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Autore: DARKOS    13/07/2019    1 recensioni
Il ritorno della mia storia ambientata in un ipotetico futuro rispetto alla saga principale, dove i vecchi personaggi ormai cresciuti fanno da guida ai nuovi, mie creazioni. Decenni dopo la battaglia finale, un nuovo Ordine del Keyblade è sorto e starà alle nuove generazioni muoversi al suo interno, e sostenerlo contro le nuove minacce che incontreranno.
Già tentata in passato, spero adesso di renderle più giustizia e portarla a compimento.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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17) Rinascita    


Per i giorni a seguire i cinque giovani Cavalieri continuarono a seguire le lezioni, che iniziarono a prendere il posto dei loro incarichi quotidiani. Alle lezioni di magia di Paperino si affiancarono quelle di combattimento con Pippo, che -nonostante fosse reduce dall’allenare le reclute la mattina- egli praticava con entusiasmo. I ragazzi scoprirono sgomenti che perfino dopo una giornata passata ad insegnare era impossibile prendere il guerriero per stanchezza, e alla fine di ogni corso Pippo era l’unico a lasciare la Sala d’Allenamento senza nuovi lividi o il fiatone. Mentre l’addestramento di Paperino si concentrava su un processo più concettuale, quello fisico era incredibilmente diretto: pur non maneggiando lui stesso nemmeno una spada Pippo era incredibilmente versato nelle tecniche di scherma, e non si risparmiava nel condividere il suo sapere anche in maniera molto concreta. Mizumi scoprì che perfino i colpi più basilari potevano nascondere qualche sorpresa nascosta.
Seguiti tutti allo stesso modo e dai migliori tutori che si potesse desiderare, le differenze fra i cinque aumentarono esponenzialmente. Axius era prevedibilmente assai portato per gli scontri magici, mentre difettava parecchio nel combattimento fisico. Era un po’ lento, e preferiva affidarsi al suo notevole potere magico per sostituire anche le più semplici azioni motorie. Wanda era invece incredibilmente rapida, sia di corpo che di mente: cercava di compensare la mancanza di forza col numero di attacchi. Si scoprì inoltre che non aveva molto potenziale magico, e Kazeshi rifletté se non fosse per quel motivo che aveva confrontato Paperino sull’importanza del padroneggiare le magie più disparate rispetto a quelle più potenti. Effettivamente da quell’incontro la rossa si impegnava parecchio ad apprendere magie minori e di supporto.
Durante le prove e gli scontri divenne chiaro che Kazeshi aveva un buon intuito per la magia, mentre con la scherma se la cavava ma senza eccellere. Pippo disse che Kazeshi “viveva la scherma in modo tragico, come un ostacolo da superare che un piacere a cui dedicarsi”. Il ragazzo tenne a mente queste parole, ma non era sicuro di voler intraprendere un cammino monotematico come Axius, e meditava parecchio su come amalgamare i due mondi.
Mizumi eccelleva: dopo i vari episodi nei quali aveva dovuto esplorare territori sconosciuti, tornare in un’area dove sapeva di poter primeggiare era un toccasana. I successi ottenuti nelle sessioni d’addestramento riuscirono a cancellare i suoi dubbi e la sua amarezza dovuti al confronto con gli Heartless. L’unico cruccio era costituito da Lutum. Forte come il padre, durante gli allenamenti magici dimostrò che non era figlio di Aqua per niente, e Mizumi doveva sudarsi duramente ogni primo posto. Il ceruleo sembrava non avere punti deboli, ma lei attendeva una prova che decidesse una volta per tutte chi era il migliore in cosa.
La prima variazione dal solito regime si presentò dopo una settimana dal suo inizio. Invece della Sala della Magia, i pannelli di teletrasporto li scaricarono in un luogo mai visto prima. Una stanza rettangolare parecchio ampia, senza porte né finestre e con delle torce alimentate da fiamme bluastre come unica fonte di luce. Le pareti erano sicuramente in marmo bianco come il resto di GranCastello, ma la scarsa illuminazione assieme alle dimensioni del locale rendevano il tutto avvolto dalla penombra.
“Dove siamo?” chiese Wanda.
“Non ne ho idea.” Axius si guardava attorno col suo solito fare inquisitore. “A giudicare dall’atmosfera, credo che siamo parecchio in profondità, forse anche più di dove ci siamo spinti noi quella volta.”
“Non dirmelo. È la volta buona che quei maledetti affari hanno avuto un guasto.”
Lutum provò ad avanzare di qualche passo. “Ehilà? Fa parte dell’allenamento questo?”
“Puoi giurarci.”
Emerse dalla penombra una figura minuta, ma non si trattava di Paperino. Quella volta fu un qualcuno che fece scattare tutti e cinque sull’attenti, per poi genuflettersi.
“Vostra Maestà!”
“Comodi, comodi. Abbiamo parecchio di cui discutere.”

Nel mentre, Kairi si trovava nella Sala delle Udienze. La mattinata del Gran Maestro era dedicata ad ascoltare chiunque venisse a richiedere aiuto o consiglio, e con Sora assente quel lavoro spettava a lei. Era ancora presto, ma vi era già una folta schiera di visitatori: dopo aver congedato un emissario della Terra dei Dragoni che richiedeva un risarcimento per danni recati alla piazza del castello, Kairi cercò di sistemarsi più a suo agio sul trono. Accanto a lei Xion soffocò uno sbadiglio, e Aqua manteneva un contegno solo perché abituata, essendo comunque sempre presente vicino a Sora durante le udienze. Ciò non l’aveva resa più benevolente, in quanto mentre le porte si chiudevano Kairi la sentì distintamente mormorare: “Te li sbatterei in faccia, i munny richiesti, dal primo all’ultimo.”
Xion si ringalluzzì. “Vero? Come se fosse davvero colpa nostra: i nostri Custodi stavano combattendo un drago per loro! A sentir lui, sembra che abbiamo fatto male a non lasciare che gli Heartless devastassero il palazzo.”
Kairi evitò di aggiungersi al coro, o sapeva che non sarebbe riuscita a mantenersi calma e imparziale per i prossimi ospiti. “Possiamo sottrarci al pagamento, indicando che i danni minori non fanno parte del contratto?”
