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Autore: Abby_da_Edoras    02/08/2019    4 recensioni
Con questa long fic vado a infastidire anche la prima stagione della serie TV "I Medici", ma per un buon motivo: come sempre, salvare la vita ai personaggi che mi sono piaciuti e, anche in questo caso, uso la tecnica della leggerezza, della parodia, e inserisco un personaggio originale, Giovanni Uberti, il cui prestavolto è l'attore che interpreta Jeremy Gilbert in The Vampire Diaries (non c'entra niente, ma mi piaceva!). Dunque, Giovanni arriva a Firenze per motivi tutti suoi, personali e familiari, e si troverà suo malgrado proprio nel bel mezzo delle lotte intestine tra Medici e Albizzi. Nonostante all'inizio non voglia assolutamente farsi coinvolgere, poi si troverà fin troppo coinvolto! E sarà lieto fine per tutti, perché io scrivo per questo.
Voglio mettere in chiaro che in questa storia mi ispiro esclusivamente alla serie TV e che non voglio minimamente arrecare offesa a qualunque personaggio storico venga nominato. Per le parti relative agli Uberti e alla loro storia, mi ispiro al romanzo "Il Cavaliere del giglio" di Carla Maria Russo.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori della serie TV "I
Genere: Angst, Commedia, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo nono

 

Getting tired, of hearing that
You're dangerous, but they won't stop
Until I leave, they won't believe
That being with you won't break my heart
So worried ‘bout, the road ahead
They can't see that, you're my best friend
They never gonna take me away from you
There's nothing they can do

I can't stop, can't fight, can't resist it
When the wrong one loves you right
I Can't run, I can't hide, I can't say no
When the wrong one loves you right…

(“When the wrong one loves you right” – Celine Dion)

 

Giovanni credeva di aver chiuso definitivamente con Albizzi (sebbene la cosa, chissà perché, gli facesse un gran male in qualche posto in fondo al cuore…), ma si sbagliava di grosso!

Qualche giorno dopo, infatti, se lo ritrovò di fronte mentre stava per uscire da Palazzo Medici… e da lì non poté scappare.

L’uomo lo fissava con un sorrisetto storto: sapeva bene che fine avesse fatto la sua lettera, ma sapeva altrettanto bene che, trovandoselo davanti in carne e ossa, Giovanni non sarebbe riuscito a fare l’indifferente come fingeva di essere.

“Visto che non rispondi alle lettere, ho pensato che saresti stato molto meno spavaldo se mi fossi presentato di persona” gli disse, divertito dal suo evidente imbarazzo. “O forse pensi di buttare in Arno anche me?”

Era proprio vero. Giovanni, di fronte a lui, aveva perso tutta la sua baldanza in meno di un secondo! Tuttavia cercò di darsi un certo contegno, attingendo alla nobiltà degli antenati Uberti e a tutte quelle cose là.

“Cosa siete venuto a fare?” fece, scontroso.

“Non è ovvio? Volevo parlarti” e, così dicendo, lo prese per le spalle e si accostò a lui invadendo di molto il suo spazio vitale. “Tu c’entri qualcosa con la rottura del fidanzamento tra mio figlio e Isabella Contarini?”

Giovanni lo guardò come se avesse bestemmiato in chiesa.

“Ma di che state parlando? Non so nemmeno chi sia Isabella Contarini, non c’entro niente con la vostra famiglia e non mi potrebbe importare di meno di vostro figlio, di vostra moglie… e di voi!” reagì, contraddicendo con il suo atteggiamento seccato le sue parole.

Albizzi era quasi sicuro che Giovanni, in effetti, non c’entrasse niente in quella sporca faccenda, tuttavia quella era la scusa con cui si era presentato e quindi decise di insistere un po’.

“Non ne sai niente? Avevo organizzato un matrimonio segreto tra Ormanno e la Contarini, sarebbe stato vantaggioso per la mia famiglia, ma poi…” l’uomo si rabbuiò, “poi qualcuno mi ha tradito, ha raccontato tutto a Cosimo e lui, da Venezia, ha proposto al Doge Foscari di far sposare Isabella Contarini a suo figlio, ottenendo così il suo appoggio per far ritorno a Firenze.”

Giovanni, a dirla tutta, era la prima volta che sentiva parlare di questa specie di soap opera e non gliene fregava un beneamato del mancato matrimonio di Ormanno Albizzi, aveva già abbastanza problemi per conto suo. Tuttavia decise di mantenere il suo atteggiamento scostante e di sfoderare la superiorità morale degli Uberti… o qualcosa del genere.

