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Autore: Gapman    31/07/2019    0 recensioni
La donna da cui tutto è partito, colei che per la prima volta ha superato i limiti mentali e fisici umani, ritorna ad Hawkins insieme a sua figlia per risolvere i problemi col Sottosopra.
Questa è la storia di zero - uno, dei suoi intrecci, della sua debolezza nella forza estrema e di come abbia trovato fratellanza tra chi, come lei, ha subito le stesse torture.
Vittoria, invece, è una nerd della letteratura e vive in un mondo relegato alla sua testa che si scontra con la dura realtà - e gli strani compagni con cui si ritrova a condividere le giornate.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jim Hopper, Joyce Byers, Nuovo personaggio, Undici/Jane
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Piacere, zero uno

Capitolo due: Il numero tatuato col fuoco

Timeline: seconda stagione



Giovedì 1 novembre, 1984


Per Will, i corridoi non erano mai sembrati così infiniti: le pareti erano ormai ricoperte di radici violacee, e l’aria s’era fatta pesante. Talmente pesante che ogni passo di corsa sembrava un centinaio di passi veloci.
E lo sentiva, dietro di sé, il mostro. Lo stava raggiungendo, sicuro, come se avesse già puntato la preda da lungo tempo. Infatti, quella crisi così potente non era nient’altro che il risultato di ciò che gli era successo un anno fa, e a piccole gocce nei mesi prima.
E correva, urlando, sperando che fosse tutto un sogno e si sarebbe risvegliato sulla sedia dove per la penultima volta da persona normale aveva giocato a D&D. Così, non avrebbe mai frequentato gli ospedali di Hawkins o non avrebbe mai visto sua madre in preda alla disperazione più atroce.
Tuttavia, il mostro era più veloce di lui, ma non più forte.
Gli vennero in mente le parole che Bob gli aveva riferito quella mattina, riguardo le paure.
Doveva fermarsi ed affrontare il mostro, comandargli di andarsene.
E così fece.
Fuori da scuola, nel Sottosopra, smise di correre. Si voltò e lo vide là, trionfante, sopra al mondo.
Gli urlò così forte che i suoi stessi timpani rimbombavano, ma nulla. Il mostro era più forte, e in men che non si dica lo sentiva ovunque, dentro di sé. Nella sua mente, nelle sue ossa, nel suo corpo.
Il mostro si stava prendendo possesso di Will.
Poteva sentire la flebile e lontana voce di sua madre e i suoi amici richiamarlo alla realtà, eppure non vedeva nulla. Sarebbe morto.
Ma qualcosa apparve all’orizzonte, una voce più forte, un tono familiare.
Si accorse che la voce di Vittoria non era fuori dal Sottosopra, ma lì con lui.
Stava chiamando sua madre, a gran voce, e all’improvviso l’influenza del mostro incominciò a placarsi, fino a sparire completamente.
Will tornò alla realtà.
La prima cosa che vide fu il volto di Joyce, i suoi amici, e infine le due nuove arrivate: Max, e Vittoria, che rimaneva in disparte.
Vide una gocciolina di sangue scenderle dal naso, che prontamente fu asciugata via dalla ragazza, come a volerla nascondere.
Sì, Will era tornato nel mondo, ma qualcosa in lui era di troppo. 
Non era più solo nel suo corpo, e Vittoria lo sapeva. Lo aveva visto.
E perché stava chiamando sua madre, come se fosse lì?
Poco prima di risvegliarsi, aveva sentito qualcosa afferrarlo per spalle, per gettarlo a terra. La presa delicata di una donna, ma con una forza spaventosa. Quel gesto gli permise di non soccombere, di non morire, ma chi era stato?


Venerdì 2 novembre, 1984


‘’Dopo quell’episodio di ieri… Will non si è più fatto vivo, e tu fai finta di non sapere niente, Vittoria!’’ Mike sbatté con violenza il pugno sul tavolo. Era furioso. Attorno a lui, discutevano Dustin e Lucas, mentre davanti a sé osservava la scena Vittoria. Conosceva tutte le realtà di cui chiedevano, ma erano segreti che si era tenuta dentro per tredici anni, per tutta la sua vita. Cose incredibili, assurde: la sua storia.
‘’Dannazione, Mike! Te l’ho detto! Era solo un goccio di sangue, e non so cosa ti abbia detto Will riguardo me e mia madre… Qualsiasi cosa, non è vera! Fate i seri per una volta e mettete da parte queste stupidaggini fantascientifiche!’’ Urlò la ragazza, faccia a faccia con Mike; ‘’E soprattutto, fate entrare Maxine!!’’ La rossa sbatteva ripetutamente i pugni sulla porta della stanza: i quattro di trovavano dentro alla sede dell’AV club per discutere della scomparsa di Will dopo l’episodio del giorno prima, e la loro pista migliore era proprio Vittoria stessa. 
Dopo un’ora di discussione, Mike e lei arrivarono ad una conclusione: Maxine sarebbe entrata nell’AV club e Mike avrebbe incominciato a trattarla decentemente, mentre Vittoria avrebbe rivelato parte della verità una volta giunti a casa di Will.
Tanto, pensò la ragazza, ormai tutti sanno la verità. E quando il mostro del Sottosopra si manifesterà, io e mia madre dovremo mostrare le nostre vere identità, i nostri veri poteri.
La realtà era che non ne poteva più di tenersi dentro ogni singola, piccola, insignificante cosa di qualcosa così grande.