“Purtroppo dalla sua descrizione pare che i nostri si siano davvero lasciati prendere un po’ troppo la mano, e abbiano seriamente danneggiato le mura. Potrei mandare qualcuno a verificare, ma quando si tratta di esigere soldi questi funzionari sono sempre molto precisi. Inoltre, con le sommosse riguardo il nostro operato nelle Terre d’Oltremare…” Aqua fece un gesto stizzito. “Spero Riku risolva il tutto al più presto. Per il momento, credo ci tocchi pagare e basta.”
Kairi annuì, e segnalò al Moguri di far entrare il prossimo visitatore.
“Da Agrabah, il Sultano, kupò!”
“Il Sultano? Di persona?”
Le porte si aprirono di nuovo ed effettivamente fu proprio Jasmine ad incedere nella sala, con un vestito sontuoso adornato di mantello e gioielli, un diadema e bracciali d’oro purissimo e due guardie al seguito. Come al solito le guardie fissarono in cagnesco i Cavalieri posti di fronte ai troni, quasi come per sfidarli; come al solito, i Cavalieri le ignorarono bellamente.
Kairi si compiacque nel rivedere la sua amica ed ex-Principessa del Cuore, ma sapeva che se era venuta di persona non era certo per una visita di cortesia.
“Jasmine. Che piacere. A cosa dobbiamo l’onore?”
Il Sultano chinò la testa a sua volta. “Il piacere è mio, Kairi. Aqua. Xion. Se non è troppo scomoda come domanda, posso immaginare che l’assenza di Sora significhi che anche lui è impegnato altrove?”
“Immagini bene. Come mai dici ‘anche’?”
Jasmine arricciò le labbra in una smorfia prima di proseguire. “Sono venuta per parlare proprio di questo. Di recente gli attacchi alla città si sono fatti più ripetuti e violenti, e contavano la presenza di numerosi Heartless. Ho lasciato che Aladdin andasse in esplorazione, e dal suo ultimo rapporto risulta che si tratta di una minaccia di proporzioni ben più ampie di quello che pensavamo. Sono qui per informarvi e chiedervi aiuto.”
Aqua prese parola, con una nota tremula nella voce. “Come da accordi, c’è un contingente stabile dei nostri Custodi ad Agrabah. Se sei venuta qui senza di loro significa che…?”
L’ex-Principessa chinò il capo. “Mi dispiace moltissimo. Tuttavia, non siamo certi che siano caduti in battaglia: gran parte dello squadrone è misteriosamente scomparsa, e anche per questo motivo gli ultimi Custodi sono assieme a mio marito in avanscoperta. Mi hanno inoltre chiesto di porgervi le loro scuse per il mancato rapporto, ma sono dovuti partire in tutta fretta. Si uniscono a me nel sottolineare l’urgenza della situazione.”
“Sono notizie senza dubbio importanti.” Kairi non poté ignorare i suoi istinti e collegare quelle informazioni a ciò che già sapeva, ma si impose di rimandare il tutto ad una discussione privata. “Ti ringrazio per avercelo comunicato. Hai per caso notato altro di particolare? Qualsiasi elemento a questo punto potrebbe essere importante.”
Jasmine fece per parlare ancora, ma proprio in quel momento le porte si aprirono di nuovo. Custodi e guardie si voltarono mettendo mano alle armi, ma si ricomposero immediatamente: ad incedere nella sala era Riku, ancora l’armatura nera indosso. Sembrava affaticato, ma manteneva comunque il passo fermo e la postura salda. Passò accanto a Jasmine e la salutò con un sorriso, al quale lei rispose.
“Sultano, che bella sorpresa. Ci sono problemi che ti affliggono?”
“Purtroppo sì, Riku. Come a te, presumo.”
“Hai la mia parola che ce ne occuperemo appena possibile. Ora però, necessito di parlare con gli altri Maestri… Maestre,” si corresse, dopo essersi guardato attorno. “Se potessi cortesemente attendere qui per un poco.”
“Oh no, fate pure. Ho già comunicato tutto quello che avevo da dire comunque. Tornerò a casa: sono preoccupata per le sorti della mia gente.”
Jasmine raccattò il suo seguito e uscì. Riku rivolse uno sguardo eloquente a Kairi.
“Per ora la sessione è aggiornata. Vedete se c’è qualche Maestro che possa occuparsi delle questioni meno urgenti, e mi occuperò delle altre al mio ritorno.”
Si ritrovarono tutti e quattro nella sala del Consiglio. Riku attese solo qualche istante prima che le tre donne si fossero sedute per esordire: “Il combattimento contro il tiranno non sta andando bene.”
Aqua incrociò le gambe. “Quello l’avevo intuito. Anche tu Heartless?”
“Non solo. Ci aspettavano, e si erano preparati bene. La fortezza di Zibahir è diventata inespugnabile, c’è tutto un nuovo schieramento di armi e protezioni di ogni tipo. Ed è tecnologia Gummi.”
Un silenzio carico di tensione, l’ennesimo della giornata, riempì la stanza.
“Non potevamo aspettarci che il monopolio restasse in mano nostra per sempre.” disse Xion.
“Sì, ma tutto assieme, e nello stesso momento? È sospetto.”
Riku si costrinse a rilassarsi, pronto al peggio. “Credo sia ora che mi diciate che notizie ha portato Jasmine.”
Quando ebbero finito, il robusto guerriero intrecciò le mani. “Invasioni di Heartless, e Custodi che vengono a mancare… chi era in carica ad Agrabah?”
Aqua, previdente come sempre, aveva già rimediato un elenco mentre parlavano. “Gerey la Lama Scarlatta. Si è distinto durante i Tornei del ’24 e ha partecipato alla Guerra dei Dirupi.”
L’argenteo annuì. “Me lo ricordo, un guerriero in gamba. Molto ligio al dovere, a volte anche troppo. Jasmine ha detto perché non ha fatto rapporto?”
Xion rifletté. “Ha detto che i Custodi sono dovuti partire in fretta, ma non sappiamo nemmeno se era ancora lui a guidare il contingente, no? Forse era tra quelli scomparsi?”
Kairi si batté una mano in fronte. “Maledizione! Non gliel’ho chiesto. Troppe cose a cui pensare… mi dispiace, Riku.”
Riku liquidò la cosa con un gesto, ma si fece scuro in volto. “La situazione è seria. Anche senza tutto il… resto, a questo punto dichiarerei che qualcuno sta istruendo ed equipaggiando individui di vari Mondi, e che siamo di fronte alla nascita di una nuova coalizione. Ci serve l’assemblea, subito. Sora è ancora via?”
