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Autore: Barbra    27/07/2019    1 recensioni
Questa fanfiction è un crossover tra l'Universo di Pokémon Adventures (il manga) e l'Universo di "Avatar, the Legend of Aang"/ "Legend of Korra". La storia si svolge, secondo la cronologia Pokémon, dopo gli avvenimenti di Sole e Luna. Secondo la cronologia di Avatar, dopo la morte di Korra e la nascita della sua successiva reincarnazione.
DAL TESTO: Il Maestro dell'Aria Meelo scese dalla tribuna dei giudici e si diresse verso la sedicenne senza una parola.
Era stato chiamato per controllare che la sua allieva non “sporcasse” la Prova dell'Acqua applicando tecniche del Dominio dell'Aria per tenere d'occhio gli avversari. Sapeva bene che la cieca, nel cui mondo non esistevano né forme né ombre, avrebbe usato il Senso del Sangue al posto del super-udito che i montanari le attribuivano. Tuttavia, non si aspettava uno scivolone così clamoroso da parte sua. || NOTA: canon-divergent || PERSONAGGI PRINCIPALI (non in elenco): protagonista OC, Sird (pg esclusivo del manga), Lunala, Giratina (Pokémon); Raava e Vaatu (Avatar). TERMINATA
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Arceus, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate | Contesto: Manga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar e Pokémon'
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22. Deus ex machina (I)




«Rassegnati: è rotto».
«Non può essere!» insisteva Silver.
Blue aveva cominciato a mettere le mani avanti prima ancora di arrivare al suo deposito segreto, registrato a nome di Green Oak all'insaputa dell'amico.
Lì avevano scomodato lettori di tessere e computer di ogni generazione, ma il circuito integrato nella piastrina non dava segni di vita.
«E' rotto perché è vecchio. Avrà una trentina d'anni, a quei tempi i computer andavano a carbone. E forse è pure finto! Ti hanno preso in giro. E poi... andiamo... un intero Team di androidi?! Quando mai?! Avrai capito male, saranno quei robot per pulire i pavimenti. Se non la pianti con questa storia, ti faccio andare in giro vestito da domestica. Per me non staresti neppure male...».
Blue, quando usciva da un periodo di forte stress e tornava di buon umore, diventava effettivamente una chiacchierona. I suoi discorsi potevano suonare imbarazzanti, ma Silver non era il tipo da farglielo notare.
Il ragazzo tacque. Il chip rotto spiegava molte cose.
Sird non aveva sguinzagliato i cani e non l'aveva inseguito personalmente. Poteva essere una prova di fedeltà, e lui l'aveva appena fallita.
Non era la prima volta che quella donna lo faceva fesso. Cominciava a trovare irritanti i suoi scherzi.
Tenne il chip nella mano aperta e lo fissò, cercando di decidere se gliela avrebbe perdonata.
«Pew» fece la Cosmog Luna, avvicinandoglisi.
Nessuno dei due ragazzi comprendeva il significato dei suoi versi.
Quando agitava l'antenna sana e per farsi capire spalancava la bocca, aveva fame e doveva essere messa al sole. Luna sembrava apprezzare gli zuccheri, forse era di Natura Allegra, tuttavia ne ricavava solo una minima parte della sua energia.
Ora agitava l'antenna, però la sua bocca era chiusa.
«Cosa c'è?» le domandò Silver.
«Pew!».
Sembrava che volesse tentare qualcosa.
Chiuse gli occhi dorati, cominciò a tremolare e si sforzò tanto da strizzarli.
Era di tipo Psico e stava concentrando la sua energia mentale sul chip.
Qualcosa di simile alla telecinesi lo attivò.
I suoi circuiti si illuminarono e il dispositivo affondò da solo, assumendo la consistenza di un gel, nel palmo di Silver.
L'erosione che gli provocò guarì subito, aiutata da qualcosa di chimico. Gli lasciò solo un lieve bruciore locale.
«Fermo! Fermo, fermo!» gridò allarmata sua sorella. Il ragazzo stava cercando di affondarsi le unghie nella mano per estrarre il chip. Ma non sentiva nulla di duro sotto la pelle.
Era nel panico. «Tagliami la mano...!».
«Ma tu non sei mica normale!».
«Pew!» gridò Luna, terrorizzata. Era stata lei a combinare quel piccolo disastro.
«Questa è tecnologia aliena...!».
«Gli alieni lasciali da parte. Non sono sempre loro a infilare i chip nel corpo della gente» scherzò Blue. Voleva solo che il fratello si calmasse per potergli almeno esaminare il palmo.
«Questo coso me l'ha dato Sird! Sird è aliena! Questa è senz'altro tecnologia aliena!».
Sua sorella restò come paralizzata e lasciò andare il suo polso. Aggrottò la fronte. «Aspetta... te l'ha dato Sird?».