“E dunque? Messer Cosimo ha tutti i diritti di fare quanto è in suo potere per tornare a Firenze, visto che è stato esiliato ingiustamente” tagliò corto.

“Cosimo non avrebbe dovuto nemmeno venire a conoscenza di questo fidanzamento” insisté Rinaldo. “Io voglio sapere chi ha tradito la mia fiducia, chi lo ha informato sui miei piani. In pochi sapevano del mio accordo con Contarini e qualcuno lo ha rivelato a Cosimo.”

“State insinuando che sarei stato io? Non sono una spia, non lo avete ancora capito?” replicò Giovanni, imbronciato.

“No, non lo sei, immaginavo che non fossi stato tu. Vedo bene che non sapevi nemmeno del fidanzamento e, comunque, so che non mi tradiresti, nonostante il tuo caratterino” commentò Albizzi, che si divertiva davvero un sacco. “Sei leale e onesto, anche se rimani un ragazzino impertinente e adesso anche geloso!”

“Io non sono…” provò a reagire Giovanni, ma Albizzi lo prese tra le braccia e lo baciò a lungo, stringendoselo forte. Quel ragazzino gli era mancato veramente e non intendeva lasciarselo sfuggire un’altra volta.

“Non hai capito niente, Giovanni” mormorò, tenendolo sempre stretto. “Te l’ho già spiegato, mia moglie vive nella nostra villa in campagna e viene a Firenze soltanto in occasioni speciali. La cena di qualche sera fa, quando mi hai visto con lei e sei scappato, sarebbe dovuta essere appunto un’occasione speciale: il fidanzamento di Ormanno con Isabella Contarini. Ma, ora che tutto è andato a monte per colpa di Cosimo, lei è tornata in campagna, perciò non hai alcuna ragione di essere geloso.”

Lo baciò di nuovo. Giovanni voleva sentirsi ancora in collera con lui, avrebbe voluto respingerlo, mandarlo al diavolo, ma non riusciva nemmeno a reagire e perdeva ogni barlume di logica e razionalità quando Rinaldo lo baciava così e lo teneva stretto tra le sue braccia!

“Ora verrai a Palazzo Albizzi con me” gli disse, staccandosi da lui solo per un istante. “In questi giorni sono solo, sai? Anche Ormanno è andato in campagna con sua madre: è rimasto molto deluso per la rottura del suo fidanzamento, era davvero preso da Isabella Contarini.”

Giovanni, che era stato tanto bravo a mostrarsi deciso e arrogante davanti al servo di Albizzi, ora si era del tutto arreso e si lasciò condurre dall’uomo verso il suo palazzo, sebbene avesse giurato su tutto ciò che aveva di più sacro che non vi avrebbe rimesso piede nemmeno morto!

Per strada, Rinaldo e Giovanni si imbatterono in Ezio Contarini.

“Buongiorno, Messer Contarini. State andando a Palazzo Medici, immagino” lo salutò Albizzi.

“Era questa la mia intenzione, in effetti, Messere” replicò l’uomo. Se trovò singolare il fatto che Albizzi si stesse tranquillamente portando Giovanni a casa non lo diede a vedere. “Sono lieto di avervi incontrato, comunque, poiché volevo ribadire la mia totale estraneità alla triste vicenda che ha causato la rottura del fidanzamento tra mia nipote e vostro figlio.”

Rinaldo Albizzi si dispose ad ascoltarlo con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra.

“Non avrei mai tradito consapevolmente la vostra fiducia e so che anche mio fratello non voleva ingannarvi” dichiarò con foga Contarini. “Anzi, io sono particolarmente addolorato per ciò che è accaduto poiché in Ormanno e Isabella rivedevo me alla loro età… Credevo in quel matrimonio e non per questioni di interesse, bensì perché vedevo in loro un sentimento vero, pulito e profondo.”

Il tono di Ezio Contarini era davvero disperato e Albizzi non ebbe difficoltà a credergli.

“Siete sincero, lo comprendo” rispose, “e credo che nemmeno vostro fratello sia del tutto colpevole, sebbene mi abbia tradito. Cosimo gli ha prospettato un’unione molto vantaggiosa, il matrimonio di sua figlia con Jacopo Foscari, ed era un’offerta che in pochi avrebbero saputo rifiutare… in fondo posso capirlo. Il vero colpevole è Cosimo, come sempre, che agisce esclusivamente per i propri interessi calpestando senza alcuno scrupolo i sentimenti altrui.”