“Sì. Non sono stati registrati cambiamenti.”
“Accidenti. Non ci aveva mai messo così tanto!” Riku batté un pugno sul muro, frustrato.
“Calmati. Non serve a niente lasciarsi prendere dall’ira.” Aqua continuava a sfogliare il compendio di Custodi e risorse. “Per ora le priorità. Dobbiamo mantenere la posizione nella lotta contro l’usurpatore di Zibahir, e accertarci che i Custodi stiano bene. Tutto il resto, anche le più ardite contromosse, è secondario.”
Kairi si costrinse a respirare a fondo e sciogliere il nodo allo stomaco. Tutto stava precipitando, e in modo repentino. Voleva che Sora tornasse al più presto. “Dobbiamo inviare almeno un Maestro in entrambi i luoghi. Facciamo in modo siano più che fidati, e non degli scalda panchine. Perfino con l’utilizzo dei Portali non penso possiamo più averti lì, Riku, non fino alla fine dell’assemblea.
“Quanto all’assemblea stessa, dobbiamo capire di quanti Maestri ciascun luogo può privarsi…”

Il Maestro Topolino guardò i cinque ragazzi di fronte a lui, con un’espressione serena segnata dall’età. Paperino e Pippo si tenevano in forma, ma per qualche motivo su di lui il tempo aveva lasciato la sua firma indelebile molto più a fondo. Figure come Yen Sid e Merlino erano chiaramente dei portenti in quanto a longevità, ma solo al suo cospetto ci si rendeva conto di quanto a lungo avesse combattuto, da quanto tempo servisse l’Ordine.
“Allora, eccovi qui. Non penso ci siamo mai trovati a tu per tu, se non in rare occasioni. Come di certo avrete capito, oggi affronterete una lezione diversa in mia presenza.”
“Che tipo di lezione?” Mizumi era ansiosa di conoscerne i contenuti. Poteva solo essere un qualcosa di cui Paperino e Pippo non erano capaci, il che significava… la testa della ragazza cominciò a girare al solo pensiero.
“Si tratta di qualcosa di particolare. State sviluppando le vostre abilità magiche e della scherma, e i vostri insegnanti non hanno che lodi per voi ed il vostro entusiasmo, ma non occorre chiaramente scordare la vostra arma più potente, ciò che vi rende speciali.” Il minuto Maestro tese la mano di fronte a sé, e in un fascio di luce Mizumi e gli altri poterono ammirare un’arma leggendaria: una delle due Catene Regali, le Chiavi Sostanziali. Contrariamente a quanto descritto nei volumi d’apprendimento però, il Keyblade di Topolino era interamente ricoperto da stelle e presentava un colorito bluastro, e nessuno seppe spiegarsene il motivo.
“Il Keyblade. L’arma che può fungere da spada o scettro possiede tutta una vasta gamma di poteri unici, la vera fonte del perché è così importante e rispettata. Senza dubbio vi sarete già informati al riguardo, ma la teoria e la ricerca personale possono portarvi solo fino ad un certo punto. Per proseguire è necessario addentrarsi nei recessi del proprio cuore, esplorare la nostra stessa coscienza, e compiere un tuffo profondo.”
L’arma del Maestro era rivolta ora verso il gruppetto, e iniziava ad accumulare energia nella punta. I ragazzi esitarono, incerti se dovessero estrarre a loro volta i propri Keyblade, ma Topolino non sembrava cercare lo scontro. Sorrideva, tranquillo.
“Capire di più sul Keyblade e sulla vostra eredità richiederà capire di più su voi stessi. Niente competizione stavolta: sarete soli, anche se sarò sempre presente a guidarvi. Fate un bel respiro… iniziamo.”
Il Keyblade rilasciò un fascio di luce che divenne in breve tempo accecante, offuscando la vista della sala ai presenti.

Quando Kazeshi riaprì gli occhi scoprì che invece di trovarsi nella sala assieme ai suoi amici era solo, a fissare il vuoto in un luogo mai visto prima. I suoi piedi poggiavano su quella che pareva essere un’enorme vetrata circolare che mostrava uno scenario a dir poco surreale: vedeva se stesso, raffigurato mentre brandiva il suo Keyblade Nebula con le Isole del Destino sullo sfondo. La vetrata era situata in cima ad un pilastro che sembrava emergere dall’Oscurità stessa. Kazeshi guardò il nero circostante, a disagio.
“È normale che lo scenario sia questo. In fin dei conti i cuori nascono dalle tenebre, pure contenendo Luce.”
Una voce che sembrava originare dall’alto lo fece sobbalzare.
“Maestà? Siete voi?”
“Sì. Avevo detto che vi avrei guidato, no? Kazeshi, ciò che ti si pone davanti è lo stato attuale del tuo cuore. Non è sempre facile accettare o capire ciò che ti pone davanti. Ma è un passo necessario per ogni detentore del Keyblade.”
Il ragazzo esaminò più attentamente la vetrata. Notò che accanto a lui vi erano dei ritratti raffiguranti persone che conosceva: suo padre, sua madre, Mizumi… Wanda. Un po’ imbarazzato da quest’ultima rivelazione, Kazeshi voltò lo sguardo e vide che tre pilastri stavano emergendo dal bordo esterno. Ciascuno divenne un piedistallo per un oggetto diverso.
“Il potere è con te. Se gli dai forma, ti darà forza.”
Una spada, uno scettro e uno scudo. Kazeshi camminò verso il centro, meditabondo. Il significato della spada e dello scettro erano ovvi, ma lo scudo? Poteva davvero essere solo un modo per plasmare il proprio stile o le proprie capacità? Non sapendo se servisse davvero, levò la testa verso l’alto.
“Maestro Topolino! Quante scelte dovrò fare? Ne esistono altre, dopo questa?”
“Sì. Ti verrà chiesto di scegliere quale potere cerchi, e poi da quale allontanarti di più. Tieni presente che il potere cercato non deve necessariamente essere il tuo unico interesse, così come l’allontanamento da un potere non ne implica il totale abbandono.”
Dunque il Re rispondeva se interpellato. Kazeshi fissò di nuovo ciascuna arma, domandandosi se avesse dovuto scegliere la spada per colmare le lacune evidenziate dal Maestro Pippo o se, invece, dovesse allontanarsene e abbracciare una forma completamente diversa. Ma lo scudo continuava ad attirarlo: la curiosità prevalse infine e Kazeshi si mosse per prenderlo. Appena lo toccò, Topolino tornò a farsi sentire.
