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Autore: Calia_Venustas    31/07/2019    3 recensioni
[IN PAUSA FINO AL PROSSIMO AGGIONAMENTO DI KHUX]
C'è qualcosa che il Maestro dei Maestri non può confessare a nessuno, nemmeno a Luxu. Qualcosa che se i suoi apprendisti dovessero scoprire metterebbe a repentaglio tutto quello in cui credono. Il Maestro sa di essere nel torto, ma sa anche di essere troppo orgoglioso per ammetterlo.
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Una storia sull'origine del Maestro dei Maestri e dei Veggenti sin dall'inizio del loro apprendistato fino all'epilogo di KH3. A partire dal capitolo 18 scorre in parallelo una seconda trama che ha per protagonisti Soggetto X e Luxu, ora nei panni di Xigbar, alle prese con i retroscena degli eventi successivi a Birth By Sleep.
[Coppie: Luxu/Ava, Luxu/Maestro dei Maestri, Invi/Ira, Ava/Gula, Soggetto X/Isa, Lauriam/Elrena]
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Organizzazione XIII, Vanitas, Ventus, Xigbar
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Furry, Spoiler! | Contesto: Altro contesto, Più contesti
Capitoli:
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NOTA: questo capitolo segue direttamente gli eventi di χ TWINKLE TWINKLE LITTLE STAR χ.
Col procedere della trama e per facilitare la vita sia a me che a voi, ho deciso di contrassegnare i titoli dei capitoli con due simboli: e χ

= capitoli ambientati nell'Era delle Fiabe, ossia quelli che primariamente seguono la formazione di Luxu e l'evolversi dei piani del Maestro. Cronologicamente parlando, si tratta di tutti gli avvenimenti compresi tra 10 anni prima di Back Cover e la prima Guerra dei Keyblade.
χ = capitoli ambientati post Birth By Sleep
con Luxu nei panni di Braig/Xigbar, Soggetto X, Isa, Lea, Xehanort e il resto dell'allegra compagnia. Da 2 anni dopo BBS fino all'Epilogo di KH3. E magari, persino al Finale Segreto :P


χ NEGATIVE EMOTIONS χ

Run boy run! This race is a prophecy.
Run boy run! Break out from society.
Tomorrow is another day,
and you won't have to hide away.
You'll be a man, boy!
But for now it's time to run, it's time to run!

[Run Boy Run! - Woodkid]


Il vasto oceano d’oscurità era gelido e quieto. Asteroidi e relitti orbitavano placidamente attorno a colossali agglomerati di ghiaccio e cristallo e le stelle splendevano tutt’intorno, ognuna di esse un Mondo lontano e inesplorato.

Soggetto X se ne stava raggomitolata sul sedile del passeggero della Gummi Ship, fissando i grandi occhi castani contro le profondità cavernose del cosmo.

L’emozione che l’aveva travolta nel rivedere il cielo dopo due lunghi anni nei sotterranei del castello non era niente di paragonabile a quello che provava in quel momento, mentre se ne stava seduta nell’abitacolo di una navicella spaziale al fianco di un perfetto sconosciuto.

Braig le porse un paio di pantaloni da uomo e una t-shirt sformata perché li indossasse al posto della tunica bianca che era stata il suo unico indumento sin da quando riuscisse a ricordare. Lei non se lo fece ripetere due volte.

Mentre si cambiava, sola nella stiva colma fino al soffitto di casse di provviste, taniche di plasma e cannoni laser di riserva, X si domandò se quei vestiti fossero appartenuti al suo inaspettato benefattore. Sembravano nel suo stile, ma erano troppo piccoli per lui. Forse li aveva conservati da quando era più giovane.

Abbottonò i jeans ed infilò la maglia sul torso nudo, deliziata dal tocco della stoffa tiepida sulla pelle. Abbassò lo sguardo sulla tunica da cavia di laboratorio appallottolata a terra e la calciò via con stizza.

Non voleva più vedere quello straccio in vita sua.

L’indumento slittò sul pavimento imbullonato e si fermò contro il fianco di un massiccio baule nero. In mezzo ai pallet di metallo stivati di cibo e munizioni, quest’ultimo spiccava per il suo aspetto antico ed elaborato.

