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Autore: ChrisAndreini    16/07/2019    1 recensioni
Sei mesi dopo la morta di Rika, una ragazza chiamata Margo, con lo pseudonimo MC, entra nell'RFA tramite un hacker, scomparendo nel nulla poco prima del party.
Due anni dopo, una ragazza identica a lei entra nell'appartamento di Rika, e le sue amiche d'infanzia approcciano casualmente i membri dell'RFA.
Martha Campbell, tatuatrice eccentrica in America, torna in Corea per cercare la sorella scomparsa da due anni.
Monica Collins, giornalista idealista con più lavori che soldi, ha la carriera appesa al filo di un'intervista alla C&R.
Miriam Coppola, musicista di strada dalla testa calda, incontra per la prima volta il suo idolo.
Mindy Cooper, studentessa della Sky University dal cuore d'oro, molto più interessata alla cucina che al suo major, trova il coraggio di approcciare la sua cotta.
Megan Carson, atleta incoraggiante squalificata a causa di un imbroglio, cerca casa in Corea mentre indaga sulla scomparsa di una vecchia amica.
Mistiche coincidenze, o uno schema attentamente pianificato da un abile marionettista?
Che fine ha fatto Margo?
E riusciranno le MC ad aiutare l'RFA a trovare la pace nei loro cuori?
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Day 4

part 1

 

707 è entrato nella conversazione

Yoosung✮ è entrato nella conversazione

Yoosung✮: Hey, Seven, lavori?

707: Mangio fantastiche Honey Buddha Chips!!

Yoosung✮: Ufff, sono così invidioso che tu abbia tutte quelle patatine, non è giusto!

707: Ti ho raccontato di come sono stato malamente sfruttato T-T

Yoosung✮: A mio avviso non sei stato per niente sfruttato

Yoosung✮: Martha non è online, mi fa strano

707: Ahahahah, pensavo fossi entrato in chatroom 

alle due di notte proprio per non trovarla 

Yoosung✮: No, non l’ho fatto di proposito, ma stanno

aggiornando il server e devo aspettare mezzora T.T

Martha è entrata nella conversazione

SMETTETE 

DI

ENTRARE 

NELLA 

CHATROOOM

AD

ORARI 

IMPROBABILI!!!!!!!!!!!!!

Yoosung✮: O.O

707: LOLOLOLOLOLOLOLOLOL!!!!

Non ridere, brutto traditore!

Mi avevi detto che avresti tolto le dannate notifiche!!

707: L’ho detto? Deve essermi sfuggito :p

Yoosung✮: Non puoi lasciare il telefono da un’altra parte e non in camera?

707: Biscotto non ha tutti i torti?

Yoosung✮: “BISCOTTO”?!

Lol, biscottino con gocce di cioccolato

Alla fine hai deciso di iscriverti al club di cucina?

Yoosung✮: Non lo so, ci sto ancora pensando

Yoosung✮: E non prendermi in giro!!

707: A proposito di biscotti…

707: Yoosung, tu li hai solo preparati

707: Non li hai anche mangiati, vero?

Yoosung✮: Cosa? Perché? Certo che li ho mangiati

707: !!!!

707: Ok, possiamo ancora rimediare.

707: Non ne hai mangiati più di due, vero?

707: Ti prego, Yoosung, dimmi che non ne hai mangiati più di due di fila!

Yoosung✮: Perché?! Ne ho mafiayi 4 o5!!!

707: OH NO!!!

4 o 5!!! 

Seven, non dirmi che soffre della…

707: “Sindrome dello svenimento dopo aver mangiato biscotti con gocce di cioccolato” sì!

OH NO!!! YOOSUNG PERCHÈ LI HAI MANGIATI T.T

Yoosung✮: È uno scherzo, vero?! Non esiste questa patologia!!

707: Non ti fidi più di me! Non ti fidi più di Martha? 

707: Avrei dovuto dirtelo, ma temevo ti avrebbe condizionato troppo T.T

707: E ora potrebbe essere troppo tardi.

Yoosung✮: …stai dicendo sul serio? O.O

Ma certo che è serio, è una rara malattia che 

si è sviluppata in Sudamerica ma ormai fa

il giro del mondo tramite le gocce di cioccolato

707: Se le gocce di cioccolato vanno in 

contatto con l’impasto dei biscotti innestano 

la reazione di svenimento!!

E RISCHI DI NON SVEGLIARTI PIÙ!!

Ti prego, dimmi che non ne hai mangiati più di cinque!!

Yoosung✮: No! Ne ho mangiati massimo 5!!

Yoosung✮: Che dev fare!!?!!

Forse 5 è addirittura il numero peggiore T.T

C’erano tante gocce di cioccolato?

Yoosung✮: Non tantissime, anzi ce n’erano poche

PEGGIO!! T.T T.T

707: Yoosung, l’unico modo per salvarti è bilanciare

Yoosung✮: Bilanciare?

Giusto!

Devi bere tanto latte al cioccolato!! 

Quando è sciolto nel liquido il cioccolato 

bilancia quello a gocce!

707: Esatto!!

707: Bevi più latte al cioccolato che puoi!!

Yoosung✮: Egiterò di sbenire!!

Non puoi evitare di svenire T.T

707: Ma in questo modo è più probabile 

che riprenderai i sensi

Yoosung✮: Non sono del tutto sicuro di questa cosa

707: *invia foto di Wikipedia*

Yoosung✮: OH MAMMA!!! O.O

Meriteresti di svenire per sempre!

Neanche credi a chi tenta di aiutarti T.T

Yoosung✮: SCUSATE!!! NON VOLEVO DUBITARE T.T

Ti perdoniamo perché ti vogliamo bene

Fortuna che non hai lezioni oggi

Yoosung✮: Grazie al cielo!

