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Autore: mido_ri    13/07/2019    0 recensioni
Allison Harvey, ereditiera di un'azienda di giocattoli di fama internazionale, conosce il ricco e affascinante Kim Seokjin, divenuto intimo collaboratore di suo padre in breve tempo.
Il Signor Kim, però, ha fin troppi riguardi per la giovane Allison, che si ritrova a dover fronteggiare situazioni al limite della sopportazione umana. Perché il Signor Kim la tratta in questo modo? Gode già dei favori del padre di Allison e presto, grazie alla collaborazione con lui, anche la sua azienda sarà all'apice della fama nel continente americano.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 ❝my world

 

- Mi piaci, Allison. 

Vi aspettereste che io dica che il mio cuore perse un battito o che mi martellava nel petto o che lo avevo in gola e cose del genere, ma no. In quel momento il mio cuore era immobile. Ero come morta. Non avevo mai ricevuto una dichiarazione e mai avrei immaginato di sentirmi dire quella cosa da Kim Seokjin. Sì, proprio lui. Se non mi fossi trovata già per terra sarei sicuramente caduta come un corpo senza vita. Dovevo avere un aspetto orribile in quel momento.

- Alli... son?

Il Signor Kim mi scosse una mano davanti agli occhi per accertarsi che fossi ancora viva. E come biasimarlo? Avrei potuto almeno fare un verso per fargli capire che ero cosciente, ma non riuscii a fare neanche quello; continuai a fissarlo con quell'espressione da ebete. Probabilmente l'altro si sentiva anche in colpa dopo avermi detto ciò che provava.

"Diamine. Sono un disastro"

Allison, che hai? Ti senti di nuovo male?

Scossi la testa e mi alzai all'improvviso, quasi spingendo l'altro. C'era una sola cosa da fare per evitare quella situazione: fuggire. 
Presi la borsa e il giubbotto e rientrai, correndo in direzione dell'ascensore. 

- Allison? Dove stai andando?!

Mi voltai, il Signor Kim era dietro di me, ma aveva rinunciato a seguirmi. Era semplicemente appoggiato al muro del corridoio e mi guardava con aria confusa.

---

Ero così distratta che mi diressi verso casa mia; soltanto quando mi trovai di fronte all'edificio realizzai che avrei dovuto essere da tutt'altra parte, quindi chiamai un taxi. Il pianerottolo dell'edificio dove ora alloggiavo era buio e silenzioso e ci misi un bel po' per capire come infilare le chiavi nella serratura. Ad accogliermi ci fu solo una casa vuota e polverosa, chissà quando avrei avuto il tempo e la voglia di pulire lì dentro. Mi sedetti sul letto con l'intenzione di indossare il pigiama e la speranza di addormentarmi subito, ma il cellulare cominciò a squillare. Sicura che fosse il Signor Kim, ero già pronta a declinare la chiamata, ma per poco non caddi dal letto quando mi accorsi che a chiamarmi in realtà era mio padre. Rimasi immobile per qualche secondo a fissare il display, poi mi portai il cellulare all'orecchio.

- P-papà?

- Allison, sono qui. Scendi con la tua roba.

- Qui dove? Non-

- Allison, ho detto scendi.

Qualcosa mi diceva che ero stata scoperta e, soprattutto, che mio padre non voleva sentire ragioni. Mi alzai dal letto e cominciai a riporre la mia roba in valigia, anche se non avevo utilizzato quasi nulla. Uscii dall'appartamento trascinandomi dietro le tre valigie. Prima di entrare in ascensore sospirai e guardai per un po' la porta chiusa. Sentivo già un profondo senso di nostalgia, non per quell'appartamento, ma per tutto il resto: avevo un presentimento, un brutto presentimento, come se già sapessi che non avrei più rivisto il Signor Kim.
Lasciai le chiavi dell'appartamento sotto lo zerbino e mi diressi verso l'ascensore.

