Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: EffyLou    15/07/2019    0 recensioni
ATTENZIONE: in questa storia gli OC sono i veri protagonisti e sono più numerosi dei canon!
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Aveva avuto un sogno spaventoso, premonitore. Sembrava quasi una profezia visiva, espressa attraverso immagini. Si erano alternati una serie di scenari, tesi e apocalittici. Gruppi di uomini e donne che correvano nel deserto, morti violente, belve feroci accecate da furia omicida, le gallerie di una cripta e un occhio enorme che si apriva sul mondo, lo osservava con invadenza. Era tutto così confuso e spaventoso, non aveva idea di cosa significasse tutto ciò. Non riusciva a pensare.
Aveva un’unica frase in mente, l’unica che era riuscita a formulare e che impediva il passaggio di qualsiasi altro pensiero.
Il mondo come lo conosciamo noi sta tramontando. È il crepuscolo di una notte buia.
Genere: Avventura, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Kouen Ren, Nuovo personaggio, Sinbad
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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0. Before the twilight 

 
 
Tre anni dopo l’avvento di Aladdin…

 
 
«Cancelliere Mogamett! Cancelliere!».

Il vecchio mago sembrava non aver pace, quel giorno. Aveva tenuto una conferenza con le matricole, quella mattina, dopodiché il consiglio docenti per le nuove politiche di Magnostadt, che era durato più del previsto e si era concluso solo al crepuscolo. Aveva mangiato la sua cena sobria, bevuto del vino scadente proveniente da Qishan, e ora – finalmente – poteva accomodarsi sulla sua poltrona, di fronte al camino e con un buon libro con cui rilassarsi prima di andare a dormire.
Avrebbe potuto, e per un attimo aveva gustato la pace. Ma poi la voce di quel giovane professore, da poco unitosi al corpo docenti di Magnostadt, lo aveva strappato al suo momento di quiete.

«Maledizione, che cosa c’è ancora?!» sbottò, alzandosi con un brusco scatto per raggiungere la porta delle sue stanze.

Gli occhi del mago di fronte a lui tendevano al color rubino, rossi come il sangue, eppure non avevano assolutamente nulla di maligno. «Cancelliere, da Aktia sono giunte notizie ben poco rassicuranti»

«Aktia è un regno di goi inetti e perditempo, dediti all’illegalità e all’alcool» replicò, aspro. «Non ho alcun interesse nelle notizie che giungono da lì e non ti permettere più di disturbarmi a quest’ora e in questo modo allarmista» aggiunse poi, con una nota furente nella voce.

Il giovane scosse la testa, smuovendo ciocche di capelli neri come inchiostro. «Signore, mi ascolti: pare che nella striscia di terra che ci divide da Aktia stia sorgendo un cantiere. Stanno costruendo una città»

Matal Mogamett aggrottò le sopracciglia, avvicinandole al punto da sembrare unite al centro della fronte. «Voglio sapere chi, perché e se può fare una cosa del genere»

«Tecnicamente sì, lo possono fare» il mago estrasse una pergamena dalla tasca della toga nera, e la srotolò rivelando un atlante. Con la punta del dito, gli indicò la zona interessata. «Vede, questo territorio non appartiene a nessuno, è neutrale. Adesso è il Regno di Toru che lo sta invadendo, rivendicando, e ci st costruendo una città»
Il cancelliere restò in silenz
io per una manciata di secondi, cercando di capire le dinamiche e i motivi. «Per quale motivo Shaytan ha deciso di appropriarsi di una porzione di terra e fondarci una città così lontana dal nucleo del suo regno…?» domandò, più a sé stesso che al mago di fronte a lui. «Quelli come lei, come Sinbad e come Kouen, sono in corsa per il titolo di Rex Mundi ed è chiaro che hanno mire espansionistiche. Ma perché così lontano dal suo nucleo?»

«Ha stretto un patto, signore. La città non farà parte del suo regno» tentennò, arrotolando la mappa e rimettendola al suo posto nella tasca, con una calcolata lentezza. Stava prendendo tempo per cercare le parole adatte, non sapeva come dirglielo, e Mogamett attendeva con pazienza. Infine, il professore emise un sospiro. «Shaytan ha stretto un patto con l’ultima erede di Musta’sim. Sta rifondando la città».