 

A Sinnoh






A Kalos, delle quattro scienziate robot, Celosia era stata l'ultima ad aiutarlo nella realizzazione dell'Arma Suprema. Lei era il pungiglione avvelenato sulla coda dello scorpione. Senza i suoi dati, l'arma non sarebbe stata funzionante.
Xerosic aveva un gigantesco fiore metallico ancorato alla terra, capace di attivarsi e sbocciare in tutta la sua letale bellezza. Ma nessuna energia veniva assorbita o rilasciata dai suoi petali.
Aveva anche i due tasselli che la Comandante Eris gli aveva consegnato appena un paio di giorni prima. Ma non aveva ancora capito cosa fossero.
Eris gli aveva dato una scadenza: in caso di fallimento, quelli che gli restavano sarebbero stati i suoi ultimi due giorni di vita.
Anche se lo scienziato dava il meglio di sé sotto pressione, questa volta era arrivato a un punto morto.
Gli androidi non potevano aiutarlo.
A un cero punto del lavoro, avrebbero dovuto iniziare le ricerche di Xerneas e Yveltal. Ma Eris aveva rifiutato di avviare l'operazione. Motivo: Kalos era troppo lontana e risvegliare i due Leggendari dal loro letargo avrebbe richiesto troppi sforzi.
Xerosic si stava convincendo di essere la vittima di un gioco perverso, in cui qualsiasi sua mossa sarebbe stata inutile, perché a sua insaputa era già condannato.
Aveva studiato le due tessere con microscopi, raggi X e spettrometri di massa, nella speranza di avere un'illuminazione. Invano: sapeva solo che il carbonio era l'elemento dominante.
La tessera nera sembrava fatta di ordinaria grafite, la tessera rosa aveva al suo interno, sotto un sottilissimo strato che ne nascondeva la lucentezza, una struttura simile al diamante.
Entrambe erano quasi impossibili da scalfire e si rigeneravano come tessuti viventi al minimo graffio.
Il che non aveva senso.
Xerosic era assorto nei suoi pensieri quando udì dei passi pesanti provenire dall'anticamera del laboratorio.
La porta si aprì automaticamente e rivelò la persona immobile e il viso corrucciato, minaccioso, cupo come un banco di nubi gonfie di pioggia, del taciturno Capogalassia Cyrus. L'unico uomo che lo inquietasse più della paranoica e cocciuta Eris.
Dopo un lunghissimo silenzio, Xerosic dubitò che avesse intenzione di parlare.
L'uomo dai capelli azzurro ghiaccio guardò le due tessere abbandonate da una parte su una scrivania.
Le indicò. «Non ha ancora capito cosa siano. Perché non le sta esaminando?».
«Le ho esaminate, Signore... e non ho concluso nulla».
«Dal momento che non ha concluso nulla, perché adesso non le sta esaminando?».
Xerosic abbassò lo sguardo.
Comunicare con il suo nuovo Capo non era facile.
Il modo migliore era essere diretti, come era diretto lui.
Senza guardarlo negli occhi, lo scienziato si decise a domandare: «Voi sapete già cosa sono, Signore?».
«Sì».
«Perciò è un test. Ho ragione?».
«Sì».
«E sapete anche come usarle?».
«No».
«Allora, stiamo perdendo tempo. Mi dica cosa sono, Signore, e io troverò un modo per sfruttare il loro potenziale, sempre che davvero possano sostituire...».
Si interruppe e guardò di nuovo le tessere.
A Kalos sarebbe stato impensabile, ma quella era Sinnoh. Le due tavolette, composte di un elemento così simile al carbonio da ingannare lo spettrometro di massa, potevano essere più antiche della Creazione.
Xerosic non ci aveva mai creduto. Non aveva mai creduto all'esistenza né del Primevo né delle sue mitiche Lastre. Persino adesso, riflettendoci, si sorprese scettico.
Criticare le credenze religiose di un uomo e di un gruppo del genere era pericoloso. Doveva trattare le due tavolette come oggetti sacri, pur cercando di estrapolarne i segreti. Il lato positivo era che, riguardo o meno, niente avrebbe potuto danneggiarle.
Cyrus lo scrutava immobile, seguendo i suoi movimenti con gli occhi. Se davvero era venuto lì per dargli una mano o un suggerimento, il suo volto non lo lasciava intuire.
Xerosic accennò un inchino alla orientale. «La ringrazio, Signore».
Nessuna risposta.