Mike e Vittoria si diressero a casa di Will poco dopo la clamorosa discussione.
Lui non poteva aspettare un secondo di più, doveva scoprire la verità sul suo amico, mentre lei si stava innervosendo sempre di più. Mike la trattava come se fosse un suo dovere dire vita e morte della sua famiglia, come se ogni causa dei mali del mondo fosse la sua.
Quando Joyce Byers aprì la porta, visibilmente scossa, si ritrovò davanti un quadro interessante: i due ragazzi tenevano entrambi un broncio quasi comico.
‘’Oh… Mike, ciao. E tu sei..?’’
‘’Vittoria. Sono una… conoscente… di Will.’’ Rispose Vittoria, sospirando.
‘’Siamo qui per sapere come sta Will.’’ Aggiunse Mike.
‘’Non è proprio un bel momento… Non sta benissimo.’’ Gli disse Joyce, cercando di liquidare in fretta i due.
‘’Joyce, ci sono delle cose che devi sapere.’’
Vittoria guardava il pavimento. Qualcosa, dentro di lei, tremava dalla paura.
Poco dopo, i tre erano seduti a tavola con un tè caldo davanti.
‘’Se tu o tua madre sapete qualcosa di ciò che sta succedendo a Will, vi prego… Aiutateci.’’ Joyce era disperata. Rivedeva davanti a sé quello che le era successo un anno fa, e che sperava non si ripetesse mai più.
La ragazzina non rispose. Era come concentrata su qualcos’altro.
‘’Parla, Vittoria!’’ La esortò Mike, scuotendole un braccio.
‘’Lo so che è dura, ma mio figlio…’’
‘’E’ il Sottosopra’’
Improvvisamente, Vittoria parlò.
‘’Partendo dal presupposto che io mia madre siamo qui perché abbiamo avvertito il pericolo, sappiamo chi siete e cosa vi è successo - abbiamo accesso al Sottosopra e possiamo vedere cosa succede all’interno di esso. C’è un mostro che disperatamente cerca di entrare nel nostro mondo, e in Will ha trovato… diciamo… l’ospite.’’
‘’Q-Quindi… Il mostro è in contatto con mio figlio?’’
Joyce era sconvolta.
‘’Sì, purtroppo non siamo riuscite ad interrompere il collegamento in tempo. Perché, vedi Mike, quando mi è scesa la gocciolina di sangue che tanto ti preoccupa, è stato perché mi trovavo con la mente nel Sottosopra. E mia madre era lì a sua volta, e ha salvato Will. Se no, sarebbe diventato un mostro o sarebbe morto.’’
In realtà, ora tutti e due erano sconvolti. Avevano ricevuto una risposta, che si era portata dietro altre mille domande.
‘’Quindi tu e tua mamma siete come Eleven?’’ Chiese Mike, sperando che sapessero qualcosa su di lei.
‘’Chi è Eleven? Un altro numero?’’
‘’Cosa intendi per un altro numero?’’
‘’Un altro esperimento.’’
‘’Sì.’’
Silenzio in stanza. Vittoria s’incupì.
‘’Io no. Ma mia madre… Sì. Sa fare cose incredibili, che non vedi nemmeno nei fumetti più fantasiosi. Tuttavia, il prezzo che ha dovuto pagare è stato salatissimo. Non ne ha mai parlato, non vuole parlarne. Qui, nel laboratorio di Hawkins, ha subito le torture peggiori… per così tanto tempo che nemmeno si ricorderà. Io posso solo entrare con la mente nel Sottosopra.’’
Joyce, presa da un forte istinto materno nel vedere la ragazzina così a disagio, le strinse la mano. Si chiese, per un secondo, chi fosse suo padre. Ma forse era meglio non chiedere.
‘’Tornando a noi e Will, ha disegnato questi strani disegni rappresentati delle radici, o qualcosa di simile’’
La donna porse ai due ragazzi una pila enorme di fogli, tutti sparpargliati per terra come se fossero un puzzle. 
‘’Hopper pensava fosse una mappa, qualcosa sotto Hawkins, così è andato a controllare. Tu, Vittoria, ne sai qualcosa?’’
‘’Mamma sa qualcosa e già stamattina stava razzolando in giro. Era molto concentrata. Quindi, ovunque sia questo posto, ci starà sicuramente andando ora. Ed è meglio che si sbrighi, perché Hopper è in gravissimo pericolo. Posso percepirlo.’’