L’espressione del cancelliere di Magnostadt mutò. Nei suoi occhi si potevano rivedere i ricordi di gioventù, segnati da sfruttamento, schiavitù, guerra e il nefasto evento della morte della sua unica figlia. Era riuscito a smantellare Musta’sim mattone dopo mattone, aveva dato fuoco alle sue case, ucciso e depredato la sua gente; poi era arrivato al cuore, assaltando il palazzo e trucidando la famiglia reale. Era sicuro di aver estirpato il seme di quella progenie maligna, i goi popolani che sopravvissero vennero rinchiusi, fatti schiavi, e ora vivevano nella miseria nel Quinto Livello di Magnostadt, servendo i maghi che avevano tanto disprezzato. Era sicuro di aver eliminato per sempre la minaccia di Musta’sim, eppure… ora sbucava questa miserabile erede che, alleatasi con la peggior canaglia in circolazione, rifondava la città che tanto si era impegnato a distruggere.
Matal Mogamett sentì di aver fallito. Un fallimento a lungo termine. Nel suo cuore si affollarono paura, sensi di colpa, rabbia, frustrazione. Non avrebbe permesso a Musta’sim di tornare a vivere, non dopo tutti i suoi sforzi per eliminarla e non dopo tutti i crimini commessi.

«Zakir» mormorò, come privo di forze. «Dobbiamo fermare questa follia ad ogni costo, con qualunque mezzo. Ma ci servono alleati e non ho alcuna intenzione di allearmi con dei goi»

«Cancelliere, mi permetta: non è necessario allearsi con i semplici umani. Si fidi di me» Zakir esibì un sorriso ampio, ma impossibile da decifrare. «Se non ha paura del prezzo da pagare ed è disposto ad utilizzare qualsiasi mezzo, ho la soluzione per lei e vedrà che ne usciremo vincitori».
 
 
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Le mancò il fiato, non riuscì a respirare. Come se una mano le stringesse la trachea in una morsa d’acciaio. Cominciò a dimenarsi, cercò di far entrare l’aria nei polmoni in qualsiasi modo, mentre brividi gelidi le percorrevano la schiena e rivoli di sudore caldo le rotolavano dalla fronte arrossata dallo sforzo. La vista si appannò, i rumori si fecero ovattati, capì che stava perdendo i sensi e non ebbe più la forza di affaticarsi.
Invece si svegliò, di colpo, emettendo un grido strozzato che morì in gola. Il cuore le martellava contro lo sterno, rimbombava nella cassa toracica così forte da invaderle persino le orecchie. I polmoni protestavano per avere aria, i respiri veloci e ansimanti non bastavano più.

La donna chiuse gli occhi, ispirando ed espirando più di una volta nel tentativo di placare il battito cardiaco. Quando li riaprì, si sciugò la fronte imperlata di sudore col dorso della mano e, con dita tremanti, cercò a tastoni la scatola di fiammiferi per accendere la lanterna. Questa si illuminò di una tenue luce aranciata, che lentamente permise di vedere anche l’ambiente circostante: una carovana, che un tempo trasportava cavalli, dalle pareti in legno incise con simboli e sigilli, arredata miseramente ma colma di cianfrusaglie e piante.

Si alzò lentamente per poi riaccomodarsi su uno sgabello di legno, di fronte ad un piccolo tavolo squadrato, e si prese la testa tra le mani.
Aveva avuto un sogno spaventoso, premonitore. Sembrava quasi una profezia visiva, espressa attraverso immagini. Si erano alternati una serie di scenari, tesi e apocalittici. Gruppi di uomini e donne che correvano nel deserto, morti violente, belve feroci accecate da furia omicida, le gallerie di una cripta e un occhio enorme che si apriva sul mondo, lo osservava con invadenza. Era tutto così confuso e spaventoso, non aveva idea di cosa significasse tutto ciò. Non riusciva a pensare.

Aveva un’unica frase in mente, l’unica che era riuscita a formulare e che impediva il passaggio di qualsiasi altro pensiero.
 Il mondo come lo conosciamo noi sta tramontando. È il crepuscolo di una notte buia.



 

Eccomi qua, dopo un mese, a scrivere finalmente il vero prologo di questa fanfiction.
So che è breve, so che non c'è granché. Ma non ho intenzione di scrivere capitoli troppo lunghi o troppo complessi, in fondo è una fanfiction e la uso soprattutto per non restare immobile con la scrittura. È un periodo in cui non scrivo affatto e anche solo queste poche righe mi aiutano a non fermarmi o a riprendere la mano. Ho storie più impegnative a cui pensare e questa è una sorta di esercizio.

Comunque ci tengo lo stesso, la sto partorendo con dolore (cit.).
Fatemi sapere che ve ne pare, non siate timidi ♥ 

Alla prossima~

   
 
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