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Torneo
-parte seconda-
I
vari partecipanti alla grande giostra infernale si stavano risvegliando
e
preparando per gli scontri della giornata. Keros non aveva indossato
l’armatura,
non avendo alcuna intenzione di combattere. Stava scendendo le scale,
diretto
verso la sala da pranzo e con in mente una buona ed abbondante
colazione a base
di dolci vari, quando udì la voce di Asmodeo. Nulla di
strano, stava discutendo
con Lucifero come faceva spesso. Probabilmente faceva rapporto, da
bravo
generale, pensò il principe. Poi udì pronunciare
il proprio nome e rimase ad
ascoltare, dall’alto della rampa in pietra.
“Sì,
lo so” sorrideva Lucifero “Ha combattuto davvero
bene”.
“Un
vero spettacolo, maestà” annuiva Asmodeo
“E non ho potuto fare a meno di notare
le sue tecniche. Ora comprendo il perché abbiate deciso di
allevare il figlio
dell’Arcangelo!”.
“È
figlio mio, generale. Sono certo che Carmilla approverebbe. Ma dicevi
di avere
una richiesta…”.
“Sì,
vero… Ecco… Vedendo quelle tecniche di lotta, mi
chiedevo se il principe
potesse dare una bella svegliata alle nuove reclute. I demoni giovani
non hanno
idea di quel che un angelo può fare, prendono il tutto alla
leggera. Ho paura
che, al primo scontro diretto, si facciano brutalmente massacrare. E
sapete
bene quanto me che dobbiamo essere pronti, per la grande battaglia
finale”.
“Intendi
far combattere Keros contro giovani sbarbatelli strafottenti? Pensi
forse che
li tratterebbe meglio di come non farebbero gli angeli?”.
“Non
credo che rientri negli interessi del principe esorcizzare o uccidere
demoni.
Al contrario, sapete bene che il compito degli angeli è
sconfiggerci. Penso che
una dimostrazione pratica di come un angelo possa far del male, anche
in modo
piuttosto crudele, non possa che far bene agli aspiranti tentatori e
soldati”.
“Ne
discuterò con il principe quanto prima. Ora prepariamoci,
oggi ci saranno un sacco
di scontri stimolanti al torneo!”.
“Agli
ordini, maestà”.
Asmodeo
si congedò, con un inchino, e si allontanò. Il re
girò gli occhi, avendo subito
percepito la presenza di Keros. Non disse nulla, limitandosi ad
incamminarsi lungo
il corridoio, illuminato solo dalla lieve luminescenza che mai
abbandonava il
corpo del sovrano degli Inferi.
“Battaglia
finale”. Quelle parole tornavano costantemente alla mente di
Keros, mentre
assisteva agli scontri ed elogiava i vincitori. Spesso aveva sentito
parlare
della famigerata battaglia, l’Apocalisse, la fine di ogni
cosa. Essa però era
strettamente legata al fatto che Lucifero volesse tornare in Paradiso.
Ora che
accanto a sé aveva Leonore, la reincarnazione di Sophia, che
desiderio aveva
mai di riavere accesso al Cielo? Pensava che il pericolo di doversi
ritrovare
fra due fuochi, fra due padri che combattono alla fine del Mondo, se lo
fosse
lasciato alle spalle. Ma ora la preoccupazione lo punzecchiava,
obbligandolo a
rimuginarci continuamente. Se ci fosse stata davvero questa
“battaglia finale”,
che avrebbe dovuto fare? Lottare per i demoni o per gli angeli? In
entrambi i
casi avrebbe dovuto voltare le spalle a parte della propria natura.
Sospirò,
mentre la folla acclamava un giovane demone che aveva appena sconfitto
il proprio
avversario.
A
sostituzione del principe, come rappresentante della famiglia reale,
aveva
deciso di mettersi in gioco Lilith. Era strano vederla combattere,
indossare
abiti adatti alla lotta e non alla seduzione, e molti fra il pubblico
si
stupirono. Si stupirono ancor di più quando la tentatrice
mostrò le proprie doti
di mutaforma, divenendo una civetta e schivando i colpi
dell’avversario con
agilità. Tornando alla forma umana, lasciò che
per qualche istante le ali
sostituissero le braccia, lottando ancora come una guerriera alata.