“Il potere del Guardiano. La bontà per aiutare gli amici. Uno scudo per difenderti. È questo il potere che cerchi?”
Il figlio di Sora rifletté. Era davvero questo il potere che cercava? Gli ritornò in mente la discussione avuta con sua madre riguardo il modo in cui si sentiva legato alle azioni altrui. Scegliere lo scudo non avrebbe contribuito ad accentuare questi lati del suo carattere? D’altro canto, Topolino aveva parlato semplicemente della bontà di aiutare il prossimo.
“Forse” pensò, “sto nuovamente osservando la questione dalla prospettiva sbagliata, come ha detto Wanda. Non è il voler supportare gli altri il problema, è il senso di costrizione derivato dal percepirla come un’imposizione: accadrebbe anche se iniziassi a perseguire obiettivi più personali, cambierebbe solo il mezzo. E non c’è nulla di male a voler aiutare qualcuno.”
Topolino rimase silente durante tutto il monologo, ma quando terminò Kazeshi percepì una nota di soddisfazione risuonare nello spazio sconfinato. Il ragazzo inspirò e afferrò saldamente lo scudo.
“La tua strada è decisa. Ora, a cosa rinuncerai in cambio?”
La seconda scelta prevedeva il rinunciare, almeno in parte, ad un’altra delle forme che il potere era in grado di assumere. Spada o scettro. Forza o magia, coraggio o intelletto. Kazeshi pensò che in fin dei conti il suo dilemma originale non era svanito.
Anche qui, si sforzò di giudicare il tutto da un’altra prospettiva: cosa accadeva alla terza forma, quella che non veniva scelta in nessun caso? Andava a sommarsi alla prima scelta, il potere designato? Ma in quel caso scegliere lo scudo avrebbe avuto meno valore.
“Solo perché non viene scelta come forma a cui rinunciare non significa necessariamente che venga esaltata in qualche modo. In questo caso, anche se abbandonassi la spada non implicherebbe una mia predilezione per lo scettro. Rimarrebbe semplicemente ‘lì’, qualunque cosa ciò rappresenti.”
Una volta raggiunta quella conclusione, la scelta era ovvia. Kazeshi avanzò fino al piedistallo ed impugnò lo scettro.
“Rinunci a questo potere?”
“Sì. La rinuncia non vuol dire abbandono totale, no? Mi trovo bene con la magia al punto in cui sono. È il momento di battere altri sentieri.”
Non sapeva se dovesse fornire una spiegazione o perché l’avesse fatto, ma Topolino non disse nulla comunque. Lo scettro evaporò nelle sue mani, suddividendosi in particelle di luce che fluttuarono verso l’alto. Solo allora Kazeshi notò che le piattaforme erano illuminate da dei coni di luce che squarciavano le tenebre.

Lutum era rimasto abbastanza impressionato dalla vetrata e successivamente dalla voce nella sua testa. Ogni volta che pensava di averle viste tutte qualcos’altro lo faceva sobbalzare, riconfermandolo come il tipo più impressionabile della compagnia. Sospirò, fissando il se stesso impresso sul vetro colorato.
Brandiva Squarcio mentre dietro di lui si ergeva GranCastello. Lutum lo giudicò appropriato: era il posto dove voleva stare, dove sentiva di appartenere. Non che non volesse visitare altri luoghi eventualmente, ma sapeva che si sarebbe sentito completo solo marciando fra gli androni con una qualche missione importante da compiere, o seduto su uno degli scranni.
“Di certo è importante essere onesti con le proprie ambizioni. Molto spesso è il cercare di negarle che le distorce e le rende delle ossessioni… tu ad esempio non vorresti soltanto un posto a sedere, ma uno dei Troni. Forse proprio quello centrale. Ma non vuoi dirlo apertamente.”
Il ragazzo sogghignò. “Ora che ci penso, voi eravate seduto su uno di essi, vero? Come ci si sta, se posso chiedere?”
“Un po’ scomodi, specie dopo cerimonie di parecchie ore.”
Lutum giudicò appropriato ricevere una risposta del genere dopo che lui stesso aveva evitato le constatazioni del Re, e tornò a rivolgersi alle piattaforme con le tre armi. Si era voluto lasciare un po’ di tempo per riflettere, ma non vedeva molte altre soluzioni: afferrò l’elsa della spada con fare sicuro.
“Il potere del Guerriero. Un coraggio indomabile. Una spada distruttiva. È questo il potere che cerchi?”
Il ceruleo annuì. Trovava la spada molto bella, e si chiese se non gli fosse concesso di portarla con sé una volta che tutto fosse terminato. Chissà se non esisteva il modo di modellare il suo Keyblade su di essa.
“La tua strada è decisa. Ora, a cosa rinuncerai in cambio?”
Altra domanda, altra risposta abbastanza semplice. Lutum marciò dritto verso lo scettro e lo impugnò, facendolo scomparire.
“Non volermene ma’, penso di essere coperto pienamente dai miei compagni quando si tratta di magia, e comunque so che col tuo addestramento infernale non mi permetterai di tralasciare qualcosa. Quindi, fosse anche per liberazione, almeno qui voglio allentare un po’ la corda come posso.”
Una nota divertita fu il contributo di Topolino.

Axius era abbastanza sicuro di sapere dove tutto andasse a parare, e infatti non batté ciglio quando vide la vetrata materializzarsi attorno a lui. Era una Stazione, il che significava che era in atto un processo che lo riguardava personalmente. Studiò la vetrata, che stando a quanto ricordava doveva rappresentare lo stato del suo cuore mostrando luoghi e persone a cui era legato.
Era proprio lui quello raffigurato al centro, con Amethysta in pugno. Nei riquadri in alto vi era sua madre, Lutum e Kazeshi: niente di sorprendente, ed era certo che fosse quasi lo stesso per il suo amico, con i suoi genitori e forse Mizumi. Fu invece sorpreso nel constatare che il luogo sullo sfondo era il Giardino Radioso, l’altra sua casa. Certo, amava passeggiare per i giardini e le fontane e la sensazione di pace e tranquillità, ma non pensava avessero lasciato su di lui un’impressione così profonda. Si domandò cosa vedesse Lutum, decidendo che con tutta probabilità era GranCastello. Le Isole per Kazeshi e Mizumi, il pianeta natale di Wanda…
“C’è un motivo se l’arte di esaminare i cuori altrui è materia da Maestri. Ciò che per te può essere una semplice curiosità potrebbe rappresentare un segreto prezioso per quella persona, o al contrario anche le risposte più banali potrebbero cambiare radicalmente le tue impressioni su qualcuno.”