Yoosung✮: Devo andare a comprare il latte

Yoosung✮ è uscito dalla conversazione

707: …

707: Batti il cinque!

Shhhh manteniamo l’atmosfera 

*batte il cinque*

Spero che non rientrerà per un po’

Torno a dormire

707: Buonanotte, compagna di… ricerca

Buonanotte aspirante medico ;)

Martha è uscita dalla conversazione

707: Meriti che ti tolga il bug delle notifiche

707: Forse

707: Dopo

707: Se ho tempo

Martha è entrata nella conversazione

Te ne vai o no dalla chatroom?!

707: Sorry!

707 è uscito dalla conversazione

Martha è uscita dalla conversazione

 

 

Quella mattina Miriam era nervosa.

E Monica teneva troppo alla propria vita per dirle un elegante e consono “Te l’avevo detto”, anche se Miriam se lo meritava.

Infatti aveva forse dormito anche meno di Monica, dato che era rimasta tutta la notte a chattare con Zen, dopo essere stata in paranoia per qualche ora sullo scrivergli o no un messaggio.

Alla fine era crollata con il telefono sul petto, e Monica aveva dovuto darle il suo caricatore portatile per ricaricarlo del tutto, dato che sarebbe stata fuori tutto il giorno e non poteva permettersi di rimanere senza telefono.

Certo, Monica non era stata da meno, dato che non aveva buttato giù mezza riga dell’articolo ed era rimasta tutta la notte a provarci, a sonnecchiare sulla scrivania e a lanciare occhiate nervose verso la giacca di Jumin, che era passata dall’essere piegata sul mobile all’ingresso all’essere appesa sull’appendiabiti vicino alla scrivania, fino alla sedia di Monica, che, solo verso le tre di notte, si era decisa a metterla a lavare e togliersela da davanti in modo che non la distrasse.

Inutile dire che si distrasse ulteriormente perché non sapeva come lavarla, essendo decisamente pregiata, e perciò aveva passato il resto della notte ad informarsi e alla fine era miseramente crollata addormentata davanti al computer, nel bel mezzo della ricerca.

Ma Monica, a differenza di Miriam, era abituata a non dormire, perciò accettò le proprie occhiaie con un sorriso.

Miriam era quel tipo di persona, invece, che se non mangiava, non dormiva, sentiva troppo caldo o aveva un piccolo dolore allo stomaco, alla testa o alla gola, diventava il ritratto del nervosismo, ed era difficile sopportarla.

Aveva spento il telefono perché si caricasse più in fretta, dopo aver scritto un “Buongiorno, scusa se non ti ho risposto prima ma sono crollata” a Zen, di cui si era pentita subito dopo averlo inviato perché temeva di farsi troppe aspettative e di risultare invadente se continuava a rispondergli.

E stava combattendo con tutto il suo autocontrollo per non riaccenderlo, mentre seguiva Monica in metro diretta verso il rifugio degli animali.

-Ti sei presa una cotta, eh?- indovinò maliziosa la sua amica, notando il suo nervosismo con una risatina.

Miriam arrossì di botto, e incrociò le braccia al petto, chiudendosi a riccio.

-E tu allora, con quella giacca?!- ribatté, beandosi del rossore sulle guance pallide di Monica, che distolse lo sguardo imbarazzata ma molto più discreta e negò con ben poca sicurezza, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

-Hai frainteso, è stato solo gentile- 

-Monica, io sono completamente favorevole ad un tipo ricco, ma stai attenta. Questi ricconi vogliono solo una cosa e non accettano un no come risposta- cercò di metterla in guardia, felice di aver distratto l’attenzione del discorso da Zen.

Monica arrossì ulteriormente, e iniziò a mordersi il labbro inferiore.

-No, davvero, non è come pensi. Sai che non vorrei mai avere un tipo ricco come ragazzo- scosse la testa, rabbrividendo al solo pensiero delle responsabilità -E comunque il signor Han non è il tipo di persona che descrivi. Come ti ho detto è solo gentile- il suo tono non ammetteva repliche, e Miriam sospirò, rassegnandosi alla fine della conversazione e quindi a tornare alla sua paranoia su Zen.

Il viaggio passò senza ulteriore conversazione, dato che Miriam era sulle sue, e Monica dovette scrivere stralci di articolo che avrebbe poi ricopiato una volta tornata a casa e rispondere ad alcune chiamate di lavoro, tra cui una che la informava che avrebbe dovuto lavorare al ristorante la sera seguente, anche se teoricamente era il suo giorno libero.

Purtroppo non era nelle condizioni di rifiutare, perciò era parecchio nervosa anche lei quando finalmente arrivò al centro di accoglienza.

-Io vado da Robin!- esclamò Miriam, precipitandosi dentro l’edificio con una grande eccitazione, dritta verso il settore che ospitava i gatti randagi, e quasi mandando al tappeto Seojun, il capo del rifugio, che scosse la testa rassegnato e si rivolse a Monica, appena entrata a sua volta.

-Potresti dire alla tua amica che questo è un rifugio per animali e non un Cat Café?- la riprese, seccato, sistemando delle carte da dietro il banco della segreteria.

-Lo sai che ama quei gatti. E hanno bisogno di qualcuno che giochi con loro- cercò di difenderla Monica, con un sorriso di scuse.

Seojun alzò gli occhi al cielo.

-Sei fortunata che ho un debole per te- cedette, poi sospirò, controllando i conti con faccia stressata.

-Va tutto bene?- chiese Monica, togliendosi la giacca e avvicinandosi, preoccupata.

-Le donazioni scarseggiano e sempre meno gente lascia qui i propri animali. Una nuova cucciolata è appena arrivata e stiamo ad un pelino dalla bancarotta. Ma va tutto benissimo, completamente- rispose Seojun, sarcastico.