Incuriosita, X si avvicinò, sfiorando il rivestimento consunto del forziere. La scatola era foderata di uno spesso strato di cuoio nero e tenuta ermeticamente sigillata da tredici grandi serrature, tre su entrambi i lati corti e sette su quello anteriore. Sul coperchio, un blasone rosso incorniciato d’argento recava una scritta misteriosa e scolorita.

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| χ
super |
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La ragazza si accigliò. X…?

 X come lei?

Indugiò con la mano sullo stemma, chiedendosi che cosa potesse mai contenere un baule del genere e perché si trovasse lì, nella stiva di una nave spersa in mezzo al cosmo. Un oggetto come quello sembrava provenire da un altro tempo.

Una vocetta sottile la fece sobbalzare. X credeva di essere sola. “Non la toccherei se fossi in te, Braig diventa nervoso quando la gente gironzola intorno alla Scatola.”

“Scusami tanto, io-” disse, voltandosi verso il suo interlocutore per rimanere poi a fissarlo a bocca aperta.

Dritto in piedi davanti a lei, nel bel mezzo della stanza, stava un buffo pupazzo di pezza dalle sembianze di un gatto grigio. Camminava su due zampe ed aveva la testa sproporzionatamente grande rispetto al corpo, il che, se possibile, gli dava un aspetto ancora più surreale. L’animaletto la fissò di sotto in su con gli occhietti ricamati in filo azzurro e la ragazza si accorse che il destro era stato sostituito da un bottone cucito a mano che ricordava vagamente una benda sull’occhio, proprio come quella di Braig.

“Non mi sono ancora presentato, sono Chirithy… o meglio sono un Chirithy, ma puoi chiamarmi Schad. Piacere di conoscerti signorina!”

“Piacere mio. Vorrei tanto dirti come mi chiamo, ma purtroppo non conosco il mio nome.” disse lei, un pò imbarazzata, dando le spalle alla Scatola Nera.

“Tranquilla, non c’è problema. So che ne hai passate di cotte e di crude… e i nomi non sono poi così importanti.”

X si inginocchiò per non obbligare la creaturina ad inclinare all’indietro la testa per guardarla in faccia “Ce ne sono altri come te?”

“Un tempo ce ne erano molti di più.” disse il pupazzetto, con fare sconsolato “Ma non serve piangere sul latte versato. Piuttosto, come ti senti? Vuoi mangiare qualcosa? Io e il padroncino abbiamo un sacco di cose buone qui!”

“Il tuo ‘padroncino’... è Braig?” chiese lei, un pò perplessa. L’ultima cosa che si sarebbe aspettata da quell’energumeno era che avesse un pupazzetto così carino come mascotte.

“Yep.” assentì lui. “E so cosa stai pensando: cosa ci fa un affarino come me con quello là, eh?”

X sorrise con fare colpevole. “Colpita e affondata.”

“Non è cattivo come sembra.” il pupazzo esitò “Beh, non sempre, almeno.”

“Ma chi è? E cosa vuole da me?”

“Questa è una domanda da un milione di munny, ragazzina.” disse Schad, drizzando le orecchiette flosce “E una a cui davvero non posso rispondere, nonono!”

“Non fa niente.” sospirò lei, anche se in realtà avrebbe voluto afferrarlo per la collottola e minacciarlo di strappargli fuori tutta l’imbottitura se non avesse sputato il rospo.

“Tutto okay là dietro, Stellina?” la voce tagliente di Braig li raggiunse attraverso il portellone chiuso.

“Faremo meglio a tornare di là.” disse il pupazzo, saltellando verso la cabina di comando ed indicando il piccolo terminale che azionava la porta automatica.

Soggetto X poggiò la mano sul pannello luminoso e seguì l’animaletto fino all’abitacolo. Oltre il parabrezza bombato, lo spazio aperto era così nero che sembrava volerla risucchiare via.

Braig sedeva ai comandi, le mani guantate serrate attorno alle leve dello stabilizzatore di volo. La seguì con l’unico occhio che gli era rimasto mentre prendeva nuovamente posto al suo fianco e si lasciò sfuggire uno sbuffo quando vide Chirithy balzarle sulle ginocchia.