Iniziavano già le lezioni. Non che fosse nulla di nuovo: sua madre gli ripeteva sempre che era importante non strumentalizzare mai le persone per i propri fini. Axius attese quindi che la prova successiva si rivelasse.
Quando comparirono le armi le guardò bene una ad una, ma si mosse comunque verso lo scettro.
“Il potere del Mistico. La forza interiore. Uno scettro di meraviglia e rovina. È questo il potere che cerchi?”
Il biondo annuì. Francamente, aveva sempre ritenuto eccessivo il fardello del Keyblade, così come la sua eredità. Ne era riconoscente, ma riteneva che avrebbe potuto ottenere gli stessi risultati per le sue aspirazioni come semplice studioso e praticante di magia. Non aveva problemi a lasciare a Lutum e Mizumi e gli altri i sogni di grandezza.
“Le cose succedono sempre per un motivo. A volte tocca farsi avanti anche a chi non chiede la gloria. Magari conosci già i tuoi obiettivi, ma non ciò che incontrerai sul tuo cammino.”
Axius rifletté che c’era del vero in quelle parole, il solo aver incontrato i suoi amici era prova sufficiente di ciò. Esortato a scegliere da cosa distanziarsi, puntò comunque alla risposta più naturale e scelse la spada.
“Se è vero che il destino mi metterà dinnanzi a delle prove in ogni caso, inutile torturarsi per ogni decisione. Meglio fare il possibile con ciò che ci è stato dato e lasciare siano gli eventi a decretare il nostro valore.”
Topolino sottolineò queste parole con una nota di profondità.

Wanda era molto perplessa. Prima erano spariti tutti, poi si era ritrovata a fissare un disegno come su quei vasi a casa sua che tutti le dicevano di non toccare: e a parlando di casa, compariva proprio nel disegno assieme a lei che portava Flambé e Legame di Fuoco nelle mani. I suoi genitori, suo nonno e Mizumi erano presenti sotto forma di ritratto e la ragazza si chiese quando avessero posato per essi e perché nessuno le aveva mai detto niente. Era forse una sorpresa per lei? Ma non era il suo compleanno.
“Non nutro dubbi che lo detesti, ma prova ad andare più piano coi ragionamenti e accettare che non tutto possa avere sempre una spiegazione apparente.”
“Mi parlano i miei antenati dall’aldilà!”
“No. Ciò che stai vedendo è una rappresentazione del tuo cuore, non sei morta. Interessante tu tenga due Keyblade. In te vi è una profonda spaccatura tra chi Wanda dovrebbe essere e chi vuoi che Wanda sia.”
“Non mi sono spaccata. E se fosse, allora vorrei solo che Wanda sia una persona intera.”
“E noto che quando non tocca a te assumere il controllo, sei disposta a lasciare tutta la parte seria ad altri e trattare tutto con leggerezza. Temi l’avvicinarsi delle tue responsabilità così tanto?”
“Mh. Non è divertente. Voi non siete divertente. Parliamo d’altro.”
“Come preferisci.”
Apparvero tre armi dal nulla, e Wanda si mosse verso lo scudo. Sfiorandolo, la voce di Topolino la informò su cosa quello scudo rappresentava. La ragazza si ritrasse e andò dalle altre due armi, ascoltando le descrizioni di ognuna. Poi tornò al centro della vetrata, riflettendo per un po’.
“Non le posso prendere tutte? Mi sembra sbagliato lasciarne due indietro.”
Seguì una pausa da parte di Topolino, che Wanda aveva già registrato in altre persone quando lei faceva loro alcune domande.
“Devi scegliere. Ogni decisione viene con una perdita, ma anche con una acquisizione di potere.”
“E se scelgo male? Se non è quello il potere giusto per me?”
“Parli molto di giusto e sbagliato, ma hai la certezza esistano davvero risposte corrette?”
“Se non esistessero, non avremmo tutti questi problemi con gente corrotta. Forse la gente si corrompe proprio perché la obblighiamo a scegliere tutto di continuo.”
“Potrebbe esserci del vero nelle tue parole. Ma so anche che non stai parlando della scelta del potere adesso.”
“Forse sto parlando anche di quella.”
“Puoi non scegliere, ma sarebbe comunque una scelta. Acquisteresti indipendenza, ma perderesti consapevolezza di te.”
“Beccata,” mormorò Wanda. La rossa ci pensò su per qualche altro minuto, poi prese lo scudo.
“Se mi proteggo, non puoi sapere se ti colpirò con una magia o un colpo di spada. E penso di avere qualcosa da proteggere a mia volta.”
“La tua strada è decisa. Ora, a cosa rinuncerai in cambio?”
“Oh, ma che rottura. E va bene… via la spada! Che già ho qualche problemuccio magico di mio, figurarsi se l’abbandono. Senti, ma il motivo per cui c’è il tuo simbolo su ogni arma? Manie di protagonismo?”
Una nota esasperata pervase l’atmosfera circostante.

Mizumi si riebbe dagli effetti riverberanti del fascio di luce e venne avvolta dalle tenebre. Indietreggiò spaventata, temendo il peggio, ma dopo qualche passo sentì il vuoto dietro di sé e capì di essere su una piattaforma circolare sospesa nel nulla.
A quel punto si sforzò di distogliere lo sguardo dalle profondità dell’abisso ed osservare il luogo in cui si trovava. Vedeva se stessa su di una vetrata, assieme a Squamadoro. Racchiusi in dei cerchi Kazeshi, Wanda, Axius e Lutum. E sullo sfondo, un luogo misterioso: un’intera città bianca, posizionata in modo da formare una gigantesca struttura che poggiava sull’acqua. Fili di quella che pareva una funivia collegavano la struttura ad altre identiche fino a perdersi in lontananza. Mizumi sapeva di non aver mai visto quel luogo, ma per qualche motivo ne era fortemente attratta. Per un momento ebbe la sensazione di volersi tuffare all’interno dell’immagine, verso quel posto.
“Mizumi? Mi senti?”