 
A Johto




«Ma sei matto, a tenerla qui?!».
La sua domanda fu accolta da un'alzata di spalle.
In una grande gabbia dedicata ai Pokémon più indomabili si agitava una creatura simile a un enorme pipistrello scheletrico. Lunala.
Era furibonda, e sembrava tanto fuori di sé da aver perso l'uso della parola o del pensiero. Le sue grida animalesche atterrivano tanto i Pokémon quanto gli umani nei dintorni. Tutto il covo Rocket si stava svuotando. La vampira urlava, rimbalzava da una parte all'altra della gabbia e batteva violentemente contro le sbarre, nel tentativo di romperle con tutto il suo peso.
La consapevolezza di essere incinta non frenava la violenza dei suoi colpi. Poiché i suoi poteri erano inibiti, non riusciva a scappare.
Celebi, libero nella stanza, scompariva e riappariva saltando avanti nel tempo nella speranza di trovarla finalmente calma. Abituato alla quiete del bosco, le urla della vampira e il suono metallico delle protesi dorate delle sue ali sulle sbarre lo disturbavano non poco.
Un'ombra scivolò furtiva sotto i piedi di Sird. Prese consistenza e risalì silenziosamente dalla terra assumendo le sembianze di una creatura spettrale. La testa era incassata tra le spalle larghe, una cresta bianca e impalpabile come nebbia andava a coprire permanentemente uno degli occhi azzurri del demone. Il suo corpo, ora sospeso a mezz'aria, era fatto di pura oscurità.
Con un braccio sottile circondò il corpo dell'unica umana nella stanza, come per proteggerla da un attacco annunciato. L'aveva incontrata da bambina e aveva finito per considerarla una sorella minore. Una sostituta della sua vera sorella, Cresselia, con cui aveva un rapporto conflittuale.
L'ira di Lunala si concentrò su di lui.
Il Pokémon Neropesto, Signore degli Incubi, era nato dalla relativamente breve relazione tra lei e Arceus. La vampira non sopportava il pensiero che lui e Cresselia l'avessero abbandonata per restare leali al padre. «Darkrai! Traditore!» gli urlò avvicinando la testa alle sbarre. «Sei stato tu a spifferare tutto, non è vero?! Lurida spia! Perdente!».
Sird toccò con una mano il braccio del suo fratello acquisito per comunicargli il suo sostegno. Avere uno Spirito Maligno come mamma non doveva essere facile.
L'uomo dai capelli rossi, Lysandre, era già morto da tempo. La sua anima era stata cacciata o forse distrutta. Lo Spirito, o il Leggendario, o il dio che ne aveva preso il posto parlò con la sua voce: «Luna, non c'è stato bisogno di una spia. Vi conosco troppo bene: tu e Giratina avete questo chiodo fisso, di distruggere i miei universi, da otto o diecimila anni. Il tuo complice si è accorto che qualcosa non andava prima di te, ha avuto paura e...».
«Paura...?!» lo interruppe acida Lunala.
«Sì. Giratina è terrorizzato da me, tu dovresti essertene accorta. Non riesce ad affrontarmi senza la certezza di non essere ucciso. Perciò, forse, dovresti prendertela soltanto con lui».
«Lui non ha affatto paura di te! Ti ha sfidato almeno cento volte! È l'unico che ha osato farlo!».
«Una sfida è solo una sfida. Sono abituato a combattere, apprezzo gli spiriti guerrieri e lui lo sa. Lo sanno tutti. Ma una minaccia concreta all'equilibrio del mio intero Sistema di Universi è tutt'altro. Per me è un motivo sufficiente per uccidere. Lui, te, l'Avatar... e chiunque vi stia appoggiando tra gli Spiriti non eterni e i mortali. Giratina sa anche questo. Perciò è sparito: non sta cercando Dialga o Palkia, è in fuga. E vi ha lasciate qui... come vittime sacrificali».
«Sei tu che ci hai costretti a comportarci così, sadico despota!» masticò adirata la vampira.
Riservato, solitamente brusco, poco incline a cercare la compagnia o l'adorazione altrui tanto da essersi riservato una dimensione a parte, Arceus non usava comportarsi né da divinità né da sovrano. Non aveva santuari, non chiedeva offerte, aveva fatto il possibile per cancellare le tracce della sua esistenza. La solennità dei sacerdoti lo infastidiva quasi quanto le sette religiose. Ma il suo potere non era in dubbio: tutti i Leggendari abbassavano la testa davanti a lui e al più spietato dei suoi visir, Azelf.
«Non ti allargare. Non sentirti troppo al sicuro solo perché mi hai detto di essere incinta. Volevate trovare il mio punto debole, volevate infastidirmi sul serio e ci siete riusciti. Non la ritengo un'impresa facile».



