Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
Segui la storia  |       
Autore: EffyLou    06/06/2019    0 recensioni
ATTENZIONE: in questa storia gli OC sono i veri protagonisti e sono più numerosi dei canon!
-------
Aveva avuto un sogno spaventoso, premonitore. Sembrava quasi una profezia visiva, espressa attraverso immagini. Si erano alternati una serie di scenari, tesi e apocalittici. Gruppi di uomini e donne che correvano nel deserto, morti violente, belve feroci accecate da furia omicida, le gallerie di una cripta e un occhio enorme che si apriva sul mondo, lo osservava con invadenza. Era tutto così confuso e spaventoso, non aveva idea di cosa significasse tutto ciò. Non riusciva a pensare.
Aveva un’unica frase in mente, l’unica che era riuscita a formulare e che impediva il passaggio di qualsiasi altro pensiero.
Il mondo come lo conosciamo noi sta tramontando. È il crepuscolo di una notte buia.
Genere: Avventura, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Kouen Ren, Nuovo personaggio, Sinbad
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-1
 


Da lontano, l’arcipelago Toru appariva come un’immensa bocca dotata di denti scuri e seghettati. Nella circonferenza degli scogli, l’acqua che tutt’intorno era di un limpido blu assumeva un colore molto più tetro, che non prometteva assolutamente nulla di buono. Fortunatamente, la nave non ci passò in mezzo ma aggirò le isole dall’esterno per raggiungere il porto di quella che doveva essere la capitale.
Il molo brulicava di vita e, sorprendentemente, non emanava il puzzo nauseabondo di pesce che aleggiava su Aktia; piuttosto dominavano gli odori di alghe essiccate e salsedine, solo in minima parte del pescato.
Dhalia balzò giù dalla passerella e salutò il capitano del mercantile con cui era arrivata. Raggiungere Toru era stato più difficile del previsto: era dovuta arrivare a Balbadd per salire su un mercantile di Sindria che, dopo quella meta nel regno dei Saluja, avrebbe fatto rotta a Toru e infine sarebbe tornata a casa. Il regno di Aktia non aveva alcuna intenzione di intraprendere una rotta commerciale con Toru.
La giovane non sapeva se Shaytan era lì o in chissà quale altro angolo del mondo, ma l’avrebbe aspettata se necessario: la questione era troppo importante. Sentiva dentro di sé l’urgenza di rifondare Musta’sim, non aveva intenzione di perdere tempo.

«Scusi…» cominciò, cauta, rivolgendosi ad un pescatore. «Dove posso trovare Shaytan?».

L’uomo si voltò a guardarla. Dhalia si era già accorta dell’etnia dei nativi: erano scuri, le pelli abbronzate dal sole e gli occhi chiari che risaltavano come gemme preziose sul velluto nero. Indossavano abiti larghi e leggeri, dalle mille sfumature di colore, e piume tra i capelli, incastrati nei lacci delle collane o ai bracciali di legno. Tutti erano scalzi e tutti avevano tatuaggi sparsi sul corpo di piccole dimensioni ma così vicini da sembrare macchie informi; sul viso ne avevano, invece, solo uno.
Quel pescatore aveva il disegno stilizzato di un pesce tatuato sullo zigomo sinistro.

«Shaytan?» ripeté, poi si carezzò la mascella e si guardò attorno. Dhalia seguì gli spostamenti del suo sguardo, che si interruppero quando carezzò un’imponente veliero con gli occhi. Dalla forma allungata ed elegante, sembrava scivolare sulle onde come un serpente nero. Se ne stava ormeggiata distante rispetto ai mercantili e al di sotto, sulla banchina, una manciata di marinai si davano da fare per pulirla e scaricarla dai suoi averi. Le rifiniture in oro luccicavano alla luce del sole, formando intrecci tribali e i connotati di volti demoniaci.

«Sei fortunata, forestiera» la riscosse il pescatore con un sorriso affabile, l’accento esotico distorceva il suono delle sillabe. «Lei è qui, ad Avaiki»
«Dove posso trovarla?»
«Con ogni probabilità, lassù» e, voltandosi, le indicò un promontorio roccioso che svettava imponente sopra gli edifici della città, e vi sorgeva, altero e incontrastato, un palazzo color alabastro. «Basta andare sempre dritta. Buona fortuna con lei»
«Grazie… almeno credo», sgrullò la testa e seguì la direzione indicata.