La ragazza ebbe un sussulto. “Maestro Topolino?”
“Non ti vedo bene. Forse suddividere il mio potere in troppe parti è risultato eccessivo. Le tue fluttuazioni emotive sembrano instabili: ti trovi su una vetrata?”
“Sì. In mezzo ad un mare di tenebre.”
“È del tutto normale. Bene, non sembra ci siano intoppi. Ci sei tu nella vetrata?”
“A figura intera, sì.”
“E sullo sfondo? Vedi le Isole del Destino?”
Mizumi esitò. Faceva parte della prova? Topolino stava mentendo di proposito, per testare la sua lealtà? Ma a che scopo? La ragazza osservò meglio l’immagine, riflettendo sulle parole del Maestro prima che la prova iniziasse. Sembrava scontato che fosse una rappresentazione di se stessa. Se Topolino stava dicendo il vero riguardo le interferenze, era probabile che quella non fosse una prova e Kazeshi stesse vedendo le Isole.
“Mizumi?”
“…Sì. Ci sono le Isole sullo sfondo.”
 Silenzio, che sembrò durare in eterno. Mizumi aspettava col cuore palpitante di scoprire se aveva fallito l’ennesimo scrutinio personale. Perché aveva mentito?
“Molto bene, sembra che possiamo procedere. Non mi piace l’idea di andare a tentoni, ma credo di riuscire a portare la scelta fino a te. Aspetta un momento…”
Se era ancora una messinscena, stava andando troppo per le lunghe. Mizumi decise di concedersi un respiro di sollievo, e vedere se poteva scoprire qualcosa di più sulla città bianca. Ma proprio mentre fece per avvicinarsi, al centro della piattaforma comparve dal nulla una porta finemente elaborata.
La ragazza rimase interdetta. Era quella la scelta? Aprire o non aprire? Ma la porta era lì, e non vi erano indicazioni da parte del Re. Mizumi decise di aprire la porta.
Fu il secondo cambiamento repentino di scenario: si ritrovò in uno spazio immenso e sconfinato, camminando su quella che pareva essere acqua -ma priva di profondità- mentre sopra di lei nuvole si rincorrevano in un cielo sconfinato. La giovane guerriera rimase a bocca aperta. Non era la città bianca, ma un luogo egualmente affascinante, con una bellezza onirica.
“Mizumi! Cosa stai…?”
Mizumi vedeva delle costruzioni in lontananza, che sembravano ruotare ad intervalli di tempo. Vi erano come delle figure su di esse, anche se erano troppo lontane perché lei potesse distinguere alcunché. In basso, sullo stesso piano dove camminava lei, una figura sembrava osservare il tutto.
“Non ti trovo più! Riesci a sentirmi?”
La ragazza si mosse verso lo sconosciuto. Le enormi proporzioni del luogo in cui si trovavano e la piattezza del paesaggio rendevano impossibile percepire la distanza, ma sembrava parecchio lontano. Ogni tanto, sul percorso brillavano quelle che sembravano stelle trasparenti.
La figura ebbe un sussulto e si voltò nella sua direzione, avendola chiaramente percepita. Vederla da davanti rese il suo profilo impossibile da confondere.
“Papà?”
Una nota allarmata si propagò da dove veniva la voce di Topolino, e Mizumi si sentì come afferrata per le caviglie e trascinata all’indietro, verso un portale oscuro.

Si ritrovò distesa sul pavimento, ad osservare il soffitto della sala dove era iniziata la prova. Kazeshi e Wanda erano chini su di lei, preoccupati.
“Micchi!”
“Mizu!”
“Sto… sto bene. Davvero, tranquilli. Ora fatemi alzare.”
Erano di nuovo tutti lì, e preoccupazione a parte sembravano tutti in perfetta forma: Mizumi dedusse che quella strana esperienza l’aveva vissuta solo lei. Topolino era in disparte, e tiratosi su il cappuccio fin sopra le orecchie era chiuso in un silenzio meditabondo.
“Ti ha trascinata fuori da un portale” spiegò Axius. “Noi siamo tornati qui praticamente nello stesso momento, poi siete apparsi voi due. Si è chiuso in quella trance da allora.”
Proprio in quel momento il Maestro si riebbe e si levò il cappuccio. Voltatosi verso di loro, sembrava conservare la solita espressione pacifica.
“Ah, il cuore non finisce mai di stupirci: è impossibile anche per i veterani prevedere in che modo deciderà di fare i capricci. Una lezione senza dubbio vitale, anche se non nelle circostanze ideali per impartirvela… ma come ho appena detto, non si può pianificare una cosa del genere. Stai bene, Mizumi?”
“Credo di sì. Ma cos’è successo? Cos’era-“
“La colpa è mia” Topolino la interruppe bruscamente. “Per esaminarvi tutti, ho deciso di ricorrere ad una tecnica per suddividere la mia coscienza, ma la riduzione del mio potere ne ha pagato le conseguenze. Non devo aver dosato correttamente le parti, e il mio quinto che si è rivolto a te non aveva abbastanza presa e ti ha mandata a zonzo. Preoccupato, devo aver istintivamente contattato Sora, e questo potrebbe aver influenzato la tua destinazione.”
Lutum era come al solito molto confuso. “Il Gran Maestro? Che cosa hai visto?”
“Niente.” Mizumi ritenne che non fosse necessario insistere, specie visto che Topolino sembrava voler mantenere parecchi dettagli volutamente all’oscuro. E se avesse fatto domande inevitabilmente avrebbe dovuto rivelare lei della porta, e della sua bugia riguardo alla vetrata. Per una volta era d’accordo nel condividere la segretezza. “Come ha detto il Maestro, ero sulla vetrata come voi e poi il luogo stava per cambiare. Credo di aver intravisto mio padre, e poi mi sono ritrovata qui.”
Era impossibile capire quanto Topolino sapesse essere una bugia dal suo sguardo. Il minuto topo batté le mani e disse: “Bene! Un po’ movimentata come lezione, ma badate di non dimenticare nulla di quanto appreso: si tratta di concetti importanti. Vi addestrerete con Paperino e Pippo durante la settimana, e ogni tanto verrete convocati qui per altre situazioni simili. Non stupitevi quando accadrà. Mizumi, la prossima volta mi prenderò un po’ di tempo e finire con te quello iniziato con gli altri oggi. Per il momento è tutto! Potete andare!”