---

Mio padre mi aspettava dinanzi all'edificio con le braccia conserte e indossava gli occhiali da sole nonostante fosse già buio, probabilmente per non farsi riconoscere. Quando mi vide non mi rivolse neanche un cenno di saluto, ma mi tolse di mano le valigie e le caricò in macchina. Negli anni avevo imparato che quando mio padre mi sgridava era molto arrabbiato, ma se non proferiva parola lo era cento volte di più.
Durante il viaggio in auto tenne gli occhi puntati sulla strada e, ostinato, continuò a non rivolgermi la parola. Quando ci fermammo mi accorsi che ci trovavamo nel parcheggio della HarveyFactory, scuro e, salvo le macchine dei dipendenti, deserto. 
L'uomo seduto a fianco a me emise un lungo respiro, come se si stesse preparando per un importante discorso. Quando lo vidi schiudere le labbra deglutii rumorosamente.

- Allison, perché hai mentito ai tuoi genitori? So che non sei stata da Felix questa notte.

- Papà... è tardi... possiamo parlarne domani?

Ma l'altro riprese a parlare, come se non mi avesse affatto sentito.

- So che sei stata con Kim.

- Sì, ma...

- E con tuo zio.

Tutte le giustificazioni che avevo messo su in quei pochi e brevi secondi di panico crollarono.

- P-papà...

- Ti hanno detto tutto, non è vero? Quello sporco traditore...

Mio padre colpì il volante con una mano, mancando il clacson di pochi centimetri. Più che spaventata dalla sua reazione, però, rimasi molto delusa dal fatto che non aveva accennato minimamente a scusarsi con me per avermi tenuto all'oscuro di tutto per anni.

- Allison, devi promettermi che non avrai più niente a che fare con loro, mi hai capito? Sono dannosi per te. Anche io ho chiuso con Kim... era l'ultima persona da cui mi sarei aspettato una coltellata alle spalle.

- Papà... ma cosa... loro mi hanno aiutato. Perché non mi hai mai detto la verità?

- Ally, ascolta. So che deve essere stata dura per te credere alle loro parole, ma posso assicurarti che-

- Non chiamarmi Ally! Sai cosa? Non sono stati loro a dirmi tutto, mi hanno soltanto spiegato la situazione e mi hanno aiutato quando mi sentivo tradita dalla mia famiglia. Vi ho sentito... tu, la mamma e il padre del Signor Kim. Volete costringere Taehyung a fare il vostro schifoso gioco! E ora che anche io so tutto volete fare il lavaggio del cervello anche a me!

- Ally! Calmati!

- No che non mi calmo! Sei tu il traditore. Tu e la mamma... non consideratemi più vostra figlia, me la caverò da sola anche senza i vostri sporchi soldi e le vostre raccomandazioni.

Feci per aprire lo sportello, ma l'uomo mi trattenne per un polso; strinse così forte che percepii immediatamente il sangue smettere di fluire in tutta la mano.

- Allison, con chi credi di parlare? Forse non hai ben capito... tu non hai una scelta, sono io quello che sceglie al tuo posto. Credi che sia così stupido da non essermi accorto che non vuoi prendere il mio posto nell'azienda? Ma lo farai comunque, ti conviene cominciare ad abituarti all'idea.

- N-non voglio... 

A quella risposta mi arrivò uno schiaffo in pieno viso che mi costrinse a voltare la faccia e a sbattere contro il finestrino. Mi tenni la testa con la mano mentre guardavo sconvolta mio padre, il quale però stava palesemente evitando di far incrociare i nostri sguardi. In vita mia non avevo mai ricevuto rimproveri fisici da parte dei miei genitori e il fatto che fosse successo proprio in quella situazione mi sorprese ancor di più. 

L'uomo sospirò e scosse la testa, come se non sapesse neanche lui cosa avrebbe dovuto fare. 

- Tesoro, ragiona... vuoi che anni e anni di lavoro vengano gettati via così?

Rimasi con le labbra serrate, non avevo alcuna intenzione di rispondere. Tutto ciò che usciva dalla bocca di quell'uomo suonava come assurdo, sbagliato e maledettamente ipocrita.