-Potrei scrivere un articolo per farci conoscere, o qualcosa sugli animali. Magari potrei aggiungere una postilla dopo l’articolo sui progetti dei gatti della C&R, anche se mi sembra poco compatibili i due temi- rifletté Monica, iniziando a mordersi il labbro inferiore e a controllare i conti.

-Tranquilla. Non voglio che rischi il posto per questo. Mi inventerò qualcosa. A proposito, come è andata l’intervista?- chiese Seojun, cercando di cambiare argomento.

Monica gli lanciò un’occhiata dispiaciuta, ma accettò il cambio di discorso.

-È andata bene. Ju… il signor Han è stato davvero gentile. Gli ho consigliato il rifugio, dato che ha un gatto, spero che decida di portarlo qui- gli raccontò, sedendosi dietro il bancone accanto a lui e iniziando a controllare le carte.

-So che è una brutta domanda, ma è ricco? Perché ospitare il gatto di un riccone ci farebbe molto comodo al momento. Non potresti provare a convincerlo?- propose Seojun, vergognandosi di quello che avevo detto ma decisamente disperato.

Monica esitò. Poteva convincerlo, probabilmente, dato che lo conosceva meglio di quanto facesse sapere in giro, ma non voleva usare la sua influenza in quel modo. Era completamente fuori dal suo carattere e la faceva sentire un’opportunista. Però in questo modo avrebbe aiutato Seojun e il rifugio, e in ogni caso lei credeva davvero che Jumin si sarebbe trovato bene al rifugio. 

Seojun sembrò rendersi conto del suo dilemma interiore, perché fece un passo indietro.

-Scusa, non avrei dovuto chiederlo, so che non ti piace fare queste cose, fai finta di nulla- ritirò la richiesta, abbassando la testa.

-Posso provare a parlargli ma sei che non sono una brava oratrice- si scusò Monica, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

-Lo so, ti conosco bene- Seojun le sorrise e accantonò l’argomento -Potresti occuparti della segreteria, oggi? Vorrei visitare i cuccioli appena arrivati. Magari con Miriam lontana da loro- le chiese poi, alzandosi e indicandole il bancone.

-Mandamela qui. Controllerò lei e Robin- propose Monica, con un sorrisetto.

-Sei sempre la migliore- Seojun le scompigliò i capelli, e scomparve dietro la porta che dava ai vari settori di animali.

Pochi minuti dopo, Miriam raggiunse Monica, con un gatto tigrato scatenato che stava giocherellando con i suoi capelli e un’espressione corrucciata.

-Perché tutte le persone che mi vedono giocare con i gatti mi odiano?- chiese seccata, appoggiando Robin sulla sua testa mentre prendeva delle corde di chitarra dalla sua borsa.

Monica sorrise divertita.

-Credo di conoscere la risposta, ma te lo lascerò scoprire da sola- commentò, lanciando un’occhiata al gatto in bilico, che però sembrava divertirsi come un matto.

Miriam alzò le spalle, e prese una corda di chitarra che avrebbe usato per giocare con il gatto.

Fosse stato per lei lo avrebbe adottato già da anni, ma Monica non poteva permettersi un gatto, la casa non poteva ospitare animali e in ogni caso non c’era mai nessuno che potesse giocare con lui.

Monica osservò per un po’ i due giocare, rallegrandosi nel notare che Miriam sembrava decisamente più rilassata, poi incominciò a lavorare sui conti, cercando modi per risparmiare, anche se Seojun aveva già cercato ogni possibile soluzione, e non c’era molto altro che Monica potesse fare.

Dopo circa mezzora, tra miagolii e conti, Seojun fece spuntare un attimo la testa, leggermente preoccupato.

-Jiho è arrivato?- chiese con urgenza.

-Non è arrivato nessuno- rispose la ragazza continuando a lavorare.

Seojun borbottò tra sé qualcosa di poco carino che fece ridacchiare Miriam.

-Potresti venire cinque minuti a tranquillizzare due gattini?- chiese poi a Monica, con occhi da cucciolo.

-Non posso lasciare scoperta l’accoglienza- provò ad obiettare, anche se l’idea di tranquillizzare gattini era una prospettiva molto migliore di restare lì a non fare nulla.

-Lo so, ma ti prego, solo cinque minuti, tanto non viene nessuno- la supplicò, in difficoltà.

-Arrivo subito. Miriam, chiamami se arriva qualcuno, sono nell’altra stanza- si fece promettere, Miriam le mostrò il pollice in sù, mentre afferrava Robin e iniziava ad accarezzarlo affettuosamente, rischiando di beccarsi qualche graffio giocoso.

I metodi di Miriam potevano sembrare torture nei confronti dei poveri gatti, ma Robin la adorava, e non si poteva obiettare.

Monica le lanciò un sorrisino intenerito, poi seguì il suo capo e amico nella sala delle visite mediche.

Per una mistica coincidenza, neanche tre minuti dopo essersene andata, un uomo in abito elegante fece la sua comparsa, iniziando a guardarsi intorno.

Miriam quasi non ci fece caso, troppo occupata a giocare con il suo adorato Robin.

-Mi scusi, lavora qui?- chiese l’uomo, squadrandola dall’alto in basso, già pronto ad andarsene e non mettere più piede in quel posto, dato che la biondina davanti a lui gli ricordava parecchio il modo in cui Seven “giocava” con la sua Elizabeth.

-No, ma ogni tanto passo a giocare con gli animali. Ah, se vuoi adottare un gatto, non adottare questo. Lo sconsiglio vivamente- Miriam non lo guardò nemmeno, poi sembrò rendersi conto della situazione, e sollevò la testa di scatto.