La città si aprì davanti a lei non appena superò un’imponente arcata di marmo niveo. Le vie erano strette e scoscese, si arrampicavano sul terreno irregolare presentandosi come scie di ciottoli bianchi e lisci come pietre di fiume. Le case erano ammassate l’una sull’altra, a pianta quadrata, ma non avevano mai più di due piani. Molte di esse avevano i tetti piatti, altri a cupola, e tutte avevano dei porticati dalla staccionata colorata e tende di seta a garantire privatezza.
Le persone conversavano in un idioma sconosciuto, che solo per alcuni suoni somigliava alla lingua comune, ed erano vestite di ogni sfumatura di colore. L’aria era pervasa dall’odore di foglie, sabbia, spezie e stoffe.
La sua avanzata verso il promontorio, sotto i raggi del sole cocente, si rivelò più ardua di quanto avesse immaginato. Inoltre, anche a causa del viaggio in nave, cominciava ad emanare l’acre odore del sudore e della sporcizia.
Con un gesto di stizza si asciugò la fronte con l’avambraccio e poi s’annusò il colletto della camicia sdrucita che indossava da ormai diverse settimane. Ma non aveva scelta. Non poteva farsi un bagno, si sarebbe presentata a Shaytan in quel modo – suo malgrado.
Alle pendici del promontorio, la città diminuì la sua densità lasciando spazio a veri e propri villini collegati alla strada principale da vie di ciottoli pallidi. Di fronte a lei, il palazzo reale si ergeva maestoso e alle sue spalle la vetta aguzza dell’isola, somigliante a un dente di squalo.
Quando riuscì ad arrivare ai cancelli il sole era ancora alto nel cielo.
Una delle guardie la scortò all’interno e subito alcuni servitori l’accolsero. Una di loro storse il naso all’odore emanato da Dhalia, ma non si pronunciò.
C’era una breve coda di persone fuori le porte della sala del trono: qualcuno era di bassa estrazione sociale, qualcun altro sembrava un erudito. Dhalia li osservava con curiosità, cercando di carpire, dai loro atteggiamenti prima di entrare, cosa avrebbe dovuto pensare di Shaytan, e si rese conto che era lei l’unica persona agitata. I nativi risultavano tranquilli e solo vagamente ansiosi, di certo lo erano perché si sarebbero trovati al cospetto della regina. La fila scorreva rapidamente, venivano congedati quasi subito, tanto che non dovette aspettare molto prima che toccasse a lei.
Oltre i battenti, la sala del trono si apriva in una mastodontica navata. Ai lati, le colonne di marmo liscio lasciavano vedere i corridoi laterali tappezzati d’arazzi e dipinti o finestre imponenti che si affacciavano sulla città al di sotto. Al centro della sala c’era una piccola vasca d’acqua e oltre, in fondo, una scalinata che conduceva ad un ampio seggio dalla forma ovale, rivestito di morbidi cuscini colorati, costruito in oro e legno d’ebano. Ma, in tutto quello sfoggio di sfarzo e opulenza, svettava lei.

Era come una macchia d’inchiostro nero su un foglio bianco. Shaytan era una bellezza esotica, una perla nera; dalla carnagione olivastra e abbronzata dal sole del sud, i capelli lisci e lucenti del colore delle piume di corvo. C’era una dualità in lei. Era regale e selvaggia come una pantera. E altrettanto pericolosa.
Eretta al suo fianco, una donna dalla pelle scura come la sua ma la capigliatura albina, intrecciata a perline colorate e tagliata fin sotto le orecchie. Emanava eleganza e saggezza. Dhalia conosceva le donne come lei, dedusse che proveniva da Heliohapt. Ma Shaytan… non riusciva a capire da dove provenisse, sembrava appartenere al popolo dei Toran.
Avvicinandosi, si accorse che alla sovrana mancava l’occhio sinistro e la menomazione era coperta da una benda di metallo nero.

«Benvenuta» cominciò la donna di Heliohapt. «Deduco che tu sia una forestiera. Ebbene, ti trovi al cospetto di Jasmine Raja, regina e protettrice del regno di Toru, Shaytan il Diavolo dei Sette Mari, unificatrice dei pirati. Tu chi sei?»
Jasmine Raja. «Mi chiamo Dhalia»
«Che cosa desideri?».

La donna di Heliohapt aveva una bella voce, limpida e sicura di sé.
Dhalia, però, non riusciva a distogliere lo sguardo da Shaytan, dalla sua figura selvaggia e maestosa, dal suo unico occhio dall’iride color magenta. Era in attesa, quieta, e ricambiava lo sguardo come un predatore prima dell’attacco mortale. C’era qualcosa nel suo sguardo che la terrorizzava fino alle ossa e la attraeva pericolosamente.

