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A cavallo di un Drago
S |
ansa
sta tremando. La finestra è chiusa, il camino acceso, ma Jon è di fronte a lei,
i muscoli tesi come se stesse trattenendo la rabbia.
Tutto ciò che vorrebbe ora è sentirsi dire che
lui non se ne andrà. Né quel giorno, né mai.
Ma sa che se suo fratello resta – è tuo fratello, tuo fratello – è solo
per proteggerla e trovare chi complotta contro di lei.
«Come sai che non sono qui per te?»
Jon sorride – il cuore fa una capriola nel petto
di Sansa. Non te ne andare. «Davos è
stato al mio fianco per molto tempo. Chi manderebbe un uomo fedele ad arrestare
chi ha servito prima di lui?»
«Ma ora non è più fedele a te» insiste Sansa. «È
fedele a Bran.»
«Conosco Davos» ribatte Jon. È così vicino che
con le gambe potrebbe sfiorarle le ginocchia. «È un brav’uomo.»
«La bontà non c’entra nulla quando c’è di mezzo
il potere. Dovresti saperlo bene.»
Lui sospira – ancora, sempre – e appoggia una
mano all’asta del letto. «Mi fido di lui.»
«Non dovresti fidarti di nessuno.»
Jon si piega in avanti, vicino al suo viso.
«Quindi non ti fidi di Brienne?»
«Brienne non mi farebbe del male.» Non riesce a
staccare gli occhi dal suo volto. Le cicatrici, la barba accennata, i riccioli
che gli sfiorano le guance. «Lo ha giurato a mia madre.»
«Bene allora.» Jon sembra soddisfatto.
«Ma non ha giurato nulla su di te, Jon» sussurra.
Vede le iridi nere sgranarsi, la consapevolezza
di quanto ha appena sentito. Sono così vicini che, quando lui deglutisce, Sansa
ne sente il suono. E quando le labbra di Jon si schiudono appena, lei vorrebbe
solo allungarsi e toccarle con le sue.
Finalmente conoscerebbe il suo sapore.
Solleva una mano e la posa sulla sua guancia.
Sente la barba ruvida sotto le dita e ne segue la traccia, fino a premere il
pollice sul suo mento. Cerca i suoi occhi. Vorrebbe solo perdersi in quei pozzi
neri e lasciare che il fuoco ardente dentro di lei prenda il sopravvento.
«Correrò il rischio» dice Jon, la voce roca.
«Non voglio che tu lo faccia.» Sente una grande
tristezza dentro, ora. La paura che possano fargli del male. La disperazione
del desiderio che prova per lui. Adesso, allontanarlo da sé è l’unico modo per
proteggerlo.
Lascia scorrere le dita fino alla sua bocca,
accarezzandola.
Lo vede chiudere gli occhi. Sembra teso come una
corda, e Sansa vorrebbe solo scioglierla e lasciarlo andare.
«Devi tornare al Castello Nero, Jon.»
C’è così tanta dolcezza in quell’ultima parola.
Non sembra che lo abbia chiamato per nome. Sembra che abbia nominato la
primavera osservando petali bianchi cadere dagli alberi.
Sente ancora dolore – tantissimo – e sollevare
anche l’altro braccio le dà una scarica lungo la schiena, come se qualcuno
l’avesse appena colpita. Ma vuole prendere il suo viso – il viso di Jon. Cicatrici. Pozzi neri in cui perdersi. – tra le
mani. Vuole avvicinarlo a sé e imprimere ogni dettaglio nella mente.
Per non dimenticarlo mai.
E quando lo fa, prendendo il suo volto, le mani
di Jon corrono ai suoi polsi. I suoi occhi si sgranano, come se avesse paura.
Sansa teme che quel momento passi. Non avrà
un’altra occasione. Forse non lo rivedrà più.
Ed è quel pensiero a sconvolgerla. È quello a
spingerla in avanti, a occhi chiusi, cercando la sua bocca. Quando la trova,
posando le sue labbra su quelle di Jon, lui la allontana piano.
Ha uno sguardo strano. Come se una luce avesse
illuminato una grotta buia nel mezzo di un temporale. O come se un fulmine
avesse squarciato il cielo incendiando il bosco.
Non
andartene.
Chiedergli scusa, implorarlo, non serve. Sansa
non riesce a parlare. Non ha voce. Non ha fiato. Sta trattenendo il respiro,
finché non si accorge che Jon sta facendo lo stesso.
Poi sente la presa sui polsi farsi più delicata.
Il tocco delle dita scorrere lungo il braccio e tornare indietro. Un dito
accanto all’altro, mani che si intrecciano. Le unghie di Jon sono cortissime,
eppure Sansa le sente sulla pelle. Ha un brivido.
Stavolta è lui ad avvicinarsi. Stavolta è lui a
baciarla.
Sansa si lascia travolgere da tutte le sensazioni
di quel bacio. Non è come nei suoi sogni. È come se Jon l’avesse sollevata da
terra e portata in alto, volando con lei intorno al mondo a cavallo di un
drago. È fuoco che brucia nelle viscere, e sangue che corre e che canta. È
camminare su un lago d’inverno mentre il ghiaccio si spacca.
E quando Jon si allontana – di nuovo, sempre –
non c’è più paura nei suoi occhi. Ma solo lo stesso desiderio che Sansa sente
bruciare dentro di sé.
Vorrebbe dirgli tante cose – resta, non andartene – ma non riesce a parlare, non ancora. Il
dolore per la ferita è fortissimo, batte a ritmo con il suo cuore. Non le dà
tregua.
«Altezza!»
Una voce. Un bussare sommesso alla porta.
Jon indietreggia così in fretta da inciampare.
Non cade per un pelo, perché Spettro è già in piedi alle sue spalle.
E prima che qualcuno entri, lui muove le labbra e
le indica le guance. Sei bellissima.
Possibile che l’abbia solo immaginato?
Sansa si schiarisce la voce, poi si rivolge alla
porta chiusa. «Avanti.»
Maestro Ronald entra e lancia uno sguardo a
entrambi. Sansa non sa cosa stia pensando, non sa cos’abbia capito. Sa solo che
vorrebbe cacciarlo via e chiudersi a chiave in camera con Jon.
«Altezza, visto che vuoi fare questa cosa,
facciamola in fretta. Così dopo potrai riposare.» Un’occhiataccia a Jon, e
Sansa sente il cuore sprofondare di vergogna. «Senza essere disturbata.»
«Di cosa parli, Maestro?»
«Non volevi incontrare gli uomini inviati da Re
Brandon?»
«Certo.» Sansa china il capo. Se prima era rossa,
ora sente di avere il fuoco nelle guance, fino alle orecchie. «Facciamo questa
cosa.»
E subito dopo incontra gli occhi di Jon e il suo
sorriso.
N.d.A.:
Ciao! Volevo avvisarvi che potrei non aggiornare
per tutto il mese di agosto. Insomma: ci proverò, ma non garantisco. Grazie a
chi continua a leggere questa storia! A chi è così gentile da lasciarmi sempre un
parere (grazie fenice!) e a chi l’ha aggiunta tra seguite e preferite. Ci
rileggiamo presto!
Celtica