-Oh, scusa. Aspetti qui!- gli fece cenno di aspettare, poi, si mise il gatto sulla spalla in modo che fosse comodo, per i suoi gusti, e chiamò in fretta Monica, che accorse con due gattini di appena un mese o poco più tra le braccia.

-Mi scusi per l’attesa, siamo leggermente a corto di personale stamattina, e ci sono arrivati nuovi cuccioli che stiamo visitando- si scusò in fretta, spiegando la situazione e affrettandosi dietro al bancone della segreteria, senza distogliere lo sguardo dai micetti, e tenendoli con grande dolcezza e attenzione.

-Quindi immagino non sia un buon momento per fare il giro dell’edifico e chiedere informazioni su come trattate gli animali che vi vengono affidati per un breve periodo di tempo- osservò l’uomo appena arrivato, sorridendo appena notando l’affetto di Monica per i gatti che teneva in braccio.

Fu solo dopo aver sentito la voce dell’uomo che Monica alzò la testa, di scatto.

-Signor Han- lo accolse sorpresa, e sorrise calorosamente.

A Jumin non piacque molto che lei lo chiamasse per cognome, ma decise di non darci troppo peso. Era cambiata molto dall’università, dove era troppo stanca e nervosa per preoccuparsi delle formalità, e sebbene da un lato portasse il loro rapporto all’estraneità, dall’altro Jumin la trovava più gradevole. Le aveva fatto bene abbandonare il caffè.

-Signorina Collins. Starò via, tutta la mattina, e ho pensato che potevo ascoltare il suo consiglio e lasciare qui Elizabeth 3rd, fino a dopo pranzo. Naturalmente dopo aver constatato che il centro è come lei me lo ha descritto- si spiegò, accennando un sorriso e sperando di non risultare sgradevole. Sapeva con assoluta certezza che Monica era affidabile, ma la sicurezza del suo amato gatto era troppo importante per metterla nelle mani di persone di cui non conosceva nulla.

Monica lo guardò intenerita.

-Immagino, tieni profondamente a lei- annuì, comprensiva -Aspetti un secondo. Vado a chiamare Seojun, è il direttore, veterinario e in generale gestisce tutto lui. La potrà informare meglio di me- gli spiegò, prima di sparire con un enorme sorriso nella stanza accanto, il più in fretta possibile ma senza fare movimenti bruschi in modo da non spaventare i gatti.

La sua attenzione con gli animali era la stessa di sempre. 

Jumin ricordò con tenerezza quel giorno, poco tempo prima di un esame importante, in cui lei l’aveva quasi trascinato in un vicolo per chiedergli di dare da mangiare ai gatti selvatici al posto suo, dato che non aveva intenzione di uscire dalla biblioteca e da camera sua. Jumin si era ritrovato costretto non solo a dare da mangiare ai gatti, ma anche alla stessa Monica, dato che aveva capito che non sarebbe uscita neanche per nutrirsi. Se n’era lamentato telefonicamente con V, all’epoca, dicendo che non gli andava proprio giù che una ragazzina di un anno più piccola gli ordinasse cosa fare, ma l’amico, con una risatina, aveva obiettato che Monica non lo aveva obbligato a fare proprio nulla, ed era stato lui ad accettare. In effetti l’esperienza si era rivelata anche piuttosto piacevole, ma Jumin si chiedeva sempre cosa l’avesse spinto ad acconsentire. Si era reso conto con molta difficoltà dell’ascendente che Monica aveva avuto su di lui, e solo dopo essersene andato. La cosa non gli era particolarmente piaciuta. Forse era stato uno dei motivi che l’avevano spinto ad andarsene? Per quanto ci pensasse, Jumin non riusciva a ricordare come si erano allontanati.

-Tu sei quello della giacca- suppose maliziosa una voce alla porta dove Monica era sparita.

La ragazza bionda di prima era ritornata senza che Jumin se ne accorgesse, e l’uomo d’affari ritornò alla realtà e le lanciò un’occhiata fredda, soffermandosi in particolar modo sul gatto che aveva messo nuovamente sulla sua testa, e che si teneva in equilibrio a malapena.

Miriam iniziò a squadrarlo, incuriosita, piegando leggermente la testa e rischiando di far cadere il gatto, prontamente risistemato. Evidentemente era una sistemazione spesso adottata.

-E lei sarebbe…?- chiese Jumin, squadrandola a sua volta.

-La coinquilina di Monica- rispose Miriam, senza aggiungere altro, e tornando nell’altra stanza.

Jumin non dovette aspettare molto, perché Monica tornò in fretta, scusandosi per l’attesa e accompagnata da un figurino che infastidì Jumin senza motivo apparente, ma solo per come appariva: carino, fresco e dall’aria intelligente e sveglia.

-Salve signor Han. Monica mi ha parlato molto di lei- si presentò con un sorriso brillante, porgendogli la mano, che Jumin strinse con cortesia e forse un po’ troppa forza.

-Vuole fare un giro? Ho appena finito di visitare alcuni gattini- gli indicò il retro, con aspettativa fin troppo evidente.

-È un veterinario esperto?- chiese Jumin, poco convinto.

-Master in medicina veterinaria alla Sky University. Laureato con lode e bacio accademico- rispose Monica per lui, orgogliosa -Le ho detto che qui lavorano volontari, ma sono tutti esperti nel loro lavoro- insistette, sperando con tutto il cuore che decidesse di lasciare Elizabeth.

-Mi lusinghi, Monica- Seojun le fece l’occhiolino, al quale lei rispose alzando gli occhi al cielo.

Questo scambio di complicità non passò inosservato a Jumin, che strinse i denti così forte che temette di scheggiarseli, e prese ulteriormente quel veterinario in antipatia.