“Bravissima!”
la applaudì Leonore.
“Bella
e letale” ghignò Lucifero, poco prima che la
tentatrice sconfiggesse
definitivamente l’avversario.
Gli
scontri si susseguirono, fra l’entusiasmo dei presenti. Keros
osservava i
propri figli mentre incitavano i guerrieri con energia.
L’ultimo scontro della
giornata fu quello fra Arikien ed un demone dal volto dipinto,
appartenente
alla famiglia di Furcas. Il principe si alzò in piedi,
dedicando un saluto ed
un incoraggiamento ad entrambi, ma solamente ad Arikien
dedicò un sorriso,
prima che questi si calcasse l’elmo sul capo. Il sanguemisto
trovava ancora una
lieve inquietudine nel vedere quell’armatura, nonostante
tentasse in ogni modo
di reprimere ogni sentimento che riteneva imbarazzante. Il
combattimento fu guardato
con interesse da molti, incuriositi dal quel nuovo e strano demone. I
due
avversari iniziarono ad affrontarsi con una certa ferocia, dettata dal
fatto
che nessuno dei due intendeva in alcun modo perdere. Il principe rimase
sorpreso, non aspettandosi una tale spietatezza da parte
dell’erede di Alukah.
Era cambiato, ora era totalmente un demone, e non assomigliava
più all’insegnante
universitario che aveva conosciuto qualche anno prima. Se questo fosse
un bene
o un male doveva ancora capirlo…
Nella
lotta, Arikien aveva perso l’elmo, sputando sangue e subito
contrattaccando.
“Non
se la cava male” commentò Lucifero, rivolto a
Keros.
“Ha
fatto notevoli progressi e molto in fretta” annuì
il principe.
“Ed
è all’Inferno solo per merito tuo, devi esserne
orgoglioso”.
“Ma
non è vero! Lui è…”.
Un
forte botto zittì il mezzodemone, che sobbalzò
temendo potesse succedere
qualcosa ad Arikien. Fortunatamente quel rumore era dovuto al clangore
prodotto
dalle armature che si scontravano, in un corpo a corpo che conquistava
sempre
più il pubblico. D’un tratto l’anima
speciale si fermò e sorrise. Richiamò a
sé
l’energia ed iniziò a mutare di forma. Come Alukah
e Nasfer, anche Arikien era
in grado di tramutarsi in un lupo.
“Il
vampiro ed il lupo mannaro” ridacchiò il re,
mentre Keros tratteneva il fiato
nell’assistere a quel cambiamento.
Con
il muso da lupo, Arikien attaccò l’avversario
senza pietà, fino a quando questi
non chinò il capo in segno di resa. Si levò un
applauso, per entrambi, mentre l’araldo
decretava il vincitore e ne pronunciava il nome a gran voce.
“Bravo!”
applaudì il sovrano “Alukah dev’essere
fiero del suo erede!”.
Gli
spettatori urlavano, felici per aver assistito a molti scontri
memorabili. I guerrieri
non feriti in modo grave dedicarono un inchino a tutto il pubblico,
ponendo
fine alla giornata.
Quella
sera, quando i combattenti si erano tutti ritirati nelle proprie stanze
a
riposare o farsi medicare, la famiglia reale era ancora in fermento per
quanto
visto lungo la giornata. In particolare i piccoli erano molto agitati,
e
mimavano alcune mosse viste in campo. Il re sorrideva divertito, mentre
i bambini
ruzzolavano per i corridoi. Il principe attese che la situazione si
calmasse, aspettando
con pazienza che tutti iniziassero a ritirarsi nelle proprie stanze,
chiedendo
a Lucifero una breve udienza. Il sovrano, che aveva intuito che
qualcosa
frullasse per la testa del principe, lo accontentò senza
discutere troppo. Era
lievemente scocciato, lo doveva ammettere, perché dopo una
giornata così
eccitante avrebbe preferito dedicarsi ad altre attività, e
quindi accolse l’erede
con un leggero agitare di coda. Keros lo percepì e
tentò di essere breve e
diretto.
“Ci
sarà la guerra finale contro il Cielo?” chiese,
senza troppi giri di parole.
“Che
domanda è?!” sbottò Lucifero, seduto
sul trono.
“Ho
sentito quello che dicevate tu ed Asmodeo”.