Sinistra. Destra. Sopra. Sotto. Tutto era confuso, privo di senso. Eppure correva, correva, non sapendo nemmeno lui dove stesse andando.
Ad ogni svolta, loro si manifestavano. Nemmeno loro avevano senso. All’inizio li ignorava, era letteralmente scappato via dai primi, ma ora aveva iniziato a raccoglierli, sembrava fargli bene. E più ne raccoglieva, più gli risultava difficile distaccarsi da loro: aveva davvero fatto quelle cose, danzato in quella maniera? Avevano le sue stesse sembianze, d’altronde. Forse erano parti di lui. O forse erano versioni precedenti di lui, che a loro volta avevano preso parte a quell’infernale girotondo. Chi poteva dire da quanto tempo era lì? Anni, sembrava. Magari eventualmente anche lui avrebbe perso il senno, e si sarebbe unito ai riflessi in quella danza insensata.
Un familiare tremore lo avvertì che la struttura stava ruotando di nuovo. Sinistra, destra, sopra, sotto. Da che era sul pavimento si ritrovò a pendere dal soffitto, e quelli che prima erano pilastri ora scendevano assieme a lui verso il suolo. Atterrò ad elevata velocità, ma non si fece male. Lì il dolore fisico non esisteva: se fosse esistito sarebbe stato facile per lui farla finita, ma non vi era uscita da quel gioco diabolico.
Riapparve Lui, l’unica cosa che avesse senso. L’unico con cui parlare. Gli disse l’unica cosa a cui pensava da un po’, un concetto maturato dopo il loro ultimo dialogo.
“Questo posto è la morte?”
“Non proprio. Il Mondo Finale è un luogo di transito. Da qui si va verso la morte, o in alcuni casi verso il sonno. Raramente si ritorna alla vita.”
“Vorrei morire. È possibile?”
Lui ci pensò su per un po’. “Possibile sì, ma preferirei evitarlo. Oltre al vanificare gran parte di tutto ciò e alla tua utilità da vivo, mi rattristerebbe molto che tu giunga ad una simile fine. Questo posto è così bello.”
“Bello? È un incubo.”
“Può mettere a dura prova la mente, ma se soffri è solo per via del patto oscuro che hai accettato. La tua sofferenza è il tuo cuore che si ribella. Il Mondo Finale può offrirti conforto e redenzione, se gli permetti di cambiarti.”
Ci pensò su. Il patto oscuro se lo ricordava, ma sembrava così distante e insulso ormai. Cosa cercava? Potere, rispetto, ammirazione? Che concetti banali. Non avevano valore, lì.
Come ogni volta che aveva dei dubbi la nube oscura si riformò, come tentacoli venuti a punirlo per venire meno alla sua promessa. Non aveva idea che la nube oscura esistesse, ma sapeva che era lui ad attirarla, veniva lì per lui. Ma Lui la scaccio con un pigro gesto della mano: Lui era potente lì, forse ancora più che nel mondo reale. Reale? Quello da cui venivano era il mondo reale?
“Se ti aiuto, mi riporterai indietro?”
“Ne ho sempre avuto l’intenzione.”
Questo gli bastava.
“Cosa vuoi che faccia?”
Lui sorrise e gli batté una mano sulla spalla. Un gesto d’affetto.
“Speravo di sentirtelo dire! Voglio solo che tu mi dica alcune cose. Niente altro.”

Quando Sora ritornò nel Regno della Luce trovò una piccola folla nella sala del Consiglio. Riku, Kairi, Xion, Aqua e Lea stavano parlando con un altro paio di Custodi: Sora ricordava chi fossero, ma in quel momento non riusciva ad associare un nome ad ogni volto. Detestava sentirsi così, ma d’altronde il numero dei suoi alleati era fin troppo grande per la sua memoria.
Non perdendo neanche un battito e agendo come se l’improvvisa apparizione del Gran Maestro fosse la cosa più naturale del mondo, Riku venne in suo soccorso.
“Sora, perfetto. Ecco qui il Maestro Rader e la Maestra Ethed, che si occuperanno degli incarichi. Ethed rimarrà di stanza ad Agrabah, mentre Rader manterrà l’ordine ai Campi di Battaglia fino al suo ritorno per partecipare all’assemblea.”
Un uomo sulla cinquantina coi capelli brizzolati e un paio di baffi chevron e una giovane donna con una lunga treccia bionda chinarono il capo e si portarono un braccio al petto salutando Sora. Questi avanzò verso di loro, cercando di captare l’urgenza della questione dalle parole di Riku.
“Ottimo, ottimo. Si tratta di questioni della massima urgenza: contiamo su di voi. Buona fortuna e buon viaggio.”
Congedati i due Maestri si mise a sedere vicino a Kairi, sbuffando.
“Meno male che abbiamo esperienza nel recepire queste cose al volo.”
Aqua sorrise. “Almeno stavolta eri via per validi motivi e non a bighellonare.”
“Mi è parso di capire ci sono problemi ad Agrabah, ora?”
Lea fece un gesto con la mano. “Inizia tu a dirci come è andata, potrebbe cambiare tutto. Non vedo il nostro amico con te. È…?”
“Sta bene. L’ho riportato nella cella prima di venire qui, anche se penso che potremmo già liberarlo. È pentito.”
Fu il turno di Riku di sbuffare: “Conosco il tuo metro di giudizio. Non lo libereremo se non dopo averlo esaminato per bene.”
Sora rise. “Ed è per questo che l’ho rimesso in cella... venendo a noi: non mi ha saputo dire molto, perché lui stesso non sapeva un granché. Era un teppista da due soldi nel suo Mondo, lo hanno preso e portato nell’Oscurità. Non chiedetemi chi fossero ‘loro’, ogni traccia è stata rimossa per bene. Lì faceva la guardia ad un qualcosa, ignoro cosa, e accoglieva altri iniziati. Ci sono persone che vengono condotte nell’Oscurità per venire plasmate a qualche scopo.”
Lea si stuzzicava un’estremità dei capelli. “E sappiamo da Van che si sono spinti parecchio a fondo. Cosa diamine stanno facendo lì?”
Prese parola Xion: “Io sono più interessata al fatto che stanno prelevando persone dal Regno della Luce senza che nessuno lo segnali o se ne accorga, specialmente noi. Procederanno sicuramente a piccoli gruppi, ma rimane sconcertante.”