“Vedo che siete già ottimi amici.”

X sfiorò la testolina rotonda dell’animaletto con esitazione.

“Non dico mai di no ad un po’ di carezze. Da quant’è che non me ne fai una tu, eh Braig?” gli rinfacciò Schad, prendendo immediatamente a strusciarsi contro il palmo della ragazza

“Smettila di lagnarti.”

“Uffa!”

“Braig…” cercò d’intromettersi lei, sollevando lo sguardo dai lividi bluastri che aveva attorno ai polsi “...dove mi stai portando?”

Lui schiacciò l’acceleratore e la Gummi Ship s’insinuò a colpo sicuro in un banco d’asteroidi “In un gran bel posto. Dove Xehanort non potrà trovarti.”

Nell’udire il nome dello scienziato, Soggetto X rabbrividì così violentemente che Braig non potè fare a meno di distogliere lo sguardo dal parabrezza. “Cerca di non pensarci, Stellina. Il peggio è passato.”

“Perché dovrebbe venire proprio lui a cercarmi?” chiese lei in un sussurro.

“Perchè è da lui che Ansem vuole tenerti lontana.”

Lei si strinse a Chirithy per scacciare il freddo improvviso che l’aveva invasa “É stato Ansem a chiederti di..?”

“...rapirti?” completò Braig con un sogghigno.

La ragazza lo guardò di traverso. “E’ questo che stai facendo?”

“Se Ansem mi avesse ordinato di portarti via sarebbe stato un ‘salvataggio’. Ma così non è. Vedi, il vecchio non mi ha ordinato di fare proprio un bel niente. Diciamo solo che gli ho dato più di una buona ragione per lasciarmi agire indisturbato.”

Schad socchiuse l’occhietto azzurro “Ansem deve aver pensato che qualsiasi malefatta tu avessi in mente non potesse essere peggiore di quelle architettate da Xehanort.” ridacchiò “Anche se sinceramente non ne sono così sicuro. Del resto non sei stato tu a-”

“Tappati la bocca.” lo freddò Braig e il pupazzetto girò la testa di lato, fingendosi offeso.

“Come siamo nervosetti oggi...”

Soggetto X si morse il labbro inferiore. Aveva così tante domande in testa che a stento riusciva a udire i suoi stessi pensieri. Era certa che Braig avesse tutte le risposte a cui il suo Cuore tanto anelava. Poteva quasi sentirlo nell’aria, il sapore della verità, del suo vero io, la rassicurante consapevolezza di essere qualcuno, di non essere sola, di non essere un errore… ma al contempo, percepiva anche qualcos’altro.

Qualcosa di opprimente, viscido, strisciante, un soverchiante senso di disperazione e vacuità. Da dove proveniva? E perché così all’improvviso si sentiva di nuovo impotente e vulnerabile come quando era chiusa in cella…?

Braig tirò a sè la cloche, sterzando così bruscamente da scaraventare Chirithy contro il pannello di controllo “Reggetevi!”

“Un pò tardi per avvisare, cretino!” gemette l’animale di pezza, aggrappandosi ad una leva per non cadere mentre la navicella piroettava vorticosamente, zigzagando fuori dal campo di meteoriti diretta verso lo spazio aperto.

X si resse al sedile come meglio poté, ma l’ennesimo scossone le fece perdere la presa. Per un lungo, terrificante istante, la ragazza temette che si sarebbe sfracellata contro il soffitto che in quel momento si trovava dove fino ad un secondo prima stava il pavimento.

Invece, in un bagliore violaceo, una forza innaturale ed improvvisa la spinse nuovamente contro l’imbottitura della sedia, tenendola inchiodata sul posto ignorando ogni legge fisica. Certo, si trovavano nello spazio, ma la cabina di pilotaggio aveva un sistema di micro-gravità simulata che impediva alle cose e alle persone di fluttuare in giro per l’abitacolo.

E a giudicare dal volo che lei e Schad avevano appena fatto, il sistema funzionava ancora perfettamente.

Ma allora cos’era a tenerla ferma sul sedile mentre le stelle vorticavano vertiginosamente oltre l’oblò?

Col cuore in gola, riportò lo sguardo su Braig e vide che le sue mani ancora serrate sui controlli erano avviluppate in un brillante bagliore viola.