 

A Sinnoh




L'illuminazione era finalmente arrivata.
Eris gli aveva prestato la sua Pietrachiave incastonata in un grazioso ciondolo dorato, stranamente identico a quello dell'attrice Diantha. Gli androidi, poco inclini all'inventiva, dovevano averlo clonato in un'operazione simile al banale spionaggio industriale.
La funzione della Pietrachiave era di convertire l'energia “spirituale” dell'Allenatore e trasferirla al Pokémon a lui legato tramite la Megapietra esclusiva per ogni specie.
Lo scienziato la usò per estrarre l'energia dalla Lastratimore e cederla all'esterno.
Era un po' come accendere una lampadina estraendo energia elettrica dalle patate. Ma Xerosic si trovava al buio e non aveva nulla di meglio in mano. Il suo tempo stava scadendo e la bassa tecnologia lo aveva già salvato altre volte.
Si pentì del tentativo appena la pietra si attivò.
L'uomo sollevò le mani dalla tastiera e le tenne a distanza. «Dio del Cielo!».
Davanti a lui era apparsa la terrificante sagoma del grande Yveltal. Il battito delle sue enormi ali rosse e nere spostava l'aria come se fosse reale, i suoi occhi ciechi sembravano fissarlo.
Il volatile regredì a uovo, l'uovo si trasformò in una sfera di energia oscura che cominciò a crescere, mandando in tilt il computer centrale. Tutti gli androidi attorno a lui si spensero all'istante. Persino Xerosic ebbe l'impressione di sentirsi male. Gli mancarono le forze.
Dopo una frazione di secondo, l'instabile sfera nera regredì e fu riassorbita dalla Lastra senza lasciare tracce.
Il computer centrale si riavviò automaticamente e gli androidi si risvegliarono. Loro non erano colpiti, perché niente poteva turbarli. Fingevano stupore solo quando i Comandanti lo volevano.
Xerosic non era un Comandante e si trovò circondato dall'indifferenza.
Il passo successivo sarebbe stato connettere la lastra e la Pietrachiave all'arma, trovando un modo di esporla per un tempo sufficiente alla pura Oscurità.
Ma per lo scienziato era troppo.
Aveva già incontrato Yveltal, pochi anni prima a Kalos. Il Pokémon Distruzione era uno dei più terribili mostri del pianeta. Il potere della Lastratimore era mille volte più spaventoso di lui.
La voce del Comandante Saturno lo sorprese.
Il ragazzo era arrivato alle sue spalle assieme alla sua orrenda, adorata Toxicroak.
«Da qui in poi continuiamo noi, Dottor Xerosic».