- Non rispondi? Bene, ma sappi che in ogni caso non puoi fare niente per evitare questa situazione. Sarai dalla mia parte, che ti piaccia o no. 

Mi voltai verso il finestrino, anche se non c'era nulla da guardare a parte un muro grigio e qualche auto che usciva lentamente dal garage. Avrei voluto aprire lo sportello e scappare, ma già sapevo che mio padre mi avrebbe trattenuto di nuovo. In quel momento sentii il cellulare vibrare nella tasca dei jeans, ma non era il caso di rispondere chiunque fosse. 

- Non rispondi? 

Rivolsi all'uomo un'occhiata inespressiva e in cambio ricevetti uno sguardo irato.

- Fammi vedere chi è. 

- Felix... 

Ma l'altro si piegò verso di me e mi tolse il cellulare dalla tasca. Sorrise e rispose al mio posto. 

- Jin, mi stavo chiedendo che fine avessi fatto.

Rabbrividii e fui tentata di strappargli il telefono di mano, ma in fatto di forza non avevo chance contro di lui. 

- Tranquillo, Allison è dove dovrebbe essere. Con me. 

Ma subito dopo aver detto ciò il sorriso scomparve dal volto di mio padre e fu sostituito da un pallore innaturale. Lo sentii deglutire, poi lo vidi terminare la chiamata e lanciare il mio cellulare sui sedili posteriori. 

- Andiamo. 

L'uomo scese dall'auto e pochi secondi dopo aprì anche il mio sportello, ma dovette strattonarmi per costringermi a scendere. Si diresse in fretta verso l'uscita continuando a trascinarmi, ma si arrestò all'improvviso non appena mise i piedi fuori e sbattei contro la sua schiena. Quando tentai di spostarmi, mi strattonò di nuovo per il braccio per farmi rimanere dietro di lui e indietreggiò di qualche passo. Quando parlò usò un tono così basso che lo sentii appena. 

- Corri. 

Non stavo capendo nulla di tutta quella situazione, ma l'unica cosa che sapevo era che non dovevo fidarmi dell'uomo che mi stava costringendo a nascondermi. Mi sporsi per vedere cosa stesse succedendo di fronte a noi, ma fui accecata da quelli che dovevano essere i fari di una decina di macchine. Mi voltai e notai che molte delle auto precedentemente parcheggiate nell'enorme garage non c'erano più. 

- Allison, ti ho detto di correre. 

- Allison non andrà da nessuna parte. 

Sussultai e mi spostai dalla figura di mio padre, che continuava a stringermi il braccio con forza. Il Signor Kim stava avanzando verso di noi. Con tutte quelle luci a fargli da sfondo sembrava il protagonista di una scena di un film d'azione. Era davvero mozzafiato. Ed era venuto a salvarmi. Quando i miei occhi si abituarono alla luce e fui ancora più sicura che si trattasse proprio di lui, cominciai a ridere e gli corsi incontro. L'altro mi abbracciò e mi sollevò; potevo sentir ridere anche lui contro il mio petto. Poi mi sussurrò all'orecchio. 

- Pensavo fossi andata via per sempre. 

Scossi la testa, ma non trovai alcuna parola né avevo fiato per dire qualcosa. Continuai a sorridere con il viso schiacciato sulla sua spalla mentre le mie lacrime bagnavano la sua giacca. Dopo qualche secondo sentii il suono acuto delle sirene e il Signor Kim mi lasciò andare. 

- Rimani qui. 

Si trattava di una pattuglia di polizia, possibile che il Signor Kim avesse avvertito le forze dell'ordine non appena aveva finito di parlare a telefono con mio padre? E tutte quelle macchine poi... quindi l'intera azienda si era rivolta contro il CEO. Senza che venisse proferita alcuna parola, i poliziotti scesero dalle auto e, mentre due di loro ammanettavano mio padre, il quale aveva ormai rinunciato a opporre resistenza, tutti gli altri facevano segno di allontanarsi dall'edificio. Uno di loro venne verso di me e il Signor Kim, indietreggiai spaventata, ma l'altro mi accarezzò le spalle e mi disse di stare tranquilla. L'uomo ci fece salire in macchina con lui e, dopo che fu raggiunto da un suo collega, partì. 

