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Sono qui per te
A |
vere
Spettro ai piedi del letto la rende più sicura. Ha come l’impressione che Jon
sia lì con lei, senza i suoi occhi bassi e il suo tono distaccato. Senza la
vergogna che prova ora Sansa in sua presenza.
Il metalupo è affettuoso.
Ogni volta che Sansa apre gli occhi, lui è lì. Se
Sansa lo chiama, Spettro posa il muso sulla pelliccia e si lascia accarezzare. Mangiano
insieme, anche se spesso lei gli cede parte del suo pasto.
Ed è la scusa migliore per rivedere Jon. Sansa
resta sveglia finché non lo vede entrare, poi socchiude gli occhi e finge di
dormire. Ascolta il suono dei suoi passi sulla pietra, il suo respiro e
l’agitarsi della coda di Spettro. Ode il pelo strusciare contro la parete, la
porta che viene chiusa. Un attimo di troppo. Ogni volta. Come se Jon si
fermasse sull’uscio a guardarla.
Controlla che non stia fingendo? Forse,
semplicemente, si preoccupa per lei.
Jon è quello buono.
Jon non prova ciò che non dovrebbe provare per
una sorella. Jon è quello pronto a giurarle che Ramsay non la toccherà mai più,
e che nessuno le farà più del male.
Ed è pronto a uccidere chi ama per mantenere
quella promessa.
Quando sa di essere sola, Sansa tira la testa
indietro sul cuscino e cerca di addormentarsi. È maestro Ronald a svegliarla, a
meno che Spettro non torni prima.
«Devi riposare, Altezza» dice ogni volta.
«Non ne posso più di riposarmi, Maestro.»
«Ancora poco. Non pensarci, dormi, e presto
potrai lasciare queste stanze.»
Ma i giorni non bastano mai. Ogni volta che Sansa
si illude di potersi alzare, il Maestro la costringe a letto. Ancora un giorno.
Sempre un giorno. Ma quel giorno sembra non finire mai.
∞
Jon controlla i dintorni del castello con Tormund
da giorni. Non ha più parlato con Sansa. Non riesce a restare nella stessa
stanza da solo con lei ora che è ferita. Pelle
nuda, capelli rossi sparsi sul cuscino. C’è Spettro con lei, ed è come se fosse
rimasto anche lui.
«Guarda là.» Tormund indica la strada del Re. Dalla
sommità di Grande inverno si vede bene.
Jon osserva quel punto, percorso da un gruppo di
cavalieri. Sembrano formiche da lassù, ma sono i colori dei vessilli quelli che
lui nota: bianco e nero. Un corvo con tre occhi.
Bran sa.
Per un brevissimo istante, Jon si chiede se non
stiano arrivando per lui. Ha lasciato il Castello Nero senza avvertire il Re…
Ma nonostante Bran sia il Corvo con Tre Occhi, nonostante sia il Re dei Sei
Regni, Non riesce a crederlo davvero. No, Bran non lo farebbe mai. Bran è suo
fratello.
«Ci sono troppi Re a sud» dice Tormund,
guardandolo.
«Ti sbagli. Sono solo due.» E sono entrambi miei fratelli.
Raggiungono il cortile e Jon dà l’ordine di
aprire le porte. Non sa chi ci sia dall’altra parte, o il vero motivo per cui
questi uomini si siano spinti tanto a nord, ma il vessillo di Bran è
sufficiente. Nelle sue mani, è come una chiave capace di aprire ogni porta.
«Chi siete?» grida una guardia dalle mura.
«Lord Davos Seaworth e Brienne di Tarth, Lady
Comandante della Guardia Reale, inviati da Sua Maestà, Re Brandon Lo Spezzato.»
Nel riconoscere quella voce, Jon fa un passo
avanti. «Aprite le porte» ripete.
Le guardie non lo ascoltano. «Cosa cercate così a
nord, Lord Davos?»
Solo Tormund si guarda intorno. «La donna grossa
è qui?»
«Sua Maestà il Re ci ha mandati in aiuto alla
Regina. Parleremo solo con lei.»
«Sua Maestà la Regina non può parlare con voi»
dice qualcuno.
Jon corre su per le scale, si affaccia alle mura.
«Parlerò io per lei.»
«Non puoi» sibila un altro.