-Allora, le mostro i nostri animali e dove teniamo quelli che ci vengono affidati- Seojun iniziò a fargli fare il giro, e Jumin lo seguì, poco convinto.

Monica rimase a fissare la porta da dove era sparito, sperando che tornasse presto con buone notizie.

Miriam uscì poco dopo. Aveva lasciato Robin e, meno nervosa di prima, per fortuna, si preparava ad andare a suonare al parco.

-Mi piace- commentò, facendo sobbalzare Monica, che sembrava essersi incantata, e che la guardò, senza capire a cosa alludesse.

-Quel riccone. Sembra a posto. Dovresti provarci- le consigliò.

Monica arrossì.

-Ti ho detto che non è niente del genere- obiettò, senza guardarla negli occhi e iniziando a mordersi il labbro inferiore. 

-Allora posso provarci io- la provocò Miriam, guadagnandosi un’occhiata sconvolta e quasi spaventata da parte dell’amica, che la fece sorridere maliziosa.

-Si vede proprio che non è niente del genere- disse poi sarcastica.

Monica sbuffò indispettita, e tornò a lavoro.

Miriam decise quindi di lasciar perdere l’argomento.

-Va bene. Io vado, ci vediamo a cena- la salutò con un sorriso, e se ne andò velocemente quanto era entrata.

Seojun tornò poco dopo, seguito da Jumin e finendo di spiegargli il modo di lavorare dei volontari.

-…e se ha qualsiasi richiesta specifica su come badare al suo animale saremo ben felici di soddisfarla, per quanto possibile- lo stava informando, in modo professionale.

-Avrei una richiesta, in effetti- lo interruppe Jumin, lanciando un’occhiata a Monica.

-Che richiesta?- lo incalzò Seojun, pregando con tutto il cuore che non fosse irrealizzabile.

-Vorrei che Elizabeth 3rd fosse supervisionata quasi costantemente dalla signorina Collins- illustrò Jumin, impassibile.

Ci furono un paio di secondi di silenzio, poi, prima che Seojun, con molta costernazione, spiegasse che essendo volontari non potevano restare costantemente di guardia ad un gatto, Monica rispose, con un entusiasmo che sorprese non poco il collega.

-Assolutamente sì!- esclamò, con occhi brillanti -…cioè, è fattibile. Non c’è problema- si dette un tono, notando gli sguardi dei due uomini su di lei.

-Allora, porterò qui Elizabeth 3rd per qualche ora. La vado a prendere- acconsentì Jumin, facendo un cenno di saluto ad entrambi, in particolar modo Monica, e uscendo dal rifugio.

Monica gioì silenziosamente, sorridendo tra sé orgogliosa del risultato ottenuto e felice di aver rivisto Jumin così presto, anche se non sapeva ancora esattamente come comportarsi con lui in pubblico.

Seojun le lanciò un’occhiata obliqua.

-Ti piacciono proprio i gatti- commentò, con un sorrisino di chi la sapeva lunga.

-Stai zitto! Sono felice che abbiamo qualcuno che lasci qui il gatto- Monica cercò di giustificare la sua gioia, senza guardarlo negli occhi e tornando dietro al bancone.

-Ammiro la tua dedizione alla causa, ma è davvero solo quello?- suppose l’amico, malizioso.

Monica scosse la testa.

-Non so cosa intendi. E mi sono seccata di queste supposizioni- si lamentò, in tono che non ammetteva repliche.

-Sai, è meglio se non ti attacchi troppo. Non ci si può mai fidare dei ricchi, anche se è buono averli come clienti- commentò Seojun, tra sé.

Monica sospirò, e tornò a lavoro.

 

Jaehee era sull’orlo di un esaurimento nervoso, e questa non era una novità.

La novità era causata dal fatto che per una volta non doveva badare ad Elizabeth, e che Megan era vicino a lei e le faceva aria con un foglio, cercando di calmarla e fungendole da psicologa.

Si era sdraiata cinque minuti sul divano di casa sua, dopo aver ricevuto un messaggio carico di cattive notizie dove il suo capo la informava, ovviamente all’ultimo momento, che per tutta la mattina sarebbe stato al vigneto, per, parole sue, “schiarirsi un po’ le idee”. Ma quali idee doveva schiarirsi?! 

E l’unico risultato sarebbe stato che Jaehee doveva, nuovamente, riarrangiare tutti gli impegni della giornata. E come se non bastasse doveva finire la presentazione e pure ricercare una tale “Signora dei Bracciali” che era piuttosto certa non esistesse, in quanto semplice personaggio di un libro fantasy.

-Proprio oggi che è domenica doveva uscirsene con questa gita?- si lamentava sull’orlo delle lacrime, felice che ci fosse qualcuno ad ascoltarla.

-Ma è legale che se ne vada così?- indagò Megan, irritata quanto lei se non di più e facendole aria.

-Non ho neanche il tempo di controllare che sia legale- commentò Jaehee, sospirando rassegnata.

Megan le lanciò un’occhiata dispiaciuta.

-Sai che puoi contare su di me per qualsiasi cosa, vero? Magari ti posso aiutare con la mole di lavoro- si propose, decisa ad aiutarla in ogni modo. Aveva altro da fare, in effetti, come cercare Margo, un lavoro e una sistemazione diversa, anche se stare da Jaehee non le dispiaceva affatto, ma aiutare la sua nuova amica era diventato il suo obiettivo principale.

Soprattutto visto che odiava i capi come Jumin Han.

-Non potrei mai chiederti una cosa simile. È il mio lavoro e devo farlo io. Solo che domenica sera è la mia serata libera e non lo sarà con tutti gli impegni che mi si sono accumulati. …per la terza settimana di fila- ricordò, deprimendosi ancora di più e controllando poi l’orologio per accorgersi che i cinque minuti di sclero ansioso e depresso erano passati e doveva andare a lavoro. 