- Allison, non ti preoccupare, ci faranno solo qualche domanda. Hanno bisogno di testimoni. 

- Ma io non so nulla...

- Meglio così, ti rilasceranno subito. 

- E tu? 

- Avrò un bel po' da dire... 

Il Signor Kim sorrise con fare sarcastico. 

- E... e mia madre? 

- Forse riuscirà a cavarsela, ma questo non dipende da me. Io ho sporto denuncia soltanto per tuo padre.  

--- 

- Allison... 

Alzai la testa di scatto e sussultai quando mi accorsi che mi ero versata tutto il caffè addosso, anche se ormai era freddo. Il mio interrogatorio, se così si poteva chiamare, era durato un'ora scarsa dal momento che il Signor Kim e mio zio, chiamato anche a lui a testimoniare, avevano già dimostrato la mia innocenza al corpo investigativo; ma io avevo comunque deciso di passare la notte lì per aspettare il Signor Kim e ringraziarlo di tutto. E ora lui era di fronte a me e mi guardava con aria divertita. Appoggiai il bicchiere sulla sedia accanto e mi stropicciai gli occhi. La mia testa non aveva fatto altro che ciondolare tutta la notte. 

- Kim... com'è andata? 

- Ho fatto indigestione di scartoffie e termini giuridici, ma è andata bene. Sarò chiamato a testimoniare anche al processo, fortunatamente tu no. 

- Oh... giusto, il processo. Quindi c'è la possibilità che mio padre non venga arrestato?

- A meno che Superman non sia il suo avvocato. Non è colpevole di un solo reato, quindi molto probabilmente lo sbatteranno dentro lo stess... oh! Scusami...

L'uomo si coprì la bocca e mi guardò con imbarazzo.

- Tranquillo, lo spero anche io. Non mi dispiace affatto per mio padre... la delusione supera qualsiasi altro sentimento, però mia madre... 

- Allison... tua madre se la caverà. 

- Mh... so che è colpevole di complicità ma... è comunque sua moglie, non poteva... Io so quanto sia innamorata di mio padre... e... e... 

Scossi la testa e mi asciugai subito le lacrime con il dorso della mano. Il Signor Kim mi accarezzò lentamente la testa mentre mi guardava con apprensione. 

- Puoi abbracciarmi, sai? Prometto che non ti accuserò più di essere un manico.

- Non abituartici, Allison. 

Mi guardò severo, ma subito dopo mi rivolse uno dei suoi soliti sorrisi dolci e scherzosi e mi strinse in un abbraccio, anche se odoravo terribilmente di caffè. 

- Uhm... e Taehyung? 

- Be'... come puoi immaginare non gli piacerà affatto l'idea di sorbirsi una decina di sedute dallo psicologo, ma lo convincerò in qualche modo. Naturalmente se tu vuoi sporgere denuncia per quello che ha fatto...

- No, no... spero solo che si rimetta presto e che riesca ad avere una vita normale.

Il Signor Kim annuì e si allontanò dal mio corpo.

- Che ne dici di andare a casa a cambiarti adesso? Mettiamo un bel punto a questa giornata disastrosa. 

- Sì, andiamo a casa. 

Mentre lo seguivo verso l'uscita afferrai la sua mano e la strinsi forte. Sì, volevo davvero mettere un punto a quella storia di pochi giorni, ma che sembrava essere durata addirittura anni. L'altro si voltò e accennò un sorriso, un misto fra confusione, sollievo e felicità, esattamente come mi sentivo io in quel momento. 

--- 

- Perché diavolo ci sono le mie valigie nella tua macchina?

- Non potevano mica lasciarle in quel garage... e poi sapevo che ti sarebbero servite. 

Il Signor Kim mi aiutò a mettere le valigie in ascensore. 

- Sì ma la mia roba non basta a riempire quell'appartamento, è troppo... vuoto. Che ne dici di far pitturare le pareti di rosa? No, forse rosa no... non ho più dodici anni. 