«Jon!» Davos solleva la mano senza dita. «Ci
lasci qui fuori?»
«No.» Lui si volta. «Informate sua Altezza che Lord
Davos e Ser Brienne sono giunti a Grande Inverno per vederla.»
Solo un ragazzino annuisce e corre alla fortezza.
Le altre guardie restano a guardarsi, senza muoversi.
«Tormund.» Jon lo guarda dall’alto delle mura.
«Dì ai tuoi uomini di aprire le porte.»
Le guardie impugnano le spade e sollevano gli
scudi, spostandosi davanti all’ingresso principale.
A Tormund basta un grido perché i Bruti lo
raggiungano. Non sembrano spaventati dallo scontro. Alcuni sorridono.
«Spostatevi» ordina Jon alle guardie. «Lasciateli
passare, è ciò che vorrebbe la Regina.»
«Lei non è qui. E noi stiamo eseguendo i suoi
ordini.»
I Bruti avanzano, sfoderando le spade. Alcuni
spintoni, l’acciaio che si incrocia, sono tutti pronti a combattere.
«Fermi!» grida Jon. «Che cosa fate? Avete
combattuto insieme, proprio qui, a Grande Inverno. E ora sareste pronti a
versare il sangue gli uni degli altri?»
Un tempo, gli uomini ascoltavano le sue parole. Combattevano
nel suo nome ed erano pronti a riporre le armi a un suo cenno. Ma a sud della
Barriera quel tempo è finito.
E mentre le guardie incrociano le spade con i
Bruti, solo il grido di maestro Ronald riesce a dissuaderli dal continuare.
«Aprite le porte» dice poi. «Per ordine di Sua Maestà
la Regina.»
Davos e Brienne sono i primi a entrare, sotto lo
sguardo sconvolto di Tormund. Ma il Maestro si avvicina a Jon, e basta un
sussurro per farlo preoccupare.
«Sua Altezza vuole ricevere questi ospiti
personalmente» mormora, così piano che solo Jon possa sentirlo. «Anche se le ho
detto che è un rischio lasciare il letto così presto.»
Jon saluta Davos e Brienne, la mente rivolta a un
altro angolo del castello. Poi lascia il cortile, affrettandosi a raggiungere
la fortezza. Solo quando si trova davanti a quella porta – la sua porta – lascia andare un lungo
sospiro.
Bussa sotto l’occhio attento della guardia.
E quando la porta viene aperta, è Spettro a
dargli il benvenuto.
Sansa è in piedi, aggrappata al letto, mentre due
ancelle sistemano un mantello di pelliccia sulla sua schiena. Nemmeno si volta,
nemmeno lo vede.
«Sei tornato per convincermi a non uscire,
Maestro?» Il sarcasmo trapela dalle parole di Sansa.
Ha i capelli scostati sulla spalla, il collo
bianco ancora in vista.
«Sì» risponde Jon, facendola trasalire. «Non
dovresti ancora alzarti.»
Lei volta la testa di scatto, allontanando le
mani delle ancelle. «Lasciateci» dice.
È solo quando la porta si chiude, con Spettro
sdraiato davanti all’entrata, che Jon si avvicina.
«Potranno vederti un altro giorno» dice, cercando
di contenere l’irritazione. «Se Bran li ha mandati fin qui, devono aver
ricevuto l’ordine di restare. E vederti un giorno prima o un giorno dopo non
farà differenza.»
«Non voglio che mi credano in fin di vita» dice
Sansa. Ha la voce debole, come se restare in piedi e parlare le costasse un
grande sforzo.
«Non lo crederebbero mai… C’è Brienne con loro. E
sai quanta stima abbia di te.»
«Perché non vuoi che li veda?» chiede Sansa,
cercando di sedere sul letto.
Jon la raggiunge. Le posa una mano sul fianco e
la aiuta a chinarsi. La pelliccia è morbida sotto le dita, calda come se fosse
stata appesa accanto al fuoco. Anche lui sente calore, improvviso e letale. Una
fiamma che gli sale al cervello.
Si allontana come se si fosse scottato.
«Io voglio che tu li veda.» Cerca di controllare
la voce, ma è troppo bassa, troppo roca. China gli occhi a terra. «Ma quando
starai meglio.»
«Io sto meglio.»