Per sua fortuna l’accompagnava Megan.

-Che lavoro hai da fare?- chiese Megan, cercando di apparire casuale.

Jaehee esitò un attimo, chiedendosi il motivo della sua curiosità, ma poi si disse che non c’era nulla di  male a rivelare i suoi impegni, ed era anche un modo per fare ordine nella sua testa, mentre sistemava la borsa prima di uscire.

-Devo posticipare gli impegni di oggi e riorganizzare quelli futuri in modo da renderli compatibili tra loro. Poi devo fare una ricerca sulla “Signora dei Bracciali”…- cominciò ad elencare.

-Quella del film?- chiese Megan, sorpresa.

Jaehee sospirò.

-Teoricamente sì-

Ci fu un secondo di silenzio.

-Eviterò di chiedere le turbe mentali del tuo capo- disse poi Megan, cercando di non irritarsi e facendo ridacchiare tra sé Jaehee, che si astenne dal rivelare che le aveva chiesto di fare la ricerca per il gatto che sembrava adorare quei film.

-Che altro devi fare?- insistette Megan, indagando in modo non molto discreto.

-Devo finire la famosa presentazione di ieri e iniziarne un’altra, e poi devo partecipare a due riunioni pomeridiane con il signor Han, se mi fa il favore di presentarsi a lavoro almeno nel pomeriggio, senza contare gli impegni giornalieri soliti- finì di elencare Jaehee, sospirando rassegnata a passare la sera impegnata e la notte in bianco.

-Su cosa è la presentazione?- chiese Megan, prendendo le chiavi della motocicletta pronta ad accompagnare l’amica.

-Un hotel per gatti. Il signor Han vorrebbe proporre la sua idea di un hotel di lusso dove ospitare i gatti a una famosa catena di hotel e devo fare la presentazione entro martedì, una lunga presentazione. E non è tanto la presentazione, oggi, ma le numerose ricerche- spiegò Jaehee, sospirando.

-Probabilmente se non avessi le ricerche da fare riuscirei anche ad avere la serata libera- rifletté, pensando agli impegni.

In effetti se Jumin non le avesse dato tutto quel lavoro extra su progetti effimeri sui gatti o riguardanti l’RFA, il suo lavoro sarebbe stato come quello di qualsiasi altro impiegato, forse solo più pieno dato che era l’assistente personale del capo, ma niente che non potesse sostenere.

Ma purtroppo non poteva troppo lamentarsi.

Scosse la testa, lasciando cadere l’argomento.

-Sarà il caso di andare. Grazie del caffè, e di avermi ascoltato, e di accompagnarmi… dovrei proprio sdebitarmi- le sorrise riconoscente, e anche sentendosi un po’ in colpa.

Conosceva Megan da a malapena tre giorni, eppure sentiva come se la conoscesse da sempre, e poteva affermare con assoluta certezza che fossero amiche, ed erano anni che non aveva il tempo per un’amica. Era davvero piacevole, questo cambiamento inaspettato.

Certo, c’erano i membri dell’RFA, e c’era Monica, ma non era la stessa cosa. L’RFA era una specie di secondo lavoro, un ambiente che condivideva con il suo capo e in cui non si poteva sentire del tutto libera, nonostante tenesse molto ai suoi membri. E Monica era come una collega di diversa sede. Una sorella spirituale, la sua salvatrice dai peli di Elizabeth 3rd (Jaehee ancora non si capacitava di come avesse convinto il signor Han), ma pur sempre impegnata quanto lei e legata a doppio filo al mondo di affari che stava lentamente soffocando Jaehee.

Megan era… diversa.

Completamente diversa da chiunque Jaehee avesse mai conosciuto, e talmente fuori da quel mondo che ogni volta che parlavano, bevevano caffè o Jaehee si sfogava con lei, era come se per la prima volta dopo tanto tempo riuscisse di nuovo a respirare.

E voleva preservare quella piacevole sensazione il più a lungo possibile, nonostante sapesse di dover tenere le distanze ed essere ancora sospettosa, almeno per un po’. Conosceva Martha e Margo, e probabilmente le cercava anche. 

Certo, ultimamente Jaehee sembrava averla distratta dal suo obiettivo primario, e da una parte era meglio anche se se ne dispiaceva, ma comunque poteva essere pericolosa.

-Non mi devi niente, mi ospiti qui. Sono io a doverti una cena- l’occhiolino di Megan la distolse dai suoi pensieri, e prima che potesse ribattere che era un piacere averla lì o che non aveva tempo per una cena, Megan continuò, rigirandosi le chiavi tra le dita, pensierosa.

-Se io ti faccio le ricerche mi puoi concedere almeno una serata tra amiche?- propose poi, con un sorriso incoraggiante.

Jaehee scosse la testa.

-Non potrei mai far fare a te il mio lavoro, e poi sono ricerche noiose e complesse, e hai tanto da fare, non voglio disturbarti- cercò di dissuaderla, un po’ dispiaciuta.

-So che ti sembrerà difficile da credere, ma sono molto brava nelle ricerche. Non hai idea delle cose che ho scoperto andando in giro, chiedendo o usando il computer… un po’ meno l’ultima ma ho avuto una buona insegnante. Fidati, dammi almeno una chance e se fallisco ci lavori stasera. Non credo che ti cambi molto, alla fine, giusto?- cercò di convincerla, e Jaehee non se la sentì a dire di no a quel sorriso. Era troppo sfavillante, incoraggiante, onesto. Il più brillante che avesse mai visto.