“E
con ciò?”.
Il
buio della stanza era debolmente smorzato solamente dalla luce del re,
volutamente piuttosto lieve.
“Ti
ho fatto una domanda”.
“Tutto
il giorno a rimuginare su una cosa del genere? Per quello sembrava
stessi con
la testa ovunque tranne che all’arena? Io non ti capisco. Ad
ogni modo, certo
che ci sarà! Prima o poi verrà la fine del Mondo,
è inevitabile! Ed in quella
circostanza le due fazioni si scontreranno per forza”.
“Perché
per forza? Intendo dire… a te non interessa più
il Paradiso, giusto? Sophia è
qui con te, non hai interesse a rivendicare il Cielo”.
“Ci
sono faccende di ben altro tipo, che non mi aspetto che tu comprenda.
Non l’ho
stabilito io, lo sai. L’Apocalisse non è una mia
idea”.
“Ma
cosa accadrà?”.
“Le
profezie sono piuttosto vaghe e nebulose. In linea di massima, tutti
gli umani
dovranno essere giudicati in modo definitivo. Finiranno tutti
all’Inferno o in
Paradiso e fine dei giochi. Si chiuderanno le porte con il mondo
umano”.
“Si
chiuderanno le porte?”.
“Esatto.
Capisci il perché della guerra? Vuoi passare
l’eternità all’Inferno, senza
possibilità di uscirvi mai più? Non preferiresti
un piccolo angolo di cielo?”.
Keros
rimase in silenzio. L’idea di non poter mai più
camminare sul mondo mortale lo
opprimeva. Ma lo opprimeva ancora di più l’idea di
dover combattere per l’una o
per l’altra fazione.
“Smettila
di angustiarti” ghignò il sovrano “Non
accadrà domani. In teoria”.
“Non
sai nemmeno quando accadrà?!”.
“No,
non spetta a me decidere. Perciò rilassati. E per quel che
ha chiesto Asmodeo…”.
“Ci
penserò… Ora vado a letto”.
Raggiungendo
le proprie stanze, Keros trovò Arikien lungo il corridoio
che passeggiava su e
giù, con in braccio il piccolo Mavros.
“Non
dorme ancora?” parlò piano il principe.
“No”
scosse la testa Ary, sorridendo “Koknos e Vasilissa sono
più tranquilli”.
“Senti…
posso farti una domanda? Se ti va di rispondere…”.
“Tanto
non posso dormire, perciò chiedi pure quel che
vuoi”.
“Tu…
sei cambiato. Sei un demone, sei feroce. Ti ho visto
nell’arena. Hai avuto dei
piccoli, sei entrato a far parte di una famiglia
prestigiosa… Sei ancora
convinto di… volere me?”.
“A
che ti riferisci, scusa?”.
“Io
non sono un demone completo, lo sai”.
“Intendi
che un demone come me non dovrebbe voler fra i piedi un demone a
metà?”.
“Ecco…
detto in un modo meno brutale ma… sì, il concetto
era quello…”.
“E
perché? Tu sei più di un demone, questo ti rende
doppiamente speciale. Solo che…
forse sono cambiato troppo per te. O no? Intendo dire… non
sono più colui di
cui ti sei innamorato. O sbaglio? Dovrei essere io ad avere dei dubbi,
non tu”.
“Io…
Sì, sei cambiato. Ma tu sei stato l’unico ad
accettarmi interamente. Se sei
ancora in grado di amare ogni lato di me, io non posso che fare
altrettanto”.
“Tu
sei il mio angelo. Ed il mio demone. Ed il mio qualsiasi altra cosa tu
voglia
essere, sarai o sei stato. Per
l’eternità”.
Keros
sorrise. Sentirsi dire quelle parole, dopo che le preoccupazioni
riguardo a
guerre e battaglie lo avevano turbato per tutto il giorno, gli
sollevarono
notevolmente il morale.
“Non
essere così insicuro” ghignò Arikien
“Sei perfetto. Non dovresti dubitare di te”.
“Sono
tutto fuorché perfetto…”.
“Sei
mio. Non scordarlo mai”.
“Piano.
Non ti faccio fare il demone alpha. A cuccia!”
ridacchiò Keros, scherzando.
“Come
desiderate, altezza” ribatté Ary, ridacchiando a
sua volta.