 
A Kanto


«Non ho capito. Ripeti».
«Mio fratello si è lasciato incantare da quella brutta strega di Sird».
«Sird? È la vecchia vacca anoressica di cui mi parlavate, quella che vi ha pietrificati?» domandò Gold all'altro capo della linea, nella sua casa di Johto.
«Esatto» confermò Blue. «Quella stronza spaziale adesso è tornata giovane, perché l'erba cattiva non muore mai, e si è portata a letto questo rimbambito. Poi gli ha chiesto di lavorare con lei e gli ha infilato un microchip sottopelle. Ora però c'è un altro problema: Johto è conquistata. Sird non è affatto una Rocket, è una Comandante di un gruppo criminale di Sinnoh. Il Team Galassia».
Gold annuì con fare convinto, benché nessuno potesse vederlo. «Sì. Faccio finta di seguirti».
«Ora che Giovanni non è più al timone, tu non sei l'amico del figlio del Boss. Sei l'amico del giocattolo sessuale dismesso della Lady Boss».
Silver era lì ad ascoltare. Non riusciva neppure a difendersi, tanto si sentiva umiliato.
«Devi lasciare Johto al più presto, Gold. Noi siamo già a Kanto, poco fuori Smeraldopoli. Ti aspettiamo qui... sperando che mio fratello non impazzisca per colpa del chip».
Smeraldopoli era una città interessante per qualsiasi invasore, soprattutto per una come Sird. Aveva dato i natali sia a Giovanni sia a Silver. Poco lontano, nel Bosco Smeraldo, erano nati il Campione Lance e la Dexholder Yellow, entrambi capaci di leggere la mente dei Pokémon grazie all'influenza magica di quegli alberi. Lì aveva abitato Celebi prima di trasferirsi nel Bosco di Lecci.
Ciò rendeva Smeraldopoli la più probabile tappa successiva dell'avanzata silenziosa e subdola del Team rivale. Tuttavia, per adesso era un posto sicuro e un luogo facile da trovare per incontrarsi.



 
*



Le avevano prescritto un farmaco antiepilettico e l'avevano mandata in vacanza in una casa di legno in mezzo al verde, a rilassarsi. Quel posto si era meritato il nome di Bosco Smeraldo per il colore vivido delle foglie dei suoi splendidi e vigorosi alberi. Nessuno ne sarebbe stato rinfrancato come un cieco. Quei geni non ci avevano pensato. E non avevano neppure ricordato che il legno isolava il Senso Sismico, impedendo ai Dominatori della Terra di percepire le vibrazioni del terreno sottostante.
Gong odiava il legno.
Come ciliegina sulla torta, da quando assumeva il farmaco, non riusciva ad entrare nella Forma Avatar. Quindi era più irritabile e cieca del solito.
Adesso era in piedi davanti al gabinetto con la compressa in mano, e si interrogava sul da farsi. Non era sicura che non la stessero avvelenando. In fondo, le Reclute al suo servizio avevano già cominciato ad odiarla.
Buttò la compressa nell'acqua del gabinetto e tirò lo sciacquone. Il suo Mimikyu la spiava perplesso facendo capolino dalla porta socchiusa. Ming la vedeva cambiata, ma non si spiegava in che modo. La malattia da sola non spiegava tutto.






 






AUTRICE: chi ha seguito i capitoli precedenti mi manderà all'inferno (o nel Mondo Distorto a seconda di dove siamo). Intanto io vi saluto e vi dico che non so quando aggiornerò, sono un po' incasinata.  

 
   
 
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