Secondo voi c’era qualcosa di personale in questa ultima frase di Albizzi? Ma certo che sì, la cosa gli bruciava ancora dopo vent’anni e non perdeva occasione di sottolinearlo con chiunque gli capitasse a tiro!

Comunque, almeno in questo caso, Albizzi dimostrò di averla presa bene: strinse la mano a Contarini e poi i due uomini proseguirono ognuno per la propria strada. Ezio Contarini sarebbe andato a parlare con Contessina, lamentandosi di essere stato usato: perché sì, lo avevano capito anche le pietre di Firenze che era stata lei a rivelare a Cosimo del fidanzamento segreto e lui aveva agito di conseguenza, con buona pace dell’ingenuo e poetico fessacchiotto innamorato!

Giovanni, nel frattempo, aveva ascoltato con attenzione la conversazione tra i due e, nel tragitto verso Palazzo Albizzi, esternò le proprie convinzioni a Rinaldo, che volesse o meno starlo a sentire.

“Messer Albizzi, io non credo che qualcuno volesse danneggiarvi consapevolmente” disse. “Detto fra noi e con il rispetto che meritate, mi sembrate un po’ paranoico: tutti ce l’hanno con voi, tutti vogliono rovinarvi… Ma non è così. Oddio, almeno non proprio tutti. Madonna Contessina ha saputo per caso di questo matrimonio segreto e, ovviamente, ha usato l’informazione per cercare di aiutare suo marito, che voi avete ingiustamente fatto esiliare.”

“Vedo che non hai perso un briciolo del tuo caratterino insolente, ragazzino” replicò Albizzi, che tuttavia, bene o male, da Giovanni si faceva dire un po’ di tutto senza arrabbiarsi veramente. Sapeva bene lui come farlo stare zitto, quando voleva!

“Sappiate che io vi dico sempre quello che penso, sempre” ribadì il ragazzo.

“Sì, me ne sono accorto” commentò Rinaldo, ironico.

“Proprio per questo dovreste fidarvi di me” ribatté Giovanni, convinto. “Sono altre le persone che vi consigliano per la vostra rovina, non certo io.”

“So badare a me stesso, ragazzino, non crederai che abbia davvero bisogno dell’aiuto di un diciassettenne?” fece l’uomo, divertito. Ma Giovanni era serissimo.

“Forse sì, visto che continuate a concedere la vostra fiducia alle persone sbagliate” insisté. “Vedrete se non ho ragione…”

Questo tono profetico non si addiceva più di tanto al giovane Uberti, ma Rinaldo Albizzi dovette rendersi conto, suo malgrado, che avrebbe dovuto prestare maggior attenzione alle sue parole.

Trascorsero pochi giorni e a Firenze arrivò la notizia che Cosimo de’ Medici aveva sventato un complotto ordito dai milanesi contro Venezia. Il Doge, per dimostrargli la sua gratitudine, gli avrebbe concesso l’appoggio per fare ritorno a Firenze e la città era in subbuglio. I sostenitori di Cosimo scendevano in strada e inneggiavano ai Medici e anche quelli che prima non erano suoi sostenitori avevano fatto presto a cambiare bandiera, una volta mutato il vento. Così andava il mondo già secoli fa, e adesso non è poi tanto diverso…

La cosa, come si può facilmente immaginare, aveva fatto franare il terreno sotto i piedi del nostro paranoico amico Rinaldo Albizzi, che alla fine vedeva confermati tutti i suoi peggiori timori. E, a quanto pare, la notizia del prossimo ritorno di Cosimo gli diede proprio alla testa perché lo indusse a fare l’unica cosa che avrebbe dovuto evitare e a scavarsi la fossa con le proprie mani.

Giovanni si trovava a Palazzo Albizzi e poté quindi assistere al drammatico colloquio di Rinaldo con suo figlio che, una volta tanto, non dava ragione al padre per partito preso e tentava di fargli comprendere che la sua idea era una follia, per usare un eufemismo.

“Attendo molti altri uomini dalla campagna. Le famiglie nobili di Firenze si uniranno a noi e marceremo sulla Signoria, prendendo finalmente il potere con la forza, se necessario” dichiarò Albizzi, ritenendo, chissà, di essere il nuovo Giulio Cesare che marciava su Roma…

“Ma ci daranno di traditori” obiettò Ormanno, e Giovanni si trovò a riflettere sul fatto che, forse, quel ragazzo non era poi così male e che ogni tanto sapeva anche pensare con la propria testa. Quello che Albizzi stava dicendo era un vero e proprio delirio e qualcuno avrebbe dovuto farglielo capire.