Lo stesso colore delle scintille che le danzavano sulla pelle, tenendola al sicuro.

Braig le aveva lanciato addosso un incantesimo mentre si destreggiava coi comandi della nave, spingendo i propulsori al massimo.

Qualcuno li aveva forse seguiti? Da cosa stava scappando?

Quando la risposta a quelle domande oscurò l’intero parabrezza, X si pentì di averle poste.

"UNVERSED?!" Squittì Schad spaventato "Credevo ci fossimo liberati di questi cosi dopo la scomparsa di Vanitas!"

X non aveva idea di che cosa il pupazzo stesse parlando, ma l'enorme creatura grigia e sgusciante che li bloccava la strada non aveva bisogno di chissà quali retroscena per essere compresa. Era chiaramente lì per fare a pezzi la navicella e non esitò un solo istante ad assalirli, manovrando il gigantesco pungiglione seghettato come un arpione.

Braig abbattè il pugno su un grosso pulsante verde e una barriera d'energia lampeggiò tutto attorno al velivolo, deflettendo il colpo all'ultimo secondo.

"Dobbiamo farlo fuori, non ci lascerà passare." Disse, serrando la presa attorno al joystick che controllava il cannone principale della navicella, l'indice sul grilletto.

X non riusciva a distogliere lo sguardo dalla maschera piangente sulla sommità di quel mostro mastodontico simile ad una medusa. L'ovale di metallo squarciato da due stilizzati occhi rossi s'impresse a fuoco nella sua mente. E fu allora che capì che quel soverchiante senso di disastro ed ineluttabilità era emanato proprio dalla creatura, quasi fosse essa stessa un concentrato d'emozioni nefaste che le stava infettando la mente come un virus.

Sentì la disperazione affondarle le unghie nel cuore, trascinandola giù con sé.

Era così che sarebbe finita la sua storia?

Liberata da una cella dopo anni di torture solo per morire stritolata tra le lamiere di una navicella in mezzo al niente?

Il mostro si scagliò contro di loro.

Sputando un improperio così volgare che X si sarebbe vergognata a ripetere, Braig aprì il fuoco sull'Unversed, schivando l’ondata di elettricità statica che il corpo bioluminescente di quell’abominio alieno aveva appena scagliato loro contro.

X sentì lo stomaco andarle sottosopra, ma si sforzò di tenere gli occhi aperti.

Schad balzò sulla console dei comandi, zampettando sulla tastiera con l’abilità di un co-pilota provetto, dando inizio all’armamento dei cannoni pesanti. Per qualche motivo, la ragazza non si sorprese affatto di scoprire che quella nave era armata fino ai denti e che un tenero pupazzetto di stoffa grigia s’occupasse del puntamento dei cannoni laser.

Aveva visto una cosa più assurda dell’altra nelle ultime ventiquattro ore e il suo cervello aveva semplicemente deciso di zittire la parte razionale che continuava a strillare che tutto ciò era semplicemente impossibile.

“Laser pronti!” cinguettò Schad aggrappandosi con tutto il proprio peso alla leva che controllava i portelloni sulla fusoliera, rivelando le bocche dei cannoni.

L’Unversed vorticò su sé stesso come una trottola, le ampie falde grigie del suo corpo gelatinoso che s’avviluppavano attorno al tronco principale, attirando la navetta in una spirale di detriti.

Frammenti d’asteroide e scaglie di ghiaccio tartassarono di colpi lo scudo esterno della Gummi Ship, obbligando persino Braig ad interrompere il fuoco per reggersi, ma fortunatamente, la barriera tenne.

Qualunque diavoleria tecnologica l’uomo avesse fatto installare a bordo della nave, funzionava alla grande.

Prima ancora che il mostro potesse rendersi conto che attrarli così vicini a sé fosse stata una pessima idea, Braig s’aggrappò di nuovo ai controlli e, tirando indietro la cloche in una spettacolare manovra evasiva, svuotò l’intera carica delle celle al plasma dritta al petto della creatura, là dove era impresso un simbolo nero simile ad un cuore acuminato.