Scuotendo
la testa, il principe raggiunse la porta della camera.
Lasciò il giovane padre
alle prese con il proprio cucciolo e decise di riposare, sperando di
non fare
incubi di guerra come nella notte passata.
Per
sfatare altri piccoli dubbi, ed approfittando del fatto che Ary non
combattesse
quel giorno, Keros si era allontanato ed aveva raggiunto il mondo
umano. Deciso
a voler comunicare con un angelo, sperando vivamente nella comparsa di
Mihael,
gironzolò accanto ad una cattedrale tentando di attirare
l’attenzione degli
abitanti celesti. Con disappunto, notò un paio di giovani
demoni che
scherzavano con i piccioni. Avevano di certo meno di mille anni,
perciò il
principe non capiva per quale motivo non fossero accanto a qualche
maestro. Con
il gran baccano che facevano, iniziavano a dare troppo
nell’occhio. Il principe
scosse la testa. Com’era prevedibile, alcuni angeli li
raggiunsero per farli
tornare al proprio posto. Confondendosi fra gli umani, vestiti da
poliziotti, si
identificarono immediatamente con i ragazzini. Mormorando loro che
erano angeli
e che dovevano rientrare all’Inferno, solitamente ottenevano
la manifestazione
di un certo timore, soprattutto nel caso di esemplari giovani. Ma in
quel caso
i demoni continuarono a fare gli spavaldi, sfidando gli angeli di
obbligarli a
tornare negli inferi.
“Che
pensi di fare, angioletto?” sibilò uno dei due
“Non mi fai paura! Sei solo un
piccione cresciuto”.
L’angelo
rispose afferrando per i polsi l’avversario, come a volerlo
arrestare.
“Aiuto!”
rise l’altro giovane demone “Il piumino ci
minaccia!”.
Keros
si accigliò. Che coppia di dementi! Era forse quello di cui
parlava Asmodeo? Si
avvicinò convinto alle due coppie di angeli e demoni ed
afferrò uno dei giovani
diavoli per un braccio, con molta meno delicatezza di quanto non
avessero fatto
gli abitanti del Paradiso.
“Volete
farvi uccidere?!” ringhiò sommessamente, per non
farsi udire dai mortali “Sapete
che cosa possono farvi?”.
“Sono
angeli!” lo derise il ragazzino “Quelli giocano con
le aureole e le arpe! Che
potrà mai succedere?!”.
“Idioti!”.
Gli
angeli erano già pronti ad intervenire, quando una terza
creatura celeste li
interruppe. Mihael, anch’esso vestito da poliziotto,
fermò lo scontro.
“Questi
demoni impudenti verranno subito riaccompagnati all’Inferno
dal loro principe”
parlò “Non è vero?”.
Keros
annuì.
“Non
è necessario fare altro” concluse
l’Arcangelo.
“Ma…”
tentò di ribattere uno dei due angeli, subito zittito da
Mihael con il solo
sguardo.
“Ci
penso io” assicurò Keros, afferrando per la
collottola entrambi i ragazzi.
Rientrato
all’inferno, il principe dedicò una bella
ramanzina ad i due diavoli, che non
parvero molto convinti.
“Volete
vedere cosa è in grado di farvi un angelo?” li
invitò Keros “Bene! Venite con
me!”.
Li
trascinò al cospetto di Asmodeo, che si limitò a
fissarli con aria
interrogativa.
“Portami
tutte le reclute a cui vuoi far vedere come lotta un abitante del
Paradiso,
Generale!”.
“Subito,
Altezza!”.
Asmodeo,
entusiasta, richiamò le reclute in fretta e furia. Keros,
piuttosto nervoso,
era pronto a scagliare contro di loro tutto il proprio fuoco angelico!
“Ho
dovuto fare rapporto” ammise l’angelo
“Quei demoni andavano esorcizzati”.
“Non
devi sentirti in colpa per questo” lo rassicurò
Vehuia, un Serafino che aveva
già incrociato il cammino di Keros in passato “Il
comportamento di Mihael mi… turba.
Mi chiedo come si comporterà, semmai dovesse ritrovarsi
dinnanzi al principe in
battaglia. Tenetelo d’occhio. E riferite a me ogni
irregolarità”.
“Sì,
sommo Vehuia”.