I Wish I Can Push Rewind
Imparerai a
tue spese che
nel lungo tragitto della vita
incontrerai tante maschere e pochi
volti.
Spencer
osservava il suo amico premere vigorosamente i tasti del pianoforte, la
musica
gli vorticava nelle orecchie, ma lui non si trovava realmente in quel
caffè, dopo
che Ethan aveva insistito affinché restasse, prima di
separarsi nuovamente per
un tempo che entrambi ignoravano.
Spencer
non era affatto sicuro di rivederlo presto. In realtà, in
quel periodo non era
sicuro di nulla.
Tutti
i membri della squadra si erano accorti che non stava bene, come se
n’era
accorto il suo vecchio amico, anche se tentava di mascherarlo in ogni
modo, come
gli veniva più naturale fare.
Si
sentiva per qualche ragione un completo idiota, una marionetta
manovrata da mani
che non erano le sue, ma estranee, enormi e infinitamente
più forti.
Spencer
si sentiva terribilmente solo, abbandonato a sé stesso ed
estremamente debole,
provando forse le stesse sensazioni che aveva provato anni prima,
quando la
stessa persona che suonava davanti a lui quella sera lo aveva tradito,
implorando poi il suo perdono.
Forse
era quella la ragione per cui Ethan, appena varcata la soglia della sua
piccola
casa, aveva improvvisamente cominciato a carezzargli una guancia,
sfiorandogli
poi il collo con i polpastrelli e posando delicatamente le proprie
labbra agli
angoli della bocca del ragazzo, depositandovi dei lievi baci.
«Mi
sei mancato» gli sussurrò staccandosi leggermente,
osservandolo in viso.
Spencer
non poteva negare di provare risentimento per essere stato vittima di
un
frivolo scherzo, ma allo stesso tempo sentiva un disperato bisogno di
lasciarsi
il passato alle spalle, tentando di ricostruire con cura il presente.
Con
le labbra semiaperte, l’agente riuscì a biascicare
un «anche tu» prima che il
ragazzo lo spingesse con forza contro lo schienale del divano.
Non
aveva mai avuto il sospetto che Ethan fosse omosessuale, forse anche a
causa
dei discorsi, spesso incentrati sul genere femminile, che il giovane
era solito
intrattenere con lui. Aveva più volte intuito che gli
appuntamenti dell’amico
lo lasciassero insoddisfatto, attribuendo a ciò la ragione
per cui non riusciva
mai a costruire una relazione duratura.
Quella
beffa poi, era stata la conferma che Ethan non solo non amasse i
ragazzi, ma
fosse in realtà un eccentrico omofobo sotto una maschera di
magnanima tolleranza.
Quando
l’amico alzò la testa per osservarlo in volto, si
accorse che Spencer era ripiegato
sulla spalliera del divano, il capo riverso all’indietro, ma
il corpo rigido
tenacemente aggrappato al tessuto color vermiglio.
Le
mani ne stringevano prepotentemente la stoffa e le palpebre erano
serrate,
quasi come se il giovane avesse paura di vedere ciò che
stava accadendo attorno
a sé.
«Non
sei obbligato a stare qui se non vuoi» gli disse Ethan in
tono tranquillo, dopo
che Spencer tirò su la testa e riaprì gli occhi,
sistemandosi i vestiti come
era suo solito fare.
Lo
vide dischiudere la bocca confuso, forse sul punto di dire qualcosa o
forse
solo per inspirare l’aria che gli era mancata fino a quel
momento.
«Vuoi
qualcosa da bere?» insisté Ethan, nel tentativo di
allentare la tensione
presente da quando avevano messo piede in casa.
Spencer
serrò improvvisamente le labbra, facendo un cenno di diniego
con la testa,
puntando le proprie pupille in quelle dell’uomo dinanzi a lui.
«Nessuno
deve sapere che sono stato qui». Pareva la voce di una
creatura innocente
appena presa a randellate senza alcuna ragione.
Il
volto gli si corrucciò nella sua tipica espressione da
intellettuale: «A casa
del traditore» sibilò Spencer, con
l’esplicito intento di ferire colui che si
ostinava a considerare ancora un amico.
Per
qualche ragione, voleva finalmente fargli provare ciò che
aveva provato lui
quel giorno, voleva si sentisse rifiutato per ciò che era,
ossia un essere
viscido, senza coscienza ed estremamente ipocrita.
Ethan
adorava quell’espressione, anche se non glielo aveva mai
fatto notare, anche se
lo prendeva sempre in giro per questo. In verità amava il
suo viso piccolo e
pieno, anche se quelle parole gli avevano dilaniato il petto.
«So
che non sei realmente arrabbiato con me, Spens» lo
apostrofò Ethan, sfilandosi il
pesante giubbotto e dirigendosi verso la cucina. «Altrimenti
non si spiega non
solo perché tu sia qui, ma anche il fatto che mi hai
baciato» continuò con
un’espressione superba e sprezzante al tempo stesso,
estraendo una lattina di
birra chiara dal frigorifero.
Con
le braccia conserte, Spencer mosse qualche passo deciso verso il
ragazzo,
rimanendo sulla soglia della porta.
«La
checca fra me e te sei solo tu, Ethan» dichiarò
l’agente tutto d’un fiato,
puntandogli un dito contro, prima di prendere la porta e correre
giù per le
scale. Aprendo il portone del condominio, si guardò intorno,
assicurandosi che
nessuno lo vedesse. Si allontanò a passo spedito per la
strada deserta,
promettendo a se stesso di non mettere mai più piede in quel
posto.