L’Unversed cacciò un verso così straziante da costringere Soggetto X a coprirsi le orecchie con le mani e cominciò ad accartocciarsi su sé stesso, come un palloncino bucato che prende a sgonfiarsi. Agitando le appendici gommose convulsamente e liberando un’ultima, disperata scarica elettrica, iniziò a precipitare verso il basso mentre Braig schiacciava il pedale a tavoletta.

La Gummi Ship schizzò in avanti come un fulmine, i reattori del motore che rombavano lasciandosi dietro una scia incandescente.

Alla vista del contorno sfocato ma familiare del Mondo dove erano diretti, Braig trasse finalmente un sospiro di sollievo, rilassando la schiena contro il sedile. “Oh beh, direi che è andata bene. Non pensi Stelli-?”

“Luxu!”

L’uomo si voltò di scatto. Schad si lasciava sfuggire il suo vero nome soltanto in momenti d’estrema tensione e la sua voce allarmata non lasciava presagire niente di buono.

L’animaletto era salito nuovamente in grembo a Soggetto X e stava vanamente cercando di farla tornare in sé. La ragazza s’era afflosciata sullo schienale, madida di sudore e pallida come un cadavere, i capelli scuri attaccati al collo e gli occhi sgranati, fissi davanti a sé in un’espressione vitrea e senza vita.

Braig mollò i comandi e corse al suo fianco, afferrandola bruscamente per le spalle “Stellina?!”

Lei non rispose, il capo che le pendeva dalle spalle come quello di una bambola di pezza. “Cazzo! Svegliati! Non ho fatto tutta questa fatica perché tu mi pianti in asso così!”

Chirithy tirò l’uomo per la manica “Il suo cuore è molto debole… l’ultimo esperimento deve averla davvero sfiancata.”

“Merda!”

“Adesso calmati!” gli rimbrottò il pupazzo, con tono sorprendentemente autoritario “Ha bisogno di cure, non delle tue parolacce!”

Lui scosse il capo, strappandosi via dal collo la bandana rossa. Chirithy aveva ragione. Come sempre.

C’era un ottimo motivo se proprio lui era il solo compagno designato a restare al suo fianco attraverso i lunghi secoli della sua esistenza. Quell’irritante palla di pelo era la cosa più simile ad una Coscienza che gli fosse rimasta.

Già, proprio come il Grillo Parlante lo era per quella marionetta che bazzicava Giardino Radioso combinando un sacco di guai.

Braig reclinò lo schienale del sedile del passeggero, così che la ragazza inerme potesse starvi distesa anzichè scivolare sempre più in basso con la testa penzoloni e si rimise al volante.

Agganciata l’orbita del Mondo avvolto in una densa coltre di nebbia, dette inizio alla sequenza d’atterraggio selezionando il punto preciso dal display luminoso. Aveva un suo posticino preferito dove nascondere la Gummi Ship e sgattaiolare fuori inosservato, mischiandosi alla gente comune, ma in quel momento la sua destinazione non era il centro città, bensì un’isolata lingua di terra fangosa in mezzo alla palude.

°°°

Con gli stivali inzaccherati di fango quasi fino al ginocchio, Braig irruppe nella casa-barca della Regina Voodoo del Bayou, il corpo esamine di Soggetto X tra le braccia.

“Mama Odie!” chiamò a gran voce la guardia di Giardino Radioso, guardandosi intorno alla ricerca della vecchia sacerdotessa. La stiva del relitto arenatosi sulla fronda di un gigantesco salice piangente durante una tremenda alluvione era stipata di animali impagliati, feticci tempestati di spilloni e barattoli contenenti cose sia vive che morte.

In un certo senso, gli ricordava il laboratorio dove il Maestro si era ritirato per giorni interi prima di convocare lui e i suoi compagni, uno ad uno, ed assegnare loro i ruoli che avrebbero dovuto portare a termine. Prima di scomparire nel nulla.

“Mama Odie?!” ripeté, adagiando la ragazza sulla sedia di vimini a pochi passi da un’antica vasca da bagno sorretta da zampe di leone e ripiena di un liquido ambrato sulla cui natura Braig preferiva non indagare. Anche se aveva un vago sentore di gumbo, una zuppa speziata tipica del posto.

“Ahi, ahi… E’ messa male, la poverina!”