Distolse lo sguardo in fretta, annuendo suo malgrado e cercando di non arrossire. Non seppe neanche lei da dove veniva tutto quell’imbarazzo.

-Va bene, ma non disturbarti troppo- si raccomandò.

Megan si esibì in un orgoglioso segno di vittoria, ed aprì la porta pronta ad uscire.

-Perfetto! Ma ora andiamo, Baehee, abbiamo del lavoro da fare-

Dopo aver sentito quel nomignolo, Jaehee aveva le guance in fiamme, senza poterle controllare. Ed era sempre più confusa.

 

Yoosung era terrorizzato a morte, e aveva bevuto talmente tanto cioccolato al latte che iniziava ad esserne disgustato.

Temeva che non si sarebbe svegliato più, ed era sdraiato sul letto aspettando di svenire senza sapere quando sarebbe successo e con l’attesa che gli divorava l’anima peggio della consapevolezza di avere una rara malattia possibilmente mortale.

Armeggiava con il suo telefono chiedendosi se chiamare o no Seven per ulteriori informazioni ma temendo di disturbarlo ed essere di troppo, con le mani così tremanti che probabilmente avrebbe fatto tantissimi errori di digitazione se gli avesse scritto un messaggio.

Poi notò, raggiungendo il nome di Martha in rubrica, chiedendosi se era il caso di chiamare lei, dato che era senz’altro più libera, che aveva salvato il nome di Mindy.

Fu come svegliarsi da un sogno.

In effetti, dopo aver visto il club ed essersi ingozzato di biscotti, la ragazza gli aveva dato il suo numero facendogli promettere che l’avrebbe chiamata per dirgli se voleva entrare nel club, e lui l’aveva salvato troppo emozionato per rendersi conto di quello che era successo.

E ora lo aveva lì, a portata di mano, e non sapeva cosa farsene di questa informazione.

Per essere una domenica era presto per svegliarsi, perciò Yoosung non era certo che Mindy lo fosse.

E poi cosa le avrebbe detto, in ogni caso?

Era piuttosto strano che stesse valutando l’idea di chiamarla, e cercò di scrollarsela di dosso scuotendo la testa. 

Poi un pensiero sembrò colpirlo come un fulmine.

Se non si fosse svegliato più, non avrebbe più potuto sentirla, e, soprattutto, lei si sarebbe potuta sentire in colpa, dato che era stata lei a offrirgli i biscotti.

Yoosung non voleva che si sentisse in colpa.

Nonostante il tremore, il terrore, la notte in bianco a preoccuparsi e la gola impastata dal troppo lattosio che aveva bevuto, chiamò la ragazza, che gli rispose dopo tre squilli, con voce bassa, un po’ irritata e decisamente appena sveglia.

-Pronto, chi è? Non sono interessata a comprare nulla- nonostante l’evidente stanchezza, la voce della ragazza raggiunse le orecchie del ragazzo come un coro angelico, illuminando quasi letteralmente quella giornata grigia e uggiosa.

-Eh… Mindy? Sono… Yoosung…- ma facendolo comunque pentire di averla chiamata e sicuramente svegliata.

Perché svegliava tutte le ragazze che conosceva, in un modo o nell’altro?! Avrebbe dovuto pensarci di più… ma temeva di svenire prima di poterla chiamare e doveva dirle di non sentirsi in colpa.

Quando il tono della ragazza cambiò completamente, diventando più acuto e decisamente su di giri, come se fosse sveglia da ore intere e avesse bevuto quintali di caffè, l’esitazione di Yoosung divenne più che altro confusione, soprattutto visto che le farfalle che erano nel suo stomaco da quando aveva iniziato quella lunga epopea fatta di biscotti avevano ricominciato a battere le loro ali a ritmo forsennato.

Che fosse un segno che stava per svenire presto? Forse avrebbe dovuto fare in fretta.

-Yoosung! Sono felice che mi hai chiamato! Come stai? Hai deciso di iscriverti? Mi salvo subito il tuo numero. Ma anche se non hai deciso di iscriverti non fa niente, sono comunque felice che mi hai chiamato- il suo tono ricordava quello di una bambina a cui avevano appena detto che il Natale si era anticipato e avrebbe ricevuto tutto quello che chiedeva.

Yoosung si sentì quasi in colpa a doverle dare la brutta notizia, cercò di arrivarci in modo graduale.

-In realtà… non ho ancora deciso, non sono abbastanza bravo, e poi non so se riuscirei ad essere costante- “soprattutto se oggi sverrò senza mai più svegliarmi” le confessò, con voce un po’ tremante, astenendosi dal dire l’ultima parte.

-Ma non devi preoccuparti! È solo un divertimento! E poi so che sei molto impegnato. Comunque, volevi dirmi qualcosa? Possiamo anche parlare del più e del meno… adoro parlare al telefono, cioè… se vuoi… cioè…- iniziò ad esitare, ma Yoosung non poteva che sentirsi sempre più tremante e accaldato ad ogni nuova parola.

-Anche a me piace… cioè, non parlo spesso con altre persone, fuori da… ehm…- poteva parlare dell’RFA? Non doveva essere un segreto, era solo un’associazione benefica creata da sua cugina, eppure negli ultimi due anni, dopo la morte di Rika, sembrava essere diventato un segreto di stato.

Yoosung proprio non riusciva a capirlo.

E Mindy non capì la sua esitazione.

-Hai una ragazza segreta?- chiese in tono casuale, ma che risultò quasi tagliente alle orecchie di Yoosung, a cui vennero i brividi.