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Rientrando
a casa, Spencer aveva appena avuto il tempo di poggiare la voluminosa
borsa
rossa sulla sedia della sua camera prima che il telefono gli vibrasse
in tasca,
segnalando un messaggio.
Si
sdraiò sul letto esausto, scalciando via le scarpe alla
rinfusa, intenzionato a
farsi al più presto una doccia e rilassarsi, per potersi
preparare al meglio
per la prova decisiva che l’avrebbe atteso il giorno
successivo.
Estrasse
il cellulare dalla tasca, leggendo il messaggio appena ricevuto.
Ethan
17:00
Devo
dirti una cosa…
Il
cuore cominciò a martellargli in petto; non gli pareva
affatto Ethan il
mittente del messaggio dal modo in cui gli si era rivolto.
Da
aspirante profiler, avrebbe innanzitutto tentato di parlargli di
persona, per
poter analizzare non solo il linguaggio del suo interlocutore, ma anche
le
reazioni del suo corpo.
Stranito,
Spencer appoggiò la testa contro il muro retrostante,
chiedendogli di raccontargli
tutto ciò che sentiva il bisogno di dirgli, genuinamente
preoccupato. Forse si
trattava di sua sorella, che il giovane sapeva avere dei seri problemi
con la
droga fin dai tempi della scuola.
Era
da poco stata arrestata e Ethan temeva di non essere ammesso
all’FBI per questo
motivo. Una minima macchia nel passato di un aspirante agente poteva
essere
fatale.
Ethan
17:03
Si
tratta del nostro rapporto…
Spencer
gli chiese d’istinto se avesse detto o fatto qualcosa che lo
aveva ferito, rammaricandosi
in cuor proprio: Ethan era stata l’unica persona con cui
aveva legato da quando
aveva cominciato a frequentare l’accademia e gli era sempre
sembrato realmente onesto
e sincero, soprattutto per quanto riguardava il proprio passato. Quelle
parole
però, lo convinsero definitivamente che non fosse lui a
scrivere quei messaggi.
Ethan
17:07
Non
ce la faccio Spens…
Stavolta
le parole dell’amico non lasciavano presagire nulla di buono
e Spencer si
sentiva sinceramente in pensiero per lui.
Provò
a chiamarlo, senza però ricevere alcuna risposta.
Allora
gli scrisse un nuovo messaggio e la replica non tardò ad
arrivare.
Ethan
17:13
Io
ti amo…
Spencer
rilesse il messaggio infinite volte con gli occhi sbarrati.
Non
riusciva a crederci: Ethan aveva capito qualcosa? Stava forse facendo
il primo
passo?
Improvvisamente
si sentì come quando, da ragazzino, la sua cotta gli rivolse
la parola per la
prima volta. Sorrise, gettando la testa contro il muro, urtandolo
bruscamente.
Si
sentiva più accaldato di quando aveva messo piede nella
stanza pochi minuti
prima; la soffocante calura estiva non risparmiava nessuno, ma Spencer
aveva tutt’altri
pensieri per la testa in quel momento.
Vide
una chiamata in arrivo sullo schermo del cellulare, che gli
ricordò
d’improvviso di rimuovere la modalità silenziosa
che impostava per non essere
interrotto durante le lezioni. Non vedeva l’ora di farsi una
doccia.
Appena
rispose alla chiamata, cominciò a inondare il suo
interlocutore con una fiumana
di parole, tipico di lui e della sua parlantina: «Ethan, non
ti devi preoccupare,
ti assicuro che so perfettamente che cosa stai provando in questo
momento e che
cosa pensi. So che probabilmente ti senti sbagliato e sono sicuro che
volessi
dirmelo da tanto tempo, e lo so
perché…».
Fece
una breve pausa, riprendendo fiato in un sospiro.
«Perché
lo provo anch’io. Non so se tu lo sapessi, ma…
ecco, è così» disse in fretta,
asciugandosi la fronte umida di sudore.
Il
sospetto che potesse non trattarsi realmente di Ethan scomparve
improvvisamente
come una misera pozza d’acqua sotto il sole rovente.
Conoscendo i sentimenti dell’amico,
ormai non aveva più timore di confessargli i propri.
«Ovviamente
non deve saperlo nessuno» continuò il ragazzo con
voce affannata, «ma una soluzione
si trova a tutto» terminò raggiante.
Il
suo udito fine, che fino a quel momento non aveva percepito altro che
silenzio,
riuscì a cogliere dei lievi sospiri in sottofondo, come se
qualcuno stesse a
stento tentando di trattenere una risata.
«Ethan?».
Spencer si mise a sedere sul letto, realizzando quanto poco saggia
fosse stata
la scelta di proferire parola per primo.
Sentì
i bisbigli divenire sempre più intensi, fino a quando un
forte ghigno non fu completamente
udibile, lasciando dietro di sé soltanto il suono meccanico
della chiamata
ormai terminata.
Un
amico che credevi sincero fa più paura di una bestia
selvaggia;
una
bestia selvaggia può ferire il tuo corpo,
ma
un amico falso ti ferisce nell’anima.
Continua…
N.B.:
I crediti dell’immagine appartengono a Lovy Chan.