“Noi siamo i difensori della Repubblica, non possiamo lasciare che il morbo dei Medici faccia ritorno” replicò Rinaldo, con il tono ispirato di una specie di Avenger ante litteram. “Tutti quelli che sono leali a Firenze ci sosterranno.”

Il suo ottimismo era tanto commovente quanto ingiustificato. E il peggio fu quando, subito dopo, decise di andare a Palazzo Pazzi, convinto che Andrea Pazzi fosse uno di quei famosi sostenitori sui quali riponeva tanta fiducia. Peccato che Messer Pazzi, come tutta la sua ascendenza e discendenza, tenesse per convenienza il piede in due scarpe e si fosse già accordato con il Gonfaloniere Guadagni per incastrare Rinaldo e salire allegramente sul carro del vincitore.

Però, forse era vero che quel poveretto di Rinaldo Albizzi aveva la brutta abitudine di dare fiducia sempre alle persone sbagliate…

Giovanni, ovviamente, non poteva sapere del tradimento di Pazzi, ma sapeva, per storia familiare, che dei Pazzi non ci si deve mai fidare e, per tutto il tragitto da Palazzo Albizzi a Palazzo Pazzi, cercò di convincere Rinaldo a non fare la sciocchezza più grande di tutta la sua vita, a lasciar perdere l’assurda idea dei mercenari e della marcia su Firenze, insomma, a fermarsi due secondi per riprendere lucidità e vedere le cose con un tantino di lungimiranza.

Macché, tanto valeva che avesse parlato al vento. Albizzi entrò a Palazzo Pazzi e si presentò nello studio del padrone di casa, con Giovanni che lo seguiva come un’ombra nonostante la sua idiosincrasia congenita nell’entrare in quel palazzo…

“Pazzi, ci sono folle di sostenitori di Cosimo de’ Medici là fuori” esordì Rinaldo, troppo impegnato nella sua crociata per salutare e persino per accorgersi che Pazzi faceva l’indifferente… “Dobbiamo agire subito o lui sfrutterà la situazione per tornare! Ho detto ai miei uomini di tenersi pronti al mio segnale, sono meno di quanto sperassi, ma sono in arrivo rinforzi dalle campagne.”

Giovanni, che non era uno stupido, si era accorto subito che Pazzi si comportava in modo strano e che tirava una brutta aria in quel palazzo. Ebbe la tentazione di saltare addosso ad Albizzi e impedirgli di dire altre idiozie prima che fosse troppo tardi… e forse avrebbe fatto meglio, invece esitò e la situazione precipitò in un battibaleno.

“Voi e io dobbiamo prendere la Signoria con la forza. Con la forza!” ripeté l’uomo, caso mai non si fosse inguaiato già abbastanza. “Non è il momento di essere codardi, Pazzi. Abbiamo il potere di agire, facciamolo!”

La frittata era fatta e Giovanni lo lesse negli occhi di Pazzi prima ancora che quel voltagabbana aprisse bocca. Glielo aveva detto e ripetuto, lo aveva avvertito in tutti i modi di non fidarsi di Pazzi, che quella famiglia era bacata da sempre, che erano stati loro ad appoggiare i Donati quando avevano voluto distruggere gli Uberti… Niente, Rinaldo Albizzi non aveva sentito ragioni. Adesso la storia si ripeteva con un parallelismo agghiacciante davanti agli occhi di Giovanni. I racconti drammatici che aveva ascoltato tante volte da suo padre e da suo nonno sulla rovina di Farinata degli Uberti divenivano realtà in quella stanza. Tante volte il ragazzino avrebbe voluto poter riportare indietro il tempo, parlare con il suo antenato, avvertirlo di stare in guardia dalle famiglie traditrici… e adesso, in quel palazzo maledetto, tutto avveniva di nuovo ai danni di un uomo che Giovanni aveva imparato, senza nemmeno accorgersene, ad amare.

E lui non era riuscito a fare niente nemmeno questa volta.

Nonostante fosse stato presente, nonostante avesse tentato di fermare Albizzi.

Rinaldo non lo aveva ascoltato e adesso il baratro si stava spalancando anche sotto i suoi piedi.

Fine capitolo nono

 

   
 
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