«Che cos’è che desideri?» stavolta a ripetere la domanda fu lei, Shaytan. La sua, di voce, era graffiante e severa; la voce di chi era abituata a dare ordini e a vederli eseguiti.
«I-io…» si rese conto di star balbettando e si schiarì la voce. Chiuse gli occhi, facendo un profondo respiro e cercando di ritrovare la sicurezza in sé. Quando li riaprì, le due donne la guardavano con distaccata curiosità. «Io sono l’ultima erede di Musta’sim».
Un lungo silenzio regnò nella sala del trono. Poi uno sbuffo di sdegno: «Vedo invasati come te quasi ogni giorno. Ad ognuno di loro chiedo una prova concreta della loro discendenza e, indovina, si rivelano tutti ciarlatani»
«Permettimi di lavarmi i capelli! Sono solamente tinti!»
«Se desideravi un bagno potevi chiedermelo senza tirare in ballo Musta’sim» replicò sfottò, provocando un lieve sorriso sul volto della donna di Heliohapt.

«Devi ascoltarmi. Mio padre era Suleyman Musta’sim, mia sorella si chiamava Dunya ed era la legittima erede al trono. Io non sono una figlia legittima. La notte che i maghi assediarono il palazzo, io e mio fratello gemello fummo portati in salvo. Abbiamo vissuto nascosti per tutta la vita, ma poi la nostra salvatrice morì e mio fratello, per cercare cibo fuori, venne rapito dagli schiavisti attratti dai capelli azzurri. Io mi tinsi i capelli e, accecata dal desiderio di vendetta, entrai a Magnostadt per distruggerla dall’interno»
Jasmine non si scompose. «Ed ora sei qui per quale motivo? Se mi chiederai aiuto per assediare Magnostadt, ti farò arrestare. Misura bene le tue parole»
«No, i miei intenti sono cambiati. Non ho intenzione di spargere sangue innocente commettendo i loro errori. Scappai ad Aktia e lì, dopo diversi mesi, venni a conoscenza della tua esistenza. Chiedo il tuo aiuto per rifondare Musta’sim»
«Chi mi garantisce che tu sia veramente figlia di Suleyman?» indagò.
«Mia regina, i miei capelli sono azzurri. Questo colore cupo è frutto di pigmenti, ma potete lavarli via. Inoltre, a tutti gli individui altolocati di Musta’sim viene fatto dono di una perla rossa. È una rarità che si trovava esclusivamente nel mio regno».

Shaytan non rispose, e Dhalia frugò sotto il colletto della camicia per estrarre la collana che portava celata. Il ciondolo era una placca d’oro su cui era incastonata una perla di un colore rosso brillante. A quella vista, gli occhi smeraldini della donna di Heliohapt si spalancarono stupefatti mentre Jasmine assunse un’espressione meditabonda.

Dhalia si lasciò andare ad un piccolo sorriso trionfante. «Ora mi credi, mia regina?»
«Sì» replicò, senza indugio. «Ma laverai i capelli per ulteriore conferma. Quelle perle sono talmente rare che neppure io sono mai riuscita a trovarle, nemmeno i migliori contrabbandieri le posseggono. Perciò ti credo, Dhalia di Musta’sim. E dunque da me vorresti aiuto nel rifondare un regno morto»
«Sì, mia regina»
«Hai già chiesto ad altri regnanti?»
«No» e dopo una pausa aggiunse: «Dubito mi aiuterebbero»
«Fai bene a dubitarlo» replicò, sollevando il mento sottile. «Musta’sim si macchiò di crimini terribili contro i maghi. Dunque cosa ti fa pensare che io, che sono stata schiava a mia volta, ti aiuterò a rifondare un regno basato sull’oppressione di ogni diritto umano?»
Dhalia sollevò gli occhi, incontrando lo sguardo severo della sovrana. «Mia regina, la nuova Musta’sim non avrà quelle leggi antiche e crudeli»
«Questo è certo, altrimenti non ti fornirò alcun tipo di aiuto». Sul viso le si aprì un sorriso cospiratorio: «Una città-stato, indipendente. Sono certa che sono molti i rifugiati di Musta’sim che come te tingono i capelli. Torneranno ad avere una casa». Si alzò in piedi, facendo frusciare il mantello nero alle sue spalle.
«Quindi mi aiuterai?» Dhalia sollevò gli occhi verso di lei, vedendola scendere dalle scale con il passo lento tipico dei felini.
Jasmine Raja le porse la mano, facendo tintinnare bracciali ed anelli: «Direi che abbiamo un accordo io e te, Dhalia di Musta’sim».





 

Salve e ben trovati! Il capitolo è ancora ambientato tre anni prima l'arrivo di Aladdin ma dal prossimo comincerà la vicenda "attuale"!
Grazie a chiunque deciderà di dare una possibilità alla storia ♥

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic / Vai alla pagina dell'autore: EffyLou