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Autore: Pblcstrlrrj    16/07/2019    1 recensioni
Mio buon Dio, il dolore è atroce. Non faccio altro che illudermi di poter sopravvivere un altro giorno senza te. Ma non è così. Non voglio vivere un’esistenza in cui tu non ci sei, anche se questo implica respirare ancora e rimanere aggrappato ai ricordi. Quelli si esauriscono, sai?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Caro amico, 
non sai quanto sia terribile convivere con i mostri di una malattia che io stesso ho creato, lasciando che il mio corpo facesse proliferare una moltitudine di germi che neanche le più feroci medicine riescono a combattere. È una sensazione terribile, l’impotenza. Essere a conoscenza del male che io stesso ho causato al mio corpo e non avere gli strumenti per abbatterlo. La soluzione c’è, però. C’è sempre una soluzione, e tu stesso me lo hai sussurrato all’orecchio mentre due poliziotti mi portavano via da te. La soluzione la conosco molto bene; quello che non conosco affatto è come ottenerla. Non è altro che la tua vicinanza, amore mio. 
 
Le tue carezze, le tue labbra che lasciano una scia di dolci baci lungo le mie clavicole magre sembrano tediare un po’ la mia sofferenza. Non sono altro che ricordi, dei fantasmi che mi tormentano. Perché non ho con me la morfina naturale. Non ti ho con me. Non posso guarire senza un tuo sorriso, perché neanche l’ombra del suo ricordo mi aiuta. La tua presenza fisica sembra l’unico mezzo attraverso cui io possa ottenere una guarigione. Come mi pento di non avertelo detto prima, mio amico. Mio unico e grandissimo amore.  Non c’è data, a questa lettera. Non voglio che tu conosca il giorno della mia morte. L’unica cosa che desidero è tenerti dentro il petto più a lungo possibile, mentre bevo il veleno che annulla ogni mia funzione vitale.Non piangere, ti prego. Guarda in alto. Leva i tuoi meravigliosi occhi al cielo e ammira la magnificenza della luna. Creata per noi lupi solitari, uomini lontani. Creata per ricordarci che siamo sempre sotto lo stesso cielo, sempre insieme. Se la guardi, forse, permetterai al mio ricordo di eternarsi. Penserai a me ogni volta che, anche di sfuggita, ammirerai la luce riflessa del sole? 
 
Mio buon Dio, il dolore è atroce. Non faccio altro che illudermi di poter sopravvivere un altro giorno senza te. Ma non è così. Non voglio vivere un’esistenza in cui tu non ci sei, anche se questo implica respirare ancora e rimanere aggrappato ai ricordi. Quelli si esauriscono, sai? Come il benessere mentale che mi ha abbandonato giorno dopo giorno, anche le memorie che abbiamo costruito durante gli anni diventeranno polvere. O forse verranno catturati dalla luna che continuerai a guardare anche quando questa lettera sarà dimenticata dentro un cassetto spolverato che la tua donna non ti farà aprire più. 
 
Mostri che mi circondano mi urlano di lasciare andare la penna con cui ti scrivo gli ultimi miei pensieri. Sono così vicini che li posso sentire sibilare alle mie spalle. Sembrano le creature mitologiche di cui mi hai parlato durante i pomeriggi trascorsi insieme, mentre il mio amore platonico aumentava, la passione carnale bruciava e gli atti rimanevano sospesi a metà. La malattia invece serpeggiava latente dentro una mente che non riusciva a stare dietro le tue disgressioni. Quanto ti amai quei pomeriggi, senza neanche toccarti. Gli orgasmi più belli li ho provati guardando le tue mani sfogliare i libri della biblioteca materna, mentre i tuoi occhi si illuminavano di gioia e i mostri mi ancoravano alla sedia, senza permettermi di baciare le tue labbra screpolate e umide di saliva. L’eccitazione che provavo nel vederti sereno e appagato poteva compensare la resistenza del mio corpo represso. Ricordo vividamente il brivido di gelosia che provavo per quegli oggetti a cui era concesso il tuo tocco delicato. A me, caro mio, poche volte hai riservato quelle attenzioni carnali che bramavo con ogni fibra del mio corpo deturpato dalla sofferenza di non poterti avere. Il bisturi di mio padre non era altro che l’arma con cui ferivo il mio corpo pallido. Mi sarei evirato, se questo avesse implicato ricevere le tue attenzioni; il mio membro, però, era l’unico mezzo con cui potevo averti. Prepotentemente eri mio, senza il tuo consenso. Sono un mostro che genera mostri. O generato dai mostri. Non ho una risposta a questa domanda. La realtà dei fatti è che ti amo immensamente e lo sto urlando alla luna. E lei sarà il tramite di un sentimento che ti ho tenuto nascosto. Insieme a questa lettera, sarà la custode di un amore distruttivo. Conservale entrambe e proteggile. Lasciami respirare attraverso i tuoi pensieri. Sono in preda ai deliri, sai? 
 
La voglia di averti è un’agonia. Non poterti avere è una condanna a morte. 
 
Senti il sibilare del vento? Mi ricorda il tuo respiro affannoso dopo aver corso minuti interi per fuggire alle ire di quel contadino a cui avevamo rubato le ciliegie. Come eri bello, medito di sudore. Avevi l’aspetto che avrei voluto tanto ammirare in altre circostanze, a me proibite. E le tue labbra rosse rendevano il mio cuore palpitante e la mia gola secca. Rivivere questi momenti, con la gola circondata da mani invisibili che impediscono al mio respiro di regolarizzarsi, è pura estasi. Ho sempre provato un forte piacere nel dolore; la mia vena masochista ha sempre avuto una temperanza ingestibile e anche tra queste quattro mura, nulla sembra cambiare. Solo il chiarore della luce che filtra dalla finestrella mi ricorda che sono ancora vivo. E che il mio cuore, forse, batte in sincronia con il tuo, mio amato. Vorrei tanto ricevere una tua risposta, in assenza delle tue carezze, vorrei sapere cosa si prova a vivere senza di me. A me risulta impossibile farlo sapendo che la tua pelle abbronzata non sfiorerà più la mia. La passione divorante, i mostri, la malattia, il sudore sono gli unici compagni in questo faticoso viaggio di reminiscenze e tormenti. Mi sforzo, sai? Voglio che queste righe, scritte sul punto di non ritorno, siano meno inquietanti possibili, ma come fare? Non voglio che l’ipocrisia che mi ha impedito di baciarti quando avevo occasione, di toccarti per darti piacere, di sorridere alle tue folli storie mi censuri ancora. Voglio mettere nero su bianco e ufficializzare un sentimento represso che adesso mi ha portato qui. Quanto sono egoista a confessare colpe che pagherai, forse, solo tu? La mano trema ancora, mio amico. Non riesco ad andare avanti, per adesso. Forse non lo farò mai più. Mi sforzo di non piangere per non macchiare il foglio lurido su cui confesso il mio amore bruciante per il mio compagno di vita. Sei stato questo, per me. Non un amico ma il confidente, la mia casa ambulante, sogno di tutte le notti. Forse è lì, nella dimensione onirica più segreta, nel luogo in cui a nessuno è permesso di entrare senza il tuo consenso, che ci rincontreremo. Nel frattempo, tu guarda la luna. 
Con il mio amore. 
L. 
   
 
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