Braig sobbalzò, avvertendo improvvisamente la presenza della sacerdotessa al suo fianco.

“Spostati, fammi vedere!” l’anziana donna vestita di bianco lo scacciò con un gesto ampio della mano e lui si fece da parte, peritandosi di farle notare che essendo cieca come una talpa avrebbe potuto vedere ben poco.

Almeno non senza ricorrere ad un pizzico di magia.

Mama Odie aprì la bocca della ragazza che se ne stava immobile come un manichino e le passò in rassegna la dentatura. Le strappò poi una manciata di capelli gettandoli nella vasca dove svanirono all’istante, sfrigolando come se immersi nell’olio bollente. “Ha perso la strada in un ricordo... qualcosa che non le appartiene, che non doveva essere nella sua testa tanto per cominciare! Di chi è stata l’idea brillante, sentiamo un pò?” indagò lei, posandosi una mano sul fianco, facendo tintinnare i bracciali d’oro.

“Speravo poteste dirmelo voi.” ammise Braig, allargando le braccia.

La sacerdotessa scoppiò a ridere “Hai quattro volte i miei centoottantanove anni e ancora vai a chiedere consiglio a tutte le vecchie eremite che incontri?”

“Una seconda opinione non fa mai male.” chiarì lui. “Potete fare qualcosa per lei?”

“Certo, certo, che domande sono.” borbottò la donna raccogliendo un mestolo dalla rastrelliera piena di attrezzi di ogni genere ed usandolo per mescolare energicamente la zuppa ambrata. “Portala di sopra, mentre preparo la medicina. Una specialità del Bayou, la rimetterà in forze, ma solo per un pò. Neanch'io posso fare miracoli e sai meglio di me che c’è un solo modo per curare un cuore provato come il suo. Deve essere lei a rimetterlo insieme, pezzo per pezzo.”

Braig si caricò nuovamente X in braccio, la guancia di lei schiacciata contro il doppio petto della divisa “Io non posso badare a lei, Mama Odie. Devo tornare prima che notino la mia assenza. Posso contare su di voi?”

La vecchia sorrise bonariamente, scoprendo i pochi denti storti e marci che le restavano “Lascia fare a me, cher. Consideralo il mio modo di ripagare quel debituccio che ho contratto con la tua maestra, tanto tempo fa. Conosco proprio le persone adatte per questo lavoro.” così detto, la sacerdotessa Voodoo tornò ad occuparsi della zuppa, arraffando un ingrediente più disgustoso dell’altro dalle giare ed ampolle sugli scaffali.

L’uomo prese a salire la stretta scaletta di legno, facendo attenzione a non battere la testa contro il soffitto.

Chirithy apparve sulla sua spalla in uno sbuffo di fumo. “Mi sa che la battaglia spaziale non ci voleva proprio, dopo tutto quello che ha passato.”

“Già. Deve aver fatto scattare qualcosa nella sua memoria. Alla fine, un cuore non è per niente diverso da una banca dati. Una volta scoperta la parola chiave, puoi sfondare tutte le porte.”

“Era di questo che parlava prima Mama Odie?”

Raggiunto il pianerottolo del battello, Braig adagiò la ragazza su un fianco sopra una delle brande riservate all’equipaggio, accomodandole la testa sul cuscino perché respirasse meglio.

“Ansem non ha avuto paura di quel poco che X ha ricordato del proprio passato una volta sottoposta agli esperimenti… ma di quelle cose che non avrebbe dovuto sapere affatto. Che nessuno dovrebbe sapere, perchè non si sono ancora verificate.” Così dicendo, Braig le sollevò la maglia madida di sudore, rivelando la schiena nuda.

Tra le sue scapole, inciso sulla pelle nivea come una marchiatura a fuoco, stava un simbolo fin troppo familiare agli occhi di chiunque, come loro, provenisse dall’Era delle Fiabe.

“Perbias le ha caricato nel cuore il Libro delle Profezie?!” esclamò esterrefatto Schad, prendendosi la testa tra le zampette “Tutto quanto?! E tu lo sapevi?”