“Non possiamo essere dappertutto nello stesso momento, non per tutte le persone del cosmo.” Obiettò Riku.
Xion lo guardò severa. “Dobbiamo provarci, o inizierò ad avere seri ripensamenti sul nostro diritto di governare.”
“Ehi, ehi, calma.” Sora tentò di ristabilire l’ordine. “Non serve a nulla litigare, è ovvio che faremo tutto il possibile. Non mi è stato rivelato molto altro, eccetto che il Keyblade oscuro che lui brandiva era una provocazione nei nostri riguardi. Qualcosa nei suoi ricordi lo aveva persuaso di questa definizione.”
“Forse si riferisce al fatto che il Keyblade oscuro imitasse quello di Terra?”
“Per favore, smettetela di chiamarlo Keyblade oscuro. Quella paccottiglia neanche ci si avvicina.”
Vanitas emerse dall’ennesimo portale: aveva l’elmo incrinato in più punti, il braccio destro era contratto e tenuto vicino al petto e una parte della sua pelle oscura era squarciata, esalando filamenti di Oscurità da sotto. Tutti i presenti si mossero sconcertati ma Xion fu più rapida ed in un secondo fu accanto a lui, aiutandolo a sedersi.
Aqua si avvicinò, facendo per toccare l’elmo, ma lui la scansò con un breve cenno.
“Chi ti ha fatto tutto questo?”
“Ciao anche a te.”
“Vanitas!”
“Non c’è alcun pericolo immediato, quindi fatemi il piacere di non stare tutti lì come chiocce spaventate e ricomponetevi- ironico debba dirlo io a voi, nonostante il mio stato attuale.
Nel caso l’assenza dei miei modi principeschi e il mio tono soave non siano stati registrati, ho passato gli ultimi giorni nel vecchio abisso in attesa di vedere del movimento dove erano riusciti ad eludermi. Sapete, non mi piace perdere.”
Lea inarcò un sopracciglio. “A costo di essere il prossimo bersaglio delle tue frecciatine, mi pare di vedere che hai avuto successo.”
“Staccate l’occhio a Lea e mettetelo su un Keyblade, le sue capacità di osservazione fanno paura. È saltato fuori qualcuno diretto verso l’esterno e ho ingaggiato battaglia. Fin da subito è diventato evidente che il sicario mandato contro i vostri ragazzi non era indicativo delle abilità del nemico. O forse ho beccato il più forte in assoluto stavolta, ma io e l’ottimismo non siamo mai stati buoni amici.”
Sora si lisciò il mento, pensieroso. Le persone capaci di ridurre così Vanitas si contavano sulla punta di una mano.
“Impugnava anche lui un Keyblade nero?”
“No, niente paccottiglia per le alte sfere. Il Keyblade era autentico, e posso affermare che era oscuro. Forgiato lì.”
“Siete diventati tutti mio figlio da un momento all’altro?” Aqua era sconcertata. “Possiamo parlare in un secondo momento di queste cose e concentrarci su, non so, magari cosa è successo dopo lo scontro? Vanitas, lo hai sconfitto?”
“Vedi forse un prigioniero o un cadavere?”
“Quindi hai perso!”
“Non ho detto questo. Il tipo è fuggito, purtroppo, ma ti garantisco che anche col braccio in questo stato non sono io quello messo peggio dei due. E ho qualcosa.” Il Custode oscuro sventolò quello che sembrava un frammento di pergamena con la mano sana. “Come ho detto, non mi piace perdere.”
Era ovvio tutti morissero dalla voglia di leggere cosa vi fosse scritto sopra, ma in quel momento Sora si alzò.
“Non ora, a meno che non sia della massima urgenza. Vanitas è qui, io anche, e ci sono tutti i motivi per indire l’assemblea collettiva dei Maestri. Lea, contatta Hokori e dille che ha un giorno a disposizione per chiudere gli affari in sospeso e presentarsi.”
Fece per avviarsi verso la porta, ma Vanitas parlò di nuovo. “Va bene mostrare il mio trofeo più tardi. Ma spero vivamente che tu non stia evitando il problema.”
Il Gran Maestro si bloccò sull’uscio. Aveva temuto quel confronto, ma sapeva sarebbe giunto. “Quale problema?”
“Oh bene, lo stai evitando davvero. Quindi immagino che dobbiamo pensare che Keyblade fatti per deriderci, persone che ci sfuggono e sanno dove colpirci e i nostri nemici che sia armano come per andare in guerra siano tutte coincidenze.” Vanitas si alzò, ignorando la flebile protesta di Xion e anche con un braccio solo costrinse Sora a voltarsi e guardarlo in faccia.
“Te lo dico adesso e te lo ridirò di fronte a tutto l’Ordine se sarà necessario, tu prova a lasciarti prendere dai sentimenti e saranno cavoli amari. Credo tu abbia notato che c’è un notevole parallelismo tra quello che questi individui stanno facendo portando persone nell’Oscurità e il nostro sperimentare con i Custodi nel Regno dei Sogni. Dimmi, com’è lo stato delle cose, nel Mondo Finale? Che dicono le stelle?”
Era ovvio che Vanitas avesse speso parecchio tempo a pensare a tutto quanto da solo: lo stava incalzando lì dove non poteva ribattere. Era probabile si aspettasse che la discussione arrivasse a quel punto fin dall’inizio, e Sora non poté non essere onesto con lui.
“Il numero di stelle è aumentato. Non ho potuto ascoltarle tutte, ma quello che alcune avevano da dire indicava chiaramente grossi guai in vista. Vite spezzate, o costrette a vivere nel buio.”
Vanitas era così vicino che tramite l’elmo fratturato Sora poté vedere gli occhi dorati fremere di rabbia, che fortunatamente non era però rivolta verso di lui ma al passato, a ricordi dolorosi. Lo lasciò andare, e tornò verso il tavolo.
“Abbiamo passato tutti dei bei momenti di pace e tranquillità e messo su famiglia. Ottimo, direi. Ma era ovvio che tutte queste chiavi in circolazione non sarebbero rimaste per bellezza in eterno, ed è ora di fare i conti col passato.”
Vanitas estrasse Void Gear e lo piantò con violenza nel tavolo. La chiave rimase inchiodata lì, vibrante, provocando sulla superficie delle crepe non dissimili a quelle presenti sul casco del proprietario.
“Vi avverto fin da ora: se vedo Ren, la sua testa è mia.”

   
 
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