondo che deviai, frenando e squadrandolo con un occhio. Era molto alto e magro, ma muscoloso; marcò sull'ultima parola con un tono aspro, e notai fosse vestito di tutto punto, con una giacca di piume rosa sulle spalle, una maglietta ed un pantalone dai colori sgargianti, con scarpe a punta nere. Lo osservai arrivarmi dinanzi, camminando a gambe larghe e il baricentro basso, come i cowboy. -Non rispondi? Ti hanno mangiato la lingua, o forse sei solo sorpreso di vedere me, il grande Donquijote Doflamingo, miglior giocatore di football?- chiese ironico lo spilungone, con un ghigno sprezzante stampato sul volto.
Lo scansai, ignorandolo e cercando un posto dove poter mangiare bene, ascoltando fare una smorfia per il mio atteggiamento. E in mezzo a tutta quella folla adocchiai, tra tutti quei volti sconosciuti, quello del ragazzo di quel pomeriggio: Zoro. Mi stava osservando, mentre beveva un boccale di birra vicino ad un vicolo e mi chiesi perché dedicasse tutta questa attenzione al sottoscritto, anche se ne fui felice. Odiavo stare solo, e avrei fatto di tutto per farmelo amico visto come mi aveva colpito fin da subito.
-Come osi ignorarlo?- scatta uno dei suoi compagni che si apprestò ad assestarmi un pugno, ma fui più veloce io e, spostandomi di poco con il collo riuscì a schivare l'attacco per poi continuare la mia ricerca del cibo. Non potevo tornare alla locanda di quel pomeriggio, quindi dovevo sceglierne per forza un'altra per quanto la prima cucinasse divinamente. Avrei dovuto portarmi dietro dei soldi la prossima volta e dovevo anche ricordarmene. Sentii il ragazzo che mi aveva attaccato ringhiare, ferito nell'orgoglio, pronto a colpirmi ancora, ma qualcosa si frappose tra di me e lui. Osservai la schiena del mio amico difendermi da quel ragazzo, stringendogli abbastanza forte il polso dove teneva un piccolo pugnale da spaventarlo, spuntato fuori poi chissà da dove.
-Penso che è meglio non esagerare con il rum.- commentò Zoro con un sorrisetto beffardo, spingendo indietro il ragazzo che cascò a terra insieme alla lama prima di scappare con la coda tra le gambe. 
Guardai Doflamingo osservare in tono di sfida Zoro per pochi minuti, ricambiato con altrettanta gentilezza, ed infine sbuffare e incamminarsi lontano, lasciandoci perdere. Mi grattai il capo, confuso, osservando Zoro voltarsi verso di me con il suo solito sguardo serio, così gli sorrisi, felice di vederlo.
-Ma tu non fai altro?- sbottò, riferendosi al sorriso, il ché mi fece ridere, prima di dirgli:
-Grazie.- 
-Vieni, ti offro qualcosa.- a quelle parole i miei occhi si illuminarono di gioia, e in un attimo lo seguì, frettoloso e affamato.
 

 
  
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