1959, laboratori di Hawkins


Lo scienziato ordinò ai suoi sottoposti di chiudere la bambina in uno sgabuzzino buio, assicurandosi che rimanesse lì e non cercasse di scappare, a costo di usare le maniere forti.
La trascinarono, tirandola anche per i lunghi ricci, all’interno della struttura. Lei urlava, si dimenava, e graffiava. 
Una manganellata le arrivò dritta in volto.
Aveva nove anni, e i suoi genitori la vendettero ai laboratori di Hawkins che non aveva ne aveva compiuti nemmeno quattro. 
Si chiamava Alma, e per lei ogni giorno era un susseguirsi di esperimenti che, se terminavano in un fallimento, comportavano una punizione che era sempre la stessa. 
Era stordita, troppo stordita per potersi ribellare, ma sentì benissimo la porta pesante chiudersi alle sue spalle.
Si svegliò dopo qualche ora a causa del sapore acre del suo sangue.
Niente luce, niente cibo, niente acqua. Aveva freddo.
Si mosse in giro, alla ricerca di qualche appiglio. Trovò un piccolo pezzetto di carta. Si chiese se potesse fare qualcosa con esso, qualsiasi cosa. Lo osservò, lo toccò, pensò. Poi, mentre lo osservava, incominciò a pensare più intensamente. Sempre di più, finché la testa non incominciò a farle male. Poteva sentire il calore salirle sulla pelle, e le vennero in mente tutte le torture, tutti i dolori. Rabbia. Avrebbe voluto bruciare vivi quelle persone, quegli scienziati, i suoi carnefici.
E fuoco fu.
Il pezzo di carta si incendiò, generando una fonte di luce che rischiarò l’intera stanza.


Hopper era andato alla ricerca dei canali sotterranei disegnati da Will, ma non sapeva che dietro di sé lo stava seguendo una silenziosa auto a breve distanza.
Era Alma. 
Sapeva benissimo che per proteggere lo sceriffo dall’essere troppo curioso per cose su cui non era preparato, l’unica via sarebbe stata seguirlo.
Era appoggiata sopra la sua Ford parcheggiata vicino all’auto di Hopper, e mentre guardava l’orologio capì che forse era rimasto intrappolato da qualche parte. Troppo tempo stava passando.
Si calò giù nel buco legando una corda all’auto, in modo da poter risalire tranquillamente. Aveva imparato questo trucchetto durante i suoi anni di addestramento.
Le vie sotterranee non erano tanto diverse a quanto era stata abituata nel Sottosopra: sembrava una malattia che infetta tutto ciò che attorno.
Ma non aveva paura. Quel posto era stato casa sua per moltissimi anni.
‘’Hopper! Dove sei?’’ 
Incominciò a camminare per il Sottosopra alla ricerca dell’uomo.
Fortunatamente, si era prima portata dietro una maschera antigas rubata dal vicino di casa complottista e le spore non potevano avvelenarla.
Camminò poco, davvero poco. Quello stolto di Hopper era steso per terra, ricoperto da tralci, svenuto. Se fosse arrivata anche solo qualche minuto dopo, sarebbe morto.
Alma toccò le radici. Il suo cuore perse un battito: le vennero in mente ricordi lontani un decennio.
Però, in quel momento doveva salvare lo sceriffo e non poteva indugiare.
In un attimo, diede fuoco alle basi delle radici in modo che ritirassero la presa senza bruciare il corpo.
La dolce e violenta fiamma illuminò tutto il paesaggio cupo, risvegliando quasi subito Hopper grazie al calore.
Quando la vide, indietreggiò stupito e scioccato. Sapeva che quella italiana aveva qualcosa a che fare con il Sottosopra, ma non pensava fosse dalla parte dei buoni.
E non aveva con sé niente che potesse creare una fiamma così forte.
‘’Ma che cazz…?’’ Esordì lo sceriffo.
‘’Sì, immagino anche io. Cosa cazzo pensavi di fare qua sotto da solo?! E’ pericoloso!’’
‘’Speravo di trovare delle risposte! Non ne ho trovata nessuna, anzi…’’
Alma sospirò, roteo gli occhi e si avvicinò all’uomo. ‘’Tanto, ormai…’’
La donna alzò la manica della camicia, rivelando un piccolo numerino tatuato al centro dell’avambraccio.
01.
‘’Piacere, Jim Hopper. Sono zero uno.’’



 
   
 
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