“Lo sospettavo, ma non si fa alcuna menzione di questo marchio negli appunti di Even. Il che significa che non lo aveva addosso prima di oggi, è stato il nostro intervento a rivelarlo. E sai cosa ha detto il Maestro riguardo il Libro delle Profezie: io non devo averci niente a che fare.”

“Eppure eccoti qui.” gli fece notare il pupazzo con fare meditabondo. “Pensi di aver sbagliato qualcosa? Guarda che se hai combinato uno dei tuoi soliti casini-”

“Non è possibile che abbia sbagliato.” lo interruppe Braig, sedendosi di peso su una branda libera “L’esistenza del Libro stesso dipende dal mio successo. Non potrebbe essere qui, digitalizzato dentro di lei, se avessi fallito.”

“Ma allora… cosa significa?”

Lui sospirò, amaramente, stancamente. Aveva passato tutta la sua esistenza cercando di stare al passo, di correre forte abbastanza da riuscire anche soltanto a sfiorare la figura incappucciata di nero davanti a lui, per costringerla a voltarsi. A fermarsi. Ma Perbias era sempre stato più veloce di lui e ancora una volta l'aveva lasciato indietro nella polvere, scomparendo alla vista.

“Significa che anche dopo tutto questo tempo non ho la minima idea di cosa accidenti stia succedendo.”

Non gli restava altro che continuare a correre.
 

°°°

Certe notti sogno ancora quella cella buia.
E quando succede, le ali tatuate sulla mia schiena bruciano da morire.

Le domande degli scienziati tornano ad affollarmi la mente.
Non avevo risposte da dare allora, e non ne avrei di concrete neppure adesso, se dovessero ricatturarmi.

Questo mondo non è il mio. Lo so, lo sento. Eppure è la cosa più simile ad una casa che abbia mai avuto e nel mio cuore ha un posto speciale.
È il mio appiglio in mezzo all'oceano, la mia sola chance di non affogare. Quello, e la promessa che mi ha fatto l'uomo che mi ha portata qui.

Una promessa già infranta alla quale continuo scioccamente ad aggrapparmi.
"Ti spiegherò tutto" diceva. Ma non è mai tornato.

Eppure non è il solo uomo con un solo occhio ad annidarsi nei miei ricordi.
L'altro ha il sorriso più bello che abbia mai visto.
Ma mi fa paura.

Chi è?
Chi sono io?
Possa il mio cuore essere la mia chiave guida.
 - ☆ 




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Cia' a tutti!
Come vi sembra il formato saltellante? Passare da un'era all'altra è troppo confusionario secondo voi, o si segue bene? I capitoli con Braig e X/Skuld sono stati i primi che ho scritto quindi è per questo che ne ho pubblicati due così ravvicinati tra di loro, li sto soltanto revisionando un pò per assicurarmi che tutto fili liscio con la trama.
E finalmente iniziamo a svelare alcuni dei punti in sospeso di KHUX: Skuld è la Union Leader a cui Ava ha passato il Libro delle Profezie su ordine del Maestro, ma non si è limitata a dargliene in mano una copia, nossignore: quando i Dandelions sono stati spostati nell'Auropoli Digitale (dove tra le altre cose troviamo anche Oscurità e Malefica a fare i loro sporchi comodi) Skuld ha ricevuto un download endovena dei contenuti del Libro che vanno a confodersi con i suoi veri ricordi. Per questo è così resistente ai tentativi di sondarle il cuore e sempre per questo quando gli scienziati finalmente ci sono riusciti, Ansem ha capito che le informazioni contenute dentro di lei potessero essere pericolosissime se finite nelle mani sbagliate. E per ironia della sorte, il nostro buon Luxu ha finito per essere considerato il minore dei mali.
Adesso ci manca soltanto di aspettare gli updates del gioco per vedere se la mia profezia sul Libro delle Profezie (haha!) si rivelerà corretta o meno. Nel frattempo salutiamo l'entrata in scena del Mondo Disney che più di ogni altro avrei voluto vedere in un KH e che ancora Nomura non si è degnato di inserire, ossia New Orleans della Principessa e il Ranocchio.
Eddai, Nomura :( :( :( non sprecare la possibilità di avere Braig e Dr.Facilier nella stessa scena! Io di certo non me la lascerò sfuggire!


 

 

   
 
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