- Vorresti far pitturare di rosa le pareti dell'appartamento di Taehyung? 

- Come se a lui importasse... 

- Ora che ci vive, sì. 

- Cosa? 

L'altro mi lanciò un piccolo peluche che fungeva da portachiavi per una piccola chiave molto simile a quella dei due appartamenti. 

- Questa è la tua copia, non perderla. Perlomeno così non avrai bisogno di fare irruzione in casa mia e spaventarmi ogni volta. 

- Aspetta... stai dicendo che questa chiave... 

- Sì, vivrai con me. Figurati che il giorno stesso in cui ti ho dato le chiavi dell'altro appartamento, Taehyung si è proposto di andare a vivere lì al tuo posto. Quel ragazzo fa davvero il tifo per noi... 

- C-cosa?! Quindi... M-ma non siamo sposati! 

- Quando sarai maggiorenne, se vuoi, ti farò la propost-

- Tu sei fuori di testa... sei un maniaco! 

Uscii dall'ascensore continuando a sbraitare, mentre l'altro si adoperava a trascinare le mie valigie. 

- Ma non avevi promesso che-

- No! Sei un maniaco! Mi costringerai a sposarti approfittando della mia condizione di orfana!

- Allison, non sei orfana. 

- Che ne sai tu! Ora capisco la sofferenza di Felix... no, aspetta. Felix non è per niente sofferente, ma... 

- Smettila. Se hai bisogno di un genitore posso sempre richiedere di diventare il tuo tutore legale, ma fra qualche mese sarai maggiorenne, quindi non ce n'è bisogno.

- Vorresti anche diventare mio padre? Sarebbe ancora peggio... immagino già il titolo sulla testata dei giornali! Mi vengono i brividi soltanto a pensarci.

- Illuminami.

Figlia del CEO  in prigione ha una relazione scandalosa con il CEO della EnJINe che l'ha adottata.

Quindi ammetti che ci sarà una relazione fra di noi? Mi è sembrato di averti visto scappare ieri sera...

- Non hai inteso bene le mie par-

Il Signor Kim lasciò cadere le valigie a terra e strinse il mio viso con entrambe le mani, costringendomi a guardare in alto, verso di lui. 

- Allison, farò tutto quello che vuoi, basta chiedere. Se vuoi che diventi il tuo tutore, dimmelo. Se vuoi che ti ceda il mio posto alla EnJINe, dimmelo. Se vuoi che ti chieda si sposarmi appena avrai compiuto diciotto an-

- Scordatelo. Non voglio niente di tutto questo. Soltanto qualche abbraccio ogni tanto e... 

- E?

Mi portai le braccia al petto e mi voltai dalla parte opposta. 

- Sfamami e portami a scuola. 

- Se è questo quello che desideri... 

No, affatto. Al diavolo le aziende, i soldi, la fama, i matrimoni e i genitori. Tutto quello che volevo era dormire abbracciata a quell'idiota che sembrava tutt'altro che un CEO quando stava con me, quell'idiota che chissà per quale motivo mi aveva tirato fuori da una situazione che non lo riguardava ed era disposto a darmi tutto ciò che aveva. Per questo lo consideravo un idiota, perché fra miliardi di persone si era innamorato di me. E io mi ero innamorata di lui. Anche quando credevo che a farmi tutti quei dispetti fosse lui. Che storia. Volevo osservare le sue spalle mentre preparava il caffè la mattina, urlargli contro che era un maniaco soltanto per vederlo alzare gli occhi al cielo e poi sorridere, far macchiare i suoi completi da migliaia di dollari per beccarmi una strigliata, mangiare sushi fino alla nausea seduta sul pavimento accanto a lui alle undici di sera davanti a un noiosissimo film d'autore. In quel momento avrei voluto alzarmi sulle punte e riempirlo di morsi e baci, per poi accusarlo per aver rubato il mio primo bacio. 

Non chiedevo di certo il mondo.

Chiedevo soltanto il Signor Kim, Kim Seokjin.

  
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