«Maestro Ronald dice che i primi giorni sei
migliorata in fretta. Ma ultimamente è come se avessi smesso di lottare. Dice
che ti stai buttando giù, e che per questo impiegherai più tempo prima di
rimetterti.»
Con la coda dell’occhio, osserva le sue mani –
dita lunghe e affusolate, pelle bianca, che non ha mai lavorato né impugnato
una spada. Pelle da toccare – e le vede stringersi in grembo.
Vorrebbe afferrarle e trarla a sé. Vederla in
piedi – tra le sue braccia – sapere che è al sicuro.
«Non è per la ferita che mi trova in questo
stato.»
«E per cosa?» Ora Jon la guarda. I capelli che
scendono oltre un lato del collo lasciano il suo viso bene in vista, proprio
dal lato dove l’ematoma sta ingiallendo.
Sansa non risponde, si limita a chinare il capo.
«Mi ha detto anche che non stai mangiando molto.
Ma da quando hai Spettro con te trova sempre il piatto pulito.» Resta in
silenzio e stringe il pugno. Sa che avrebbe dovuto affrontare quel discorso
molto prima. «Dai tutto a lui, vero?»
Gli occhi di Sansa si sollevano su Spettro. «Non
tutto.»
Jon sospira, abbassa il mento e sposta il peso da
un piede all’altro. È tentato di avvicinarsi, ma sa che a quel punto non
riuscirà a trattenersi dal prenderle le mani, sederle accanto e stringerla a
sé. Conosce fin troppo bene le sensazioni che prova il suo corpo accanto a
quello di Sansa.
«Sansa…»
Dovrebbe suonare come un rimprovero, ma gli basta
incontrare i suoi occhi – per la prima volta dopo giorni – per mettere da parte
i suoi propositi e raggiungerla. Ancora. Sempre. Come se il suo sguardo fosse
una calamita a cui non può resistere.
«Non puoi rimetterti in forze se non mangi.»
«Mangio» ribatte lei. Lo dice come se ci fosse
altro, un motivo che l’ha spinta a perdere appetito. E Jon darebbe un anno
della sua vita pur di sapere cosa sia. «Non dovresti preoccuparti per me.»
Lui non capisce. Non capisce niente quando le sta
così vicino.
Poi Sansa cerca ancora i suoi occhi. «Sei il Lord
Comandante dei Guardiani della Notte» dice in tono sofferente. «Il tuo posto è
alla Barriera. Non accanto a me.»
Per Jon quelle parole sono una doccia gelata.
Come quando ha visto Olly – e gli altri confratelli – piantargli un pugnale nel
cuore. Come quando Daenerys ha nominato Grande Inverno e Tyrion e Arya hanno
tirato in ballo Sansa. Come aver tenuto tra le braccia il corpo senza vita di
Ygritte. O sapere che suo padre, Ned Stark, era morto ad Approdo del Re. E
Robb… E Rickon. O scoprire che Grande Inverno era caduta per mano degli uomini
di ferro.
Sansa non lo vuole a Grande Inverno. Sansa non lo
vuole nella sua stanza. Accanto al suo letto. Al suo fianco.
Jon fa un passo indietro, poi un altro. Si sente
come stordito.
«Jon?»
«Mi hai chiesto di restare» mormora.
Sì, te
l’ha chiesto. Ma prima che la vedessi coperta solo da una fasciatura. Prima che
la guardassi come si guarda una donna.
Jon raggiunge la porta ed è pronto a varcarla.
«Dove vai?» La voce di Sansa è un sussurro.
«A preparare la Sala Grande per accogliere la
Regina.»
«Dovresti sellare il tuo cavallo, invece.» Sansa
ha la tristezza negli occhi. «E andare via da qui il più in fretta possibile.
Prima che Davos informi Bran della tua presenza.»
Jon scuote la testa. Non riesce a trattenersi –
mai, con lei vicino. «È per Bran che mi stai mandando via?»
«Quale altra ragione avrei?»
Lui torna indietro, fronteggiandola dall’alto. «Davos
non è qui per me.» Segue la linea della spalla, il collo lungo, bianco come il
latte. Solo quando raggiunge il suo viso i suoi occhi si fermano. «Davos e
Brienne sono qui per te.»
E ci sono anch’io.