-Magari… cioè, no! No, io… non ho mai… non ho una ragazza, eh eh. Parlavo di un’associazione benefica di cui faccio parte con alcuni… ehm… amici? Comunque… ehm… come stai?- cercò di cambiare argomento, dimenticando per un attimo la sua drammatica situazione, troppo preso dal cercare di non risultare immensamente ridicolo di fronte alla sua… ehm… cos’era esattamente Mindy per lui? Yoosung non aveva ancora dato un’etichetta alle emozioni che sembrava provare per lei, ma non era il momento di pensarci perché appunto doveva innanzitutto cercare di non risultare ridicolo, ed era un compito piuttosto arduo.

-Oh, ottimo. Un’associazione benefica?! È fantastico! Io e i miei genitori doniamo spesso in beneficenza, specialmente associazioni che aiutano i bambini o gli animali in difficoltà. E mio padre cucina per i poveri ogni natale. Comunque io sto bene. Tu?- dopo una piccola spiegazione eccitata che aumentò solo il fattore di “wow che ragazza fantastica” nel cuore di Yoosung, Mindy fece la domanda che ricordò al ragazzo la precaria situazione in cui si trovava.

Fu come se un macigno gli si posasse nel petto, e gli occhi si fecero lucidi.

-Giusto… ho chiamato per questo… io… credo che presto potrei svenire- ammise, sentendosi parecchio stupido, e iniziando per la prima volta ad avere seri dubbi sulla veridicità delle parole di Seven.

Seguirono alcuni secondi di silenzio, e Yoosung stava già per interrompere la conversazione e sperare con tutto il cuore di non svegliarsi mai più quando Mindy attaccò a parlare, preoccupata e talmente in fretta che Yoosung capì a stento la metà delle parole che disse, anche perché una su cinque era anche in inglese.

-Svenire? Ma perché? Cos’hai? Posso aiutarti? Where’s casa tua?! Dammi l’indirizzo! Oh my god! Ti posso portare qualcosa? Hai bisogno di assistenza? That’s terribile! Dimmi cosa posso fare! Ti sveglierai vero? Ti faccio una soup?- iniziò a proporre, con tono che passava dall’acuto più netto a più grave. Sembrava quasi che cantasse.

Era adorabile.

E Yoosung si sentì ancora più in colpa per starla preoccupando tanto.

Si sentì anche parecchio felice che qualcuno si preoccupasse così tanto per lui, anche se non lo aiutava a calmarsi.

-Tranquilla!- cercò di calmarla, anche se sarebbe dovuto essere il contrario, in realtà -È una rara malattia. La “Sindrome dello svenimento dopo aver mangiato biscotti con gocce di cioccolato” o qualcosa del genere- le spiegò lentamente, e si sentì ancora più stupido, in realtà, ma cercò di non fare caso al suo istinto che gli urlava di chiudere la telefonata finché aveva ancora un po’ di dignità e sperare solo con tutto il cuore che Seven non lo avesse preso in giro.

Rimase invece in linea, e Mindy rimase in silenzio per una manciata di secondi, probabilmente elaborando nella sua mente quello che lui le aveva appena detto, il tono che aveva usato e quello che poteva significare.

Yoosung avrebbe voluto parlare, ma preferì che fosse lei a farlo, per continuare di conseguenza.

E poi la voce non voleva uscirgli.

-È una cosa vera?- chiese poi lei, incerta, ma non ridendo né prendendolo in giro. Era sinceramente confusa, e ancora molto preoccupata. Yoosung le fu grato, e si sentì molto meno stupido.

-Sì! Io non sapevo di averla, ma questo mio amico si occupa della sicurezza dei membri dell’associazione di cui ti parlavo, e mi ha detto che ne sono affetto, e potrei svenire da un momento all’altro. Aspetta, ti mando per messaggio l’immagine che mi ha inviato- allontanò per un attimo il telefono dalle orecchie e, deciso più che mai a mostrare la veridicità delle sue parole, la cercò per messaggio e le inviò la foto di Seven, mettendo nel frattempo il viva voce.

Mindy non rispose per qualche minuto, probabilmente leggendo l’articolo.

-Sembra attendibile, in effetti. Ora sono davvero preoccupata. Hai bevuto latte al cioccolato? Se non ti offrivo i biscotti ora non saresti a rischio. È tutta colpa mia!- si lamentò, sempre più in ansia.

-No, ti ho chiamato per dirti che non è colpa tua. I tuoi biscotti erano buonissimi e non vorrei mai che ti dessi la colpa per un mio errore- affermò con sicurezza, nonostante la voce tremante e il terrore sempre crescente di svenire presto e non svegliarsi più.

-Oh, Yoosung, sei così dolce, davvero mi hai chiamato per dirmi questo?- chiese Mindy, commossa.

-Beh… sì… e poi volevo sentirti, nel caso…- deglutì, nervosamente -Nel caso non mi… non…- non riusciva a dirlo, lui doveva svegliarsi, anche solo per risentire la voce squillante della ragazza.

E poi doveva organizzare il party.

-Tu ti sveglierai! E se non dovessi farlo verrò lì e ti sveglierò io, in ogni modo possibile! In ogni caso tienimi aggiornata, ti prego- si premurò, in tono dolce e speranzoso.

-Certo, appena mi sveglio ti chiamo, e nel caso non mi svegliassi, ehm…- gli era appena venuta un’idea, ma nonostante fosse ad un passo dalla morte non credeva di avere il coraggio di farla uscire dalla sua bocca.

-Verrò lì e ti sveglierò con un bacio come fossi il principe e tu Biancaneve o la bella addormentata- concluse lei per lui, in fretta, come se sapesse che se ne sarebbe pentita subito ma non volesse comunque tirare indietro la proposta.

Yoosung si sentì arrossire vistosamente.

L’idea era così allettante che sperò davvero di restare addormentato qualche ora di troppo.

Che si stesse prendendo una cotta per Mindy?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Scusate il ritardo!

   
 
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